Formazione Infermieristica. Strategie per una trasformazione radicale


Formazione Infermieristica. Strategie per una trasformazione radicaleHanno fornito un importante contributo alla formazione infermieristica, e di conseguenza a questa famiglia professionale, le autrici Loredana Sasso e Annamaria Bagnasco, scegliendo di rendere accessibile alla comunità infermieristica il testo di Benner et al.
Il volume, originariamente pubblicato nel 2010, risulta tutt’oggi di estrema attualità, sia per le problematiche che pone, che per la metodologia che segue, nonché per le proposte pratiche che illustra. L’intera opera origina in effetti dall’osservazione della realtà. A tal fine le autrici si avvalgono della metodologia utilizzata da un’autorevole fondazione, la Carnegie Foundation, già applicata per altre discipline, come la medicina o la giurisprudenza o addirittura la formazione ecclesiastica. Si tratta di professioni in cui si richiede al soggetto che le esercita di saper integrare contenuti teorici (sapere) con attività tecniche (saper fare), con modalità aderenti alla realtà del singolo individuo, nel rispetto del suo sistema valoriale, orientati da un’etica della professione (saper essere).
Dove avviene questa integrazione? Noi infermieri siamo al letto del paziente, o nella sua casa, o in altri contesti di vita del singolo o della comunità, per educare, prevenire, sostenere, accompagnare, risolvere o aiutare a risolvere problemi clinici e assistenziali reali e a volte anche molto urgenti.
La sfida che allora propone questo testo è quella di indicare alcune strategie per facilitare al meglio i professionisti infermieri in formazione, di base o specialistica, nell’apprendimento dei contenuti, degli approcci e soprattutto dei ragionamenti, in modo da porli nelle condizioni migliori per dare risposte competenti alle situazioni reali nelle quali si troveranno a svolgere la propria professione.
L’idea di partire da una ricerca svolta in nove diverse sedi di formazione per infermieri, già di per sé costituisce una preziosa base di partenza: permette infatti di analizzare e comprendere ciò che risulta già efficace e quanto invece va migliorato, nonché come possa essere migliorato; a tal proposito la lettura dei racconti di studenti o docenti fornisce la chiave giusta per individuare nuovi possibili approcci.
Alcune sono le parole chiave che tornano nel testo e che danno consistenza all’orientamento dato alle diverse proposte formative ivi presentate: integrazione, ragionamento, individuazione delle priorità, apprendimento situato, crescita, condivisione, consapevolezza.
Il testo, organizzato in cinque parti, parte da un’analisi della realtà della professione e delle contraddizioni del suo insegnamento. In qualche modo parte dai “bisogni” di una professione in cambiamento, a cui viene chiesto molto e sempre di più, ma che spesso non dispone delle risorse giuste e sufficienti. E’ una realtà comune forse a tutti, al di qua o al di là dell’oceano, ma che proprio per questo richiede risposte comuni.
Parallelamente anche la formazione, a volte anch’essa con poche risorse, utilizza metodi standardizzati, intercambiabili tra i vari docenti e proponibili anche ad un elevato numero di studenti. Si ascolta in questa opera testo una riflessione critica sulla formazione “formattata”, ovvero quella predisposta a priori, basata fondamentalmente su serie di presentazioni, che propongono ai discenti un’acritica e faticosa, a volte poco utile, accumulazione di contenuti teorici. Ma poi, cosa succede di questi contenuti al letto del paziente? Cosa ne faranno gli studenti?
Attraverso la sapiente descrizione di tre casi paradigmatici offerti da tre docenti autorevoli ed esperti, in ambito di clinica specialistica (Diane Pistolesi), di aspetti teorici e pratica generale (Lisa Day) e di approcci etici (Sarah Shannon), l’opera ci offre un modo diverso di pensare, progettare e organizzare l’insegnamento.
Come se il lettore stesso fosse uno studente, le autrici illustrano situazioni di apprendimento, con i loro punti di forza e i punti di debolezza, descrivono il ragionamento che le ha portate a fare alcune scelte didattiche e non altre in relazione al contesto formativo e a ciò che i discenti man mano presentavano loro. Insomma, un contesto in cui il loro approccio ai discenti, l’attenzione alla persona che li sottende, al loro vissuto nell’apprendimento e a ciò che in questo processo avviene, rappresenti uno stile che poi a cascata, non foss’altro perché sentito su di sé, i discenti futuri professionisti possano riportare verso le persone di cui si prenderanno cura.
I diversi metodi didattici illustrati, per i quali si invita vivamente ad una lettura dettagliata del testo, in quanto strumenti preziosi per rendere più efficace e fluido l’insegnamento, richiamano ad “un continuo dialogo tra teoria e pratica” (pag. 12), al fine di sviluppare quella capacità di sviluppare il senso di “salienza”, inteso come il saper individuare, alle volte anche rapidamente, le priorità di una situazione clinica, riferendosi ad una base solida di conoscenze.
Ecco allora che il riferimento all’esperienza pratica degli studenti stessi, a ciò che avviene ai pazienti che loro seguono durante la pratica clinica, al chiedere loro costantemente: qual è il problema, cosa c’è dietro a questo problema, cosa faresti, come potrebbero andare le cose (immaginazione), cosa potresti fare di diverso, che cosa è stato fatto di sbagliato e …cosa ci faccio con questo sbaglio nella mia vita di professionista, rappresenta un bel modo per ripensare l’insegnamento.
In alcuni casi, le docenti raccontano cosa sia successo anche a loro in prima persona: bellissima è la descrizione di un errore in cui una di queste è incorsa, cosa ha fatto, come ha impedito che avvenissero conseguenze peggiori, come ha accettato che si possa anche sbagliare e come ha tenuto questa esperienza come occasione preziosa per sé e per altri affinché non se ne verificassero di nuove.
Questo testo merita una lettura attenta ed è prezioso per i formatori in primis, ma anche per gli organizzatori perché possano considerare i discenti, i docenti ed i tutor preziose risorse da valorizzare e non un mero carico aggiuntivo nella complessità dell’assistenza.
Questo testo ci insegna anche come problemi complessi, come sono e sempre più lo saranno, richiedano risposte complesse: la sfida attuale è garantire la formazione di professionisti infermieri che siano in grado di fornirle, queste risposte complesse, in modo efficace, efficiente e soprattutto aderente alla realtà del paziente.
E’ bellissima in tal senso la prefazione al testo originale di Lee Shulman, Presidente della Carnegie Foundation, che riporta la risposta di alcuni infermieri alla domanda “Chi sono gli infermieri?”: “Gli infermieri sono l’ultima linea di difesa del paziente” (pag. IX): questa affermazione dice tutto sulla urgente direzione da dare alla formazione, perché l’obiettivo sia questo.
 

A cura della Redazione

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