Turno di notte



Giacomo Poretti
Mondadori Editore, 2021
Pagine 156

I turni di notte sono sicuramente uno dei momenti del nostro lavoro che più ci rimangono impressi: ce lo conferma anche Giacomo Poretti, che da molti anni non è più un infermiere, ma che ricorda ancora con vivezza questi contesti notturni e tutte le avventure di cui sono stati pieni. Prima di avviarsi alla carriera di comico, Poretti è stato infatti infermiere a Legnano, dove ha esercitato per 11 anni, giungendo al termine della sua prima professione a diventare perfino coordinatore. Della sua prima professione, perché ormai da anni tutti lo conosciamo come comico di Aldo, Giovanni e Giacomo, appunto, che ha festeggiato nel 2021 i suoi 30 anni di attività. Una doppia appartenenza professionale, per così dire, che Poretti non ha mai rinnegato, anzi: parecchi di noi ricorderanno il Congresso della FNOPI del 2018, nel quale Poretti si esibì per i suoi ex colleghi con “Chiedimi se sono di turno”.
In Turno di notte l’autore riprende i momenti più significativi del percorso professionale di Sandrino, che inizia il suo lavoro in corsia, come si diceva a quei tempi, in qualità di ausiliario delle pulizie, per diventare poi un infermiere, meglio un infermiere professionale, come si indicava a quel tempo il più alto livello di qualificazione professionale nella nostra professione. Non ci si deve quindi aspettare un racconto organico, strutturato, piuttosto un insieme di ricordi, di esperienze liete o meno, in cui Sandrino si imbatte in veste di ‘saetta’, come è soprannominato: “tutti in reparto mi chiamano saetta, perché quando suona il campanello di un ammalato un secondo dopo io sono di fianco al suo letto” (p. 11).
Assieme al lui e alle sue avventure, il lettore infermiere si trova a rivivere anche le proprie: per esempio la scarsità di infermieri, i turni notturni scoperti in cui hai dovuto restare da solo, dove oltre alla fatica fisica si affaccia quasi sempre anche quella emotiva, perché è proprio di notte che i pazienti chiedono maggiormente compagnia, per combattere la solitudine, gli oscuri pensieri e le angosce. E allora scopriamo le strategie terapeutiche che Sandrino ha saputo adottare in tali occasioni: per esempio un briscola con il paziente, che è poi la scusa per due chiacchere che alleggeriscano il silenzio notturno.
“ [Pino] non riceve mai la visita di un paziente, però ha tre pasti assicurati, televisore in camera, e di notte, se trova l’infermiere giusto, ci gioca a carte insieme.
“Sssss! Pino non posso, è una notte di merda”
“Eh, pensa la mia di notte: enfisema, la flebite, una punta di diabete e le transaminasi alte …”
“Ho capito, Pino: cosa facciamo, l’olimpiade delle sfighe? Dai, fammi finire di cambiare una colostomia poi arrivo …”
“Sì, ma non fare come l’altra volta che non sei più venuto.”
“ Ho capito, ma l’altra volta ho avuto tre ricoveri notturni: quello con la rottura delle varici esofagee …”(p. 58)
“Non prendere scuse , mi devi la rivincita a briscola.”

Scorrono tra le pagine i personaggi tipici di ogni realtà ospedaliera: ecco allora il dott. Brandina, ovvero il medico di turno restio a farsi svegliare nel cuore della notte, così come la categoria intera dei medici, a cui l’autore dedica una dissertazione per il loro rapporto con gli infermieri. Uno spaccato esilarante è quello che riguarda le prescrizioni mediche, con l’annoso problema della calligrafia (“avranno fatto le elementari oppure sono passati direttamente dall’asilo all’università?”). E poi ci sono i parenti, di cui Sandrino riporta la classificazione per categorie di gravità: quelli che non vengono mai a trovare i loro cari, quelli che vengono troppo spesso e fuori orario, quelli che chiedono esami suppletivi per il proprio caro in maniera esagerata
In sintesi, se volete rivedere la vostra esperienza professionale in chiave ironica, senza perdervi la bellezza e il profondo senso del vostro lavoro, ecco questa è veramente una buona occasione.

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