Violenza domestica su donne e minori


Negli ultimi anni, a partire dalla pubblicazione della ricerca Istat sulla violenza contro le donne (2007), è emerso in maniera sempre più articolata e peculiare l’interesse della professione infermieristica a prendere parola sul tema della violenza contro le donne e i minori. Ciò sta avvenendo in vari ambiti, da quello accademico a quello della ricerca, pervadendo anche la pratica professionale, con la ri-elaborazione di protocolli di accoglienza e assistenza, di linee guida, oltre alla sperimentazione di modelli organizzativi specifici per la presa in cura della donna e del minore vittime di abusi.
Il libro “Violenza domestica su donne e minori” di Segantini e Cigalotti, due colleghe forensi di Trento, si aggiunge a queste voci professionali. L’approccio scelto è di tipo pragmatico, con l’obiettivo principale di dare strumenti operativi. Il lavoro fornisce in maniera chiara alcuni indirizzi finalizzati a realizzare interventi volti alla presa in carico e alla tutela di donne e minori fatti oggetto di abusi, maltrattamenti, violenze e mutilazioni genitali. I contenuti, di volta in volta epidemiologici, definitori, legali e criminologici, operativi e psicologici, vengono proposti in modo semplice e di facile comprensione. Il volume può quindi rilevarsi utile non solo per chi voglia aggiornarsi rispetto al tema, per sé o per l’équipe di appartenenza, ma anche per chi si trovi nella necessità di una rapida ridefinizione organizzativa e procedurale dei servizi offerti.
Il libro di Segantini e Cigalotti risponde a parecchie domande pratiche e, comprensibilmente, lo sguardo forense costituisce il baricentro epistemologico. Un’impostazione e una cornice così simbolicamente forte, come quella criminologica, fanno correre il rischio al lettore e alla lettrice di ridurre alle sole dimensioni forensi e procedurali le problematiche che il bisogno di salute generato dalla violenza di genere pone al singolo professionista, all’unità operativa ove opera, all’organizzazione sanitaria di cui è parte. Il che è comunque una dimensione cruciale di tutela sanitaria e di giustizia. Ma giustamente le colleghe Segantini e Cigalotti fanno notare che nell’incontro con la persona vittima di abuso noi portiamo la nostra storia di relazioni sofferte e che nella misura in cui siamo consapevoli di questo filtro autobiografico, inevitabile, possiamo riuscire a disinnescare l’intralcio delle emozioni che sorgeranno inevitabilmente nell’incontro con questo tipo di bisogno.
La cronaca recente ci ha reso partecipi improvvisamente, troppo tardi, della sofferenza che una collega viveva nella propria vita privata. L’uccisione dell’infermiera Michela Fioretti a Roma nell’aprile del 2013 è ancora più lacerante laddove apprendiamo che le misure cautelari, che forse l’avrebbero protetta dall’ex marito Guglielmo Berettini, non sono state messe in atto dal Giudice per le indagini preliminari, perché per contestare i reati di minacce e maltrattamenti mancavano certificati medici adeguati.
Chissà se i saperi pratici e gli atti appropriati dal punto di vista medico-legale di cui trattano Segantini e Cigalotti avrebbero fatto la differenza. E chissà se possiamo riconsiderare i nostri ambienti di lavoro come luoghi dove possono trovare ascolto il disagio ed il dolore che alcune colleghe (e a volte anche alcuni colleghi) vivono nelle proprie relazioni personali. Ciò potrebbe forse costituire l’inizio di una più appropriata presenza ed attivazione di noi come curanti nei confronti di chiunque abbia un bisogno come questo. Comunque, questi interrogativi devono richiamare noi tutti e tutte, donne e uomini nella cura, ad una responsabilità rispetto a ciò che sappiamo riconoscere, mettere in atto, suggerire, custodire, proteggere, aiutare.
 

Massimo M. Greco
Servizio prevenzione e protezione – Policlinico Tor Vergata di Roma

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