La Morte cardiaca improvvisa (Mci) colpisce ogni anno in Italia più di 1000 giovani con età inferiore ai 35 anni (Del Vecchio, 2008). Si tratta di un fenomeno di una certa rilevanza sociale, quindi, con una particolarità preoccupante: la sua mortale insorgenza in soggetti apparentemente sani, perfino negli atleti.
La definizione stessa indica che la Mci è inaspettata: dopo circa un'ora dalla comparsa dei sintomi prodromici (cardiopalmo, tachicardia, dispnea, astenia, altro), non sempre evidenziabili e/o presenti, si manifesta generalmente l'arresto cardiorespiratorio (Zipes, 2009; Fuster, 2009). La presenza o meno di patologie cardiache preesistenti non è un fattore strettamente necessario per l’insorgenza della Mci, anche se molte malattie del cuore ne aumentano esponenzialmente il rischio.
La definizione e l’intervallo di tempo fra l’insorgenza dei sintomi e l’evento fatale, ovvero l’arresto cardiaco, è molto discussa nel panorama scientifico: ciò che pone difficoltà è il fatto che almeno l’80% degli eventi avviene a domicilio e più del 40% senza la presenza di testimoni. Questo rende impervio definire l’evoluzione dell’evento e la sua causa scatenante; gli ultimi studi tendono a considerare questo intervallo di tempo inferiore o pari a 1 ora (Del Vecchio, 2008), basandosi sull’analisi retrospettiva dei certificati di morte o sulle rianimazioni in emergenza.
Sono aumentate le Mci?
L’aumento dell’incidenza di Mci è strettamente correlato alla co-presenza di tutti quei fattori predisponenti il rischio; questo assommarsi di fattori deriva da un nuovo scenario sociale e da stili di vita che si fanno sempre più frequenti nella popolazione giovanile:
- aumento del consumo di sostanze come cocaina, metamfetamine, alcol, tabacco;
- assunzione di modelli di bellezza inducenti disordini alimentari (es. anoressia, bulimia nervosa, diete squilibrate);
- diffusione della pratica del body building, spesso accompagnata dall’uso illecito di steroidi anabolizzanti;
- uno stile di vita che genera stress (fisico, mentale, emotivo).
Tutti questi elementi possono portare direttamente o indirettamente, singolarmente o in interazione all’evento Mci (Cross, 2011; Van der Werf, 2010).
A livello mondiale la Mci rappresenta più del 60% delle morti improvvise nella popolazione sotto i 40 anni di età (Van der Werf, 2010). È difficile fare una stima epidemiologica precisa sulla diffusione del fenomeno nel mondo: i dati oscillano da una stima annua che va dallo 0.46 per 100000 persone a incidenze annue di 13.4 persone ogni 100000 abitanti (Cross, 2011). Questa forte mancanza di omogeneità, come dimostra anche la Tabella 1, è probabilmente riconducibile al fatto che la Mci, più di altre patologie, è strettamente influenzata non solo dalla razza e dall’età dell’individuo, ma anche dallo stile di vita, dai fattori psicosociali, dalla dieta, dalle strategie di prevenzione e dalle reti assistenziali sanitarie, che sono, inevitabilmente, diverse da paese a paese. Questo potrebbe spiegare il perché della forbice cosi ampia dell’incidenza della Mci nelle diverse popolazioni e nazioni (Van der Werf, 2010).
Tabella 1 – Distribuzione dei tassi di incidenza per Mci
Fonte: Foster, 2009; Cross, 2011; Van de Wolsh, 2011
Studio |
Popolazione |
Età |
Periodo osservazione |
Localizzazione geografica |
Incedenza Mci per 100000 individui-anno |
Atkins |
Arresti cardiaci avvenuti fuori dall’ospedale e valutati dai servizi medici di emergenza |
11–19 |
2005–2007 |
11 US and Canadian centri urbani e rurali |
6.37 |
Eckart |
Tutte le morti improvvise non traumatiche nelle reclute dell’esercito degli US |
18–35 |
1977–2001 |
US military training base |
13 |
Winkel |
Tutte le morti improvvise |
1–35 |
2000–2006 |
Denmark |
2.8 |
Fragkouli and Vougiouklakis |
Tutte le morti improvvise refertate dall’autopsia |
1–35 |
1998–2008 |
Epirus, Greece |
1.78 |
Papadakis |
Tutte le morti improvvise ricavate da un database sulla mortalità nazionale |
1–34 |
2002–2005 |
England and Wales |
1.8 |
Holst |
Tutte le morti improvvise in atleti agonisti avvenute entro o durante 1h di sforzo fisico con una intensità moderata-intensa |
12–35 |
2000–2006 |
Denmark |
1.21 |
Corrado |
Tutte lo morti improvvise di non atleti riportate nei registri regionali |
12–35 |
1979–2004 |
Veneto region, Italy |
0.79 |
Corrado |
Tutte le morti improvvise di atleti agonisti riportate nei registri regionali |
12–35 |
1979–2004 |
Veneto region, Italy |
1.9 |
Maron |
Tutte le morti improvvise di atleti agonisti riportate nei registri regionali |
12–35 |
1979–2006 |
Veneto region, Italy |
1.87 |
Maron |
Tutte le morti improvvise di atleti agonisti frequentanti licei e college |
12–31 |
1985–2007 |
Minnesota |
0.97 |
Maron |
Tutte le morti improvvise di atleti agonisti |
12–35 |
1993–2004 |
Veneto region, Italy |
0.87 |
Maron |
Tutte le morti improvvise di atleti agonisti frequentanti licei e college |
12–31 |
1993–2004 |
Minnesota |
0.93 |
La distribuzione del fenomeno nei due sessi presenta una marcata differenza: l’incidenza annua della Mci nei due sessi varia per gli uomini da circa 21000 casi nello studio Zheng a circa 32000 casi nello studio Maastricht, mentre è ancora più netta la differenza nel caso della popolazione femminile, con stime che variano tra i 23000 casi circa nello studio Zheng ai circa 13000 nello studio Maastricht (Del Vecchio, 2008).
Per cercare di avere un quadro più chiaro e completo possibile del fenomeno Mci è utile valutare anche la distribuzione delle cause del decesso per Mci, legate alla presenza di cardiopatie sottostanti. Dall’analisi della letteratura possiamo apprezzare come la cardiopatia ipertrofica rappresenti la causa sottostante più comune di Mci nei giovani atleti, a differenza della popolazione generale dove le cause sono delle più varie (cardiopatia ischemica, difetti valvolari, altro) (Cross, 2011).
L’incidenza di Mci secondaria a cardiomiopatia ipertrofica nella popolazione giovanile si aggira intorno al 6-8%, rappresentando quindi la causa più frequente di Mci, nei giovani così come negli atleti al di sotto di 35 anni di età (Zipes, 2007; Fuster, 2009). La miocardiopatia/displasia aritmogena del ventricolo destro è responsabile di molte Mci in soggetti apparentemente sani: alcuni studi evidenziano come il 3-4% delle Mci associate all’attività fisica nei giovani sia dovuto alla presenza di questa miocardiopatia, mentre da altri studi risulta che la stessa sia la causa del 25% di tutte le Mci non traumatiche (Zipes, 2007; Fuster, 2009). Anche la Sindrome di Brugada ha la sua importanza: infatti ha un’incidenza molto alta soprattutto nel sud-est asiatico, dove fu studiata per la prima volta nei soggetti che decedevano improvvisamente durante la notte. Anche le miocarditi, riscontrabili in un numero considerevole in età giovanile, possono portate a Mci: reperti istologici identificanti miocarditi sono stati riscontrati nel 10-44% nelle giovani vittime di Mci (Zipes, 2007; Fuster, 2009). Infine le tachicardie ventricolari polimorfe idiopatiche sono a prognosi sfavorevole per Mci. Queste comprendono la fibrillazione ventricolare idiopatica, la torsione di punta con Qt normale e la tachicardia ventricolare catecolaminergica. Si possono verificare in soggetti sani in maniera idiopatica e spesso sono associate ad un rilascio di catecolamine durante uno stress emotivo o fisico (Zipes, 2007; Fuster, 2009).
Atri studi ci dimostrano come il 15% circa dei decessi per Mci non siano dovuti a patologie cardiache sottostanti (Van de Werf, 2010), bensì ad altre cause derivanti dalla condizione sociale, spostando quindi l’attenzione sulle sostanze.Secondo alcuni dati, la Mci in Italia rappresenta più del 10% di tutte le morti (Ministero della salute, 2010); altri studi riportano invece un’incidenza che si aggira intorno a 1 su 1000 abitanti l’anno, con un tasso di mortalità generale del 10,84% (Del Vecchio, 2008). Pertanto, applicando questi dati alle più recenti stime riguardo la popolazione residente in Italia e la mortalità annua, è possibile calcolare l’incidenza italiana della Mci fra i 55.000 e i 60000 casi l’anno.
Se si analizza l’incidenza in età giovanile, i dati ci mostrano come nei giovani in età inferiore 35 anni l’incidenza risulta essere più bassa rispetto all’individuo adulto; è calcolata in Italia pari a 1/100.000 abitanti l’anno, valore che aumenta notevolmente nel giovane atleta competitivo a 2.3/100.000 abitanti l’anno. È opportuno comunque ricordare che i dati relativi alle fasce giovanili risultano essere abbastanza variabili, con discrepanze dei vari studi in merito alla definizione temporale dell’evento, ai dati ricavati da popolazioni relativamente piccole, all’impossibilità di registrare i casi avvenuti nel sonno o in assenza di testimoni (Del Vecchio, 2008).
Potrebbe sembrare impossibile che un atleta, simbolo della parte fisicamente sana della popolazione, possa essere colpito da una patologia così fatale come la Mci. Come abbiamo detto, la Mci ha un'incidenza annuale di 2/3 atleti per 100.000 in età compresa tra i 12 e 35 anni (Del Vecchio, 2008); nella frequenza di questi eventi esiste una sostanziale disparità tra il sesso maschile e quello femminile (2.6 nei maschi e 1.1 nelle femmine). Questa diseguaglianza ha un origine probabilmente multifattoriale: è ormai indubbio che vi sia una maggiore partecipazione dei maschi, rispetto alle femmine, negli sport e che il sesso maschile rappresenti un fattore di rischio non modificabile per Mci (la maggiore prevalenza nei maschi di patologie cardiovascolari come la miocardiopatia o coronaropatia prematura può confermare questa ipotesi).
In Italia tutti coloro che intendono effettuare attività sportiva di tipo agonistico (10% della popolazione) devono sottoporsi ad un programma di screening pre-diagonistico che prevede un accertamento mirato dello stato di salute, con valutazione ad hoc della funzione cardiovascolare. Questo programma ha permesso di registrare in questi ultimi anni una riduzione della frequenza di decessi improvvisi tra gli atleti: i dati parlano di una riduzione di quasi il 90% delle Mci fra gli sportivi, con una crescente identificazione degli atleti affetti da patologie cardiache e quindi esclusi dall’attività sportiva agonistica e non (Zipes, 2007; Fuster, 2009).
Come prevenire e curare la Mci?
Appare chiaro che la Mci riguarda tutte le classi di età e non colpisce necessariamente i soggetti con patologie cardiache sottostanti; è fondamentale quindi la prevenzione di tutti quei fattori di rischio che incidono sulla probabilità che l’evento accada, oltre ad un controllo attento e mirato di coloro, come gli atleti, che rientrino nelle categorie definite a rischio.
Importante e fondamentale è anche la velocità e l’efficacia dell’intervento sul soggetto in Mci, cioè l’attivazione della catena della sopravvivenza. La rianimazione cardio-polmonare (Rcp) gioca quindi un ruolo chiave nella sopravvivenza del soggetto colpito da Mci: molti studi mostrano che raddoppia le possibilità di sopravvivenza post-evento, anche se condotta da un laico; inoltre tanto più velocemente viene effettuata, tanto più saranno alte le possibilità che la vittima sopravviva (Zipes, 2007; Fuster, 2009; Modi, 2011).
FATTORI DI RISCHIO Fumo di sigaretta. È tra i più importanti per la Coronary heart disease: in vari studi è documentato come il rischio di insorgenza della Mci aumenti del 20-30% nei soggetti che fumano in media 20 sigarette al giorno. Il grado di rischio si riduce fino ad un livello molto simile a quello dei non fumatori per chi cessa di fumare, ad 1-5 anni dalla cessazione, indipendentemente dal periodo di tabagismo, dall’età, dal sesso e dal paese di origine (Fuster, 2009; Cross, 2011). Recenti studi evidenziano l’aumento del rischio per Mci legato anche all’inalazione di fumo passivo (Cross, 2011). |