Migrazione e salute: non sempre accessibilità fa il paio con integrazione


Nel nostro Paese …
Gli stranieri regolari e non presenti al 1° gennaio 2011 erano 5,4 milioni, solo 70 mila in più rispetto al 2010 anno in cui l’aumento era stato pari a mezzo milione di persone.
Nell’anno appena trascorso l’aumento dei flussi è stato basso come non mai negli ultimi otto anni in cui l’incremento medio stimato è stato di circa 430 mila persone/anno.
I Paesi di provenienza sono per la maggior parte (circa il 95%) quelli a forte pressione migratoria. La comunità più numerosa è quella rumena seguita da quella marocchina, albanese, cinese e ucraina.
Per contro, nello stesso periodo si è registrato un aumento delle persone straniere residenti (gli iscritti in anagrafe sono passati da 4 milioni e 235 mila a 4 milioni e 570 mila) ovvero un maggiore radicamento della popolazione sul territorio. Diminuito è anche il numero degli stranieri irregolari che da 454 mila del 2010 sono passati a 443 nel 2011.
Il numero delle famiglie straniere è aumentato significativamente (1,6 milioni nel 2009 rispetto a 127 mila nel 1991) così come sono aumentate le famiglie con almeno un membro straniero. Anche gli studenti stranieri nati in Italia sono più numerosi: essi rappresentano il 42% (299.565) del totale degli studenti stranieri con cittadinanza non italiana che sono circa 711.064 (Fondazione ISMU 2012).

Il profilo di salute della persona migrante …
A migrare, indipendentemente dalla motivazione, sono perlopiù persone giovani adulte che nel loro Paese appartengono alle classi sociali meno disagiate, con un grado di istruzione medio e in buona salute. Essere sano e in buona salute facilita l’inserimento sociale non facile soprattutto all’inizio, e permette di cogliere, in un mercato del lavoro sempre più difficile e sempre più in crisi, opportunità di impiego caratterizzate da attività usuranti e faticose dal punto di vista fisico (effetto migrante sano).Accanto a quello descritto va però considerato anche il delinearsi di un profilo di salute differente condizionato dalla diversificazione dei flussi migratori, dall’invecchiamento della popolazione migrata, dai ricongiungimenti familiari e quindi anche dal probabile ingresso di componenti il nucleo familiare più fragili, dall’adozione di stili di vita non sovrapponibili a quelli del Paese di provenienza (Marceca et al. 2006).

Migrazione e salute: alcune considerazioni di fondo
La riflessione che fa da sfondo a tutte le altre è quella sui cui pongono l’accento Marceca et al. (2006) e cioè la possibile relazione tra le caratteristiche di salute dei membri di una comunità protagonista di una migrazione e quelle dei componenti della comunità autoctona.
L’attenzione e il dibattito in ambito scientifico si focalizzano su alcuni elementi che potrebbero essere esplicativi delle possibili diseguaglianze nella salute tra gli uni e gli altri (incidenza di una malattia, mortalità ecc.): la presenza di un’effettiva relazione causale, la condizione socio – economica, la discriminazione razziale.
Alcune diseguaglianze in salute possono essere ascrivibili a fattori propri della comunità migrante considerata, altre però, sono innegabilmente riconducibili alla discriminazione razziale e alla condizione socio – economica.

La discriminazione razziale
Secondo alcuni sarebbe capace di acuire e superare le diseguaglianze determinate dalla condizione socio – economica. È del dicembre scorso l’esempio più recente. Il fatto, accaduto a Torino ha visto coinvolta una ragazza che sarebbe stata violentata da due persone straniere. “Mette in fuga i due rom che violentano sua sorella” è il titolo dell’articolo riportato dal quotidiano La Stampa: “violentata dietro un cespuglio, vittima una sedicenne ad aggredirla sarebbero stati due rom. … Le famiglie si sono mobilitate per protestare contro i rom che vivono nella zona. È prevista una fiaccolata contro la violenza ma anche di denuncia.”
La protesta annunciata è in realtà degenerata e un gruppo di residenti incappucciati, armati di bastoni e mazze ha dato l’assalto al campo nomadi abusivo dandogli fuoco. Successivamente la ragazza ha smentito quando dichiarato precedentemente e ammesso di essersi inventata tutto. Al di là della cronaca, sono molto significativi i risvolti dell’intera vicenda e, allo stesso modo, fa molto riflettere e soprattutto non ha bisogno di essere commentato quanto riportato, sempre su La Stampa il giorno successivo dal giornalista Guido Tiberga.
“Il titolo sbagliato. Il razzismo di cui più dobbiamo vergognarci è quello inconsapevole, irrazionale, che scatta in automatico anche quando la ragione, la cultura, le convinzioni più profonde dovrebbero aiutarci a tenerlo lontano. Ieri, nel titolo dell’articolo che raccontava lo stupro delle Vallette abbiamo scritto: “Mette in fuga i due rom che violentano sua sorella”. Un titolo che non lasciava spazio ad altre possibilità, né sui fatti né soprattutto sulla provenienza etnica degli stupratori. Probabilmente non avremmo mai scritto: mette in fuga due torinesi, due astigiani, due romani, due finlandesi. Ma sui rom siamo scivolati in un titolo razzista. Senza volerlo, certo, ma pur sempre razzista. Un titolo di cui oggi, a verità emersa, vogliamo chiedere scusa. Ai nostri lettori e soprattutto a noi stessi.”

La condizione socio – economica
Anche se sono numerose le famiglie (miste e di soli stranieri) a possedere un’abitazione di proprietà, secondo i dati del XVII Rapporto sulle migrazioni 2011, il 20% delle persone straniere vive in condizioni d’insufficienza di spazio abitativo e, quasi il 15% si trova in una condizione di grave deprivazione abitativa ovvero una situazione di sovraffollamento unita ad altri gravi problemi correlati all’abitazione.
Altrettanto numerose sono le famiglie composte da soli stranieri a vivere in condizioni di difficoltà: ogni otto famiglie, tre si trovano in uno stato di deprivazione materiale[1] altre, anche se in percentuale minore, vivono in condizione di deprivazione materiale grave[2].
Tra le famiglie in grave deprivazione materiale le prime sono quelle marocchine seguite da quelle tunisine, indiane e cinesi. Ad aumentare il rischio di deprivazione materiale è la presenza dei figli. Il tasso di disoccupazione delle persone straniere, che costituiscono il 10% degli occupati totali, è pari al 12,1%, il numero dei denunciati stranieri è diminuito mentre è aumentato il numero dei reati contro la persona imputati agli stranieri (Fondazione ISMU 2012).

Accessibilità e integrazione
La discriminazione razziale, così come le condizioni socio – economiche, secondo quanto sostenuto da alcuni autori, possono essere ritenute espressione dei limiti dell’integrazione tra culture diverse e conseguenza delle difficoltà di relazione dei differenti gruppi con i servizi sanitari.
La difficoltà di relazione con i servizi sanitari e quindi l’accessibilità agli stessi può essere condizionata da molteplici fattori: il costo dei servizi, le possibili barriere fisiche (distanza dei servizi dall’abitazione, poco collegamento con i mezzi di trasporto pubblico, assenza di mezzi di trasporto propri), lo stato giuridico della persona straniera (regolare o irregolare), l’organizzazione del servizio (orari, giornate di apertura), la diversità nell’informazione di tipo sanitario. Questi fattori sono considerati fortemente dipendenti dal tipo e dalle caratteristiche dell’organizzazione sociale della comunità e dal grado di integrazione nella rete locale.
Applicare le norme finalizzate a facilitare l’accesso ai servizi sanitari e promuovere l’integrazione all’interno del più ampio e complesso sistema sanitario, per assicurare a tutte le persone assistite risposte mirate, qualitativamente elevate e ridurre così le diseguaglianze nella salute, è condizione necessaria, ma da sola non sufficiente.
Non sempre, infatti, accessibilità e integrazione intese nel senso più generale del termine fanno il paio nel contribuire a correggere tali diseguaglianze. Anzi, in talune situazioni, per il coincidere di più fattori tra quelli fin qui considerati, concorrono a mantenerle.
È difficile e alquanto improbabile l’integrazione all’interno dei servizi se il contesto in cui l’intero sistema sanitario è inserito, non fa della stessa un elemento trasversale e irrinunciabile a fronte delle caratteristiche culturali diversificate della popolazione.
Molto però possono fare i professionisti, fuori dal sistema sanitario come cittadini e dentro il sistema come operatori sanitari. In questo ruolo, in particolare:

  • Promuovere e partecipare all’identificazione di modalità di analisi dei sistemi sanitari che facilitino il riconoscimento delle potenziali diseguaglianze nella salute e delle ragioni delle stesse.
    Codice Deontologico, art. 4. – L'infermiere presta assistenza secondo principi di equità e giustizia, tenendo conto dei valori etici, religiosi e culturali, nonché del genere e delle condizioni sociali della persona.
    Art. 47. – L'infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, contribuisce ad orientare le politiche e lo sviluppo del sistema sanitario, al fine di garantire il rispetto dei diritti degli assistiti, l'utilizzo equo ed appropriato delle risorse e la valorizzazione del ruolo professionale.
  • Favorire la formazione continua in quanto strumento di sviluppo e mobilitazione di competenze finalizzate a operare una mediazione tra “sistema” e diversità culturali per garantire le stesse opportunità a tutte le persone assistite.
    CD art. 11. – L'infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate e aggiorna saperi e competenze attraverso la formazione permanente, la riflessione critica sull'esperienza e la ricerca. Progetta, svolge e partecipa ad attività di formazione. Promuove, attiva e partecipa alla ricerca e cura la diffusione dei risultati.
  • Sviluppare e implementare modalità di presa in carico transculturali che facilitino il superamento delle possibili diseguaglianze attraverso un approccio mirato, equilibrato e capace di cogliere il valore aggiunto della diversità culturale.
    CD art. 20. – L'infermiere ascolta, informa, coinvolge l’assistito e valuta con lui i bisogni assistenziali, anche al fine di esplicitare il livello di assistenza garantito e facilitarlo nell’esprimere le proprie scelte.
    Art. 21. – L'infermiere, rispettando le indicazioni espresse dall'assistito, ne favorisce i rapporti con la comunità e le persone per lui significative, coinvolgendole nel piano di assistenza. Tiene conto della dimensione interculturale e dei bisogni assistenziali ad essa correlati.
  • Promuovere l’integrazione, a tutti i livelli di responsabilità del sistema, di operatori sanitari stranieri per favorire una risposta assistenziale sempre più transculturale e capace di appianare le diseguaglianze nella salute.
    CD art. 14. – L’infermiere riconosce che l’interazione fra professionisti e l'integrazione interprofessionale sono modalità fondamentali per far fronte ai bisogni dell’assistito.
     

“Se noi pensiamo a una scarpa come a una vera scarpa non saremo in grado di usarla come un martello (quando non ci saranno martelli intorno a noi)”

Alfred North Whitehead


[1] XVII Rapporto sulle migrazioni 2011: vivono in deprivazione materiale le famiglie che presentano almeno 3 deprivazioni tra le seguenti: 1) non riuscire a sostenere spese impreviste di 750 euro; 2) non potersi permettere una settimana di vacanza l’anno lontano da casa; 3) trovarsi in arretrato sui pagamenti (utenze, mutuo, ecc.); 4) non potersi permettere un pasto adeguato; 5) non potersi permettere di riscaldare adeguatamente l’abitazione; non potersi permettere: 6) lavatrice; 7) TV a colori; 8) telefono; 9) automobile.

[2] Ibidem: vivono in grave deprivazione materiale le famiglie che presentano almeno quattro tra le deprivazioni citate.

 

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Bibliografia

– Federazione Nazionale Collegi IPASVI. Codice deontologico dell'Infermiere 2009
– Fondazione ISMU (Iniziative e studi sulla multi etnicità). XVII Rapporto sulle migrazioni 2011 (2012). www.ismu.org
– Marceca M, Geraci S, Martino A. Esperienza migratoria, salute e disuguaglianze. In A caro prezzo, Le diseguaglianze nella salute, 2° Rapporto dell’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale; Pisa, Edizioni ETS, 2006, pagg. 292 – 306.
www.simmweb.it
www.integrazionemigranti.gov.it