La formazione da riformare: spunti per una proposta che valorizzi la professione


Con il passaggio, avvenuto oltre 20 anni fa, della formazione infermieristica, come delle altre professioni sanitarie tecniche, della prevenzione e della riabilitazione dalle Regioni alle Università il sistema accademico ne ha tratto certamente enormi vantaggi: gli Atenei tramite le convenzioni con il SSN hanno acquisito una rete territoriale di sedi formative diffuse, gli studenti universitari di questi corsi di laurea, di gran lunga superiori per numero a quelli di medicina e chirurgia hanno fatto cresce il tasso, ancora basso rispetto alla media dell’Unione Europea di immatricolazioni ed altrettanto hanno contribuito alla implementazione del numero dei laureati italiani, anche esso, purtroppo, ancora non adeguato a quello degli altri partner europei ed infine si è aperta una nuova sponda occupazionale per tanti docenti universitari perlopiù medici.

E’ una scelta di sede formativa fortemente voluta dalla professione infermieristica come dalle altre professioni sanitarie da cui non solo non si vuole tornare indietro bensì andare avanti e per questo si rende necessario una fase di manutenzione del sistema per renderlo più efficiente.

La prima manutenzione da effettuare riguarda l’assetto centrale cioè che insegna e con tale funzione rende possibile l’esistenza stessa dei corsi universitari.

Abbiamo apprezzato enormemente l’impegno della Ministra dell’Università, Valeria Fedeli, a sollecitare l’assunzione da parte degli Atenei di nuovi professori universitari provenienti dalla professione infermieristica; tuttavia questa strada che non solo dovrà essere percorsa ma anche sviluppata nelle risposte concrete di nuovi professori universitari, non potrà risolvere alla radice la questione degli oltre 5.000 docenti dei corsi di laurea di infermiere e delle altre professioni sanitarie che, dipendenti dalle Aziende Sanitarie, operano a tempo pieno in questa attività didattica e che costituiscono l’ossatura del corpo docente di queste sedi formative.

Ci sono riforme che non costano nulla e che, invece, rendono molto avendo un grande valore registrando consensi e modernizzando il sistema ed è questo il caso della questione relativa allo stato giuridico dei docenti, dipendenti di Aziende o Istituzioni del Servizio Sanitario Nazionale, dei corsi di laurea per infermieri e per le altre professioni sanitarie.

L’attenzione è sempre viva tra i docenti interessati ma anche tra le stesse categorie delle professioni sanitarie in quanto l’enorme valenza del provvedimento è quella di dare la stessa dignità giuridica, nei corsi di laurea delle professioni sanitarie, sia ai docenti dipendenti dagli Atenei, che sono in questi corsi la minoranza, sia ai docenti dipendenti dal SSN, che, invece, sono la normalità.

C’è, quindi, la necessità di una proposta di norma, da inserire nel primo provvedimento utile che abbia la certezza che sia approvato in questo scorcio di legislatura, che definisca lo stato giuridico dei docenti, dipendenti di Aziende o Istituzioni del Servizio sanitario Nazionale, dei corsi di laurea delle professioni sanitarie, definizione quanto mai necessaria dopo oltre vent’anni del passaggio agli Atenei di tale formazione.

E’ opportuno ricordare che la collocazione della formazione delle professioni sanitarie nel sistema universitario si realizzò con il decreto legislativo 502/92 (articolo 6, terzo comma) attraverso la configurazione di una sua specificità che, pur essendo a tutti gli effetti di tipo accademico, mantiene alcune positività del precedente sistema formativo quali:

  1. la formazione continua a svolgersi laddove le professioni sanitarie operano prevalentemente ovvero all’interno dei servizi, delle strutture e dei presidi del Servizio sanitario Nazionale;
  2. pertanto i docenti, di norma, continuano ad essere dipendenti del ruolo sanitario del Servizio sanitario Nazionale.

Il giusto equilibrio tra l’inserimento della formazione delle professioni sanitarie nel sistema universitario e il mantenimento dell’apporto di risorse strumentali, umane ed economiche da parte del Servizio sanitario Nazionale è il “lodo” attraverso il quale si è realizzato questo epocale passaggio da un sistema formativo “anomalo”, quale era quello precedente, a quello attuale.

Le sedi formative dei corsi di laurea delle professioni sanitarie, pertanto, assolvono il mandato di formazione universitaria integrandola allo stesso tempo, alla funzione di didattica del Servizio Sanitario Nazionale svolgendo, certamente, la propria attività nel modo più appropriato alle esigenze di alta e specifica formazione di professionisti per la salute.

L’elaborazione, nel nostro Paese, delle discipline collegate al Nursing e la produzione di sapere scientifico a essa associato è in via di sviluppo con una propria specificità nelle linee di ricerca, nella didattica accademica e nell’applicazione della scientificità nella prassi assistenziale.

Pertanto la progressiva evoluzione universitaria del sistema formativo delle professioni sanitarie, in particolare, il passaggio dal diploma universitario al diploma di laurea e all’istituzione della laurea magistrale, di master e dottorati di ricerca, pone la necessità non rinviabile di riconoscere il ruolo dei docenti del SSN, i quali, peraltro, sono in numero prevalente tra i professori dei corsi di laurea.

Certamente tale evoluzione disciplinare può avere sbocco nelle forme proprie del sistema universitario, per ora sviluppato con pochi professori universitari (tre Professori ordinari di infermieristica, e trenta tra associati e ricercatori) provenienti dalle professioni infermieristiche, ma, per il ricordato disposto normativo e per le dimensioni esteso e capillare del fenomeno, è improponibile quale unica o principale soluzione.

Questa norma – di livello nazionale: come sempre esistono già esperienze regionali in materia – dovrebbe prevedere che ai professionisti coinvolti nel Tutorato professionale a tempo pieno e ai docenti in organico nelle Aziende Sanitarie siano riconosciuti non solo gli stessi doveri ma anche i medesimi diritti dei docenti dipendenti dagli Atenei al fine di garantire stabilità e continuità nell’incarico loro attribuito di docenza.

I docenti dei corsi di studio delle professioni sanitarie, dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, una volta confermati sulla base delle suddette procedure, parteciperebbero, quindi, alla vita degli organi del corso di studio e, nel rispetto dello specifico statuto, anche alle attività delle facoltà, in linea e nel rispetto della specificità indicata dal terzo comma dell’art.6 del D.lgs. 502/92.

Con questa norma si vuol solo meglio qualificare l’apporto e il ruolo dei dipendenti del SSN che svolgano attività didattica sotto l’aspetto giuridico senza nulla prevedere alcuna modifica agli impianti contrattuali vigenti né modificare il loro assetto economico retributivo, confidando, comunque, che il prossimo rinnovo contrattuale possa prevedere un riconoscimento almeno normativo della funzione dell’incarico di insegnamento.

Questa proposta di norma dovrebbe avere i seguenti assi portanti:

  1. il riconoscimento che il SSN oltre alle funzioni di prevenzione, cura e riabilitazione svolge attività di didattica e di ricerca medica, infermieristica e biosanitaria;
  2. ferma restando l’attuale modalità di reclutamento in ambito accademico dei professori appartenenti alle professioni sanitarie, si disciplina lo stato giuridico dei destinatari degli incarichi di insegnamento nelle attività di didattica delle professioni sanitarie per valorizzare il ruolo dei docenti di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n 502 e successive modificazioni e integrazioni e per contenere i costi dei relativi corsi di studio universitario;
  3. nei corsi di studio universitari delle professioni sanitarie attivati presso le Aziende sanitarie, gli Ircss e le strutture private accreditate le attività formative sono assicurate da docenti dipendenti dagli Atenei e da docenti dipendenti dal SSN: in deroga alla normativa vigente per contenere i costi di tali corsi di studio universitari e per valorizzare l’attività di didattica del Servizio Sanitario Nazionale e dei suoi dipendenti, costituirebbe la norma di affidamento d’incarico d’insegnamento, in particolare nelle discipline professionalizzanti;
  4. nei corsi di studio universitari delle professioni sanitarie i responsabili delle attività di tirocinio sono scelti fra i docenti, con il più elevato grado formativo, delle discipline delle professioni relative al corso di laurea; i docenti dipendenti dal SSN partecipano ai consigli di corso di studio con gli stessi diritti e medesimi doveri dei docenti universitari e con una propria rappresentanza al consiglio di facoltà, secondo quanto previsto dagli statuti delle singole università, potendo partecipare alle attività di ricerca in collaborazione con i dipartimenti universitari afferenti il settore scientifico – disciplinare di competenza e per obiettivi specifici;
  5. i consigli dei corsi di studio delle professioni sanitarie, in base ai posti di insegnamento disponibili secondo gli ordinamenti didattici e i protocolli d’intesa tra regioni ed università, devono comunicare al consiglio di facoltà le esigenze di copertura dei settori scientifici – disciplinari;
  6. l’incarico di docente dipendente dal SSN ha durata triennale ed è attribuito dal consiglio del corso di studio in base alla valutazione dell’attività didattica e scientifica documentata dal curriculum e riferita alla professione del docente e alla disciplina messa a concorso nello specifico corso di laurea;
  7. al termine del triennio, l’incarico è attribuito con nuovo bando e con le stesse modalità del punto 6., tenendo conto del rispetto della continuità didattica e della valorizzazione della pregressa attività; spetterebbe al consiglio di facoltà il coordinamento generale sull’attività di attribuzione, conferma o revoca dell’affidamento dell’insegnamento da parte dei consigli di corsi di laurea e l’esame dei ricorsi avverso le relative decisioni.

Si tratta quindi di una norma che perfezionando il processo riformatore, ha un’enorme valore aggiunto permettendo all’Università di riconoscere la piena dignità a una maggioranza di suoi docenti che, seppur dipendenti dal SSN, da anni svolgono attività formativa e di docenza nei corsi universitari per le professioni infermieristiche e sanitarie in generale ricordando sempre che numericamente sono di gran lunga più numerosi degli altri corsi di laurea presenti nelle medesime Facoltà ove sono collocati i corsi di laurea in medicina e chirurgia: una minoranza che governa al posto e per conto di una maggioranza: è ora che non siano più figli di un dio minore.

STAMPA L'ARTICOLO