La cronicità. Come prendersene cura, come viverla


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Dagmar Rinnenburger
Il Pensiero Scientifico Editore
2019

L’opera di Dagmar Rinnenburger, maneggevole e accattivamente nella sua impostazione, anche grafica, può essere inizialmente scambiata per un libro di agile lettura, tipo quelli che si possono scegliere per passare il tempo mentre si viaggia, in treno o metropolitana, come si dice per sviarsi dal tran tran del viaggio.
Mai apparenza è stata più ingannevole. Perché fin dalle prime pagine il tema di cui tratta, annunciato da un titolo essenziale e per questo ancor più forte, ci giunge davanti con tutta la sua rilevanza: la cronicità. Uno dei cambiamenti più epocali della storia della medicina e della salute, con cui le nostre generazioni non hanno ancora fatto i conti, qui si dipana in tutte le sue sfaccettature.
Il medico, ovvero Rinnenburger stessa, lascia che alla sua competenza si accompagni l’esperienza, con una parte del racconto, della esemplificazione che deriva dalle storie e dalle parole stesse dei pazienti che ha incontrato nella sua lunga esperienza di pneumologo e allergologo. Ma lo fa traducendo concetti e percorsi clinici in modo affabile, comprensibile ai più, senza tuttavia svuotare in alcun modo la complessità del fenomeno che affronta.
Per esempio ci racconta come i tratti tipici dell’essere cronico diventino noti solo quando il viaggio è già iniziato, senza alcuna guida: quegli strumenti che sono ormai consueti in tanti ambiti, lo sono assai mano in altri, commenta Rinnenburger, che sottolinea come la quotidianità dei cronici passi spesso in sordina. Se ne parla poco, e spesso male, si informa anche meno, si punta sull’acuzie invece che sulla cronicità. Nella sua conversazione, l’autrice riporta le serie televisive internazionali che hanno messo sotto gli occhi di tutti la vita e i problemi di importanti ospedali e dei loro professionisti, impegnati sulle malattie acute e sull’emergenza, con interventi importanti quanto cruciali per la vita dei propri assistiti: “Mi augurerei – afferma l’autrice – una serie che si svolgesse in una residenza per anziani o in un ambulatorio di medicina generale, dove persone ‘normali’ vengono curate con piccoli interventi” (pag. 30).
Cosa dicono i cronici di sé? Il sogno di ogni paziente, suffragato dalla cultura odierna del tutto è possibile, è di trovarsi, se proprio si deve, con una malattia “(…) anche se grave, dalla quale si esca, tornando allo stato precedente, senza deficit, senza dover fare sacrifici e senza modificare il proprio stile di vita”. Un sogno che dobbiamo ormai abbandonare, in un’epoca in cui la restitutio ad integrum è ormai di altri tempi in medicina. Rispetto a ciò, Rinnenburger tratteggia il profilo della cronicità e del paziente cronico (spesso con più patologie croniche!) a chiare tinte, senza indugi e ombre, così come le caratteristiche che di conseguenza deve assumere il professionista che prende in carico le persone con cronicità. Il peso più importante della malattia cronica per il malato è rappresentato dalla fatica di costruirsi una nuova identità, con un processo di lutto, ovvero di elaborazione della perdita, che contraddistingue le fasi iniziali della nuova identità, a volte anche quelle successive, soprattutto se non si ha la fortuna di incontrare un bravo professionista.
Il mondo della cronicità, come dicevamo, è affrontato da varie prospettive: l’autrice rileva, da bravo medico, come il sintomo tangibile di questo nuovo corso della medicina e del sistema sanitario italiano arrivi nel 2016, quando il Piano Nazionale della Cronicità pone in primo piano un indispensabile cambiamento di paradigma, verso cui Rinnenburger rivolge uno sguardo attento quanto critico. Pur trattandosi di un importante progresso, viene da domandarsi se è più importante elencare le patologie croniche verso cui impostare un approccio Chronic care model, oppure considerare che le malattie, nessuna esclusa, compreso il semplice raffreddore, possono oggi essere tutte potenzialmente croniche, ovvero trovarci ad un certo punto della nostra vita e non lasciarci più, chiedendoci di entrare in un territorio diverso, spesso caratterizzato da un giorno dopo giorno alle prese con piccoli (ma grandi per chi li vive) problemi di coping.
Il volume, come abbiamo fin qui commentato, è ricco di storie, di spunti, di considerazioni che possono aiutare pazienti e operatori a vivere meglio in questo territorio fatto di ‘doppiezze’: cronici che si sentono comunque sani, nonostante la malattia, e professionisti (vedi il cap. ‘La fatica di curare i cronici”) e modelli di cura (vedi il cap. ‘Le cure primarie, la medicina incrementale e la medicina d’iniziativa’) che possono fare la differenza, senza scordare una terza componente, ovvero la rete dei cronici offerta da internet oggi (vedi il cap. ’Cronici alla ricerca di altri cronici: le opportunità del web 2.0’).
Non va scordata la magnifica prefazione di Gavino Maciocco, che anche in questo caso introduce il volume della collega con pagine ricche di sapienza e di uno sguardo riflessivo sui fenomeni del nostro tempo.

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