Cresce la voglia di esercizio autonomo


“Ben vengano tutte le soluzioni che stiano in una logica di sussidiarietà per ciò che il sistema sanitario pubblico non può più dare”. In questa frase c’è una delle chiavi di lettura delle ragioni che hanno portato alla Prima giornata nazionale sulla professione infermieristica, che si è svolta a Modena il 17 novembre scorso, per iniziativa della Federazione Ipasvi in collaborazione con l’Enpapi.

A pronunciarla è stato Federico Spandonaro, docente di Economia sanitaria alla Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata, nel suo intervento alla Giornata, con il quale ha delineato il contesto generale all’interno del quale si inserisce la libera professione degli infermieri.
Una modalità di esercizio professionale, vale la pena sottolinearlo ancora una volta, che fino a pochi anni fa era assolutamente marginale, tanto che la professione veniva – e tuttora viene – percepita in larga parte dell’opinione pubblica come strettamente legata al lavoro dipendente, sia esso pubblico (largamente prevalente) sia esso privato. Oggi, però, numerosi segnali stanno a indicare che la tendenza non è più questa. Non solo, almeno. In altre parole, sono sempre più i colleghi che, per scelta o anche per necessità intraprendono la strada del lavoro autonomo.

Perché, con quali prospettive e quali problemi sono i temi che sono stati affrontati nella Giornata modenese, aperta dal saluto di benvenuto della presidente del Collegio locale, Carmela Giudice.
Ad avviare la serie degli interventi, dopo l’introduzione della presidente della Federazione, Annalisa Silvestro, proprio la relazione di Spandonaro, che ha offerto la sua interpretazione della situazione della sanità italiana. Non senza alcune indicazioni tutt’altro che scontate alla luce dei luoghi comuni più diffusi come, per esempio, che “l’Italia, in realtà, è un Paese che ha fatto grande attenzione alla spesa in sanità”; oppure che “la sanità è il settore più efficiente della Pubblica amministrazione”. Indicazioni tutte sostenute da solide cifre, naturalmente. Per farla breve, secondo Spandonaro i problemi della sanità italiana (e non solo della sanità) sono nella bassa crescita e nel debito elevato, ai quali si aggiungono, nello specifico della sanità, l’inefficienza “allocativa” delle risorse piuttosto che quella tecnica, con la conseguenza che nel sistema convivono sprechi e razionamenti. Ciò non toglie, ha aggiunto Spandonaro, che il sistema di welfare vada in qualche misura ridiscusso e che, in particolare, vada riconsiderato il principio dell’universalità “assoluta” del Servizio sanitario nazionale alla luce del cambiamento del contesto sociale ed economico. In questo quadro, caratterizzato da una oggettiva, forzata tendenza a selezionare gli interventi del sistema pubblico di assistenza, “la sfida per i professionisti – ha sostenuto l’economista – è assumere il ruolo di mediatori sociali, tra l’iniziativa delle persone e l’universalismo selettivo dei sistemi di welfare”.

Ecco quindi che, tra evoluzione del ruolo professionale e necessità imposte dall’andamento della congiuntura economica, il fenomeno della libera professione tende ad accentuarsi anche tra gli infermieri, soprattutto tra quelli delle generazioni più giovani.
È comprensibile, però, che in un Paese nel quale “infermiere” e “dipendente” sono (stati) due termini tanto strettamente connessi, le leggi, le normative e, prima ancora, le “culture” si siano formate seguendo quella logica. E che modificarle richieda tempo e applicazione nell’individuare i problemi e le soluzioni.

In questo non facile “esercizio” si sono cimentati a Modena, nell’ordine, Beatrice Mazzoleni, presidente del Collegio di Bergamo, del Coordinamento dei Collegi Ipasvi della Lombardia e componente del Comitato centrale della Federazione, che ha affrontato gli elementi di sistema per l’esercizio libero-professionale dell’infermiere e, in particolare, la realizzazione di una “rete” che sia in grado di proporsi come supporto professionale ed organizzativo per garantire la continuità assistenziale. Indispensabili, a questo scopo, alcuni strumenti tra cui una formazione finalizzata allo sviluppo degli elementi fondanti l’esercizio libero professionale, la definizione degli elementi di necessità e utilità per la strutturazione della tariffa e l’attivazione di percorsi per l’accreditamento sotto l’egida dei Collegi.

Dal canto loro, Angelo Pandolfo, professore di Diritto del lavoro alla Sapienza di Roma, e Paolo D’Agostino, docente di Diritto penale all’Università di Torino, hanno affrontato gli aspetti della libera professione infermieristica con un focus derivante dalle loro discipline accademiche. Mario Schiavon, presidente dell’Enpapi, ha fornito un quadro dettagliato dell’attività e dell’evoluzione dell’ente di previdenza, ricordando, tra l’altro, che l’Enpapi si avvicina ai 45 mila iscritti, di cui quasi tre quarti (il 70%) esercita con partita Iva. Schiavon ha anche confermato il consolidamento della sinergia tra l’Ente di previdenza e la Federazione, in particolare nell’analisi dello stato dell’arte, delle prospettive future e dei percorsi da attivare e implementare per un ulteriore sviluppo.
Le ipotesi di evoluzione dell’esercizio libero professionale attraverso la possibilità di "intra moenia" per gli infermieri pubblici dipendenti della possibile attivazione di forme di "convenzionamento", sono stati gli aspetti trattati, rispettivamente, da Marinella Girotti, esperta di gestione dei rapporti di lavoro, e da Giacomo Milillo, segretario nazionale della Fimmg, la Federazione dei medici di medicina generale. Quest’ultimo ha voluto sottolineare e confermare la distinzione di ruoli e funzioni tra la figura del collaboratore dello studio inteso come assistente per la gestione degli aspetti “amministrativo-gestionali” dell’ambulatorio e il professionista infermiere.

Per interpretare le aspettative dei cittadini nei confronti della libera professione infermieristica è intervenuto a Modena Tonino Aceti, coordinatore delle associazioni dei malati cronici di Cittadinanzattiva. Aceti ha ribadito che “l’infermiere è una figura strategica a cui va riconosciuta una funzione importante”, sottolineando che la libera professione infermieristica “deve essere intesa come complementare alle tutele pubbliche della salute e non come sostitutiva”. Agli strumenti di salvaguardia di assistiti e infermieri ha dedicato il proprio intervento Maria Adele Schirru, presidente del Collegio di Torino, del Coordinamento dei Collegi Ipasvi del Piemonte e componente del Comitato centrale della Federazione.

Sul principio di salvaguardia delle tutele per i cittadini ha fortemente convenuto la presidente Ipasvi, Annalisa Silvestro richiamandosi anche agli orientamenti in merito dell’Unione europea. Silvestro ha confermato il pieno sostegno della Federazione ad un esercizio libero professionale che, attraverso l’espressione del core disciplinare infermieristico e delle correlate competenze anche di tipo specialistico può completare, integrare ed anche rafforzare una specifica e peculiare modalità di risposta ai bisogni della collettività e dei singoli cittadini.
“L’espansione dell’esercizio libero professionale infermieristico non è solo conseguente all’interesse dimostrato dal mercato del lavoro e non è nemmeno una conseguenza della ottenuta possibilità di inserimento nella sanità pubblica; è anche una scelta coerente con la maturazione della professione e con la consapevolezza dei professionisti infermieri della specificità e autonomia del loro pensiero e del loro agire dopo un ricco e peculiare percorso formativo accademico. Siamo convinti che l’esercizio libero professionale sarà valore aggiunto per la costante ridefinizione delle modalità e dei contenuti della risposta assistenziale infermieristica e per l’ulteriore crescita e visibilità del gruppo professionale”.
Ed infatti con il 17 novembre si è dato inizio a un percorso che sarà arricchito di ulteriori momenti di approfondimento, riflessione e proposizione negli anni a venire.

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