La notte può attendere. Lettere e storie di speranza nelle stanze della malattia terminale


“La vita delle farfalle dura il tempo di un volo. Un volo sopra una manciata di albe e tramonti che copre al massimo qualche cambio di stagione e raramente taglia il traguardo di un lunario (…). La farfalla buca l’involucro che l’ha custodita e libera la sua eleganza, preparandosi a portare a termine la missione che l’ha chiamata ad esistere. Non importa quanti siano i crepuscoli che la separano dal termine del suo volo. La bellezza e l’importanza del compito vincono su tutto. Anche solo per un istante. Perché ogni istante contiene in sé un germe di eternità”.
Inizia con una metafora – e a numerose metafore fa ricorso sfruttando uno stile poetico – il libro di Elena Miglioli ‘La notte può attendere. Lettere e storie di speranza nelle stanze della malattia terminale”, delle edizioni Paoline. La metafora è quella della farfalla, la cui brevità di vita la fa diventare ‘sorella’ del malato terminale. La farfalla è, in realtà, metafora più generale della vita umana, comunque destinata a terminare, ma sempre preziosa, in ogni suo momento, anche quando il ritmo dei giorni viene scandito dalla malattia e dalla malattia non è più possibile guarire.
Ma anche allora la Medicina può fare ancora molto e ha un ruolo anzi delicatissimo: accompagnare il paziente verso una buona morte. Le Cure palliative mettono a disposizione infermieri, medici, psicologi, fisioterapisti, operatori sociosanitari e volontari adeguatamente formati per rispondere a un ventaglio di esigenze manifestate dal malato e dai suoi familiari: cliniche, piscologiche, spirituali.
Un testo, quello di Elena Miglioli, giornalista e responsabile della Struttura comunicazione dell’Azienda ospedaliera Carlo Poma di Mantova, che della narrativa e della poesia sfrutta parole, tempi, immagini e immaginazione. Si leggono toccanti testimonianze lasciate dai pazienti e dalle famiglie in un diario custodito in reparto. Si trovano poi racconti di vita quotidiana, pianti, sorrisi, silenzi, ritratti di personaggi che hanno lasciato il segno. La realtà cede il posto anche alla fantasia: non è reale Amelia, l’unico personaggio che porta un nome (gli altri sono stati omessi per rispetto della privacy), che si sta spegnendo in un letto dell’Hospice. Tuttavia, è quanto mai reale, nel suo incarnare il dolore, lo sconforto, la fiducia e le domande esistenziali che ogni malato – e ogni individuo – si pone. A quelle domande proverà a dare risposta una nonna che viene a trovare la nipote dall’aldilà e conversa con lei la sera, sotto le stelle, e una bambina (un angelo?) che entra nella sua stanza per raccontarle una storia struggente.
‘La notte può attendere’ è un viaggio che si spinge nei luoghi della sofferenza, ma che da quei luoghi attinge continuamente speranza e fiducia nella vita, che chiede di essere vissuta con intensità fino alla fine.

Franco Vallicella

STAMPA L'ARTICOLO