Quante volte abbiamo osservato i nostri figli, nel loro crescere quotidiano e pensato se quel che facevano fosse la cosa giusta, se fosse un comportamento adeguato. Quante volte queste domande si fanno più forti quando i loro comportamenti diventano un po’ “estremi”, un po’ “fuori dalla righe” e ci siamo risposti, specie nelle fasi cruciali della vita come l’adolescenza, che in fondo “fanno parte della crescita” e che “passeranno”. Il libro sui disturbi dell’adolescenza, che in forma sapiente di racconti ci propone Stefano Vicari, responsabile dell’Unità operativa di Neuropsichiatria all’Ospedale Bambino Gesù, è un monito per tutti.
È un avvertimento competente per i genitori, ma anche per gli operatori sanitari chi si occupano di bambini e di ragazzi, a non sottovalutare i segnali che i giovani ci mandano.
A volte possono essere i primi segnali di una reale sofferenza interiore, ma anche motivo di contrasto e sofferenza per i genitori come persone e come coppia come conseguenza dei comportamenti degli adolescenti.
Effettivamente le sette storie raccontate, direttamente dai genitori o dal medico o dai ragazzi, potrebbero sembrare, soprattutto nella fase di esordio, storie ordinarie. In realtà, con il perdurare dei comportamenti alterati, assumono lentamente le caratteristiche di veri e propri quadri patologici.
E allora in qualche modo questo libro è anche un grido, di chi ha la consapevolezza dell’importanza di dare un significato precoce a questi strani quadri comportamentali e della necessità di intervenire con i diversi strumenti che la scienza medica, psicologica e sociale ci mettono a disposizione.
Vicari esplicita attraverso i racconti come l’intervento debba essere innanzitutto umano, caratterizzato da un’accoglienza comunicativa schietta e trasparente prima verso i ragazzi e poi verso i genitori. Nel farlo non tralascia l’aspetto strutturale e organizzativo sottolineando in più passaggi del testo una carenza strutturale dei servizi. Questo, in particolare, nelle aree più periferiche, che non sono sempre in grado di dare risposte adeguate in termine di riconoscimento dei disordini, gestione delle fasi più acute, presa in carico nel tempo.
Alcuni passaggi assumono un significato particolare poiché sottolineano alcuni aspetti rilevanti per i professionisti sanitari e, nello specifico, anche per gli infermieri:
- l’importanza della condivisione con altri, genitori o ragazzi, che vivono la stessa condizione di disagio. È nella storia raccontata dal genitore di un bambino autistico, malattia che in fondo ingabbia tutta la famiglia, “una colpa da espiare in solitudine” (pagina 33), che emerge come sia fonte di supporto, confronto e speranza nonostante tutto, il contatto e la partecipazione all’associazione delle famiglie con lo stesso problema;
- la crucialità di un’accurata anamnesi e la capacità di favorire il racconto e il raccontarsi della famiglia e del ragazzo, perché a volte questo può veramente permettere un inquadramento diagnostico precoce e preciso. Ciò non è scontato perché va a rimestare in antiche ferite delle famiglie o nelle proprie debolezze faticosamente occultate, delle quali si fatica a parlarne, come descritto nella storia di Anna e della sua depressione;
- la consapevolezza di come il percorso di cura vada condiviso innanzitutto con il ragazzo/a e di come la sua progressiva responsabilizzazione e presa di controllo sulla malattia sia la chiave per il contenimento del disagio nel tempo. Ce lo dice Paolo, quando si conclude la sua storia “Caro dottore, la mia vita dipende solo in parte da quella pasticca. Tutto il resto ce lo metto io ogni mattina quando mi alzo e vado incontro al mio giorno” (pagina 121);
- la centralità della posizione degli infermieri in quella relazione quotidiana, nelle piccole cose della vita e dell’accudimento, che va al di là delle sedute terapeutiche canoniche, ma che può fare la differenza nella presa in carico. Sono tanti gli episodi nelle storie dalle quali emerge questo aspetto: dall’infermiere che si accorge tempestivamente che il paziente sta scappando, o da quello che riesce a fare una passeggiata con un ragazzo riuscendo a “tranquillizzarlo almeno un po’” (pagina 133), a quello che accompagna e aiuta Marta, la giovane anoressica, nel pasto.
In conclusione, questo libro ci offre lo spaccato di una realtà poco nota, ma più frequente di quanto si possa pensare e le cui conseguenze se non adeguatamente affrontate sono rilevantissime. Viene sottolineato come la presa in carico a lungo termine coinvolga interventi di carattere terapeutico, psicologico e sociale. In questo contesto probabilmente gli infermieri offrono già, ma forse possono migliorare, le loro competenze, non solo in termini di contenimento fisico (a volte necessario), ma anche e soprattutto di capacità relazionale e di supporto nel vivere quotidiano.
A cura della Redazione