L’UE mette in discussione il prerequisitodei 12 anni di scolarità per la formazione infermieristica


Il 23 gennaio 2013 la Commissione IMCO (Mercato Interno e Tutela del Consumatore) del Parlamento europeo ha approvato la proposta di modifica della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali in tutta l’UE. Il testo approvato dalla Commissione ora deve essere sottoposto alla votazione in sessione plenaria del Parlamento europeo, prevista per il 22 maggio 2013. L’orientamento di procedere all’approvazione in prima lettura è stato confermato nella riunione della Commissione IMCO del 21 febbraio, per cui il documento su cui si è raggiunto l’accordo tra gli europarlamentari e i membri del Consiglio non dovrebbe essere modificato. A partire da marzo, sono comunque previsti degli incontri “a tre” sul documento tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo.

Ai fini dell’esercizio professionale, allo stato attuale la direttiva prevede un regime di riconoscimento automatico dei titoli di formazione solo per 7 professioni, tra cui quella di infermiere, sulla base dell’armonizzazione dei requisiti minimi di formazione.

L’aggiornamento della direttiva dovrebbe mirare a rimuovere gli ostacoli in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali, a far fronte alla crescente richiesta di personale altamente qualificato, a facilitare la mobilità dei lavoratori e a migliorare l’efficienza dei mercati occupazionali.

In realtà, la nuova stesura dell’articolo 31 sulla formazione dell'infermiere responsabile dell'assistenza generale, che si basa sui sistemi di formazione infermieristica dei diversi Paesi UE, ribadisce alcuni elementi comuni presenti negli ordinamenti attualmente in vigore: il numero di anni della formazione (3 anni), il numero di ore (4.600 ore), il rapporto tra la teoria (1/3) e la pratica (1/2).

Ma il nuovo testo introduce anche un elemento rispetto al quale la Federazione Ipasvi esprime un profondo dissenso e una ferma opposizione: la possibilità di accedere alla formazione infermieristica di base, oltre che con una scolarità di 12 anni, anche con una scolarità di 10 anni.

Tale possibilità non costituisce solo un oggettivo svilimento della professione infermieristica, ma contrasta soprattutto con la necessità di migliorare la qualità dell’assistenza e di garantire la sicurezza delle cure dei cittadini dell’UE.

Inoltre si contrappone al principio che ispira tutti i futuri progetti dell’Unione Europea, che mirano a rendere l’Europa “la più grande economia mondiale basate sulle conoscenze”, ostacolando proprio l’auspicata libera circolazione dei professionisti: infatti ben 25 dei 27 Stati Membri già prevedono l’obbligo di almeno 12 anni di istruzione obbligatoria generale per accedere alla formazione infermieristica.

La richiesta di abbassare a 10 anni la scolarità minima richiesta, è stata portata avanti dalla Germania, con il sostegno di Austria, Malta, Paesi Bassi e Lussemburgo. Contrariamente alla posizione della stragrande maggioranza dei Paesi europei, infatti, le autorità tedesche non ritengono che gli infermieri debbano conseguire una formazione universitaria, poiché secondo il loro punto di vista esercitano attività basate più sull’empatia con il malato che su conoscenze e competenze di livello universitario.

La Germania, inoltre, afferma che in questo periodo di crisi l’accesso dei giovani al mondo del lavoro possa essere facilitato da un livello basso di scolarità e che un contenimento dei livelli stipendiali possa essere raggiunto in area sanitaria utilizzando operatori con una qualificazione non universitaria.

Tale posizione retrograda, potenzialmente rischiosa per la sicurezza dei pazienti e penalizzante per la professione infermieristica, si è imposta nonostante l’intensa attività di lobbying svolta dall’Italia, insieme agli altri Paesi aderenti alla Fepi.

Della Fepi (Consiglio Europeo degli Enti Regolatori della Professione Infermieristica) fanno parte Italia, Francia, Irlanda, Grecia, Croazia, Romania, Serbia e Ungheria (con il supporto dei Presidenti degli Ordini Infermieristici del Regno Unito, della Spagna e del Portogallo e con gli Usa e il Canada in qualità di membri associati).

Attraverso la Fepi, associata al Ceplis (Consiglio europeo delle professioni liberali), questi Paesi stanno esercitando da almeno due anni forti pressioni presso tutte le istituzioni europee a sostegno:

  • dei 12 anni di istruzione generale per l’accesso alla formazione infermieristica;
  • di un unico percorso formativo per gli infermieri, fondato esclusivamente sulla formazione universitaria.

Tale posizione è stata evidenziata formalmente in diversi comunicati stampa e nel Libro verde sulla modernizzazione della Direttiva sulle Qualifiche professionali (8 settembre 2011) ed è stata condivisa, in quel documento, anche dal Nmc (Consiglio delle Infermiere ed ostetriche del Regno Unito) e dalla Efn (Federazione Europea delle Associazioni delle Infermiere). Segnaliamo, però, che l’Efn, cedendo alle pressioni della Germania, successivamente si è espressa a favore del doppio canale formativo.

Oltre alle azioni sopra descritte, la Fepi ha intrattenuto rapporti con tutti gli europarlamentari coinvolti nel processo di modernizzazione della 2005/36 e con le loro segreterie. In particolare con:

  • Ms. Bernadette Vergnaud, EP e Relatrice principale del Comitato IMCO del Parlamento Europeo;
  • Ms. Constance Le Grip, EP e principale Relatore Ombra (Gruppo PPE – IMCO);
  • Mr. Otmar Karas, EP, Vicepresidente del Parlamento Europeo e membro IMCO);
  • Emma Mc Clarkin e Catherine Trautmann, particolarmente attive in ambito sanitario.

La Presidente della Fepi, Dragica Simunec, ha inviato specifiche note a tutti i Relatori, ai Relatori Ombra e ai Membri del Comitato del Parlamento europeo che ha lavorato sul testo.

La Dott.ssa Phil Prendergast, infermiera ed europarlamentare (EP) ha partecipato a Spalato alla Conferenza Fepi del 2012, che si è espressa a favore dei 12 anni.

Un appello predisposto da ESNO (European Specialist Nurses Organisations) – e fatto proprio da diverse Associazioni infermieristiche europee – è stato sottoscritto da migliaia di infermieri e inviato agli europarlamentari per sensibilizzarli al problema.

Per l’Italia l’appello è stato inviato agli europarlamentari Gino Trematerra, Sergio Cofferati, Lara Comi, Tiziano Motti, Matteo Salvini, Raffaele Baldassarre, Mario Borghezio e Pierantonio Panzeri.

A livello del Governo italiano, la Federazione Ipasvi si è fatta carico di sostenere ripetutamente analoga ferma presa di posizione in tutte le sedi competenti e in particolare ai tavoli del Ministero della Salute.

L’approvazione dell’attuale proposta di modifica assume, quindi, un carattere di particolare gravità anche perché ignora le opinioni e le richieste della maggioranza degli organismi e delle associazioni infermieristiche europee.

Il rischio determinato dall’attuale situazione è che in Europa si vengano a creare due tipologie di infermieri (universitari e non), lasciando ai singoli Stati la libertà di decidere se optare per la scelta della formazione universitaria o meno.

Nei margini consentiti dal previsto iter parlamentare, ormai alla sua conclusione, si ribadisce l’impegno a sollecitare ancora gli europarlamentari al fine di rivedere gli elementi critici della modifica della direttiva 2005/36/CE nella sua attuale stesura.

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