Piccole storie di malati


Piccole storie di malatiPiccole storie di malati, è un libretto prezioso, nel contenuto e nel metodo che propone.
Si tratta del resoconto di un laboratorio di teatro condotto con gli studenti della Facoltà di Medicina della Seconda Università di Napoli, in cui i partecipanti presentano le storie raccontate loro dai malati. Ma per raccontare… bisogna saper ascoltare e questa è una competenza a cui già in genere l’essere umano può esser scarsamente programmato, e gli studenti di medicina, pressati da un volume di conoscenze da acquisire imponente, sono sicuramente in genere poco allenati.
E l’ascolto delle storie è prossimo, nel senso che molti di loro hanno ascoltato e potuto “rinarrare” (pag. XIII), le storie di persone anche a loro vicine, un po’ come alle elementari l’insegnate chiede di ascoltare dalla nonna il racconto della guerra.
Eppure in quella posizione così speciale di ascolto, che permette di aprire porte inimmaginabili verso l’altro, riescono a “vedere” la malattia con altri occhi ai quali non erano abituati.
Nell’ascoltare e nel narrare, l’elemento fondamentale tra le due persone è la gratuità e poi la relazione di fiducia che si instaura tra i due soggetti. Quando l’uno narra, si mette a nudo, si spoglia delle sue difese e si aspetta che l’altro raccolga la propria storia senza giudizio. In effetti, già questo scambio può essere in sé, sanante, perché permette di scoprire chi c’è dietro il malato e la sua malattia.
Sono sedici le piccole storie rinarrate dagli studenti, sono varie, sia come persone ascoltate che come malattie descritte. La prima riguarda il racconto di un giovane adulto affetto di epilessia, che passa dal momento della diagnosi drammatica che gli cambierà alcune prospettive di vita, al graduale e a volte faticoso adattamento, con le persone che si sono allontanate e quelle nuove incontrate nella sua vita di malato.
E poi c’è il metodo, in effetti è interessante l’integrazione avvenuta tra i due autori, Ciro Gallo, professore di statistica e attore dilettante e Salvatore Cardone, regista teatrale. Il risultato è la descrizione del laboratorio di teatro tenuto con gli studenti e poi un capitolo in cui si racconta di tante pagine di teatro focalizzate sulla relazione medico paziente e sulla centralità del corpo e dell’ascolto come strumento per entrarvi in contatto.
Dagli appunti finali, ecco due frammenti che aiutano a comprendere lo spessore e il risultato di queste piccole storie: “…la capacità di costruire il silenzio, come circostanza dell’ascolto, pagina bianca su cui scrivere in modo semplice e chiaro, agevole e felice. Non solo capire, ma costruire la gioia di capire. Non solo indicare la via di una guarigione, ma costruire la fiducia in una sua riuscita” (pag. 144).
Esperienza innovativa quella riportata in questo libro, e sicuramente proponibile anche per gli infermieri o altre professioni sanitarie, studenti o, perché no, già in servizio, per far “sentire” e allenare all’ascolto della persona di cui ci si prende cura.

A cura della Redazione

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