Cure basate sulla relazione. Un modello per trasformare la pratica clinica


Cure basate sulla relazione. Un modello per trasformare la pratica clinicaImmaginate di lavorare in un ospedale dove l’organizzazione pone al centro l’assistito e la sua famiglia o le persone a lui significative. E fin qui, niente di nuovo, ma non solo: in cui l’attenzione alla dimensione umana, sia rivolta alla relazione con l’assistito, ma anche alla relazione che ognuno ha con se stesso, a quella tra i membri dell’équipe curante e a quella tra i componenti dell’organizzazione sanitaria nel suo insieme.
E’ fantascienza? Sembrerebbe proprio di no a quanto proposto in questo libro della statunitense Mary Koloroutis e delle sue collaboratrici, che accanto all’illustrazione di un originale modello teorico, descrivono i percorsi con cui questo possa essere tradotto nelle realtà e alcune esperienze concrete condotte.
L’esigenza di un passaggio di questo genere può essere sentita molto forte in questa fase storica, dove le aspettative degli utenti, la complessità delle cure e una realtà socio economica in cambiamento e con risorse sempre più limitate, rendono veramente sempre più difficile garantire l’offerta di cure di qualità.
Qual è la chiave del successo in questa prospettiva? Come si possono condividere queste esperienze di eccellenza con il mondo dell’organizzazione sanitaria anche nel nostro paese? L’interesse all’originalità di questo tema e l’evidenza dell’efficacia del modello proposto sono state alla base del generoso contributo dato dalla curatrice all’edizione in lingua italiana di questo testo, Yvonne Willems Cavalli, impegnata da tempo nell’implementazione del modello organizzativo del Primary Nursing in Svizzera.
Il focus del modello delle Cure Basate sulla Relazione (CBR), è fondamentalmente l’attenzione data alla componente relazionale non solo verso l’assistito, a cui siamo da tempo “allenati”, ma anche alle altre dimensioni che compongono l’organizzazione: la leadership, il lavoro di squadra, la pratica infermieristica professionale, l’assistenza alla persona, la gestione delle risorse e la misura dei risultati.
Le tre premesse alla trasformazione (pag. XI), come le autrici definiscono il cambiamento organizzativo, sono una leadership impegnata nel cambiamento, una metodologia per attuare il percorso di rinnovamento, una comunicazione efficace con tutti i soggetti coinvolti per motivarli e coinvolgerli nel processo di raggiungimento degli obiettivi.
E allora? Per le autrici è necessario partire dalla condivisione dei 12 valori che sono alla base dei comportamenti: l’essenza delle cure è nella relazione che si instaura con l’altro; la percezione del legame con l’altro facilita la guarigione; ognuno nell’organizzazione ha qualcosa da offrire; il core dell’assistenza è nelle relazione dell’assistito e la sua famiglia con l’équipe curante; le buone relazioni interpersonali si fondano sulla cura e conoscenza che i professionisti hanno di se stessi (in altre parole consapevolezza del proprio essere persona e curante, ndr); l’importanza di sane relazioni all’interno del gruppo di lavoro per offrire cure di qualità e favorire di conseguenza la soddisfazione di tutti i soggetti interessati (assistiti e personale); la coerenza tra ruoli e attività quotidiane con i valori delle persone e dei professionisti determina maggiore soddisfazione; la centralità della relazione nella cura, come valore condiviso a tutti i livelli dell’organizzazione; l’importanza della relazione terapeutica con l’assistito e i suoi familiari; la competenza professionale e la consapevolezza del contributo fornito da ciascun membro del team sono apprezzati positivamente dagli assistiti; il cambiamento si basa su una vision condivisa, su un’organizzazione che la renda concreta, sull’educazione che la sostenga e sulla comunicazione di quanto raggiunto insieme; i cambiamenti si raggiungono affrontando un ambito relazionale per volta.
In effetti fin qui, sembrerebbero tutti elementi ovvi, ma il valore di questo testo è nella loro esplicitazione coerente e organizzata e nella dimostrazione che in qualche modo “si può fare”.
Il libro è organizzato in 7 capitoli in cui viene descritto come questi valori si incardinano nell’organizzazione e possano essere tradotti in realtà (ambiente favorevole alle cure e alla guarigione, leadership, lavoro di squadra, pratica infermieristica professionale, erogazione dell’assistenza, la pratica gestita dalle risorse, misurazione dei risultati).
Ogni capitolo si compone di una sezione teorica, corredata da utili schemi o da box che li sintetizzano, di storie di curati e di curanti che aiutano a comprenderne l’importanza, di un riepilogo dei concetti chiave, da un questionario di autovalutazione e dalla preziosa descrizione di esperienze di messa in pratica di quanto descritto in teoria e del relativo percorso. Gli esempi sono il riflesso degli ultimi 25 anni del lavoro svolto negli USA dalla Creative Health Care Management, i cui membri hanno appunto dato un attivo contributo nella scrittura dei diversi capitoli.
A titolo di esempio, nel capitolo relativo alla gestione delle risorse, è inserito un approfondimento sui concetti di pensiero critico, pensiero creativo e apprendimento riflessivo, intesi con strumenti utili alla risoluzione consapevole dei problemi che quotidianamente si presentano.
L’ultimo capitolo relativo alla misurazione dei risultati, merita particolare attenzione. E’ sempre più richiesto infatti, quando un’organizzazione si dirige verso un cambiamento, fornire l’evidenza di quanto attuato. Su questo tema potrebbe essere difficile infatti, in prima battuta, fornire una misura di quanto si possa fare lavorando sulle relazioni. Le autrici indicano la suddivisione degli indicatori tra quelli relativi alla struttura, o del processo di cura o infine dei risultati, sia in termini oggettivi, che soggettivi. A tal fine propongono l’uso di una griglia che permetta di identificare nel dettaglio gli indicatori condivisi con il gruppo di lavoro. Infine, ma da non perdere, è il suggerimento di celebrare in modo formale con il gruppo di lavoro i risultati positivi raggiunti, al fine di favorire il senso di unità all’interno dell’organizzazione.
Una bibliografia finale e un prezioso indice analitico, arricchiscono positivamente il testo.
La Koloroutis chiarisce bene che l’importante sia che i curanti, assicurarono agli assistiti lo spazio per avere cura di se stessi, come? Attraverso il caring. D’altro canto in effetti l’originalità della sua proposta è che in qualche modo, ciò che viene proposto all’assistito, sia anche proposto come modello (o come processo interno potremo dire) per i componenti dell’organizzazione che rendono possibile il caring. Ecco che la condivisione in partnership a tutti i livelli, del cambiamento, la reimpostazione dei ruoli e degli schemi relazionali, ne rappresenta il motore principale e la garanzia di successo. E’ come se si trattasse di un modello a cascata, in cui ciò che viene percepito in termini relazionali dai membri del team per se stessi, renda più facile la riproposta nei comportamenti quotidiani con gli assistiti, con la consapevolezza che ognuno di noi ha la responsabilità del proprio indispensabile contributo da offrire. Non solo, volendo sintetizzare al massimo la portata concettuale di quanto esposto in dettaglio nel libro, è come se il percorso di empowerment che viene proposto ai “curati” attraverso un modello relazionale di accoglienza, condivisione, supporto e guida verso l’autonomia, abbia il suo presupposto indispensabile in un analogo approccio rivolto a tutti i componenti dell’organizzazione al fine di ricevere dagli stessi il massimo del loro contributo.
In tal senso è estremamente interessante come l’autrice sottolinea che il cambiamento per essere efficace debba partire “dall’interno verso l’esterno” (pag. 192), cioè che provenga “dall’animo” (pag. 192) di ciascun individuo per rivolgersi poi verso le Cure Basate sulla Relazione, in cui il gruppo di persone credono nelle relazioni dove “ci si prende cura uno dell’altro” (pag. 192).
Sono di prezioso esempio pratico le due appendici. La prima “partner in practice” descrive in modo efficace come lavorare in piccoli team al fine di un’assistenza individualizzata, la seconda illustra un questionario di autovalutazione sulle relazioni con i colleghi. Quest’ultimo in particolare, può rappresentare in modo concreto uno strumento di riflessione sulle stesse e facilitare la consapevolezza sul livello in cui ognuno si pone, nonché indirizzare il cambiamento in questo ambito.
Probabilmente questa impostazione potrebbe essere la sfida futura per tante realtà ove sinceramente ci si interroga verso dove e come indirizzare il cambiamento e dove si abbia la consapevolezza del “privilegio” (pag. XV) di poter dare un contributo concreto alla cura della salute. Alle volte non ci rendiamo conto, che in qualità di curanti abbiamo l’opportunità di relazioni così intime e uniche nella vita degli assistiti che fanno per loro “la differenza” nel vivere alcuni passaggi difficili. Il poter “esserci” accanto all’assistito, in modo efficace, può essere però solo sotteso da un supporto degli altri membri del team (da chi eroga le cure dirette, o di chi gestisce gli ambiti amministrativi o gestionali, fino alla dirigenza e che rendono possibile l’organizzazione delle cure).
In tal senso questo libro è una preziosa lettura, che merita l’attenzione di tutti coloro impegnati nell’organizzazione e gestione delle risorse, o nella formazione continua o universitaria a diversi livelli, al fine di una riflessione interessante su come indirizzare essenziali cambiamenti nei nostri ospedali.

Immacolata Dall’Oglio
Infermiere coordinatore, Struttura per lo Sviluppo Professionale infermieristico e tecnico, la formazione continua e la ricerca infermieristica – Direzione Sanitaria
IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma

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