Sanità, quando tagliare non fa rima con programmare


C’era poco ancora da tagliare nel settore Sanità, dopo le manovre di contenimento della spesa che si sono susseguite dal 2010 in poi. Manovre che, fino al 2016, riducono di fatto le risorse a disposizione dell’assistenza sociale e sanitaria di circa 25 miliardi di euro, senza contare la reintroduzione della compartecipazione a livello nazionale (il ticket) su tutte le prestazioni a partire dal 2014.
Per questo motivo, la legge di stabilità passata con il sì definitivo della Camera nel pomeriggio di sabato 12 novembre, non prevede articoli dedicati in maniera specifica al Ssn. Né si può dire che la manovra varata in tutta fretta dal nuovo Governo Monti e ora all'esame del Parlamento si sia accanita su sanità, ricerca e università.

Tuttavia, nuove norme su professioni, liberalizzazioni e pubblico impiego avranno immediate ricadute sul lavoro dei professionisti sanitari nel nostro Paese. Infermieri in primis.
Le misure tese a recepire le direttive dettate da Unione europea e Banca centrale Europea, al fine di restituire credibilità alle politiche di riduzione del debito, toccheranno ancora una volta il pubblico impiego, che vuol dire tra l’altro ospedali, Ausl e servizi territoriali.
Il personale in sovrannumero o in eccedenza funzionale o per esigenze finanziarie delle pubbliche amministrazioni (centrali, regionali e locali) potrà essere posto in mobilità e ricollocato totalmente o parzialmente nell’ambito della stessa o in altra amministrazione, anche ricorrendo a forme flessibili di lavoro o a contratti di solidarietà. Per chi non sarà ricollocato scatta il collocamento in disponibilità con un’indennità pari all’80% dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale con esclusione di qualsiasi altro emolumento, per la durata massima di 24 mesi. Le amministrazioni che non adempiranno alla ricognizione annuale della propria forza lavoro non potranno effettuare nuove assunzioni.
Resta inoltre confermato il blocco dei turn over nelle Regioni oggetto di Piani di rientro.
Anche il capitolo pensioni riguarderà giocoforza migliaia di infermieri italiani: soprattutto per le donne (e la maggior parte degli infermieri italiani è donna) l’asticella viene alzata notevolmente, rispetto al quadro attuale. Per le pensioni di vecchiaia, il neo Governo Monti ha poi esteso il sistema contributivo a tutti i lavoratori, e già a partire dal 2012 aumentano gli anni di contributi per potersi congefare: 41 per le donne, 42 per gli uomini.
Un approccio che certamente non favorisce un ricambio generazionale tra gli infermieri italiani e che soprattutto rende difficile il percorso per portare a livelli di media europea il rapporto infermiere/mille abitanti, fermo in Italia al 7.7 contro uno standard comunitario del 9.8. Questo, contando anche l’apporto di oltre 30mila colleghi stranieri che lavorano stabilmente nel nostro Paese.

Dover mantenere e garantire lo stesso standard quantitativo, di sicurezza e di qualità pur vedendo restringersi il numero dei componenti l’équipe assistenziale è una criticità del Ssn con cui bisognerà fare i conti sempre più spesso.
Sembra emergere, quindi, una notevole povertà progettuale in relazione alle grandi sfide che abbiamo di fronte tra cui:

  • il progressivo invecchiamento della popolazione con aumento della quota di grandi anziani soli;
  • il mutamento della famiglia caratterizzata sempre più dall’indisponibilità di farsi carico di eventuali famigliari con disabilità o necessità assistenziali;
  • l’aumento della domanda assistenziale per incremento delle malattie cronico-degenerative;
  • lo sviluppo e impiego di tecnologie e di approcci diagnostici e strategie curative meno invasive, ma che richiedono alta tecnologia e personale sempre più qualificato.

“In tal senso bisognerebbe ‘reclutare’ e non ‘mortificare’ i professionisti sanitari tutti e particolarmente gli infermieri stante, tra l’altro, il fenomeno di shortage che riguarda il personale medico con adeguamento del rapporto medico paziente ai valori europei e conseguente necessità di muoversi celermente verso un upgrading della professione infermieristica’, ha ammonito dalle colonne del Sole24ore Sanità la presidente della Federazione nazionale Collegi Ipasvi, Annalisa Silvestro, firmando un lungo intervento sulla manovra, l’8 novembre scorso.
“Non è con provvedimenti di razionamento del personale che si potrà affrontare la grave situazione economica – ha scritto la presidente -.  È necessaria una riorganizzazione delle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali verso modelli che focalizzino l’attenzione sui reali bisogni e siano in grado di offrire ciò che serve per affrontare i problemi assistenziali. Bisogna avere il coraggio di riorganizzare, riconvertire e, perché no, anche di dire, ad esempio, che parte delle liste d’attesa sono frutto di prescrizioni/richieste lontane dal criterio dell’appropriatezza e dell’evidenza scientifica”.
Gli infermieri stanno chiedendo sempre più spesso una riflessione organizzativo-assistenziale, attraverso la presentazione di idee, progetti, capacità e di una nuova cultura assistenziale e gestionale. Tutti elementi che saranno centrali nel prossimo Congresso nazionale di Bologna (22-24 marzo 2012), incentrato non a caso sull'importanza di essere protagonisti del cambiamento.
“Attraverso il nostro Congresso – ha spiegato la presidente Silvestro presentando ufficialmente l’evento sul portale www.ipasvi.it – vogliamo presentare e diffondere i progetti, le esperienze e le sperimentazioni d’eccellenza, e ce ne sono davvero tantissime, che quotidianamente mettiamo in campo, dal Nord al Sud, dall’Est all’Ovest del Paese. Vogliamo dibattere su come e quanto impatta la cultura, la competenza, la responsabilità degli infermieri nella quotidianità assistenziale, nelle relazioni interprofessionali e per lo sviluppo del Sistema sanitario”.

Intanto c’è da fare i conti con altre misure che interessano “di riflesso” il settore Sanità. Tra queste, la liberalizzazione dei servizi pubblici locali e delle farmacie. Obiettivo, quello di “realizzare un sistema liberalizzato dei servizi pubblici locali di rilevanza economica attraverso la piena concorrenza nel mercato e di perseguire gli obiettivi di liberalizzazione e privatizzazione dei medesimi servizi”. Per raggiungerlo, il maxi emendamento già votato dai due rami del Parlamento ai tempi di Berlusconi prevede che tutte le amministrazioni locali “valutino l’opportunità di procedere all’affidamento simultaneo con gara di una pluralità di servizi pubblici locali nei casi in cui possa essere dimostrato che tale scelta sia economicamente vantaggiosa”.
In altre parole, tutti quei servizi pubblici che risulti vantaggioso cedere ai privati, con esclusione dei servizi pubblici essenziali.

Il capitolo farmacie, in particolare, è stato oggetto di polemiche e ripensamenti. Il Governo, che in un primo tempo aveva "liberalizzato" la vendita di medicinali di fascia C al di fuori di esse, ha fatto marcia indietro. I farmaci di fascia C potranno così essere venduti nelle parafarmacie e nei corner dei supermercati, ma solo se non ci sarà l'obbligo di ricetta. A stilare la lista sarà il ministero della Salute, sentita l'Agenzia italiana del farmaco. Questa la mediazione raggiunta nelle Commissioni bilancio e finanze della Camera.
Il ministero della Salute, sentita l'Agenzia italiana del farmaco, individuerà entro 120 giorni un elenco aggiornabile dei farmaci di fascia C per i quali permane l'obbligo di ricetta medica. Quindi non sarà consentita la vendita negli esercizi commerciali. Inoltre, precisa la modifica alla manovra, "la facoltà delle farmacie, delle parafarmacie e dei corner della grande distribuzione di praticare sconti sui prezzi al pubblico opera non già su tutti i prodotti venduti, come previsto dal testo vigente, bensì sui medicinali di cui al comma 1", cioè quelli senza ricetta.

Per quanto riguarda gli Ordini professionali, è prevista la loro riforma entro 12 mesi dall’approvazione della legge di stabilità (e quindi entro novembre 2012) secondo i principi previsti dall'art. 3, comma 5 della legge 148/2011. La vera novità è la possibilità di costituire società tra professionisti iscritti all’Ordine e l’abolizione delle tariffe minime. A rischio, il percorso parlamentare del disegno di legge delega sulle professioni sanitarie, che tra l’altro, prevede l’istituzione dell’Ordine degli Infermieri.
A questo proposito, la Presidente del Comitato Unitario delle Professioni, Marina Calderone, ha dichiarato: "Minare in questo momento il sistema ordinistico nelle sue fondamenta creerebbe un irrisolvibile vulnus nel delicato equilibrio di triangolazione tra la Pubblica Amministrazione e il cittadino. La tutela della fede pubblica insita nell'esercizio delle professioni è la garanzia che i cittadini meritano di avere sapendo di essere al cospetto di un soggetto dalle caratteristiche ben determinate e riconosciute".

Tornando al capitolo tagli, ridotto da 2 a 1 milione di euro il finanziamento annuale per la contribuzione da parte dello Stato ai costi dell’assistenza sanitaria dei cittadini di Campione d’Italia. Venti milioni di euro in meno, nel 2012, pure per i fondi del Ministero della salute vincolati ad attività di ricerca, sperimentazioni e programmi speciali.
Ridotte dal 2012 di 17 milioni di euro le risorse per la copertura degli oneri derivanti dai mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti dalle Regioni per l’edilizia sanitaria e di altri 19,55 milioni di euro per le risorse a carico del Fondo sanitario nazionale per la copertura degli oneri derivanti dai mutui contratti dalle Regioni a Statuto ordinario, dagli Ircss, nonché dagli Istituti zoo-profilittaici sperimentali per le esigenze di manutenzione straordinaria e per gli acquisti di nuove attrezzature sanitarie.
Per la prosecuzione di interventi indifferibili nel settore dell’edilizia sanitaria (basati su accordi già perfezionati al settembre 2011) sarà invece possibile ricorrere alla dotazione finanziaria di 2.800 milioni di euro, assegnata al Fondo per lo sviluppo e la coesione.
Si dispone inoltre che i fornitori con crediti esigibili nei confronti delle Regioni e degli Enti locali possano presentare istanza di cessione del credito a istituti bancari o intermediari finanziari. Dalla norma sono però escluse le Regioni sottoposte a Piani di rientro dal deficit sanitario.

Con le dimissioni di Silvio Berlusconi e l'insediamento del nuovo governo presieduto dall'economista Mario Monti è poi decaduto automaticamente anche il Ministro della salute Ferruccio Fazio.
Nominato in principio sottosegretario, quindi Vice ministro, Fazio aveva ricevuto l'incarico ufficiale di Ministro solo nel dicembre del 2009, ma in ogni caso si può stimare in 4 anni complessivi la sua carriera ai vertici del dicastero di Lungotevere Ripa.
Numerose le riforme avviate durante questo periodo, anche se poche sono quelle diventate operative. Prima tra tutte la farmacia dei servizi, che prevede l'erogazione di nuove prestazioni ai cittadini anche da parte delle farmacie, come le prestazioni analitiche di prima istanza o altre prestazioni erogabili anche grazie all’ingresso in farmacia di altre professionalità, come gli infermieri e i fisioterapisti. A Fazio, poi, si deve il progetto del riordino dei punti nascita dopo i diversi casi di decessi durante il parto che hanno segnato l’estate del 2010. Avviata da poco, e il cui destino è ora più che mai incerto, anche la riforma del sistema di emergenza-urgenza (che prevedrebbe, tra le altre cose, anche lo spostamento dei codici bianchi e verdi sul territorio anziché al Pronto soccorso), la riforma delle cure primarie e la riforma del percorso di formazione in Medicina (che prevedrebbe, ad esempio, la riduzione degli anni di corso di Laurea).
Il ministero di Fazio ha avviato e introdotto per la prima volta in Italia un programma di valutazione degli esiti che mira a rilevare quali sono le strutture del Paese dove si registrano le migliori e le peggiori performance su una serie di 47 indicatori.
Tra gli altri progetti che hanno visto la nascita in questi due anni sotto la guida del Ministro Fazio, anche l’istituzione del Registro nazionale e dei registri regionali degli impianti protesici mammari e divieto di intervento di plastica mammaria alle persone minori, l’istituzione della Commissione nazionale "Cure palliative e terapie del dolore", del Comitato scientifico di economia e management sanitario tra Ministero della salute e atenei pubblici e privati e istituzione di un tavolo tecnico per gli emoderivati. Sono stati anche gli anni del federalismo e della progressiva limitazione delle competenze a livello centrale, specie in Sanità.
Nonostante questa tendenza, un risultato importante, non solo dal punto di vista simbolico, era stato raggiunto nel 2009 con la ricostituzione del Ministero della salute propriamente detto, dotato di propria autonomia, non più una costola del maxi Ministero del welfare. Una tendenza confermata anche dopo l’insediamento dello snello esecutivo presentato dal neo presidente del Consiglio, a riprova della bontà della “scissione” operata due anni fa.
Per il prosieguo della legislatura, il nuovo Ministro della salute sarà Renato Balduzzi (nato a Voghera nel 1955), illustre giurista esperto di Sanità, che prima della nomina presiedeva l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Nel recente passato, è stato consigliere giuridico dei Ministri della difesa (1989-1992), della sanità (1996-2000) e delle politiche per la famiglia (2006-2008). In particolare, è stato capo ufficio legislativo ai tempi della "riforma ter" della sanità datata 1999, con Rosy Bindi ministro.
Sottosegretario alla Salute, il medico radiologo Elfio Cardinale, preside della Facoltà di Medicina di Palermo fino all'anno scorso e vice presidente dell'Istituto superiore di sanità.

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