Infermieri, bussola per orientare un nuovo, efficace, modello di assistenza


Ridurre – preferiremmo eliminare – le disuguaglianze in sanità, rifinanziare il fondo sanitario che negli ultimi anni ha “perso” oltre 14 miliardi di quelli scritti sulla carta e poi cassati da leggi di spending review di cui il primo capro espiatorio è stato il personale sono obiettivi fissati dal nuovo Governo per il prossimo futuro, ma che per noi infermieri fanno parte di una lunga tradizione di richieste avanzate ormai da anni.

A queste si affiancano la ripresa delle assunzioni senza blocchi del turn over per infermieri e medici perché gli organici delle strutture pubbliche non costringano i pochi che sono in servizio a prestazioni frettolose e senza umanità e ad allungare le già lunghe liste d’attesa, sono interventi che ci auguriamo possano trovare spazio nella gestione del Servizio sanitario pubblico ormai da tempo.

La politica fuori della Sanità, criteri che seguano vie evidence based e soprattutto di qualità delle cure e dell’assistenza ed efficacia ed efficienza dei servizi, sarebbero la logica da seguire, ma negli ultimi anni sono stati un’isola che non c’è, una di quelle che sarebbe pure raggiungibile, ma che alla fine tutti negano che esista.

Le promesse elettorali – con tutta la buona fede del caso, qui non si fa un’analisi politica dei Governi – sono spesso sempre le stesse in questo senso e ci auguriamo che avere un ministro tecnico posa essere un vantaggio in questo senso se non altro per la conoscenza reale della situazione di cure e assistenza.

Possiamo fidarci? Vogliamo sperare ancora un volta – ma vorremmo esserne certi – che le idee di chi governa la sanità siano moderne e lungimiranti come moderno e lungimirante dovrebbe essere il nuovo modello di assistenza.

Come lo hanno disegnato e descritto i maggiori Istituti di ricerca pubblici e privati.

Come lo chiedono gli stessi cittadini che sanno quali sono i loro bisogni e quelli dei loro cari in difficoltà per colpa di nuove cronicità, dell’età, della non autosufficienza. Ma soprattutto per colpa del muro di gomma su cui tutto ciò batte una volta fuori l’ospedale in un territorio che di fatto non c’è.

Gli infermieri sono a disposizione del cambiamento. Lo sono per disegnare assieme a chi avrà il compito gestire la salute e la sanità nel nuovo Governo un modello altrettanto nuovo.

Lo sono per affermare i cardini di una multidisciplinarità che finora ha toccato i suoi due estremi.

Il primo, nei fatti, sul campo quando ad affrontare i bisogni di salute delle persone non ci sono leggi e decreti, ma solo medici e infermieri in prima linea.

Il secondo sulla carta e senza vie d’uscita a quanto pare, quando è stata più volte disegnata e descritta – e non solo da Governo e Regioni, ma ancora una volta da quelle istituzioni di studio e ricerca che caratterizzano la cultura di alto livello nel nostro Paese – con modelli che hanno previsto livelli di assistenza ad alta, media e bassa intensità, legati alla realizzazione di percorsi e infrastrutture ben descritte, ma ferme nei cassetti di ministero e Regioni per il veto di pochi, legati ancora a un’immagine obsoleta e ormai inefficiente dell’assistenza e delle cure.

Gli infermieri vogliono esserci. Lo abbiamo detto e ripetuto negli ultimi mesi in modo “trasversale” a Governo e forze politiche con l’unica guida fissa davanti a noi dei bisogni dei cittadini, non sono più frantumabili in una risposta fatta di mille interventi disgiunti e scollegati tra loro.

I cittadini hanno bisogno di una risposta che deve essere coordinata ed efficiente per la vera tutela della salute. E anche per una maggiore garanzia di contenimento di spesa, perché nessuno invoca “piogge” di risorse sul nulla – rappresentato da ciò che ormai è vecchio e inefficiente, appunto – ma tutti vogliono investimenti mirati, dedicati ed efficienti, così come con un nuovo modello lo saranno cure e assistenza.

Abbiamo già illustrato sommariamente nella nostra prima lettera al nuovo Governo quella che ritentiamo la via utile da seguire e siamo disponibili a lavorare intensamente con chi si impegnerà a disegnare i contorni della nuova assistenza: la sanità ha bisogno di appropriatezza, di garantire che il giusto professionista possa essere messo in grado di rispondere alle necessità con un bilanciato utilizzo di risorse e nella maggiore autonomia possibile.

Serve una visione più ampia e coraggiosa: gli infermieri vogliono mostrare cosa serve al Paese, alle persone, non cosa serve alle professioni. Mancano professionisti è vero, mancano anche gli infermieri, tutti lanciano il loro grido di allarme, nessuno si sottrae. A mancare, però, è soprattutto un serio ed equilibrato rapporto tra i professionisti che si realizzi attraverso lo sviluppo delle competenze. Una scelta politica razionale oggi può condizionare il futuro dell’assistenza sanitaria per i prossimi 30 anni.

Una “trasformazione strutturale” nell’ organizzazione del lavoro che deve riuscire a produrre un sistema con maggiore focalizzazione e specializzazione per lasciare spazio ad altre figure, in linea con quanto indicato dagli organismi internazionali.

I medici devono poter esaltare la loro specialità e lavorare perché questa sia al servizio del cittadino con la massima efficacia.

Gli infermieri, per una giusta programmazione delle risorse e l’espletamento delle funzioni richieste sul territorio e per la continuità assistenziale, hanno necessità che si investa sulla loro autonomia, puntando ad agire su nuove competenze, per dare da subito risposte concrete, di qualità e di sicurezza alla popolazione.

Competenze che consentirebbero un miglior sviluppo di strutture a bassa intensità di cura (ospedali di comunità, reparti a gestione infermieristica, percorsi autonomi di trattamento dei casi minori nei Pronto Soccorso ecc.), permettendo un maggiore raccordo tra ospedale e territorio, abbattendo le liste di attesa e consentendo di venire incontro a un maggior numero di bisogni dei cittadini.

Proprio quello che c’è scritto nel programma di Governo, che ora va mantenuto e attuato.

Competenze per le quali si dovrebbe disegnare anche e al più presto un preciso percorso universitario che abbia poi la sua collocazione a livello gestionale nelle strutture del Ssn, senza volontarismi o approssimazioni che non fanno parte di un modello definito, ma dell’arte ormai diffusa di arrangiarsi.

Noi infermieri siamo al fianco di chi vorrà realizzare tutto questo e abbiamo come sempre dato la nostra massima disponibilità a partecipare, discutere e decidere le vie migliori per un’assistenza migliore.

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