Filosofia per i professionisti della cura


Filosofia per i professionisti della curaUn viaggio interessante e originale quello che Roberta Sala, autrice già nota ai lettori infermieri, offre a tutti i professionisti della cura. Nel percorso che il suo volume propone viene esplorato il ruolo e il significato della riflessione filosofica nell’ambito delle professioni della cura, con un approfondimento sullo sviluppo del senso di responsabilità professionale per coloro che sono chiamati a prendere in carico persone in situazione di necessità/fragilità.
Come si può comprendere già dal titolo dell’opera, Sala ritiene che la formazione umanistica sia fondamentale per i professionisti della cura: una posizione oggi di tendenza, comune a molti, sebbene in realtà i percorsi di formazione di base dei professionisti in questione non siano adeguati a questa posizione diffusa e condivisa. Più in generale si deve ricordare che la crisi della cultura umanistica è trasversale a una ben più ampia categoria: le discipline scientifiche sembrano vincerla in molti percorsi didattici delle scuole superiori, per esempio, con un orientamento pressoché monocorde nello sviluppo degli adolescenti.

Un volume quindi che intraprende un percorso diverso e lo propone ai lettori per accentuare la riflessione sulle reali caratteristiche di un professionista della cura, per i quali la filosofia è un insegnamento indispensabile. In particolare sono da mettere in primo piano alcuni degli strumenti del mestiere del filosofo, per esempio di Socrate, che possono costituire anche punti di ricerca e di attenzione del sanitario:
– il partecipare a “quell’inesausto e inesauribile ricercare” che è tipico dei professionisti che hanno la grande responsabilità di prendere in carico delle persone, quindi necessariamente orientate alla ricerca come attitudine di fondo;
– lo sviluppo di un senso critico, che dovrebbe essere proprio di ogni professionista, per definizione autonomo nei suoi giudizi e libero da pregiudizi;
– l’abbandono delle convenzioni e abitudini in quanto tali, per lasciare spazio alla ricerca di nuovi spiegazioni, così come alla testimonianza delle proprie convinzioni.
Il lungo viaggio sulla responsabilità di Sala prende le mosse dall’Apologia di Socrate di Platone, procedendo poi con un percorso argomentativo che sottolinea “alcune riflessioni fondamentali relativamente al significato della filosofia, al senso di praticarla, alla sua funzione, nonché alla sua eventuale utilità” (pag. 20). Efficacemente, aiutandosi con un linguaggio approcciabile a tutti, anche a chi non ha precedenti confidenze con la filosofia, Sala recupera il messaggio socratico, che propone per punti essenziali:

  • “la filosofia non deve rimanere un’impresa intellettuale isolata e astratta, ma deve assumersi il compito di migliorare le persone che sono coinvolte, più o meno direttamente, nella sua pratica”;
  • “la filosofia non è un sapere per pochi eletti”;
  • “la filosofia richiede coraggio”: probabilmente per questo non è facile né studiarla né insegnarla;
  • “la filosofia esige che si ragioni in proprio, ciascuno con la propria testa”;
  • “la filosofia rende disobbedienti (…) Essere liberi di pensare impone il dovere morale di disobbedire se obbedire significa commettere ingiustizia”;
  • “la filosofia è per menti aperte, disposte a rinunciare a protezioni e salvacondotti” (pag. 21 e 22).

Un insegnamento per niente fuori tempo, quindi, che anzi riporta l’attenzione su temi focali anche del nostro tempo: l’impegno della famiglia professionale, di ognuna di quelle che costituiscono la nostra comunità scientifica e civile, è essenziale per lo sviluppo positivo di tutta la società, dato che i professionisti sanitari non possono occuparsi solo di standard di prestazioni, bensì di dove va la salute rispetto agli attuali impegni/attenzioni di chi è chiamato a scegliere, e anche noi lo siamo.

La deontologia entra quindi in tutta la sua rilevanza in questa discussione, lunga ben 128 pagine, sorretta per di più da un ampio corredo bibliografico, comprensivo di note esplicative per condurre tutti verso l’approfondimento. I professionisti della cura, medici e infermieri in special modo, appartengono ad “una comunità volontaria che si regge su propri valori, idealmente sottoscritti al momento dell’adesione a essa” (pag. 48). La professione è quindi “la comunità volontaria di individui che intendono condividere valori, azioni, condotte e finalità” (pag. 51). E’ questo uno spunto di riflessione estremamente attuale per i curanti, in quanto la dimensione valoriale dei professionisti sta ponendosi sullo sfondo, nella società attuale, anziché in primo piano.

Lo spazio per sviluppare questa dimensione della professione è ormai molto limitato nel percorso formativo e il prezzo di questa scelta sarà oneroso nel tempo se non vi si porrà provvedimento. Ma Sala non accetta questa posizione secondaria della deontologia, ribadendo anzi che “il professionista agisce liberamente secondo una norma dettata dalla professione (dal gruppo professionale), norma che tuttavia egli riconosce come propria del suo agire da professionista in quanto appartenente a quella particolare professione” (pag. 53). La deontologia di conseguenza rende libero il professionista, o come afferma Sala “riconoscere una valenza morale all’agire deontologico significa riconoscere nell’agire professionale un ampio spazio all’autonomia: non agisce conformemente a doveri (e non soltanto obbedendo a essi) se non chi ha la libertà di agire disattendendoli (…) Solo comprendendo questo intreccio tra libertà e dovere si comprende il senso più profondo della responsabilità: essa è il dovere di rendere conto del proprio operato in quanto espressione della propria decisione autonoma, che è autonoma in quanto determinata dalla legge morale, dai dettami della coscienza. Responsabile può essere solo chi è autonomo, ovvero solo colui che agisce coscientemente, che sa di dover agire secondo quella norma fondamentale che è la sua coscienza morale. Agire deontologicamente significa dunque agire responsabilmente, in modo conforme agli ideali della professione e ai suoi correlati doveri. Agire deontologicamente non significa, pertanto, eseguire comandi quanto piuttosto avvertire la doverosità morale di certi atti o azioni” (pag. 53).

Più avanti Sala riprende la questione morale facendoci apprezzare l’insensatezza di un luogo comune che vuole separata nell’esperienza individuale la regione e il sentimento, o come riportato a pag. 115, sense and sensibility, intesi come “la capacità di cogliere in un’unica visione di insieme i significati delle cose che accadono e del loro simultaneo accadere” (pag. 117). La dimensione della cura permette di recuperare l’una e l’altra visione ed esperienza, assumendo “l’atteggiamento della cura come sfondo delle singole decisioni, richieste per ogni situazione, andando oltre le regole apprese e individuando i significati delle cose che accadono nelle circostanze in cui accadono. Non basta sapere a memoria manuali di etica o codici di deontologia se non si possiede la cura” (pag. 119).

Con questo percorso in 7 capitoli, quindi più che approcciabile e agile, Sala ci conduce a constatare le sfide del nostro tempo per le professioni di cura: “solo da persone libere si sente l’appello che gli altri ci rivolgono; riconoscerli liberi, eguali, degni di eguale rispetto. Tutte queste parole trovano sintesi nella cura che dobbiamo loro, a noi stessi, alla nostra comune umanità” (pag. 128).


Laura D’Addio

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