Il Premio Alesini 2011 a un progetto infermieristico


Il riconoscimento per le buone pratiche in sanità è stato assegnato a un lavoro dell’Azienda Ulss 3 di Bassano del Grappa. Il premio, consegnato dal Ministro pro tempore, Fazio, è stato ritirato dalle colleghe Gabriella Scoccia e Cristina Cerantola.

Comunicazione aumentativa alternativa-strategie di base per affrontare difficoltà comunicative di pazienti con gravi deficit della parola: è questo il titolo del progetto che si è aggiudicato il primo posto assoluto in tutta Italia dell’edizione di quest’anno del Premio Andrea Alesini, consegnato durante la presentazione del Pit-Salute. A realizzarlo il Servizio professioni sanitarie dell'Ulss 3 di Bassano del Grappa (Vicenza) che, come spiega la motivazione per l’assegnazione del Premio, applica in maniera innovativa la Comunicazione aumentativa alternativa quale strumento di miglioramento della comunicazione per persone con carenza/assenza temporanea o permanente nella comunicazione verbale.
“La possibilità di comunicare – spiega Gabriella Scoccia, infermiera coordinatrice al Servizio professioni sanitarie, Area formazione, dell’Ulss 3 di Bassano, una delle tre responsabili del progetto – è di fondamentale importanza per determinare la qualità di vita di ogni individuo. Esistono molte condizioni di malattia che portano la persona a non poter parlare, sia temporaneamente che permanentemente, con conseguenti difficoltà da parte del personale a capire i bisogni dell’individuo per rispondervi adeguatamente”.
“Negli ultimi quindici anni – aggiunge Maria Cristina Polita, infermiera coordinatrice del Servizio professioni sanitarie, area progetti, anche lei responsabile del lavoro premiato – per aumentare le possibilità delle persone con deficit nella comunicazione verbale, sono state sviluppate modalità alternative che rientrano nell’ambito della Comunicazione aumentativa alternativa (Caa), attualmente utilizzata prevalentemente nell’ambito della disabilità con presa in carico logopedia”.
Così, “si è ipotizzata l’efficacia dell’utilizzo di strategie di Caa in ambito infermieristico – precisa Cristina Cerantola, infermiera in Pneumologia territoriale, terza responsabile del progetto – per migliorare la relazione assistenziale in situazioni di compromissione della comunicazione verbale, riducendo le incomprensioni dolorose da parte del paziente, le sensazione di impotenza da parte del personale nonché il rischio di errori diagnostici, terapeutici e assistenziali”.
Per lo studio si è scelto di utilizzare un approccio multidisciplinare con il coinvolgimento, tra gennaio 2009 e dicembre 2010, di 60 infermieri, quattro logopedisti, cinque fisioterapisti e un educatore professionale. Sono state incluse tutte le persone che presentavano compromissione della comunicazione verbale.
Il progetto ha osservato l’efficacia di diverse strategie di Caa quali l’uso del Sì/No, di immagini o foto, di lettere e parole o di simboli per tentare di individuare strategie e procedure migliori in relazione alla patologia o quadro clinico del paziente.
Sono state adattate e ideate schede per la comunicazione dei bisogni primari, la registrazione di attività infermieristiche di stimolazione e di supporto agli interventi logopedici, per accertare e registrare il problema comunicativo, le strategie utilizzate e la loro efficacia. È stato inoltre previsto un questionario per la rilevazione della qualità percepita da utente, familiari e operatori.
Dai questionari somministrati a personale, utente e famigliari risulta che l’uso del Sì/No con la testa, la stretta o gesto con la mano, l’ammiccamento, la lettura labiale sono i più usati e probabilmente i più immediati; l’utilizzo della tavola alfabetica, di disegni/foto, di disegni e foto singole è stato, comunque, rilevato nel 72% dei casi.
Nel 76% dei casi è stato possibile addestrare i familiari favorendo una relazione attiva con il paziente.
In definitiva, il 95% degli intervistati ritengono che la Caa sia utile alla comunicazione con il personale e la famiglia. Il 60% che il progetto di Caa abbia avuto sull’utente un impatto nella gestione complessiva dell’ansia, della depressione, della rabbia, dell’aggressività, dell’incomprensione. In particolare si ha una riduzione dell’ansia per il 77% degli intervistati e dell’incomprensione per l’85%.
Dalle interviste emerge infine che il progetto ha avuto sull’operatore un impatto positivo nella gestione della frustrazione (77%), sull’indifferenza (11%) e sull’impotenza (78%). Si segnala inoltre un impatto positivo anche sulla gestione della rabbia, della tensione, degli abbandono dei tentativi comunicativi.

“Un ringraziamento – concludono le tre responsabili del Progetto – a tutto il personale di assistenza delle strutture di Rianimazione, Neurologia, Medicina fisica e Riabilitazione, Pneumologia ospedaliera e territoriale e Rsa di Marostica”.

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