Dolore. Parole per capire, ascoltare, capirsi


Dolore. Parole per capire, ascoltare, capirsiA vederlo? Un piccolo libro tascabile, un volumetto come viene definito nella presentazione della collana, con un titolo sintetico, anche forse un po' scontato: “Dolore”.

A leggerlo? Alcune pagine di riflessioni su un testo biblico (l’Icona) anticipano, forse in modo non facilissimo, la sezione su La parola: DOLORE. E qui si aprono pagine di uno spessore scientifico, umano ed etico elevato, in cui ogni affermazione, si sente come sia ponderata e pesata con quanto dall’esperienza della pratica clinica quotidiana è stato appreso ed ha innescato l’energia per pensare e praticare percorsi nuovi, diversi e sempre più umanizzanti.

E’ un connubio interessante questo scelto per la collana, aprire con una riflessione biblica che possa aiutare poi l’interpretazione di un determinato fenomeno o guidarne l’approccio nella vita delle persone o come nel nostro caso dei professionisti.

Per questo libro, l’Icona sono i brani del libro di Giobbe, per aiutare la riflessione sul significato del dolore, del dolore “innocente” (pag. 10). Se in molti testi della Bibbia “il dolore e la morte sono frutti della colpa” (pag. 10), il libro di Giobbe attraverso le vicende del profeta, dice che “il male non è dovuto solo al peccato; egli soffre pur essendo innocente” (pag. 11).

L’introduzione biblica prosegue sul tema dell’amicizia e degli amici che non comprendono “Credevamo che tu fossi giusto, in realtà se sei così colpito è perché anche tu sei un peccatore e Dio ti ha punito” (pag. 14).

Ed ecco che Luciano Orsi, da esperto medico anestesista e palliativista, nonché Vicepresidente della Società Italiana di Cure Palliative, ha modo di entrare nel vivo del tema del dolore, proprio partendo dal rifiuto del legame dolore-colpa. Se lo fa è perché probabilmente ritiene, come peraltro descrive nel testo in più occasioni, come questo retaggio abbia in passato e a volte ancora oggi, rappresentato una barriera alla gestione adeguata del dolore. Una barriera percepita non solo a volte dai professionisti non sufficientemente sensibilizzati e formati alla valutazione e gestione del dolore, ma anche da parte dei pazienti stessi o dei familiari. Anche la scala di priorità tra il trattamento del dolore e il rischio di perdita di coscienza, è una riflessione che nel testo viene ripresa più volte. Orsi ci dice anche che viceversa il trattamento del dolore, permette altresì un maggiore benessere psicologico e spirituale perché come dire… ne lascia lo spazio, e tutto ciò fa bene alla persona a coloro che la accompagnano nella fase finale della vita.

Orsi ci dice che trattare il dolore o ridurne l’intensità, rappresenta quindi “un dovere etico e deontologico prima che un’indiscutibile indicazione clinica” (pag. 27).

Eppure le paure e forse anche una certa visione del mondo sono descritte dall’autore come fattori che determinano l’atteggiamento di fronte al dolore. Per aiutarci a comprenderne gli effetti vengono descritti nel libro emblematiche storie di malati che dimostrano come partire da ciò che rappresenta il punto di vista dell’altro o degli altri considerando anche i familiari o chi si prende cura della persona malata, è la base per poter concordare e orientare la presa in carico della persona. D’altro canto la complessità degli elementi che entrano in gioco sul tema del dolore e del suo trattamento nel fine vita sono tali che, con altrettanto realismo Orsi descrive che non sempre sia possibile navigare attraverso le diverse prospettive culturali e religiose.

In tal senso è molto interessante l’inquadramento generale e l’approfondimento analitico (le varie prospettive culturali pag. 40) che l’autore offre di queste diverse prospettive, così da dare al lettore l’opportunità di esserne consapevole, di saperle riconoscere e quindi tenerne conto, reindirizzarle ove possibile o altresì identificandole come un limite al proprio operato.

Il testo è ricco di autorevoli riferimenti dalla letteratura ed a documenti recenti che con sempre più chiarezza forniscono criteri di valutazione e giudizio per i curanti come la Nuova Carta degli operatori sanitari del 2017 (a cura del Pontificio Consiglio degli Operatori Sanitari) o il documento del Comitato Nazionale di Bioetica in merito alla sedazione palliativa profonda (2016) o la ancora più recente legge in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento (n. 219, 22-12-2017). Viene anche riservato un capitolo del libro alle indicazioni deontologiche alla riduzione della sofferenza. Orsi ricorda come i codici deontologico del medico e dell’infermiere rappresentano “la carta di identità delle varie figure […] ispirarne fortemente lo stile di cura e orientarne le decisioni” (pag. 67). Ne fa emergere doveri chiave “il medico non abbandona il paziente con prognosi infausta” (pag. 68) o il ruolo pro-attivo necessario nel trattamento del dolore e delle sofferenza “globalmente intese” (pag. 70).

Il capitolo “L’esperienza del medico palliativista” (pag. 80) ci da modo di apprezzare la realtà sul campo, con le sue istanze, le difficoltà e la descrizione dell’indispensabile necessità di comunicazione, relazione, empatia, introspezione, confronto di equipe e supporto, per poter accompagnare le persone in modo adeguato nell’ultima parte della vita.

Il prezioso richiamo finale alla formazione e all’informazione, pone due priorità indispensabili. Non solo infatti solo gli operatori sanitari a dover cambiare superando il così detto “paternalismo medico” (pag. 110), o migliorare, ma lo è anche la società nel suo insieme. La sottolineatura quindi a promuovere un’informazione anche al grande pubblico che contrasti la paura sul tema del dolore, che promuova la centralità del malato, che diffonda notizie pertinenti sul trattamento del dolore, faciliti la condivisione di esperienze e valorizzi l’aiuto che può dare il supporto psicologico e spirituale, è assolutamente pertinente e indica una linea futura da sviluppare.
 

A cura della Redazione

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