Studio osservazionale retrospettivo sulla gestione del dolore postoperatorio in cardiochirurgia


RIASSUNTO
Introduzione Anche se l’importanza di un efficace controllo del dolore postoperatorio è generalmente riconosciuta, spesso il dolore acuto associato alle procedure chirurgiche rimane ancora sottovalutato o trattato in maniera insufficiente. Con questa indagine retrospettiva ci siamo pertanto proposti di verificare l’adeguatezza delle strategie terapeutiche adottate per la gestione del dolore nella nostra Unità Operativa di Cardiochirurgia.
Materiali e metodi A questo scopo abbiamo raccolto i dati relativi alle misurazioni del dolore soggettivo (scala VNS) effettuate nel corso della degenza postoperatoria in un campione di 200 pazienti ricoverati presso il nostro reparto nel primo semestre del 2010. L’intensità del dolore riferito dai pazienti è stata analizzata in funzione di età, sesso, tipo di intervento chirurgico e trattamento antalgico ricevuto (tramadolo, tramadolo più ketorolac, paracetamolo, morfina o nessuna terapia analgesica).
Risultati L’analisi dei dati mostra che nella maggior parte dei casi il controllo del dolore era relativamente soddisfacente, con una bassa frequenza di dolore grave durante la prima giornata di degenza in reparto dopo l’intervento. In generale l’intensità del dolore era più bassa per i pazienti trattati con morfina, somministrata mediante pompa elastomerica con inizio dell’infusione prima del trasferimento dall’Unità di Terapia Intensiva Postoperatoria.
Conclusioni I risultati ottenuti ci permettono di dare una valutazione complessivamente positiva sull’approccio alla gestione del dolore postoperatorio adottato nel nostro reparto cardiochirurgico. Tale approccio appare però ulteriormente migliorabile, soprattutto in termini di scelta e modalità di somministrazione della terapia analgesica.
Parole chiave: dolore postoperatorio, analgesia postoperatoria, cardiochirurgia


Retrospective observational study on postoperative pain management in cardiac surgery

ABSTRACT
Introduction Although the importance of controlling postoperative pain is generally recognized, acute pain associated with surgical procedures often remains underestimated and undertreated. The aim of this retrospective study was to verify the effectiveness of the therapeutic strategies used for the management of postoperative pain in our Cardiac Surgery Unit.
Material and methods We reviewed the medical records of 200 patients admitted to our unit during the first semester of 2010. We collected all data on the measurements of subjective pain intensity that were systematically performed after surgery using a verbal numerical scale (VNS). These data were analyzed taking into account sex, age, type of surgical intervention and analgesic treatment received (tramadol, tramadol and ketorolac, paracetamol, morphine or no analgesic therapy).
Results The analysis of the data indicates that the control of pain was relatively satisfactory in most cases, with a low frequency of severe pain during the first 24 hours. The average pain intensity was lower for the patients treated with morphine, administered via elastomeric pump with infusions started before the transfer from the Postoperative Intensive Care Unit.
Conclusions Overall the results obtained allow us to give a positive evaluation of our approach to postoperative pain management. However, they also show that there is still room left for improvement in our analgesic administration policy to minimize the intensity of pain experienced by patients after surgery.
Key words: Postoperative pain, postoperative analgesia, cardiac surgery


 

INTRODUZIONE
Nel corso degli ultimi anni al tema generale del controllo del dolore è stata dedicata una crescente attenzione. Sull’argomento esiste oggi un’ampia letteratura, che comprende linee guida, metanalisi e studi di vario disegno mirati a valutare aspetti quali l’efficacia dei farmaci analgesici disponibili, la validità dei diversi approcci terapeutici in funzione delle cause, del quadro clinico e del contesto di cura, o il grado di soddisfazione dei pazienti rispetto al trattamento antalgico ricevuto.
Per quanto riguarda in particolare il dolore postoperatorio, forma di dolore acuto che si manifesta in risposta al trauma dell’intervento chirurgico, sono numerosi gli studi che mostrano come un adeguato trattamento antalgico possa contribuire significativamente alla riduzione della morbilità perioperatoria, valutata in termini di incidenza di complicanze, di giornate di degenza e di costi, specialmente nei pazienti ad alto rischio. Ciò nonostante, il dolore postoperatorio rimane in molti casi sottotrattato, e ci sono ancora diversi elementi di carattere individuale e organizzativo che devono essere approfonditi per cercare di ottimizzarne la gestione (Bell, Duffy, 2009; Bidoggia, 2006; Cogan, 2010; Costantini et al., 2002; Ene et al., 2008; Lin et al., 2008; Marri et al., 2008; Meehan et al., 1995; Roediger et al., 2006; Visentin et al., 2005).
In questo studio ci siamo quindi proposti di valutare sistematicamente l’intensità del dolore postoperatorio riferito da un campione di pazienti ricoverati presso l’Unità Operativa di Cardiochirurgia dell’Azienda Ospedaliera Carlo Poma di Mantova (azienda aderente al progetto regionale “Ospedale senza dolore” e inserita in un programma per la promozione della salute HPH), con l’obiettivo di verificare la qualità dell’assistenza offerta in termini di trattamento del dolore e di identificare i possibili margini di miglioramento.

MATERIALI E METODI
Lo studio è stato condotto attraverso un’analisi retrospettiva dei dati relativi a 200 pazienti sottoposti a intervento cardiochirurgico, ricoverati presso il nostro reparto dal mese di gennaio al mese di giugno 2010.
Nella fase immediatamente successiva all’intervento i pazienti rimanevano nell’Unità di Terapia Intensiva Postoperatoria per il recupero dall’anestesia generale, per un controllo accurato delle condizioni emodinamiche e per uno svezzamento graduale dalla sedoanalgesia, ottenuta con fentanil o remifentanil seguiti da morfina, paracetamolo o ketorolac in funzione dei protocolli specifici dell’unità. Di norma, il trasferimento nel reparto di cardiochirurgia avveniva a 18-24 ore di distanza dall’intervento.
Sono stati esclusi dallo studio i pazienti con degenza in terapia intensiva superiore alle 5 giornate postoperatorie (6 casi); con degenza postoperatoria in reparto inferiore a 2 giorni (2 casi); trasferiti nuovamente in terapia intensiva a causa di complicanze postoperatorie importanti (4 casi); sottoposti a interventi di drenaggio pericardico o pleurico (5 casi) o a studi coronarografici (29 casi). Sono stati inoltre esclusi un paziente affetto da neuropatia conclamata con sindrome demielinizzante e un paziente con dipendenza da sostanze.
Dopo il trasferimento dall’Unità di Terapia Intensiva Postoperatoria alla nostra Unità di Cardiochirurgia, i pazienti sono stati nella maggior parte dei casi trattati, per scelta medica e nel rispetto dei protocolli aziendali, con tramadolo (43%), tramadolo più ketorolac (21%), paracetamolo (21%) o morfina (5%); il 10% non ha ricevuto alcuna terapia analgesica. Il tramadolo (200 mg/die) e l’associazione di tramadolo e ketorolac (200 mg + 60 mg/die) erano somministrati per via endovenosa diluiti in soluzione fisiologica, con la possibilità di aumentare la velocità di infusione in rapporto al dolore del paziente; le infusioni iniziavano al rientro in reparto e duravano fino alla giornata successiva, in media dalle 18 alle 22 ore. Il paracetamolo era invece somministrato in boli (1 g ogni 8 ore, dose massima 4 g/die). La morfina era infusa tramite pompa elastomerica al dosaggio di 20 mg per 24 ore, con trattamento iniziato in terapia intensiva prima del trasferimento.
L’intensità soggettiva del dolore è stata misurata utilizzando la scala numerica verbale VNS, adottata secondo il protocollo aziendale per tutte le specialità chirurgiche, che prevede l’assegnazione da parte del paziente di un punteggio da 0 (nessun dolore) a 10 (peggior dolore immaginabile) (Bidoggia, 2006; Giustiniano, 2009; HCANJ Best Practice Committee, 2004). Le rilevazioni venivano effettuate a orari fissi rispettando le procedure operative del reparto, ogni 4 ore durante la prima giornata di degenza e ogni 6 ore nelle giornate successive fino alle dimissioni; in media la durata della degenza complessiva era di 7-8 giorni. Le valutazioni erano condotte considerando lo stimolo algogeno in relazione alla mobilizzazione e alla funzione respiratoria spontanea, non evocando tosse o respirazione profonda (Barilaro et al., 2001; Cattabriga et al., 2007).
I dati ottenuti sono stati analizzati in termini di andamento temporale e in funzione di età, sesso, tipo di intervento cardiochirurgico subìto e tipo di trattamento antalgico ricevuto. Non rientrava invece negli obiettivi di questo studio l’esame della localizzazione o delle cause del dolore; la maggior parte dei pazienti riferiva dolore in corrispondenza dei siti chirurgici, dolore dorsale od osteoarticolare diffuso legato al posizionamento sul tavolo operatorio e all’allettamento prolungato, cefalea o dolore a livello faringeo, correlato alle procedure di intubazione endotracheale e al posizionamento di sonde nasogastriche (Mueller et al., 2000).
I dati sono stati riportati come medie o mediane (25/75 percentile). Per i confronti tra i gruppi sono stati utilizzati t-test, test U di Mann-Whitney o test di Kruskal-Wallis; per la valutazione delle percentuali abbiamo usato il test del χ2.

RISULTATI
Sono stati inclusi nello studio 200 pazienti sottoposti a intervento cardiochirurgico (138 maschi e 62 femmine), di cui 66 sotto i 65 anni, 69 tra i 66 e i 74 anni e 65 sopra i 75 anni; l’età media era di 68,8 anni, con età minima 30 anni ed età massima 89 anni.
Gli interventi chirurgici consistevano per lo più in 
bypass aortocoronarici mediante l’utilizzo di vene e/o arterie, sostituzioni o riparazioni valvolari e protesi dell’aorta ascendente (vedi Tabella 1),

tutti effettuati mediante sternotomia mediana. Gli interventi sono stati suddivisi in 2 gruppi, con un totale rispettivamente di 116 e 84 pazienti, in base all’utilizzo o meno dell’arteria mammaria interna (LITA e/o RITA per il graft arterioso), inteso come discriminante anche in termini di assistenza postoperatoria (Konstantatos et al., 2008; Meehan et al., 1995).
In generale l’intensità del dolore risulta chiaramente maggiore nel corso della prima giornata di degenza postoperatoria, mentre i valori medi e mediani delle rilevazioni effettuate sulla scala VNS tendono ad abbassarsi drasticamente a partire dal giorno successivo. La nostra analisi si è quindi concentrata principalmente sui dati che si riferiscono alle 6 misurazioni condotte durante le prime 24 ore di degenza in reparto dopo l’intervento.

La Figura 1 riporta i valori mediani registrati per le diverse fasce di età: l’intensità del dolore riferito dai pazienti con età superiore ai 75 anni appare più bassa, ma le differenze rispetto ai gruppi di età compresa fra i 66 e i 74 anni o inferiore a 65 anni non sono statisticamente significative. Analogamente, nessuna differenza significativa è emersa dal confronto delle medie ottenute per i pazienti dei 2 sessi, anche se i valori rilevati per le femmine sono leggermente più alti, o dal confronto per tipo di intervento cardiochirurgico (con o senza utilizzo dell’arteria mammaria interna; vedi Figura 2).

I dati relativi alla prima giornata di degenza postoperatoria in reparto sono stati ulteriormente analizzati raggruppando i valori registrati sulla scala VNS in 4 fasce di intensità: dolore assente (punteggio VNS=0), lieve (1-3), moderato (4-7) o grave (8-10). Come illustrato dalla Figura 3,

le fasce più rappresentate sono quelle corrispondenti all’assenza di dolore (37,3% delle rilevazioni effettuate nelle prime 24 ore) o alla presenza di dolore lieve (36,5%), mentre risulta bassa l’incidenza di dolore grave.
Abbiamo quindi esaminato i dati raccolti in base al tipo di terapia antalgica somministrata ai pazienti nel corso della degenza. Nel complesso le medie dei valori VNS rilevati durante la prima giornata per i pazienti trattati con morfina risultano inferiori rispetto a quelle relative agli altri gruppi di trattamento (Figura 4).

Tale vantaggio, che è più evidente all’ingresso ma si riduce o si annulla al termine del primo giorno di ricovero in reparto, è presumibilmente dovuto alla continuità della terapia con morfina, la cui somministrazione mediante pompa elastomerica iniziava nell’Unità di Terapia Intensiva. Significativamente più alte (p<0,05) sono invece le medie ottenute per le prime 2 misurazioni nei pazienti trattati con tramadolo o tramadolo più ketorolac; entrambe le curve mostrano un andamento iniziale crescente, che riflette un periodo di “scopertura analgesica” ascrivibile all’inizio relativamente tardivo dei trattamenti, causato dal trasferimento dei pazienti, e ai tempi necessari per raggiungere il range terapeutico di questi farmaci. La differenza che si osserva fra la prima e la seconda misurazione nel gruppo trattato con paracetamolo in boli mostra in modo paradigmatico la conseguenza dell’inadeguata copertura antalgica. La curva relativa ai pazienti che non hanno ricevuto una terapia analgesica ha un andamento altalenante; tutte le curve tendono comunque ad accavallarsi verso la fine della giornata, quando l’intensità del dolore si riduce notevolmente: per le ultime rilevazioni le differenze riscontrate fra i gruppi sono minime, e indicano una parità di efficacia dei trattamenti al termine delle 24 ore.
L’analisi delle mediane di tutti i valori VNS rilevati durante ciascun giorno di degenza evidenzia, in prima giornata, una netta differenza tra i pazienti che proseguivano la terapia infusionale con morfina o che non ricevevano alcuna terapia analgesica e gli altri gruppi di trattamento, con mediane significativamente inferiori (Figura 5).

Il quadro si modifica sostanzialmente se si prendono invece in esame le mediane dei valori massimi giornalieri (Figura 6).

In prima giornata i pazienti trattati con morfina corrispondono anche in questo caso alla mediana più bassa, a dimostrazione dell’efficacia di questo approccio terapeutico. Al contrario i pazienti non trattati, insieme a quelli in terapia con tramadolo, presentavano i più alti livelli di massima intensità del dolore: per questi pazienti l’intensità del dolore era mediamente molto bassa, ma nel corso delle 24 ore, anche se solo per brevi periodi, il grado di sofferenza soggettiva diventava assolutamente non trascurabile. Dalla seconda giornata di degenza in poi l’andamento di entrambe le curve risulta tendenzialmente sovrapponibile per tutti i gruppi di trattamento.

La Tabella 2 mostra che il 40% dei pazienti in terapia con morfina non ha mai avuto dolore (valore massimo sulla scala VNS uguale a 0) durante la prima giornata di degenza postoperatoria in reparto, percentuale significativamente più alta rispetto a tutti gli altri gruppi di trattamento (p=0,025). La distribuzione percentuale cumulativa dei valori massimi registrati nel corso della giornata ribadisce il vantaggio a favore del gruppo trattato con morfina, che nel 90% delle rilevazioni non supera il valore di 5 sulla scala VNS, mentre per gli altri gruppi le percentuali oscillano fra il 52% (tramadolo) e il 69% (tramadolo + ketorolac).

La Tabella 3 riporta inoltre la frequenza con cui all’interno dei diversi gruppi di trattamento si è rilevato un valore 0 sulla scala VNS nei giorni di degenza successivi. L’analisi di questi dati rivela che il vantaggio per i pazienti trattati con morfina è significativo soltanto nel primo giorno dopo il trasferimento dall’Unità di Terapia Intensiva al reparto di cardiochirurgia.
Nessuna differenza significativa fra i gruppi di trattamento emerge invece dall’analisi della distribuzione percentuale cumulativa di tutti i valori massimi giornalieri rilevati nell’arco dell’intera degenza (Figura 7).

DISCUSSIONE
Un buon controllo del dolore postoperatorio si può ottenere mediante una valutazione regolare e sistematica della sua intensità e utilizzando regimi terapeutici multimodali, che comunemente prevedono l’impiego di oppioidi, paracetamolo e farmaci antinfiammatori non steroidei (Barilaro et al., 2001; But et al., 2007; Cattabriga et al., 2007; Cogan, 2010; Konstantatos et al., 2008; Oztekin et al., 2006; Roediger et al., 2006). La terapia antalgica ha chiaramente lo scopo di alleviare o eliminare la sofferenza del paziente, ma anche di prevenire o attenuare le possibili conseguenze negative del dolore in termini di reazioni indesiderate a livello cardiovascolare, respiratorio, gastrointestinale, endocrino-metabolico, psicologico (Bidoggia, 2006). Nei pazienti sottoposti a interventi cardiochirurgici, un adeguato trattamento del dolore può ridurre la morbilità perioperatoria (Roediger et al., 2006), mentre un trattamento inadeguato può avere anche effetti prolungati, con l’insorgenza di dolore cronico tra il 21% e il 55% dei casi; tra i fattori di rischio per dolore cronico sono descritti depressione e vulnerabilità psicologica, altri fattori di rischio indipendenti sono ripetuti interventi chirurgici, interventi di durata superiore a 3 ore e un grado di rischio anestesiologico maggiore di ASA III (Cogan, 2010).
I dati emersi da questo studio in generale confermano la validità dell’approccio terapeutico adottato nella nostra unità operativa. Le misurazioni condotte nel corso della prima giornata di degenza postoperatoria in reparto indicano che nella maggior parte dei casi il dolore era assente o lieve, con una frequenza molto bassa di dolore grave. Tra gli aspetti più rilevanti risultano la maggiore efficacia del trattamento con morfina e la necessità di sviluppare una maggiore continuità terapeutica tra l’Unità di Terapia Intensiva e il reparto di degenza (Meehan et al., 1995); la somministrazione per infusione continua in ogni caso appare preferibile alla somministrazione in boli (Barilaro et al., 2001). Inoltre, l’analisi dei dati relativi ai pazienti che non avevano ricevuto una terapia antalgica suggerisce che almeno per la prima giornata postoperatoria una copertura antidolorifica programmata andrebbe comunque garantita (But et al., 2007).

CONCLUSIONI
Se confrontati con altri dati riportati in letteratura (Costantini et al., 2002; Marri et al., 2008; Visentin et al., 2005) i risultati emersi dalla nostra indagine sono incoraggianti, soprattutto per quanto riguarda la prevalenza di dolore moderato o intenso. Numerosi passi avanti si possono tuttavia ancora compiere per migliorare l’assistenza fornita ai pazienti e ridurre ulteriormente i livelli di dolore percepito nel periodo successivo all’intervento chirurgico, implementando protocolli e linee guida in base a strategie e procedure più efficaci, che implicano anche un maggior coordinamento fra le unità operative coinvolte nella gestione del dolore postoperatorio.

 

STAMPA L'ARTICOLO

Bibliografia

– Barilaro C, Rossi M, Martinelli L et al. (2001) Control of postoperative pain in heart surgery. Comparison of analgesics. Minerva Anestesiol, 67 (4), 171-179.
– Bell L, Duffy A (2009) Pain assessment and management in surgical nursing: a literature review. Br J Nurs, 18 (3), 153-156.
– Bidoggia F (2006) Dolore post operatorio nell’adulto. Dossier Infad n. 11. Consultato il 12 ottobre 2010, 
disponibile all’indirizzo: http://www.clinicavirtuale.
altervista.org/pdf/dolore_ post_operatorio_adulto.pdf
– But AK, Erdil F, Yucel A et al. (2007) The effects of 
single-dose tramadol on post-operative pain and morphine requirements after coronary artery bypass surgery. Acta Anaesthesiol Scand, 51, 601-606.
– Cattabriga I, Pacini D, Lamazza G et al. (2007) Intravenous paracetamol as adjunctive treatment for 
postoperative pain after cardiac surgery: a double blind randomized controlled trial. Eur J Cardiothorac Surg, 32 (3), 527-531.
– Cogan J (2010) Pain management after cardiac surgery. Semin Cardiothorac Vasc Anesth, 14 (3), 201-204.
– Costantini M, MD, Viterbori P, Flego G (2002) Prevalence of pain in Italian hospitals: results of a regional cross-sectional survey. J Pain Symptom Manage, 23 (3), 221-230.
– Ene KW, Nordberg G, Bergh I et al. (2008) Postoperative pain management – the influence of surgical ward nurses. J Clin Nurs, 17 (15), 2042-2050.
– Giustiniano F (2009) Dolore: quinto parametro vitale? Strumenti e metodi per una rivalutazione del sintomo doloroso basata sulle evidenze scientifiche. Tesi di laurea, Università degli Studi di Brescia, Facoltà di Medicina e Chirurgia, anno accademico 2008-2009. Relatore Parenti A.
– Health Care Association of New Jersey (HCANJ) Best Practice Committee (2004) Pain management guideline. Consultato il 10 ottobre 2010, disponibile all’indirizzo: http://www.hcanj.org
– Konstantatos A, Silvers AJ, Myles PS (2008) Analgesia best practice after cardiac surgery. Anesthesiol Clin, 26 (3), 591-602.
– Lin PC, Chiang HW, Chiang TT et al. (2008) Pain management: evaluating the effectiveness of an educational programme for surgical nursing staff. J Clin Nurs, 17 (15), 2032-2041.
– Marri E, Di Ruscio E, Matarazzo T et al. (2008) Indagine sul dolore negli ospedali dell’Emilia-Romagna. Regione Emilia-Romagna, Assessorato politiche per la salute. Consultato il 12 ottobre 2010, disponibile all’indirizzo: http://www.saluter.it
– Meehan DA, McRae ME, Rourke DA et al. (1995) Analgesic administration, pain intensity, and patient satisfaction in cardiac surgical patients. Am J Crit Care, 4 (6), 435-442.
– Mueller XM, Tinguely F, Tevaearai HT et al. (2000) Pain location, distribution, and intensity after cardiac surgery. Chest, 118, 391-396.
– Oztekin DS, Oztekin I, Issever H et al. (2006) Postoperative effects of opioid analgesics administered via continuous perfusion and patient controlled analgesia after open heart surgery. Yakugaku Zasshi, Journal of the Pharmaceutical Society of Japan, 126 (7), 499-504.
– Roediger L, Larbuisson R, Lamy M (2006) New approaches and old controversies to postoperative pain control following cardiac surgery. Eur J Anaesthesiol, 23 (7), 539-550.
– Visentin M, Zanolin E, Trentin L et al. (2005) Prevalence and treatment of pain in adults admitted to 
Italian hospitals. Eur J Pain 9 (1), 61-67.