Dentro la crisi: questioni "di genere"?


Una comunità professionale al femminile per circa l’80%, come quella infermieristica, non può non interrogarsi sugli effetti “di genere” determinati dalla crisi finanziaria economica e sociale che sta attraversando l’Europa a partire dal 2008.
Le politiche di rigore e di consolidamento fiscale adottate dai Paesi europei per ridurre il debito pubblico e i deficit sono sotto gli occhi di ogni cittadino. E, con la crisi a fare da sfondo, è in corso nel mondo sanitario anche un’importante quanto inevitabile evoluzione organizzativo–assistenziale conseguente allo sviluppo tecnico-scientifico, all’aumento dell’età media della popolazione e dell’incidenza delle malattie cronico-degenerative e delle fragilità.
Non servono le statistiche per comprendere come, in tale contesto, sia sempre più difficile conciliare professione, lavoro, vita familiare e vita sociale: in termini di occupazione e tagli ai servizi l’impatto è stato e continua ad essere pesante per tutti, ma in modo differente tra uomini e donne. E questo drammatico problema non riguarda solo il nostro Paese, ma colpisce tutta l’Europa.
Il network di ENEGE (European Network of Expert on Gender Equality) ha recentemente elaborato un rapporto, The impact of the economic crisis on the situation of women and men and on gender equality policies, 2012, finalizzato a valutare l’impatto della crisi sulle condizioni degli uomini e delle donne in Europa e sulle politiche di uguaglianza di genere.
Il rapporto riguarda i Paesi membri, due Paesi canditati all’ingresso nell’Unione (Macedonia e Turchia) e i Paesi dell’EFTA (European Free Trade Association; Islanda, Liechtenstein, Svizzera e Norvegia).
Quattro le conclusioni cui sono giunte le esperte che l’hanno prodotto([1]):

  1. Durante la crisi si è assistito a un livellamento verso il basso della disparità di genere nell’occupazione, nei salari, nella povertà, nella disoccupazione. Questo livellamento è conseguente a una diminuzione dei tassi di occupazione e a un aumento dei tassi di disoccupazione: non significa che c’è stato un progresso nella parità di genere;
  2. il comportamento delle donne sul mercato del lavoro durante la crisi è risultato simile a quello degli uomini. Per lungo tempo si è pensato che le donne fossero manodopera di riserva (lavorano quando aumenta la domanda, non lavorano quando la stessa si contrae): questo pensiero, peraltro controverso, è stato invalidato dall’attuale crisi. Ciò che emerge, infatti, è che in questo periodo a rappresentare la “riserva” sono le donne, gli uomini, i giovani con contratti di lavoro precari oltre che i lavoratori immigrati;
  3. la crisi ha portato, in particolare nei primi anni, a una riduzione non uniforme delle prestazioni assistenziali: il consolidamento fiscale potrebbe ridurre oltre che le prestazioni assistenziali, anche l’occupazione nel settore con conseguenti effetti anche sulla parità di genere;
  4. le politiche elaborate e attuate durante la crisi non hanno previsto, nella maggior parte dei Paesi, l’implementazione del mainstreaming di genere. Le misure di consolidamento adottate molto spesso non sono state valutate in una prospettiva di genere.

Nella Road Map delle Pari Opportunità, edizione 2009, Le donne e la crisi, e nello specifico nel capitolo 1, Quando la crisi morde… le donne, emergono più elementi di riflessione sull’effetto di genere della crisi.
Infatti, oltre agli anziani e ai giovani a “scontarne” le conseguenze sono in particolar modo le donne, costrette a districarsi nelle maglie di bilanci familiari sempre più modesti. L’incertezza genera inquietudine e preoccupazione per le conseguenze che la crisi ha e può avere e, tra uomini e donne, a esprimerle maggiormente sono queste ultime([2]).
La crisi economica? Tutta sulle spalle delle donne è il titolo di un articolo comparso su “Famiglia cristiana” qualche mese fa. Tutti sono vittime della crisi, ma le donne tre volte di più: hanno comunque stipendi più bassi degli uomini, sono più spesso vittime della disoccupazione e ancora, sono loro a dover fronteggiare in prima linea i tagli del Welfare([3]).
Gli aspetti sottolineati riguardano l’aumento della violenza nei confronti delle donne a causa del clima sociale esasperato, i tagli sull’assistenza agli anziani o al sostegno all’infanzia, i cui effetti si ripercuotono in misura maggiore sulle donne. 

Come aumentare, allora, l’uguaglianza di genere per concorrere a superare la crisi?  

Le esperte di ENEGE hanno elaborato dieci proposte([4]):

  1. Incoraggiare gli Stati membri ad adottare sistemi efficaci di gender budgeting per le iniziative politiche intraprese;
  2. riconsiderare la definizione di indicatori dell’uguaglianza di genere;
  3. promuovere iniziative volte a favorire l’alfabetizzazione finanziaria delle donne;
  4. monitorare la possibilità che il consolidamento fiscale si rifletta sulle misure di Welfare e sulle strutture dedicate alle pari opportunità che sono state indebolite dalle misure di austerity in molti Paesi dell’unione;
  5. affrontare il carico sproporzionato della flessibilità del mercato del lavoro che grava sui giovani;
  6. affrontare la questione della scarsa integrazione dei lavoratori nomadi e migranti;
  7. accrescere la vigilanza e sensibilizzare il pubblico sui casi di violazione dei diritti di maternità e congedo che potenzialmente sono più frequenti nelle imprese più piccole a fronte dei costi organizzativi più elevati;
  8. rafforzare il Fondo sociale europeo e rivederne le procedure;
  9. incanalare la spesa sociale in modo da privilegiare i servizi di qualità rispetto ai sussidi economici;
  10. estendere integralmente anche alle donne le misure di sostegno al reddito.

L’Italia, secondo il Global Gender Gap Report del 2012 che stima in 136 Paesi i differenziali di genere riguardo all’accesso alle opportunità e alle risorse, si posizionava all’80° posto con un peggioramento rispetto al 2008 (67°posto) e al 2010 (74°)([5]).
Le proposte formulate dalle esperte della ENEGE sono tutte irrinunciabili: per noi, due in particolare sono molto importanti:

  • la ridefinizione di indicatori di uguaglianza di genere: il tema delle differenze di genere è molto sentito e oggetto di discussione e confronto anche tra i professionisti sanitari([6]);
  • il controllo sugli effetti delle misure di consolidamento fiscale sul Welfare: di fatto, il nostro Paese sconta una grave carenza di strutture a supporto della donna che lavora.

Le differenze di genere, seppur con livelli diversi, sono un dato di fatto in molti Paesi. Gli esperti tendono a non ricondurle a un’unica causa dominante, ma a considerarle piuttosto il risultato di più fattori che si combinano in modo diversificato in ogni Paese interessato: il livello di formazione, la maternità, le abitudini e le diverse preferenze delle donne e degli uomini, gli ostacoli alla conciliazione tra vita e lavoro, la cultura.
Alcuni fattori sono in via di modificazione, mentre altri (quelli riconducibili all’organizzazione del lavoro, del contesto sociale e della cultura) sono ancora profondamente radicati.
Per superare o almeno ridurre il divario di genere ad oggi registrato e avere su questo degli effetti duraturi, sono necessari un impegno sistematico e costante di tutte le componenti della società. Su questa battaglia di tipo normativo e culturale, sono chiamati a impegnarsi in particolare le istituzioni e gli organi di governo, sia a livello centrale che periferico.
Dall’Europa anche l’Italia attende indicazioni che possano essere recepite quali orientamento cogente delle politiche nazionali finalizzate alla valorizzazione della donna e all’implementazione di strategie di conciliazioni più flessibili, come sostenuto e auspicato da coloro che conoscono a fondo il problema.

 


[1] Network ENEGE, Donne nella crisi un rapporto europeo, www.ingenere.it.
[2] Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome, La crisi e le donne, Road Map delle Pari Opportunità, edizione 2009, www.parlamentiregionali.it.
[3] Famiglia Cristriana, La crisi? Sulle spalle delle donne, www.famigliacristiana.it.
[4] Network ENEGE, Donne nella crisi un rapporto europeo, www.ingenere.it.
[5] Bianco M., Lotti F., Zizza R., Le donne e l’economia italiana, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Paper), n. 171/giugno 2013, Banca d’Italia, www.bancaditalia.it.
[6] Quotidiano Sanità, Donne in medicina, il futuro è nostro, www.quotidianosanita.it.
 

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