Successo e insuccesso accademico degli studenti infermieri, tendenze internazionali e nazionali: revisione della letteratura


RIASSUNTO
Introduzione In Italia l’insuccesso accademico degli studenti infermieri (35-37%), pur essendo uno dei fattori che contribuiscono a determinare la nota carenza infermieristica, non è sistematicamente documentato come, invece, accade da tempo a livello internazionale. Tale fenomeno sta diventando oggetto di crescente attenzione nel sistema universitario perché può rappresentare un valido indicatore di qualità. Scopo di questo studio è documentare e discutere: a) la natura e i possibili determinanti del successo/insuccesso accademico degli studenti infermieri; 
b) le strategie per la prevenzione dell’insuccesso.
Materiali e metodi È stata condotta una revisione narrativa della letteratura pubblicata negli ultimi 15 anni, 
attraverso la consultazione della banca dati Medline.
Risultati Dall’analisi della letteratura emerge una costante e rilevante attenzione all’effetto di alcune caratteristiche intrinseche dello studente sul successo/insuccesso accademico; minore appare invece l’attenzione posta allo studio dei fattori organizzativi, politici e professionali e delle relative strategie di intervento per contenere l’insuccesso evitabile.
Conclusioni Oltre alla sperimentazione di possibili strategie per prevenire l’insuccesso accademico degli studenti infermieri, è necessario giungere a una definizione condivisa di tale insuccesso per misurare e comparare sistematicamente i risultati prodotti dalle ricerche in questo ambito. Sarà inoltre necessario sviluppare e validare strumenti utili all’identificazione precoce degli studenti a rischio di insuccesso, e identificare le strategie attivate dagli studenti che pur essendo a rischio completano con successo il percorso di studi.
Parole chiave: studenti infermieri, successo accademico, insuccesso accademico


Nursing students’ academic success or failure, international and national trends: 
a literature review

ABSTRACT
Introduction Although it represents a significant contribution to the already chronic nursing shortage, in Italy the nursing students’ academic failure (rate 35-37%) is not well documented as in other countries. This phenomenon is becoming important for the university system because it represents a good indicator of quality. The purpose of this paper is to document and discuss: a) the nature and the possible determinants of nursing students’ academic success or failure; b) the strategies to prevent the academic failure.
Materials and methods A narrative review of the literature published in the last 15 years was conducted by consulting the Medline database.
Results With regard to academic success or failure, the analysis of the literature reveals a great attention to the effect of nursing students’ intrinsic characteristics; less attention is paid to the study of organizational, political and professional factors and to the intervention strategies which can be used to contain avoidable failure.
Conclusions In addition to testing possible strategies to prevent academic failure of nursing students, it is 
necessary to reach a shared definition of failure in order to measure and compare systematically the results of research in this area. It is also necessary to develop and validate tools for early identification of students at risk of academic failure, and to define the strategies activated by students who, despite being at risk, complete successfully their studies.
Key words: nursing students, academic success, academic failure


 

INTRODUZIONE
In Italia l’insuccesso accademico degli studenti infermieri non è ancora sistematicamente documentato così come accade da molto tempo a livello internazionale (Cameron et al., 2011a), dove il fenomeno suscita interesse sin dagli anni cinquanta (Cross, Hall, 1954). Tuttavia, i preoccupanti tassi di insuccesso e di abbandono degli studi, assieme alla ormai cronica carenza infermieristica, stimolano la necessità di una profonda e urgente riflessione.
Il tasso medio di abbandono degli studi è pari al 19-20% (Destrebecq et al., 2008), mentre secondo stime recenti della Federazione Nazionale dei Collegi 
Ipasvi (2010) il tasso complessivo di insuccesso accademico (che comprende l’abbandono) si attesterebbe intorno al 35-37%. Non tutti coloro che si immatricolano al Corso di Laurea in Infermieristica (CLI) completano infatti il percorso o acquisiscono i 180 Crediti Formativi Universitari (CFU) entro i 3 anni previsti dal Decreto Interministeriale Determinazione delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie del 2 aprile 2001. Con il Decreto Ministeriale n.17 del 22 settembre 2010 l’insuccesso accademico è divenuto criterio di misurazione dell’efficienza universitaria. Il decreto prevede, infatti, che la valutazione della regolarità dei percorsi formativi sia effettuata esaminando il tasso di abbandono tra primo e secondo anno, il numero medio annuo di CFU acquisiti per studente e la percentuale annua di laureati nei tempi previsti dal corso di studio.
Considerata la complessità delle misure di efficienza ed efficacia universitaria verso le quali vi sarà una progressiva tendenza, questo studio si propone di documentare da un lato la natura e i possibili determinanti del successo/insuccesso degli studenti infermieri, dall’altro le possibili strategie per prevenire l’insuccesso.

MATERIALI E METODI
Abbiamo condotto una revisione narrativa della letteratura attraverso la consultazione della banca dati Medline. Le strategie di ricerca utilizzate hanno combinato le seguenti parole chiave: “students, nursing”, “attrition”, “achieve ment”, “academic success”, “academic failure”. Sono stati considerati gli articoli originali pubblicati negli ultimi 15 anni, e disponibili nella versione full-text, che hanno documentato la relazione tra una o più variabili e il successo/insuccesso accademico degli studenti infermieri; sono stati esclusi gli articoli attinenti alla formazione avanzata (Master/PhD).
I fattori determinanti il successo/insuccesso, analogamente alle strategie da adottare per prevenire l’insuccesso evitabile, sono stati categorizzati secondo la rappresentazione concettuale elaborata da Urwin e collaboratori (2010), che ipotizzano un’organizzazione strutturata su 3 livelli:

  • livello micro – fattori soggettivi associati allo studente;
  • livello meso – fattori istituzionali e organizzativi associati ai corsi di studio;
  • livello macro – fattori politici e professionali.


RISULTATI

In letteratura sono ampiamente documentati i fattori associati all’insuccesso accademico, nonché le strategie per prevenirlo, come mostra il contenuto dei numerosi articoli esaminati in questa revisione. L’analisi di queste pubblicazioni evidenzia una maggiore attenzione verso lo studio di caratteristiche intrinseche dello studente infermiere (come dati socio-
anagrafici); meno considerati risultano i fattori organizzativi e strutturali dei corsi di studio o i fattori politici e professionali che rappresentano il contesto in cui questi si sviluppano (Tabella 1).

In riferimento agli eventi misurati come outcome delle indagini condotte in questo ambito, si può affermare che, purtroppo, non è ancora disponibile una definizione condivisa di “insuccesso accademico” (Glossop, 2001). Ad esempio, la definizione fornita da Taylor (2005), che contempla gli studenti che per qualsiasi motivo lasciano il corso di laurea, sembra stimare prevalentemente l’abbandono; quella fornita in precedenza da Glossop (2002), invece, si focalizza sulla differenza tra il numero di studenti iscritti al corso e il numero di coloro che lo completano nei tempi previsti, avvicinandosi maggiormente al concetto di insuccesso accademico. Quest’ultima definizione permette, infatti, di includere nel tasso di insuccesso non solo gli studenti che abbandonano, ma anche quelli che non completano entro i termini previsti pur rimanendo iscritti come “fuori corso”. Nel nostro contesto, sulla base della normativa vigente, l’insuccesso dovrebbe esprimere la proporzione di studenti che non hanno raggiunto i 180 crediti (CFU) a 3 anni dall’immatricolazione, comprendendo quindi anche coloro che hanno abbandonato il corso (Dante et al., 2011).
Le diverse definizioni dei concetti di successo/
insuccesso accademico possono modificare sostanzialmente le stime e rispondere a obiettivi diversi. Ad esempio, potrebbe verificarsi che su 100 studenti immatricolati al primo anno, 20 abbandonano il corso e altri 20 vanno fuori corso. Se il nostro interesse fosse documentare solo il tasso di abbandono (20%), la definizione di Taylor (2005) risulterebbe più appropriata e ci porterebbe a considerare il restante 80% degli iscritti come tutti potenziali laureandi, senza considerare il tempo impiegato per giungere alla laurea. Se l’obiettivo è invece valutare nella sua complessità il fenomeno dell’insuccesso al fine di ricercare strategie efficaci per sostenere gli studenti in difficoltà, tale definizione sarebbe inadeguata perché fornirebbe una sottostima del fenomeno, in quanto sommando gli abbandoni ai fuori corso solo 60 dei 100 aspiranti infermieri iniziali giungerebbero alla laurea nei tempi previsti dal piano degli studi.
Vi possono essere ragioni concrete per studiare esclusivamente il fenomeno dell’abbandono; ad esempio, per migliorare le strategie di reclutamento dei candidati o per comprendere i fattori che spingono potenziali talenti ad allontanarsi dall’infermieristica. Analogamente, vi possono essere ragioni altrettanto importanti per studiare l’insuccesso; ad esempio, per stimare la proporzione di studenti che non riesce a sostenere l’impegno di studio nei 3 anni previsti, ed eventualmente iniziare a riflettere su una formazione minima di 4 anni di studio come nella vicina Spagna. Interessante può essere infine studiare i 2 fenomeni in modo integrato, per comprenderne ad esempio gli effetti su alcune dinamiche sociali: 
abbandonare o studiare per un numero di anni superiore a quelli previsti può rappresentare un costo per il singolo studente, per la sua famiglia, per il corso di laurea e per l’intera collettività.

Fattori determinanti il successo/insuccesso accademico
Come riportato nella Tabella 1, per quanto riguarda la sfera soggettiva dello studente infermiere – il livello micro di Urwin e collaboratori (2010) – molti autori (El Ansari, 2002; Houltram, 1996; Kevern et al., 1999; McCarey et al., 2007; Mulholland et al., 2008; Ofori, 2000; Pryjmachuk et al., 2008; Salamonson, Andrew, 2006; Van Rooyen et al., 2006) hanno rilevato maggiori probabilità di successo accademico per gli studenti maturi (di età pari o superiore ai 26 anni), mentre altri (Ali, Naylor, 2010; Kevern et al., 1999; McCarey et al., 2007; McLaughlin et al., 2010; Mulholland et al., 2008) hanno riscontrato maggiori probabilità di successo tra gli studenti di genere femminile. I fattori di rischio per insuccesso accademico includono invece sia mantenere un’attività lavorativa (≥16 ore settimanali) contestuale al corso di studi (Salamonson, Andrew, 2006), sia gestire un carico familiare (bambini o altri familiari di cui prendersi cura) (Dante et al., 2011; Glossop, 2002).
Tra i fattori organizzativi (livello meso), sembra importante la numerosità degli studenti in aula: nei corsi tenuti in aule affollate si registrano maggiori tassi di insuccesso perché le occasioni di relazione con il docente sono limitate, come pure le opportunità di sviluppare alti livelli di abilità di pensiero critico e studio (Gibbs et al., 1997).
Infine, a livello macro, un determinante dell’insuccesso appare collegato all’economia locale in cui le università sono immerse: dove sono presenti opportunità di lavoro alternative alla professione infermieristica si rilevano tassi di insuccesso più alti (Lipley, 2000). Tale dato potrebbe in parte spiegare il diverso rapporto candidati/posti disponibili (5,0 vs 2,1) registrato in Italia nelle regioni meridionali e in quelle centro-settentrionali (Mastrillo, 2010).

Raccomandazioni di intervento
Alcuni stati europei si sono fatti promotori della produzione di linee guida finalizzate a ridurre l’abbandono degli studi tra gli studenti infermieri (Depart-ment of Health, 2006), ma non sono ancora disponibili ricerche che ne confermino l’efficacia.
Come emerge dalla Tabella 2, le strategie individuate per affrontare questo problema non sono molte.

Quelle documentate (Department of Health, 2006), affrontano il problema dallo start point (reclutamento e selezione) proseguendo con i possibili interventi su specifici fattori personali, organizzativi e istituzionali:

  1. Reclutamento – Nelle giornate dedicate all’incontro con gli studenti delle scuole secondarie, le università dovrebbero garantire un’elevata qualità delle informazioni inerenti il Corso di Laurea in Infermieristica al fine di determinare, nei possibili soggetti interessati, prospettive e aspettative realistiche. Molti studenti falliscono negli studi perché non riescono a soddisfare le aspettative che hanno sviluppato (Harvey, McMurray, 1997; O’Donnel, 2011; Spouse, 2000; Wilson et al., 2010).
  2. Selezione – In accordo con alcuni autori (Dante et al., 2011; Stickney, 2008) che hanno documentato una relazione positiva tra un punteggio elevato nella graduatoria di ammissione e il successo accademico, per ridurre i tassi di insuccesso potrebbe essere utile: valorizzare il voto di maturità, che quando è alto si associa a maggiori probabilità di successo; affinare le strategie di selezione integrando i test (che operano prevalentemente a livello cognitivo) con un colloquio individuale finalizzato a esplorare anche altre dimensioni “psicoattitudinali” (Ali et al., 2007; Houltram, 1996; McCarey et al., 2007; Ofori, 2000; Pryjmachuk et al., 2008; Van Rooyen et al., 2006; Wharrad et al., 2003).
  3. Tutorato personale – L’adozione di metodologie 
tutoriali, anche quando offerte in modo intensivo soprattutto agli studenti del primo anno, sembra 
influenzare il successo accademico (McGann, Thompson, 2008; Morgan, 2006; Ofori, Charlton, 2002; Palese et al., 2007).
  4. Valutazione delle capacità di autoapprendimento – Visto l’attuale Decreto Interministeriale del 19 febbraio 2009 che prevede, a parità di impegno orario per CFU, un incremento del numero di ore riservate allo studio individuale e considerato che così come per l’assistenza anche nella formazione universitaria le risorse a disposizione non sono illimitate, potrebbe essere utile differenziare il sostegno tutoriale offerto agli studenti, supportando i più fragili (Cadorin et al., 2011; Watts, 2011).
  5. Qualità dell’ambiente di tirocinio clinico – È largamente documentato che l’ambiente di tirocinio clinico può condizionare gli esiti dell’apprendimento (Bradbury-Jones et al., 2007). Il mancato raggiungimento degli obiettivi di competenza clinica attesi determina, infatti, il non superamento degli esami. 
Il monitoraggio sistematico della qualità dell’ambiente di tirocinio potrebbe essere una strategia utile per gestire al meglio le possibilità di apprendimento proposte agli studenti e sostenere lo sviluppo delle loro capacità cliniche.
  6. Valutazione del grado di soddisfazione – L’insoddisfazione rispetto agli insegnamenti ricevuti nell’ambito del corso o alle relazioni con i tutors è un fattore associato all’insuccesso (Department of 
Health, 2006). Il monitoraggio sistematico dei livelli di soddisfazione consentirebbe di apportare i correttivi necessari. 
     

DISCUSSIONE
Le ragioni che sottendono alla costante produzione scientifica sull’insuccesso accademico per lo più tramite studi circoscritti, raramente di rilevanza nazionale o internazionale, sono da ricercarsi essenzialmente nella complessità dei fattori coinvolti e nella definizione non sempre condivisa dei concetti di successo e insuccesso accademico. Malgrado la riconosciuta multifattorialità del fenomeno (National Audit Office, 2007; Urwin et al., 2010) gli studi si concentrano quasi sempre sulla verifica di un’unica variabile (per esempio, “studenti lavoratori”) quale possibile determinante di successo o insuccesso (Fowler, Norrie, 2009). Questo procedere per fattori specifici, probabilmente rilevanti a livello locale (per la singola istituzione o area geografica) ammettendo una variabilità dei corsi di laurea nonostante il Processo di Bologna abbia creato le basi per una maggiore comparabilità degli stessi, non aiuta a sviluppare raccomandazioni internazionali utili alle componenti interessate (Fowler, Norrie, 2009).
L’insuccesso accademico, quando non presidiato, è un fattore che contribuisce sostanzialmente alla riduzione dell’organico infermieristico disponibile. 
Visti i dati evidenziati nel presente studio e considerando che nel 2010 in Italia, sulla base del fabbisogno infermieristico dichiarato dalle Regioni, sono stati immatricolati nei rispettivi corsi di laurea 16.336 studenti (Mastrillo, 2010), potremmo ragionevolmente attenderci, per lo stesso anno, una possibile perdita di infermieri che si attesterebbe tra le 5.717 e le 6.044 unità (35-37%) (Federazione Nazionale Collegi IPASVI, 2010). Proiettando le stime a 10 anni il problema assumerebbe caratteristiche drammatiche, con una perdita variabile tra i 57.170 e i 60.440 potenziali infermieri. Aumentare il numero di studenti iscrivibili, così come sta accadendo progressivamente nel nostro paese (11.793 nel 2003 contro i 16.336 del 2010, D +4.543) (Federazione Nazionale Collegi IPASVI, 2004; Mastrillo, 2010), potrebbe non essere dunque sufficiente se non si attuano contestualmente strategie di prevenzione e riduzione dell’insuccesso accademico. Già oggi, secondo le stime dell’OCSE, in Europa il numero medio di infermieri/1.000 abitanti si attesta a 9,6 contro il 7 per 1.000 dell’Italia, che mostra una carenza infermieristica stimata superiore alle 100.000 unità (OECD, 2009).
Alti tassi di insuccesso accademico non solo contribuiscono a mantenere elevata la carenza infermieristica, ma potrebbero anche rappresentare a loro volta un effetto della carenza medesima: l’insuccesso è per sua natura un fenomeno complesso che sembra collocarsi in un circolo vizioso. All’aumento del numero di pazienti gestiti da ciascun infermiere (Aiken et al., 2002, 2003), infatti, corrisponde anche una diminuzione della disponibilità degli infermieri a seguire gli studenti. Tirocini di scarsa qualità e strutture non in grado di accogliere adeguatamente gli studenti aumentano i tempi necessari per l’apprendimento delle competenze minime e riducono la possibilità di incrementare i posti a disposizione dei corsi di laurea.

CONCLUSIONI
Nonostante il fenomeno dell’insuccesso accademico degli studenti infermieri rappresenti un’area di notevole interesse per molti ricercatori e per il sistema universitario, rimane ancora aperto il dibattito sul livello accettabile di tale insuccesso, il cui azzeramento non sarebbe tuttavia né possibile, né auspicabile. Perdere studenti non motivati nei confronti di una disciplina non è di per sé un insuccesso se questo li aiuta a trovare uno sviluppo professionale più consono ai loro talenti; come pure assicurare più tempo agli studenti che ne hanno bisogno per raggiungere un adeguato standard di conoscenze e di competenze non deve essere considerato un indicatore negativo ma solo l’espressione massima della personalizzazione di un percorso formativo (Depart-ment of Health, 2006).
Oltre alla sperimentazione di possibili strategie per prevenire l’insuccesso evitabile (determinato da fattori su cui è possibile intervenire) e a monitorare/contenere l’insuccesso fisiologico (studenti che interrompono il percorso perché la scelta intrapresa non è congruente alle loro attese), sarà necessario nel futuro giungere a una definizione condivisa di insuccesso accademico, per poter misurare e comparare sistematicamente i risultati delle ricerche condotte in questo ambito. Sarà inoltre necessario definire e validare strumenti utili all’identificazione precoce degli studenti a rischio di insuccesso (Fowler, Norrie, 2009) e orientare la prospettiva di studio del fenomeno in senso positivo (Cameron et al., 2011b) al fine di individuare le strategie utilizzate dagli studenti che, pur essendo a rischio, completano con successo il percorso di studi.

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