Utile agli altri e ad alta occupabilità: una professione che attira sempre più i giovani


Il 2012 si chiude con una buona immagine degli infermieri attestata dalla società italiana. La nostra famiglia professionale ha saputo costruire nella popolazione una stima e una fiducia che erano sconosciute solo fino a pochi anni fa: lo ha fatto emergere a chiare note la ricerca del Censis su L’infermiere protagonista della buona sanità del futuro.

a cura della Redazione
 

Cosa ci dicono i cittadini? L’infermiere gioca un ruolo positivo nella sanità attuale e può essere uno dei principali protagonisti della buona sanità del futuro. Questa professione riscontra un appeal molto elevato oggi: è considerata utile agli altri e consente di trovare lavoro rapidamente. Good social reputation ed elevata occupabilità spiegano la scelta da parte di un numero crescente di giovani di diventare infermiere ed il fatto che una netta maggioranza di italiani la giudichi una scelta da condividere e incoraggiare.
È positiva la valutazione dell’attività svolta dagli infermieri nelle strutture o servizi sanitari e la valutazione si fonda sul giudizio delle buone capacità tecnico-professionali e anche della buona capacità relazionale, intesa come capacità di entrare in rapporto con i pazienti e di rispondere alle loro esigenze, da quelle prettamente sanitarie a quelle di carattere informativo.
E se la competenza tecnico-professionale è apprezzata, ma considerata come una sorta di prerequisito del buon infermiere, la capacità relazionale viene vista come un fattore sempre più importante, che si materializza in molti aspetti, tra i quali spicca il ruolo di vero e proprio interfaccia che gli infermieri svolgono, garantendo, ad esempio, informazioni e risposte ai problemi di vario tipo dei pazienti e migliorando così i loro rapporti e quelli dei loro familiari con le strutture sanitarie, realtà sempre più complesse, a volte addirittura percepite come opache.
In un momento in cui i media rilanciano sistematicamente episodi sconcertanti di malasanità, nel quotidiano emerge in positivo la figura dell’infermiere che svolge con competenza e passione il suo lavoro e che, soprattutto, si pone come punto di riferimento per i pazienti.
Nella sanità del futuro gli infermieri, secondo gli italiani, sono destinati a giocare un ruolo importante, sempre in stretta relazione con i medici, ma con spazi di autonomia significativi in grado di contribuire ad innalzare la qualità del servizio sanitario. A questo proposito è positivo il giudizio su quelle esperienze di Pronto soccorso dove gli infermieri, nel rispetto delle linee guida e con la verifica dei medici, già ora si occupano direttamente dei casi meno gravi, accelerando le procedure di presa in carico, ferma restando la qualità dell’assistenza.
In sintesi, si può dire che sono almeno due gli aspetti significativi dell’upgrading della professione infermieristica nella sanità del prossimo futuro:

  • il primo aspetto è legato all’evoluzione del contenuto dell’attività dell’infermiere che sarà dato, oltre che da un’elevata capacità tecnico-professionale, dalla crescente attenzione alla dimensione relazionale come condizione che permette di massimizzare la capacità della struttura e/o del servizio sanitario di rispondere alle aspettative di tutela e cura dei cittadini;
  • il secondo aspetto consiste nel riconoscimento di spazi più ampi di responsabilità ed esercizio delle proprie competenze, anche se sempre in stretta connessione con i medici.

Il ruolo significativo che per gli italiani l’infermiere assumerà nella sanità del futuro dovrebbe condurre anche ad un maggior riconoscimento in termini di status, retribuzione e percorsi di carriera.
È chiaro, d’altra parte, che la professione infermieristica già oggi è il risultato di mutamenti significativi tuttora in atto, che significano un aumento del loro numero e, in termini di connotati socio-demografici, una minore femminilizzazione e un incremento degli stranieri; per il futuro i cambiamenti saranno ancora più intensi, se si considera che nei Corsi di laurea in infermieristica il profilo degli immatricolati mostra un incremento molto consistente dei giovani provenienti dai licei, di quelli che hanno fatto di questo corso di laurea la prima scelta e di coloro che hanno ottenuto voti elevati all’esame di maturità. Può quindi dirsi finito il tempo in cui quello dell’infermiere era un lavoro di ripiego o una seconda scelta: essere infermiere significa oggi esercitare una professione interessante, che offre opportunità e gratificazioni e che, sebbene significhi ancora lavorare molto per non guadagnare molto, comunque beneficia di un positivo riconoscimento sociale, di ottime opportunità occupazionali e in prospettiva anche di maggiori riconoscimenti retributivi e di carriera.
Peraltro, le prospettive occupazionali sono destinate addirittura a migliorare rispetto a quelle già oggi molto positive; infatti, nella percezione collettiva gli infermieri sono pochi rispetto alle esigenze e, se si pone prospetticamente l’obiettivo di avvicinare l’Italia a Paesi come la Francia o l’Olanda, allora è evidente come la richiesta di infermieri sia destinata a crescere in misura significativa.
Se, però, la curva di domanda degli infermieri è destinata a salire, l’offerta di nuovi infermieri è bloccata dal numero chiuso per l’accesso ai corsi universitari. Questo aspetto emerge dalla ricerca con una bocciatura sociale solenne assolutamente trasversale: viene considerato da superare un meccanismo di limitazione dell’accesso ai corsi universitari per profili professionali, come quelli infermieristici, di cui c’è visibilmente bisogno.
E ciò appare ancora più stringente se associato al prospettato shortage di medici e all’inevitabile dinamica crescente della domanda di sanità legata all’invecchiamento della popolazione e alla diffusione di patologie cronico-invalidanti.
In estrema sintesi, dai risultati della ricerca emergono alcuni punti di una potenziale agenda delle cose da fare:

  • aumentare le opportunità di accesso ai corsi universitari in Infermieristica, modulandole maggiormente sull’evoluzione attesa della domanda di infermieri, legata ai mutamenti della domanda e dell’offerta sanitaria;
  • mettere al centro della formazione non solo le competenze tecnico-professionali ma quelle relazionali, di attenzione al paziente e alla famiglia e la capacità di interagire, di comunicare e di relazionarsi;
  • ampliare nella sanità gli spazi di azione autonoma e diretta degli infermieri, laddove ciò migliora la qualità dei servizi, come ad esempio nel caso citato dei Pronto soccorso, dove gli infermieri possono occuparsi dei codici bianchi, seguendo linee guida indicate dai clinici.


Professionale e capace di relazionarsi: l’infermiere piace agli italiani

Il 75,2% degli italiani che ha avuto rapporti diretti o indiretti tramite familiari con gli infermieri valuta come ottima o buona l’attività svolta da questi professionisti (Figura 1). È questo il primo statement essenziale da cui partire per capire la professione infermieristica oggi e le sue prospettive.

Figura 1 – Positiva valutazione dell’attività degli infermieri
Figura 1 - Positiva valutazione dell'attività degli infermieri

Se il miglior giudice dei servizi sanitari è il paziente coi suoi familiari, allora è importante sottolineare che gli infermieri riscuotono oggi una valutazione assolutamente positiva da parte della maggioranza di pazienti e familiari con cui sono entrati in contatto. Ed è un giudizio positivo condiviso trasversalmente al corpo sociale e alle aree geografiche, con valori comunque molto alti.
Un dato significativo questo, perché vuol dire che in una sanità stretta dal rigore finanziario e messa nell’angolo dal rilancio mediatico dei casi di malasanità, esiste una sanità quotidianamente vissuta che garantisce le risposte assistenziali di cui i cittadini hanno bisogno e della quale gli infermieri sono sicuramente i protagonisti.
Sono giudicate migliori, tra i vari aspetti che caratterizzano l’attività degli infermieri, le capacità tecnico-professionali (il 55,6%), la capacità di relazionarsi con i pazienti e i familiari (51,2%) e la cortesia e la gentilezza (44,7%) (Tabella 1).

Tabella 1 – Gli aspetti migliori dell’attività degli infermieri secondo gli intervistati, per ripartizione geografica (val. %)

In particolare quali tra i seguenti aspetti giudica come migliori:

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e isole

Italia

Le capacità tecnico-professionali

65,4

54,5

54,7

48,6

55,6

La capacità di relazionarsi con i pazienti e i familiari

49,6

59,9

43,7

51,6

51,2

La cortesia, la gentilezza

45,4

42,8

46,9

44,1

44,7

Abilità nel gestire attrezzature medicali (flebo, cateteri, medicazioni, prelievi)

16,7

12,5

16,5

21,5

17,3

Rispetto delle norme igieniche

14,9

17,1

14,2

11,9

14,3

La capacità di dare informazioni su patologia, terapie, ecc.

11,6

23,3

12,2

9,9

13,6

Attenzione agli aspetti collaterali dello stato di salute del paziente (dolore, rischio decubito, ecc.)

16,4

8,2

10,6

13,2

12,5

La capacità di organizzare il lavoro

19,1

16,3

12,2

5,8

12,9

Il rispetto della privacy

6,6

7,4

5,5

4,1

5,7

Il totale è diverso da 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 2012

Un buon infermiere, meritevole di un giudizio positivo sulla propria attività, è sicuramente un infermiere in possesso di una serie di capacità operative e tecniche, con un saper fare che si materializza in una molteplicità di pratiche quotidiane che, appunto, sono il contenuto della professione infermieristica.
Gli italiani che ne hanno avuto esperienza hanno percepito che è questa una dimensione molto ben coperta dagli infermieri con cui hanno avuto rapporti; ma al fianco della tecnicalità conta la dimensione relazionale e umana dell’empatia, quella capacità di entrare in relazione con persone sofferenti o sicuramente in uno stato psicofisico di fragilità e con i loro parenti.
La sfera della relazione, ormai vitale in ogni ambito della nostra vita, lo è ancor più all’interno della sanità, dove la condizione di paziente genera inevitabilmente nel rapporto con la struttura e il personale una relazione asimmetrica, di fragilità, che solo una intenzionale ed efficace capacità relazionale da parte del personale, in particolare da parte degli infermieri, può consentire di superare.
Anche il richiamo alla cortesia e alla gentilezza non fa altro che echeggiare le capacità relazionali: gli italiani ritengono che gli infermieri con cui sono entrati in contatto hanno saputo metterle in campo.
Le ragioni della valutazione positiva e il suo rilievo si comprendono pensando alla complessità delle strutture sanitarie, a cominciare dagli ospedali dove la maggioranza degli italiani entra in contatto con gli infermieri; infatti tali strutture sono connotate da una non facile comunicazione con i clinici e i rappresentanti della struttura e dalla necessità da parte di pazienti e familiari di praticare una sorta di management continuativo del ricovero, fatto di recupero di informazioni e sviluppo di relazioni per tentare di sapere di più sulla patologia e/o terapia, per risolvere i quotidiani problemi alberghieri, di comfort, di relazionalità, magari di ristorazione.
In questa dinamica difficile, faticosa, che pazienti e familiari devono fronteggiare in caso di degenze ospedaliere o di contatti con altre strutture, dalle più semplici, come gli studi medici, agli ambulatori e poliambulatori, alle varie tipologie di strutture di ricovero socio-sanitario, la figura dell’infermiere, la sua capacità relazionale, la sua disponibilità a facilitare l’accesso alle informazioni diventano strategiche e molto apprezzate dai cittadini.
Quasi il 60% dei cittadini dichiara che di fronte a richieste di informazioni su patologie, terapie, aspetti organizzativi e altro gli infermieri tendono a rispondere quando sono in grado di farlo (Tabella 2); il 30% parla invece di una tendenza a rinviare sempre e comunque ai medici, mentre è solo il 10% circa a ritenere che gli infermieri non siano stati in grado di dare risposte adeguate.

Tabella 2 – Gli infermieri di fronte alle richieste di informazioni su patologie, terapie, aspetti organizzativi, per ripartizione geografica (val. %)

Nella Sua esperienza di fronte a richieste di informazione su patologie, terapie, aspetti organizzativi, ecc., gli infermieri:

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e isole

Italia

Tendevano a rispondere quando erano in grado di farlo

55,8

61,8

60,0

60,9

59,5

Tendevano a rinviare sempre e comunque ai medici

34,1

30,0

29,3

27,3

30,1

Non mi sono sembrati in grado di dare risposte adeguate

10,1

8,2

10,7

11,8

10,4

Totale

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

Fonte: indagine Censis, 2012

La dimensione comunicativa delle informazioni è tra quelle cruciali per pazienti e familiari ed è evidente come gli infermieri nella quotidianità siano un riferimento che, nella grande maggioranza dei casi, tenta di dare risposte. Alla richiesta di indicare quali siano le cose più importanti che si aspettano da un infermiere quando entrano in relazione con lui nei vari setting, oltre il 66% degli intervistati ha indicato la capacità di creare un buon clima relazionale e l’attenzione agli aspetti psicologici e umani ed il 62,3% ha richiamato un ottimo livello tecnico-professionale, mentre molto distanziata, con circa un quarto delle opinioni espresse, emerge la capacità di dare spiegazioni sulla diagnosi e la terapia (Tabella 3).

Tabella 3 – Le cose più importanti che gli intervistati si aspettano da un infermiere quando entrano in relazione con lui nei diversi contesti sanitari, per ripartizione geografica (val. %)

Quali sono le cose più importanti che si aspetta da un infermiere quando entra in relazione con lui nei vari contesti (ospedale, pronto soccorso, studio medico, ecc.)?

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e isole

Italia

Che sappia creare un buon clima relazionale, attento agli aspetti psicologici, umani

64,9

74,0

64,7

63,9

66,3

Che abbia un ottimo livello tecnico professionale

69,9

62,6

58,6

58,3

62,3

Che sappia darmi spiegazioni sulla diagnosi, la terapia (magari rendendo più accessibile quello che dice il medico)

26,2

26,0

25,8

24,7

25,5

Che sia aggiornato su cure, tecnologie, farmaci, ecc.

16,5

13,1

13,2

17,1

15,4

Che sia attento a risolvere i problemi che mi riguardano, anche quelli legati agli aspetti alberghieri, del vitto, ecc.

6,4

6,9

6,4

5,2

6,1

Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 2012

È questo un quadro altamente significativo: sono le relazioni, la capacità di costruirle, l’attenzione agli altri e il modo in cui si esprime tale attenzione ad essere al cuore delle aspettative degli italiani rispetto all’attività dell’infermiere.
Se la tutela della salute è per i cittadini una dimensione cruciale della propria vita a cui dedicare tempo, energie, soldi e sulla quale essere informati e capaci di formarsi un punto di vista, allora entrando in contatto con la sanità i cittadini hanno bisogno di interlocutori che accettano la relazione, la coltivano, gli danno senso e contenuto. Ed è anche su questo aspetto che gli infermieri nel quotidiano si mostrano capaci di operare con efficacia.
L’infermiere che piace agli italiani è professionale e capace di relazionarsi e coloro che hanno avuto esperienza diretta di rapporti con gli infermieri ritengono, in netta maggioranza, che così sono gli infermieri che operano nella sanità italiana.

Voglio diventare infermiere: bravo, bella scelta
L’84,2% degli italiani afferma che a un figlio, parente o amico che desiderasse iscriversi al Corso di laurea in infermieristica e chiedesse un consiglio, direbbe di farlo (Tabella 4): questa professione rappresenta un’opportunità, tanto che un giovane che desidera diventare infermiere va assolutamente incoraggiato.

Tabella 4 – Intervistati che consiglierebbero ad un figlio/parente/amico di iscriversi al Corso di laurea in infermieristica, per ripartizione geografica (val. %)

Se Suo figlio, parente o amico, desiderasse iscriversi al corso di laurea in Scienze infermieristiche e le chiedesse un consiglio, oltre a invitarlo a fare ciò che davvero gli piace, Lei:

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e isole

Italia

Gli consiglierebbe di farlo

85,3

89,8

83,8

80,4

84,2

Glielo sconsiglierebbe

14,7

10,2

16,2

19,6

15,8

Totale

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

Fonte: indagine Censis, 2012

In estrema sintesi, oggi diventare infermiere è, per gli italiani, una scelta giusta: per oltre il 76,6% perché ritiene sia una professione con un alto valore sociale e di aiuto verso gli altri e il 47% circa perché consente di trovare facilmente occupazione (Tabella 5).

Tabella 5 – Principali motivi per cui gli intervistati consiglierebbero ad un figlio/parente/amico di iscriversi al Corso di laurea in infermieristica, per classe d’età (val. %)

Perché consiglierebbe a un figlio/ parente/amico di iscriversi al corso di laurea in Scienze infermieristiche?

18-29 anni

30-44 anni

45-64 anni

65 anni e più

Totale

Ha un alto valore sociale, di aiuto verso gli altri

71,2

74,5

79,8

78,1

76,6

Si trova facilmente occupazione

44,5

48,0

47,4

46,5

46,9

È tutto sommato ben retribuito

10,5

6,6

9,6

8,4

8,6

Ci sono prospettive di carriera

13,6

9,0

7,2

8,1

8,9

Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte
Fonte: indagine Censis, 2012

Social reputation e sbocchi occupazionali sono i due pilastri che rendono quella infermieristica una professione sulla quale scommettere, purché ovviamente rientri nelle corde della persona che vi si vuole dedicare. Un tempo attività vocazionale o di ripiego per donne e/o religiose, il suo profilo è quindi cambiato ed è in continua evoluzione, perché tende ad essere percepito e anche vissuto sempre più come una scelta mirata.
Sul piano sociale, il suo contenuto altruistico è considerato un fattore di status, che incide positivamente sull’appeal verso i più giovani, affiancato, ovviamente, dal dato concreto delle opportunità occupazionali.
Diventare infermiere significa fare qualcosa di utile e che permette di trovare subito lavoro: questo lo statement chiave sul profilo della professione nella percezione prevalente.
Tra coloro che, invece, sconsiglierebbero parenti e amici di dedicarsi alla professione infermieristica, la ragione primaria indicata è che si tratta di un lavoro troppo duro (63%) e per il 37% malpagato.
Un altro dato essenziale sulla percezione prevalente degli italiani rispetto agli infermieri è che la maggioranza (il 68,5%) ritiene che attualmente nel nostro Paese vi siano pochi infermieri e che sarebbe opportuno aumentarne il numero, così da colmare le lacune.

Una professione di qualità
Gli aspetti della professione infermieristica che ne definiscono il profilo sociale sono destinati a diventare sempre più importanti nel futuro, anche in relazione all’evoluzione attesa della sanità italiana. Si tenga infatti presente che è sempre più alta l’attenzione che i cittadini hanno per la tutela della salute e, ovviamente, per il modo in cui il Servizio sanitario del prossimo futuro sarà in grado di dare le risposte assistenziali attese.
Per il futuro, dalle indagini condotte recentemente sulla salute emerge che ci si aspetta una sanità ad alta intensità tecnologica per le acuzie, ma con una notevole proiezione sui territori, attraverso le tante forme di medicina del territorio, di continuità assistenziale e di offerta socio-sanitaria.
È in questa prospettiva evolutiva di lungo periodo della sanità del futuro che vanno lette anche le caratteristiche della professione infermieristica che sono destinate ad avere rilievo.
Su tale base è stato chiesto agli intervistati di indicare tra i vari aspetti che connotano la professione infermieristica, soprattutto pensando al futuro della sanità, quali siano i più significativi. Il primo aspetto indicato come altamente significativo è che il lavoro di infermiere è e sarà sempre più un lavoro che si sceglie (quasi il 91%), una professione che per le sue caratteristiche specifiche, di reputazione sociale e di opportunità occupazionali, sarà scelta dai giovani che decidono di intraprendere gli studi ad hoc. È questa una visione socialmente radicata, che è fatta propria in modo trasversale rispetto alle variabili sociodemografiche e territoriali.

Aspetti della professione che saranno importanti anche in futuro

Nella percezione collettiva, l’infermiere è una professione nella quale si lavora molto e così sarà anche per il futuro (l’88,5% condivide questa idea). Gli infermieri dimostrano capacità di adattamento (81,4%), quel modus operandi che consente di fronteggiare le tante difficoltà quotidiane di tipo diverso, superando ostacoli imprevisti. Sul piano contrattuale e retributivo, gli italiani ritengono in netta maggioranza che gli infermieri guadagnino poco (lo pensa il 66,4%). Tuttavia una maggioranza altrettanto robusta (il 71%) ritiene che per il futuro quella infermieristica sarà una professione destinata ad avere un maggiore riconoscimento in termini di stipendi, status sociale e percorsi di carriera.

 

Avranno sempre più riconoscimento economico e di status

Gli italiano sono convinti che questa professione riuscirà ad avere maggiori riconoscimenti anche per quegli aspetti sui quali oggi è di fatto penalizzata, ad esempio per i livelli retributivi. Va precisato che questa convinzione è molto meno radicata al Sud-Isole, dove la condivide il 62% circa, di contro a quote superiori al 70% nelle altre macro-aree. L’infermiere è e rimarrà nella percezione collettiva una professione inquadrata come lavoro dipendente, con posto fisso e stipendio sicuro (80%), piuttosto che una professione da giocarsi sul mercato delle professioni, magari con partita Iva, studio proprio e contratti di consulenza. Prevale infatti l’idea di una figura professionale inserita stabilmente in organizzazioni complesse e strutturate, come i presidi ospedalieri e territoriali della sanità.

 

Quali competenze per il futuro?

Gli infermieri, nella percezione collettiva, sono sulla ‘linea del fronte’ nel rapporto tra Servizio sanitario e pazienti, interfaccia quotidiana con i cittadini. Le loro capacità tecniche devono sempre più essere integrate da un grande senso di umanità e da notevoli capacità relazionali. La priorità per il settore infermieristico nel prossimo futuro, in vista di una sanità migliore dal punto di vista dei pazienti, risiede proprio nel migliorare la preparazione psicologica e relazionale (46,8%), seguita dall’aumento del numero di infermieri che escono dalle nostre università (39,9%) e dal miglioramento del rapporto con le nuove tecnologie (37,0%).

 

L’autonomia degli infermieri

Agli occhi degli italiani, l’autonomia rispetto ai medici è un tema delicato, che va affrontato con estrema cautela. In pratica, fermo restando il ruolo essenziale di riferimento, anche operativo, dei medici, traspare nel punto di vista dei cittadini l’idea che in una sanità più orientata al territorio e alla prevenzione gli infermieri possano avere un maggiore spazio, che ne valorizzi le capacità e le competenze. E l’infermiere, in pratica, deve diventare sempre più una persona che affianca il medico e che di fatto non è confinato al ruolo di puro staff: vi sono anche funzioni più specifiche, di contenuto sanitario che, una volta indicate le linee guida e definite le procedure di verifica dei medici, possono indubbiamente essere affidate agli infermieri.

 

PROFESSIONE INFERMIERE

Al 31 dicembre 2010 gli infermieri iscritti ai Collegi Ipasvi erano 398.494.
Di questi, quasi un terzo lavora (32,9%) lavora al Sud e nelle Isole, il 25,2% nel Nord-Ovest, il 21% nel Nord-Est e il 20,9% al Centro.

Aumentano gli uomini
Le donne sono più di tre quarti (oltre il 77%), ma in alcune Regioni la presenza maschile è decisamente più alta: in Sicilia, per esempio, gli infermieri maschi sono più del 44%; in Campania il 39,8% e il 37,8% in Calabria. Sono meno del 15%, invece, in Valle d’Aosta, Piemonte e Lombardia. Da rilevare che gli infermieri maschi erano il 26,9% del totale nel 2003-2004 e sono diventati il 30% nel 2009-2010.

L’età
La maggior parte degli infermieri si colloca nella fascia di età compresa tra i 35 e i 49 anni, mentre quelli tra i 60 e i 64 anni sono il 2,9%. Gli over 65 sono il 2%. I giovani (sotto i 30 anni) non arrivano al 10%.

Una professione sempre più colta e di qualità
Cresce sensibilmente il numero degli immatricolati provenienti dai licei, passati da meno del 29% nel 2003-2004 al 46% circa nel 2009-2010. Tenendo conto degli esiti degli esami di maturità, si registra una maggior presenza di diplomati che hanno preso i voti più alti e una diminuzione dei voti bassi: coloro che hanno preso tra 60 e 68 sono scesi dal 43% nel 2003-2004 al 35% del 2009-2010. La quota di coloro che hanno ottenuto i voti massimi (da 90 in su) è invece salita dall’11,8% nel 2003-2004 al 12,8% nel 2009-2010, così come le quote di coloro con voti tra 70 e 79 (dal 29% al 32,2%) e quelli con voti tra 80 e 89 (dal 16,2% al 19,9%).

Sale l’appeal
Tra l’anno accademico 2003-2004 e il 2009-2010 si registra un incremento degli immatricolati che hanno intrapreso come prima scelta le professioni sanitarie, infermieristiche e ostetriche: erano infatti il 46,3% del totale e sono diventati oltre il 59%. Gli immatricolati che hanno vissuto l’iscrizione al Corso di laurea in infermieristica come seconda scelta sono scesi dal 21,6% all’8,8%, quelli invece che l’hanno scelta come ricollocamento (si sono iscritti al Corso di laurea dopo 10 anni dal conseguimento del diploma superiore) sono passati al 15% al 13,3%.

D’altronde la scelta di diventare infermiere è da incoraggiare per l’82% degli italiani, soprattutto perché ha un alto valore sociale e si trova facilmente occupazione (il 93% entro un anno dalla laurea).

L’emergenza è finita, ma gli infermieri sono ancora pochi
Dopo le emergenze degli anni Novanta, nell’ultimo decennio il numero degli infermieri è cresciuto sia in valore assoluto sia come incidenza sulla popolazione: dal 2000 al 2010 sono aumentati di 80 mila unità, facendo crescere di un punto percentuale l’incidenza fino al 6,6 per 1.000 abitanti. Tuttavia la dinamica incrementale continua a essere insufficiente, soprattutto in alcune aree del Paese.

In generale, se si volesse portare l’Italia al rapporto infermieri/popolazione dell’Olanda (10,5 per 1000 abitanti) bisognerebbe aumentare di oltre 266.000 unità il numero di infermieri al 2020, portandolo a circa 659.000. Ciò vuol dire che ogni anno il numero di infermieri in attività (come saldo tra chi cessa di svolgere la professione e i nuovi avviati al lavoro) dovrebbe crescere di oltre 26.000 unità, sino al 2020 incluso. Se invece si ponesse come benchmark la Francia (8,9 infermieri per 1000 abitanti), bisognerebbe portare a oltre 482.000 il numero complessivo di infermieri entro il 2020, con un incremento di quasi 91.000 unità, pari a oltre 9.000 in più ogni anno.

Crescono gli stranieri
Oltre il 10% degli infermieri sono stranieri, con una punta del 16% nel Lazio. Nel periodo 2007-2010 sono aumentati di quasi 8.000 unità (+25%).

 

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