Profilo di posto. Dalla concettualità, al metodo e all’operatività


Profilo di posto. Dalla concettualità, al metodo e all’operativitàCos’è il profilo di posto? Quale quadro concettuale di riferimento lo sottende? Qual è la metodologia per applicarlo e come è stato posto in essere in alcuni specifici contesti?
A queste domande rispondono in modo pertinente e puntuale i tre autori nei diversi capitoli del libro, un lavoro che dimostra come sia possibile nella pratica superare la contrapposizione tra logica manageriale e logica professionale, facendosi carico, come professionisti, delle istanze manageriali.
Innanzitutto vengono esplicitate le coordinate di riferimento (cap. 1). Il lavoro per processi è la cornice all’interno del quale il profilo di posto viene collocato, altrimenti a rischio di ridursi a ulteriore strumento di una vetusta impostazione (mansionario o procedure). Interessante in questo ambito il paragrafo sull’empowerment, considerato “concetto chiave per rinnovare la cultura del lavoro, per ripensare al ruolo del lavoratore e per riformulare i modelli organizzativi” (p. 7), necessità legate alla soddisfazione dei dipendenti e dei clienti. Vengono anche introdotti i concetti di autoefficacia ed autodeterminazione, condizioni senza il cui sviluppo non può esistere l’empowerment e che ben si esplicano nella costruzione bottom-up del profilo di posto, individuando in modo condiviso a quale livello di competenza il professionista ritiene di collocarsi.
Il secondo capitolo è dedicato al concetto di competenza, in quanto essa sostiene l’azione, sottolineando come non esista la competenza senza l’individuo, e lo colloca in stretta correlazione con il profilo di posto, che ha la funzione di definire lo standard condiviso di competenza di una determinata professionalità. Anche qui non manca il richiamo al fatto che le attività descritte nel profilo di posto debbano essere ad un “livello sufficientemente alto” (p. 30).
I capitoli centrali sono dedicati agli aspetti applicativi:

  • una ricerca in letteratura su ciò che è stato fatto finora in Italia in merito all’identificazione delle competenze ai diversi fini di costruzione del profilo di posto o l’inserimento del personale neoassunto o la valutazione del livello di performance (cap. 3);
  • la descrizione dettagliata dello strumento (cap. 4), differenziandolo da altri analoghi nati in altri contesti (la fiche de poste della Francia, la job description inglese), inteso soprattutto come strumento che “acquisisce il valore attribuitoli da chi lo sceglie e lo usa” (p. 68) e che pertanto non possa essere trasferito in realtà diverse da quelle per le quali è nato;
  • il metodo per la costruzione del profilo di posto (cap. 5), considerato come opportunità di “riflessione collettiva sull’azione e sull’azione possibile” (p. 73), nel quale viene fornito non solo un utile esempio di prototipo-matrice, ma anche un approfondimento sul percorso orientato alla partecipazione dei professionisti (con esempio di progetto formativo). È da segnalare un utile paragrafo che guida alla formulazione lessicale per descrivere le attività professionali (per es., non utilizzare verbi non osservabili o formulazioni troppo generali).

Gli ultimi capitoli offrono un’ampia prospettiva su come il profilo di posto si colloca all’interno delle organizzazioni orientate per processi, al fine di superare il binomio tra le competenze e l’organizzazione e quale funzione catalizzatrice abbia la formazione in questa direzione.
Il caso descritto con l’esperienza dell’Azienda ospedaliera Cto-Maria Adelaide, che ha coinvolto personale sanitario ed amministrativo portando all’elaborazione 117 profili, ha il pregio di anticipare, per coloro che faranno proprio lo strumento ed il metodo, quali siano stati i punti più critici (per es. la diffidenza iniziale degli operatori per la costruzione di uno strumento il cui primo fine possa apparire squisitamente valutativo o la difficoltà nell’identificare le competenze e non la semplice descrizione delle attività svolte) e le strategie adottate per superarli, specie con il lavoro condiviso sul campo.
Ne deriva che il volume, per la sua complessità, è da affrontare gradualmente, come peraltro sottolineano gli autori nell’originale guida alla lettura: può essere utilizzato anche partendo da alcune sue sezioni specifiche, a seconda del bisogno del lettore e dell’uso immediato che debba farne, oppure letto sistematicamente capitolo dopo capitolo. A tal fine il libro è anticipato da un prezioso indice dettagliato, che permette al lettore di scegliere in modo puntuale quale capitolo possa essere di maggiore interesse, nel caso in cui abbia la necessità di farne una lettura mirata. Ogni capitolo è peraltro effettivamente organizzato in modo originale: infatti sono inseriti alcuni elementi o sezioni specifiche che possono rivelarsi piuttosto utili per il lettore e che rappresentano senza dubbio un valore aggiunto:

  • alcuni box di approfondimento, che richiamano in modo sintetico i concetti ai quali man mano nel testo si fa riferimento. In questo modo non solo si valorizza la ricchezza degli elementi teorici esplorati, ma si mette in condizione il lettore che non li conoscesse di farsene un’idea generale, senza dare così nulla per scontato (per es. empowerment, agentività, job enrichment, expertise, etc);
  • numerose e dettagliate note bibliografiche a piè di pagina, dando così la possibilità al lettore di ritrovare con facilità le fonti, nel caso in cui voglia effettuare su alcuni temi una lettura più completa. Queste esplicitano anche l’ampio approfondimento svolto dagli autori, che rendono ancora più di valore il percorso concettuale offerto;
  • richiami ai principali autori citati, descrivendone brevemente essenziali note biografiche, le quali avvalorano ulteriormente la scelta fatta dagli autori di averne accolto il loro pensiero;
  • schemi di sintesi al termine di ogni capitolo, che facilitano la raccolta delle idee dopo la lettura dei concetti o dei percorsi descritti, o che viceversa può anche permettere, a ritroso, di capire meglio di cosa tratti il capitolo, prima di immergersi al suo interno.

Il libro offre pertanto un solido quadro di riferimento teorico, all’interno del quale si sviluppa il concetto del profilo di posto, inteso come strumento il cui funzionamento dipende essenzialmente dagli utilizzatori, dalla modalità con la quale lo utilizzeranno e dagli scopi per il quale lo utilizzeranno. Il profilo di posto rappresenta in qualche modo anche una sfida per superare una modalità desueta, nonché oggigiorno inefficace, di fissare dei confini oggettivi tra le diverse professionalità, ma altresì per rappresentare la descrizione delle competenze infermieristiche, in considerazione dei diversi soggetti e dei contesti in cui esse si svolgono, base dell’integrazione tra professionisti.
Concludendo il libro, attraverso questo viaggio organizzato in tre “fermate” (p. XI), ovvero concetto, metodo e contesto, può essere un’interessante lettura per:

  • lo studente, in particolare quello impegnato in percorsi di laurea magistrale e, specie per alcune sezioni, in master in management, per far propri alcuni concetti teorici che permettono di orientarsi nella complessità del sistema sanitario attuale, nonché strumenti pratici (il profilo di posto per l’appunto) che permettono meglio di farne parte come agenti attivi;
  • gli infermieri dirigenti o coordinatori, coinvolti nell’organizzazione in sanità, per delineare modalità che chiariscano e valorizzino la professionalità infermieristica, per ottimizzarne l’integrazione con le altre;
  • coloro che si occupano di progettazione e di formazione continua, al fine di progettare percorsi ad hoc per il personale sanitario coinvolto nei processi di cambiamento;
  • gli infermieri che vogliono darsi degli strumenti teorici per comprendere e partecipare adeguatamente ad un’attività lavorativa organizzata non più per compiti, ma per processi.

 

A cura della Redazione

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