I valori degli italiani 2013. Il ritorno del pendolo


Si legge in un soffio il recente volume del Censis (Centro studi investimenti sociali) “I valori degli italiani” ed è un libro che fa pensare e un po’ anche sperare.
Innanzitutto perché offre una fotografia del sistema valoriale degli italiani in cambiamento in cui “il degrado sociale degli ultimi anni” (pagina 9) sembra stia improvvisamente “svanendo” (pagina 9), come sottolinea Giulio De Rita, nell’introduzione. Sembrerebbe in atto un’“inversione di rotta” (pagina 10) anche se non ancora effettivamente in corso.
Poi, anche perché i valori che emergono, il ritorno alla famiglia, la socialità, l’altruismo, la collaborazione, sono aspetti che da sempre interessano la professione infermieristica e che possono essere tenuti seriamente in considerazione in un’ottica di ripensamento dell’organizzazione dei servizi in cui la partecipazione attiva e l’integrazione con le istanze positive della società sono una risorsa su cui contare.
Non si tratta di certezze e questo è ben esplicitato nel testo che sottolinea la necessità di una regia, attualmente ancora non presente nel panorama nazionale, che accompagni e permetta una crescita su livelli altri e diversi da quella basata sull’incremento del benessere materiale. In tal senso, è ben calzante l’esempio del pendolo proposto sempre nell’introduzione. Da un lato il rischio di un’involuzione che riporti, dopo la sbornia individualistica e competitiva, ad una decrescita orientata solo verso la famiglia, il contesto amicale, l’essenzialità (bisogni primari). Dall’altro, la prospettiva di un futuro che è “alle porte” (pagina 13), se il pendolo andrà nella direzione della riscoperta dell’altro “come alleato e non come competitor” (pagina 13).
La ricerca, condotta dal Censis e dalla Leghein in un gruppo di lavoro diretto da Giulio De Rita, è un’indagine effettuata su un campione statisticamente rappresentativo di italiani con un’età superiore a 18 anni. Sono state intervistate telefonicamente 3680 persone per esplorare quali fossero i loro valori e misurarne lo “stato di salute” (pagina 18).
Il rapporto è articolato in 15 capitoli che descrivono i diversi ambiti dei valori esplorati, di cui se ne citano alcuni: la fame di socialità e di condivisione, la voglia di denuncia, gli stati d’animo, la vitalità inespressa, il bisogno di una regia, la comunità e territorio, i sentimenti, la famiglia, fino ad arrivare al web e i giovani; interessante anche il focus sul rapporto con il cibo, come esempio tra il volere e non volere.
Nel primo capitolo (fame di socialità e condivisione), viene proposta l’interessante metafora del treno fermo: se in passato era stata descritta la disaggregazione della società italiana come una “mucillagine” (pagina 24), intesa come insieme di elementi vicini ma che non interagiscono tra loro, ora potrebbe sembrare un treno ad alta velocità che si ferma, in cui gli individui prima impegnati con i propri strumenti elettronici, si sentono insicuri “cominciano a guardarsi l’un l’altro” (pagina 25) e a parlare con il vicino, come “unico modo per uscire da un clima di insicurezza” (pagina 25). Ecco che, accanto all’affievolirsi dei valori tipici della modernità (per esempio, competizione, affermazione di sé, autonomia, crescita), sembra riemergere un sistema arcaico di valori, rifacendosi a termini talmente antichi, da sembrare quasi un po’ “insinceri” (pagina 23), come condivisione o altruismo. Tornando al treno, se il bisogno di socialità sarà solo consolatorio, probabilmente non porterà a nulla, altresì se sarà l’opportunità per un’esperienza di umana condivisione, sarà occasione di crescita.
Ed ecco allora che dall’indagine emerge ad esempio come le ambizioni personali sono sostituite da altri elementi gratificanti: il 40% degli intervistati si dichiara molto disponibile a far visita agli ammalati. Questo fenomeno emerge soprattutto nella fascia d’età tra i 45 e i 54 anni. Analogamente, la metà degli italiani dichiara la disponibilità a fare compagnia agli anziani. E allora se da un lato può emergere “il sospetto” (pagina 27), come si legge nel rapporto, che ciò avvenga in un momento della vita nel quale la carriera non gratifichi più tanto e che la disponibilità nasce da una solidarietà di base arcaica (non abbandono l’ammalato, se non voglio correre il rischio di essere abbandonato in condizioni analoghe) o dalla consapevolezza, come nel caso degli anziani che possa essere fonte di arricchimento. Dall’altro è necessario riflettere su come dar corpo a questa disponibilità ovvero su come indirizzarla prima che vada persa di nuovo.
Proprio in tal senso vale la pena soffermarsi sulla gerarchia dei valori: il 29,5% degli italiani sostiene che aiutare qualcuno in difficoltà “darebbe moltissima carica” (pagina 32), ma come canalizzare questa spinta verso persone e atti concreti per evitare che si riduca a sterile sentimentalismo? Questo è un quesito assolutamente pertinente visto che quasi la metà degli italiani sarebbe intenzionata a fare qualcosa, ma non sa che cosa. Una grande energia viene attribuita da un quarto degli intervistati alla spiritualità e all’interiorità: questa percentuale nei cattolici praticanti arriva al 40%.
Infine, interessante è quanto emerge dall’indagine riguardo la famiglia: fare qualcosa per il benessere della propria famiglia è il pensiero che darebbe moltissima energia al 46,2% degli italiani. Tant’è vero che è sempre più evidente il fenomeno delle “reti di sostegno di famiglie e per le famiglie” (pagina 139) in una logica di welfare community basata su un’ottica partecipativa e collaborativa. Ne è un esempio l’asilo che vede coinvolti i nonni a fianco delle maestre: ciò permette ai primi di sentirsi ancora attivi oltre che di dimezzare la retta. Si sostiene anche che la vitalità incanalata nei ruoli di supplenza delle istituzioni si spegne, mentre quella “incanalata in ruoli di corresponsabilità si moltiplica” (pagina 122).
Tornando alla professione infermieristica, la lettura di questo libro offre moltissimi spunti perché permette di guidare le azioni quotidiane attuali e le scelte future rispetto a:

  • un’assistenza infermieristica che tenga conto dei desideri e delle risorse delle famiglie, nonché dei bisogni spirituali delle persone rispettandoli e valorizzandoli;
  • una riorganizzazione dei servizi orientata alle persone e alle famiglie, aperta sempre più all’associazionismo e al welfare community non solo perché le risorse scarseggiano ma anche perché è benefico (dà energia fare qualcosa per gli altri) per chi vi partecipa;
  • un’educazione di base che faccia leva sui valori dei giovani, rafforzandoli e orientandoli nel corso dell’inserimento nella vita lavorativa (denunciare l’evasione fiscale e la criminalità organizzata sono le azioni rivolte al bene comune riportate in circa il 50% del campione);
  • un orientamento degli organismi professionali che contribuisca a fare da regia per canalizzare positivamente i valori emersi.

In conclusione, questa indagine, che ha volutamente cercato i valori etici degli italiani, può avere l’importante funzione di contribuire positivamente al “loro rafforzamento” (pagina 18), contrastando altresì l’atteggiamento depressivo che emerge quando invece “si volge lo sguardo alle meschinità umane” (pagina 18).
 

A cura della Redazione

STAMPA L'ARTICOLO