La sanità tra ragione e passione. Da Alessandro Liberati, sei lezioni per i prossimi anni


La sanità tra ragione e passione. Da Alessandro Liberati, sei lezioni per i prossimi anni“La sanità tra ragione e passione. Da Alessandro Liberati, sei lezioni per i prossimi anni”: un caleidoscopio colorato in cui si ritrova lo sguardo intenso e il sorriso aperto di Alessandro, tra le pagine scritte, le foto, le immagini e i disegni che punteggiano la bella edizione del Pensiero Scientifico.
Il libro è scritto da colleghi, personalità italiane e straniere, coinvolti nella ricerca nel campo della salute pubblica e convinti che essa si possa e si debba indirizzare al bene comune. Raccoglie i contributi ad un convegno che ha ricordato Liberati proponendo come ispirazione le parole chiave delle “lezioni americane” che Italo Calvino avrebbe dovuto tenere del 1985 all'Università di Harvard: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, coerenza.
Sei tratti salienti della personalità di Liberati, laureato in Medicina e Chirurgia e specializzato in Medicina preventiva e poi ricercatore presso la Harvard School of Public Health.
Ognuna delle parole è annotata e declinata in modo molto originale, pensando ad aspetti diversi affrontati da Liberati nella sua ricerca, messa al servizio della collettività. Ma come? Libera da conflitti d’interesse, che include accettando la partecipazione degli operatori e dei cittadini, che produce informazioni utili ad indirizzare le decisioni.
Uno dei suoi grandi impegni è stato la fondazione del Centro Cochrane Italiano, nel 1994, che è ospitato dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia (http://www.cochrane.it). Il Centro è servito a promuovere in Italia le attività della Cochrane Collaboration, che ha lo scopo di raccogliere, valutare e diffondere i risultati di revisioni sistematiche sull’efficacia degli interventi sanitari.

L’attenzione alla ricerca medica si è concentrata sulla necessità di revisioni sistematiche aggiornate e affidabili, così importanti per prendere decisioni e valutarle nel tempo, ed ha posto da subito il tema di un’alleanza con gli utenti dei servizi sanitari (pazienti e cittadini) per poter includere le domande e le urgenze che vengono dalla società. Dietro il dialogo tra le diverse esigenze, i tempi, le risorse, c’è il grande tema della certezza e dell’incertezza, di quali “verità provvisorie” si potrebbero avvicinare e come.

Il tema del protocollo di studio e del consenso informato, ad esempio, attraversa molti tipi diversi di ricerca ma in modo particolarmente diretto la ricerca sugli effetti di trattamenti medici e quali garanzie si possono e si devono dare ai pazienti. Nel libro si ricorda il lavoro fatto da Liberati con la LILA (Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids), sulla possibile relazione tra l’aderenza alle terapie e il consumo di stupefacenti. Il lavoro sul consenso informato in questo caso è stato fondamentale, per capire se davvero chi veniva coinvolto riusciva a capire, a sapere, cosa poteva succedere, a cosa sarebbe servito il percorso da intraprendere, o se una informazione difficile isolava ancora di più.

Qui emergono due aspetti del lavoro di Alessandro: l’interesse a lavorare con malati “difficili”, come possono essere i tossicodipendenti, la spinta a chiedersi cosa fare per migliorare e chiedere proprio a chi è coinvolto come migliorare. Un’idea costante era infatti quella di coinvolgere associazioni di cittadini e di pazienti, fin dall’inizio dei percorsi di ricerca e in maniera costante. Si parlava qui in Italia di “ricerca partecipata”, in un momento in cui sembrava solo una delle tante curiosità che veniva dall’America, mentre da noi i cittadini venivano considerati soggetti scomodi o invadenti, e gli operatori delle strutture sanitarie come semplici esecutori di direttive impartite dall’alto.

Tra le osservazioni profonde e opportune di questo libro, si nota che Liberati “aveva fatto propria e gestita la tensione fra qualità e velocità”: a metà degli anni ’90 mise assieme un team di persone per condurre revisioni sul carcinoma mammario che contribuirono a produrre le prime linee guida, richieste dal Servizio Sanitario inglese all’Università di York (Centre for Reviews and Dissemination), fondamentali per indirizzare le modalità di assistenza e cura. Ancora una volta, revisioni aggiornate consentono di rendere efficaci le cure, ma potrebbero anche servire a evitare la fretta che a volte anima la ricerca per nuovi farmaci o nuove tecnologie. Diventa così fondamentale la flessibilità e la possibilità di realizzare “metanalisi a rete” o “network di trial”, attraverso centri di ricerca indipendente collegati tra di loro.
Nel 1996 parte il progetto pilota TRIPPS: trasferire i risultati della ricerca nella pratica dei servizi sanitari, progettato da Liberati con il Centro Cochrane Italiano, che fa parte del filone di ricerca sanitaria sull’implementazione. Una ricerca indispensabile ai decisori, e che analizza anche i meccanismi in base al quale vengono prese le decisioni, e quale relazione essi hanno con le evidenze, o le convinzioni, o le aspettative, di chi deve prendere la decisione.

Questa come le altre domande viste fino qui sono dirette e urticanti, richiedono risposte non neutrali, hanno molto a che fare con lo scorrere della vita delle persone, e con la possibilità di comunicare in modo efficace e profondo.
Comunicare ha a che fare con la visibilità, con la trasparenza, e ancora con la possibilità che davvero i cittadini capiscano gli aspetti che li riguardano delle ricerca medica, che sappiano fare le domande adeguate alla medicina e non si aspettino verità definitive che non sono possibili, che conoscano quali sono gli interessi in gioco, e cosa possono fare sia come singole persone che come collettività. Una delle parole-chiave di questo mondo di decisioni difficili nel campo della salute è l’empowerment, la promozione di un’autonomia decisionale ampia e diffusa.
Alessandro Liberati ha messo se stesso in primo piano, nel punto della sua vita in cui ha dovuto incontrare la malattia. E non l’ha fatto per occupare la scena ma per essere una persona completa, che ha reso immediatamente politica la propria condizione, che si interrogava su come avrebbe potuto avere più elementi per decidere, su quanto rimane lontano il paziente dal ricercatore e di quanto ci sia bisogno di aprire porte e abbattere muri.
Questo libro è un’occasione di lettura vivace e coinvolgente, un vero regalo per chi non ha avuto l’opportunità di conoscere direttamente l’esperienza, gli insegnamenti di Alessandro e le sue doti umane speciali.

Sappiamo che sono le persone che fanno la differenza nella storia: l’eredità di Alessandro Liberati è viva e quanto mai attuale. Il testo è sicuramente una lettura che dovrebbe far parte del percorso dei ricercatori in generale e in questo caso, coloro che si occupano dell’osservazione, la riflessione e la prospettiva innovativa dell’assistenza e la cura alle persone, come possono essere quelli infermieristici. Una lettura quindi sicuramente indispensabile per i dottorandi in infermieristica, ma anche, eventualmente proponendone dei brani mirati, per gli studenti della laurea magistrale o per i corsi triennali. Tale proposta infatti parte dalla considerazione che la professione infermieristica, per sua natura, ha il privilegio di poter essere veramente vicino alle persone, con la funzione preziosa di coinvolgimento vero delle persone soggetto/oggetto della ricerca stessa, o nella diffusione delle informazioni ad esse dirette che dalla ricerca vengono generate.
Bisogna che di questi temi ne discutano i giovani, quelli che mettono il cuore in un lavoro così coinvolgente come quello della cura delle persone e della protezione della salute pubblica.


Liliana Cori

Esperta in comunicazione della ricerca
Unità di epidemiologia ambientale e registri di patologia, Istituto Fisiologia Clinica,
Consiglio Nazionale delle Ricerche

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