Competenze avanzate degli infermieri: ecco il modello dell’Ipasvi


Le competenze avanzate degli infermieri rappresentano il normale sviluppo di una professione che, nei fatti, ha già compiuto in moltissime realtà sul territorio nazionale i passi indicati nell’accordo Stato-Regioni la cui bozza è stata approvata dalla Commissione salute delle Regioni fin dall’inizio del 2013 e che giace nei cassetti del ministero della Salute, nonostante le sollecitazioni degli assessori perché sia messo all’ordine del giorno delle Conferenze.
A suo tempo l’accordo è stato congelato perché si è avanzata l’ipotesi che per essere reso attuabile avesse bisogno di una norma che lo prevedesse e il comma 566 della legge di stabilità 2015 altro non è se non quella norma.
Ancora qualche ostacolo da superare certo, ma questa volta anche i sindacati camminano con noi e negli ultimi tempi hanno preso una posizione forte a difesa delle tappe conquistate, dichiarandosi pronti a intervenire per promuovere la realizzazione di una diversa organizzazione del lavoro impostata sul riconoscimento del merito e delle diverse responsabilità.
A tutto questo ciò che serve è un modello che illustri come e dove la nuova figura dell’infermiere si andrà a posizionare.
Per questo la Federazione Ipasvi ha presentato a luglio il suo progetto, elaborato da un gruppo di infermieri esperti coordinati da Annalisa Silvestro, che si richiama al Patto per la salute e ai contenuti della bozza di accordo tra Governo e Regioni sulle competenze specialistiche dell’infermiere.
Nel modello sono posizionati su due assi – clinico e gestionale – i livelli di competenza che l’infermiere acquisisce attraverso specifici percorsi formativi.
Il primo livello corrisponde all’infermiere generalista, “cuore” del sistema, in possesso di laurea triennale, che rappresenta, in ogni caso, la matrice “core” della competenza da cui originano i successivi livelli di approfondimento o di espansione.
C’è poi l’infermiere con perfezionamento clinico o gestionale, che ha seguito un corso di perfezionamento universitario che lo ha messo in grado di sviluppare le sue competenze avanzate applicate a un'area tecnico operativa molto specifica.
Il terzo livello è quello dell’infermiere esperto clinico o coordinatore con master, formato con un master universitario di primo livello, in grado di approfondire le sue competenze in un settore particolare dell’assistenza infermieristica ed esperto di parti di processo assistenziale, di peculiari pratiche assistenziali settoriali o con capacità di governo dei processi organizzativi e di risorse in unità organizzative.
Infine, al quarto e più avanzato livello c’è l’infermiere specialista con laurea magistrale, formato con laurea magistrale in Scienze Infermieristiche con orientamento clinico o gestionale/formativo.
I nuovi modelli formativi corrispondono a un approfondimento delle competenze cliniche e gestionali, realizzato grazie a una formazione adeguata, di irrobustimento e specializzazione delle conoscenze e delle capacità assistenziali dell’infermiere in un determinato settore gestionale o in un’area clinica, in relazione ai bisogni di assistenza infermieristica, all’erogazione e valutazione di prestazioni e risultati e al governo dei processi assistenziali specifici. Dal punto di vista della gestione è prevista un’espansione delle competenze attraverso un processo che parte da quelle “disciplinari” e va verso conoscenze e capacità proprie del governo delle risorse e processi organizzativi.
Le specializzazioni infermieristiche insomma prendono corpo e pretendono l’approfondimento disciplinare del processo di assistenza e successivamente disegnano le abilità tecniche degli infermieri, abilità da utilizzare nei processi di assistenza su tutto il territorio nazionale.
L’infermiere vuole lavorare in squadra con paradigmi professionali, relazionali e organizzativi diversi dagli attuali e vuole ragionare su ciò che serve agli assistiti e alla sostenibilità del Ssn. E questo da ora in poi deve essere ben chiaro a tutti. Tutto, senza false strumentalizzazioni o vecchie sottomissioni a situazione che ormai appartengono al passato remoto.
E’ di tutta evidenza, infatti, che nella quotidianità professionale i colleghi “spendono” le competenze acquisite in maniera autonoma e volontaristica, dentro il sistema salute che, oggettivamente, ne sta beneficiando.
Pensiamo ai colleghi esperti in wound care, in gestione delle stomie, in gestione dei picc, ai colleghi con master in area critica o assistenza territoriale o case manager: tutti esempi di attività “specialistica” che fino a quando si esercita senza visibilità “organizzativa” e senza riconoscimento formale, non è mai ostacolata, anzi, è ricercata. Quando si chiede il riconoscimento formale, giuridico ed economico, la strada diventa impervia e quasi impossibile.
In questo senso, l’attività del Comitato centrale è orientata a costruire rete, snodi e connessioni affinché le competenze specialistiche degli infermieri entrino a regime nel sistema salute.
In particolare, lavoreremo sulle questioni legate alla responsabilità professionale: come questa si connota nelle competenze specialistiche e come queste impattano sugli eventuali profili di colpa e di responsabilità, affinché i nostri professionisti possano “stare dentro il sistema” in maniera sicura e appropriata, per loro e per i nostri cittadini.

 

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