Vaccinazioni: gli infermieri e la tutela dei pazienti


Al di là delle esigenze di salute pubblica che le organizzazioni internazionali hanno sottolineato con forza in questo periodo, abbiamo un problema che si è aperto col caso vaccini: quello di una cultura che pur appartenendo alle stesse famiglie professionali, non risponde a quanto pare agli stessi canoni di interpretazione della scienza, ma si dirama di più verso la presa di posizione della coscienza.

Nulla da dire in questo, visto che abbiamo imparato dall’etica che scienza e coscienza nei medici prima, ma anche negli infermieri, realizzano quel necessario pro e contro, quella necessaria prova e controprova che guidano l’atteggiamento professionale in scelte in cui non c’è linea guida che tenga: quel che è importante è l’interpretazione e la sensazione del professionista.

Il problema però, come dicevo, è di cultura. Si perché dando per scontata la buona fede della coscienza è necessario che a questa faccia da contraltare un buona preparazione nella scienza: l’una senza l’altra non servono a chiudere il cerchio di una scelta consapevole, ma lasciano aperti troppi spiragli, troppi dubbi di cui chi ne fa le spese è in realtà solo il paziente.

Ed è per questo che la Federazione, in quanto organo che alla luce della scienza tutela la coscienza (l’etica e la deontologia altro non sono se non sue manifestazioni codificate ed esteriori), deve intervenire in un dibattito che in realtà probabilmente non dovrebbe neppure esistere.

Se si leggono i dati dei successi mondiali dei vaccini, ci si accorge infatti che questi hanno salvato centinaia di migliaia di vite, soprattutto di bambini ma non solo, e, come ha spiegato il Commissario Ue per la salute, in tutto il mondo oltre 100 milioni di bambini vengono vaccinati ogni anno contro le malattie come difterite, tetano, pertosse, tubercolosi, poliomielite, morbillo ed epatite B e la vaccinazione previene circa 2,5 milioni di morti ogni anno. Proprio in Europa si stima che la vaccinazione contro l'influenza stagionale, ad esempio, impedisca fino a 37.000 morti ogni anno e questo nonostante il fatto che solo 80 milioni di persone sono vaccinate rispetto ai 180 milioni di cittadini europei per i quali è raccomandata la vaccinazione antinfluenzale.

Sono numeri ufficiali che segnano un successo per la sanità pubblica nel mondo e che hanno come rovescio della medaglia una nuova accentuazione e diffusione di malattie che nel nome sono banali, ma negli effetti spesso letali, come il morbillo, di cui l’Italia sta diventando paese endemico o, peggio, la poliomielite, che proprio per le lacune create dal no-vax, sta rifacendo capolino nell’Ue da dove sembrava sconfitta ed eradicata dal 2002.

Chi si oppone, al di là di un inaccettabile appello alla libertà di scelta personale che è sacrosanta. ma non quando mette in pericolo la propria e l’altrui vita, lo fa basandosi su ipotetici effetti negativi che ancora una volta la scienza confuta con forza, nel momento in cui proprio pochi giorni fa, ad esempio, l’Agenzia italiana del farmaco ha reso noti i dati sulle segnalazioni di reazioni avverse ai vaccini.

L’Aifa ha parlato chiaro e in modo trasparente, affermando che al 31 dicembre 2016 le segnalazioni avverse a vaccini, con insorgenza nel 2014, sono state 8.873 (18% del totale delle segnalazioni a farmaci e vaccini) e corrispondenti a un tasso di 48,9 segnalazioni per 100.000 dosi, mentre le segnalazioni relative al 2015 sono state 3.772 (9% del totale), con un tasso di 18,8 per 100.000 dosi. E ancora che le segnalazioni di sospetta reazione avversa con esito fatale sono state 69 (lo 0,8% del totale) nel 2014, scese a 9 casi (lo 0,2%) nel 2015, mentre le segnalazioni “gravi” sono state 871 (il 9,8% del totale) nel 2014 e 526 (il 13,9%) nel 2015 e quelle “non gravi” sono la maggioranza: l’87,9% del totale delle segnalazioni nel 2014 e l’84,1% nel 2014.

Quel che è importante però è sottolineare che la segnalazione non rappresenta di per sé una prova di correlazione tra la reazione avversa e la vaccinazione. “Le reazioni avverse segnalate attraverso i sistemi di vigilanza passiva – spiega il report Aifa – rappresentano dei sospetti e non la certezza di una relazione causale tra prodotto medicinale (vaccino) somministrato ed evento avverso. Infatti alcuni eventi possono essere interpretati come reazioni avverse perché si manifestano in coincidenza temporale con la vaccinazione”.

E per ognuno dei casi fatali è stata effettuata una valutazione del nesso di causalità utilizzando l'algoritmo del Oms e giungendo a precise conclusioni: 43 su 66 casi sono risultati non-correlabili con la vaccinazione per la presenza di cause alternative che giustificano e spiegano l’evento; in 19 casi, l’evento è inclassificabile dal momento che non sono disponibili sufficienti informazioni; 4 casi sono stati definiti come indeterminati per mancanza di prove definitive.

Nessuna correlazione certa quindi tra morti e vaccini.

E lasciamo da parte improbabili e inaccettabili atteggiamenti di minaccia verso chi si occupa della salute pubblica come quelli che hanno segnato il ministro Lorenzin e il presidente dell’istituto superiore di Sanità Ricciardi che non meritano neppure di essere sottolineati per non dar loro troppa importanza.

Gli infermieri in Italia sono i professionisti sanitari che normalmente si occupano delle vaccinazioni, all’interno delle equipe territoriali insieme a medici e assistenti sanitari. Fa parte delle attività che hanno naturalmente nel loro profilo professionale e il nostro Codice deontologico indica che la responsabilità dell'infermiere consiste nell’assistere, nel curare e nel prendersi cura della persona nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell'individuo. La mole di interventi degli infermieri è grande, specie nelle strutture mirate all’infanzia e soprattutto in caso di campagne vaccinali diffuse.

La Federazione riconosce la necessità di queste. La comunità scientifica nazionale internazionale riconosce alle vaccinazioni un ruolo essenziale a livello di prevenzione e di lotta alle principali malattie diffusive. E d’altra parte, come prescrive ancora una volta anche il nostro Codice deontologico, l’infermiere riconosce il valore della ricerca, della sperimentazione clinica e assistenziale per l’evoluzione delle conoscenze e per i benefici sull’assistito.
Direi che la vaccinazione ha un ruolo fondamentale del sistema sociale e sanitario perché aiuta a proteggere i membri della nostra società più fragili; perché oggi non abbiamo più gli effetti di patologie anche mortali soprattutto nell’infanzia; perché ha permesso di prevenire morti evitabili e proteggere la forza lavoro, aumentandone l’efficacia e portando risparmi in sanità.
Indubbiamente la richiesta e l’obbligatorietà delle vaccinazioni giunta col nuovo decreto, porta a una intensificazione notevole delle ore-lavoro degli infermieri e dei professionisti sanitari che si occupano si questa materia. Non voglio fare statistiche affrettate, ma in alcuni servizi l’operatività potrebbe salire anche del 50% in più. La vera sfida sarà sull’organizzazione dei servizi dove il nostro management fin dai primi mesi dell’anno si sta confrontando, considerato che il nuovo piano nazionale vaccini sta dispiegando gli effetti da questo 2017.

Anche la presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi, ha affermato che "Senza un'adeguata dotazione di professionisti sanitari nessun sistema sanitario può vivere. Un esempio emblematico è il calo vaccinale: in Italia abbiamo avuto un calo della copertura e uno dei motivi è anche che c'è meno personale nelle Asl, i tempi di attesa sono molto lunghi e diventano disincentivanti".

Ma questo è un altro discorso che da tempo ormai stiamo facendo sulla carenza di infermieri e che, purtroppo con una “prova” del genere, si sostanzia ancora una volta in tutta la sua gravità e urgenza.

Tuttavia gli infermieri ci sono e finora hanno dimostrato – carenza o non carenza – di fare sempre fronte ai bisogni dei pazienti.

Non ci tireremo indentro davvero questa volta, quando oltre al bisogno di chi assistiamo, a quanto pare il mondo ci chiama a salvaguardare un’esigenza di salute pubblica. Per questo siamo infermieri.

STAMPA L'ARTICOLO