Infermieri essenziali nella salvaguardiadel paziente


Anche se purtroppo alcuni colleghi saranno chiamati a risponderne in sede legale, non possiamo che rilevare che la recente sentenza della Cassazione penale n. 24573/2011 costituisce un elemento importante nel percorso di riconoscimento professionale anche da parte della Magistratura, che ha considerato troppo spesso nei suoi pronunciamenti l’infermiere come figura “ausiliaria” e subalterna al medico senza alcuna autonomia professionale.

Il fatto portato all’attenzione della Suprema Corte deriva dalla sentenza emessa dal Tribunale di Trani di non luogo a procedere nei confronti del personale medico e infermieristico dell’ospedale civile di Canosa di Puglia per il decesso di un paziente nel decorso post operatorio per emorragia celebrale ricoverato a seguito di incidente stradale.

Si legge nella sentenza che la moglie e gli amici del paziente avevano più volte chiesto invano al personale infermieristico l’intervento di un medico esponendo una specifica sintomatologia (“stimolo al vomito, intensa sudorazione e sanguinamento”).

Il Gip del Tribunale di Trani, sulla base di anche di consulenza tecnica relativamente all’attività medica, all’esito dell’udienza preliminare dichiarava il non luogo a procedere nei confronti degli imputati (medici e infermieri ) con la formula “perché il fatto non sussiste”.

Si ricorda che ai sensi dell’art. 530 c.p.p. l’impegno della formula di assoluzione perché il fatto non sussiste indica che al giudice non risulta provato nessuno degli elementi della fattispecie criminosa contestata, perché manca uno qualsiasi degli elementi oggettivi del reato.

In particolare, per quanto di nostro interesse, il Gup dichiarava che relativamente agli infermieri (ahimè ancora identificati con il termine personale paramedico!) questi non avevano “l'obbligo di avvertire il medico di reparto di qualsiasi lamentela di parenti del paziente"  né “di valutare e percepire le sintomatologie dei pazienti”.

Infatti sempre secondo il Gup "le funzioni di ausiliari del personale medico imputabili agli infermieri escludono che questi abbiano autonomia valutativa in ordine alla verifica della compatibilità del quadro clinico del paziente con l'intervento e le cure dei medici. Insomma, gli infermieri non rivestono la posizione di garanzia come prospettata nel capo di imputazione ".

Cogliamo l’occasione per ribadire, invece, la nostra vicinanza alla famiglia del paziente a cui è stata negata di fatto la risposta ad una richiesta di assistenza.

Anche la Cassazione non ha condiviso e ha annullato la sentenza con rinvio al Tribunale di Trani in quanto ha rilevato la manifesta illogicità, oltre che l’eccessiva semplificazione motivazionale, della sentenza.

Sulla questione del comportamento del personale infermieristico ha espressamente e chiaramente dichiarato che “del tutto improponibile giuridicamente, poi, è l'assunto del giudicante teso ad escludere la sussistenza di una posizione di garanzia degli infermieri, che, oltre ad essere affermazione apodittica, fraintende completamente i principi applicabili nella subiecta materia.

È vero proprio il contrario, e cioè che, rientra nel proprium (non solo del sanitario, ma anche) dell'infermiere quello di controllare il decorso della convalescenza del paziente ricoverato in reparto, sì da poter porre le condizioni, in caso di dubbio, di un tempestivo intervento del medico.

Il ragionamento del giudicante, a tacer d'altro, finisce con il mortificare le competenze professionali di tale soggetto, che, invece, svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente, essendo, come detto, l'infermiere onerato di vigilare sul decorso post operatorio, proprio ai fini di consentire, nel caso, l'intervento del medico.

È evidente ancora l'equivoco del giudicante quando si sofferma sull’"autonomia valutativa" dell'infermiere, rispetto al sanitario, che dimostra, a fortiori, l'errore concettuale di giudizio: non è infatti in discussione (né lo potrebbe essere) una comparazione tra gli spazi valutativi e decisionali dell'infermiere rispetto al medico, ma solo l'obbligo per l'infermiere, anche solo in caso di dubbio ragionevole (qui, fondabile non foss'altro che per le reiterate indicazioni dei parenti), di chiamare l'intervento del medico di turno, cui poi compete la decisione ultima”.

Viene quindi chiaramente declinata la valenza e l’autonomia delle posizioni delle due figure professionali sanitarie (medico e infermiere) ognuna con un proprio profilo di competenza e conseguente responsabilità che comunque devono lavorare in sinergia e con pari dignità per raggiungere lo scopo finale che si prefigge un sistema sanitario efficiente ovvero la tutela della salute del paziente.

Dal punto di vista squisitamente disciplinare/professionale sono poi di tutta evidenza alcune ulteriori considerazioni.

In primis, emerge come l’attività infermieristica si configura sempre più come un’attività complessa che si integra con titolarità sostanziale all’interno delle equipe sanitarie: il contributo allora, non è individuabile solo nell’attività peculiare e disciplinare che è il processo di assistenza infermieristica ma si evidenzia anche all’interno del percorso diagnostico/terapeutico/assistenziale del paziente con necessità di integrazione all’interno delle équipe (artt. 14 e 22 Codice deontologico 2009).

Altro elemento di riflessione attiene alle competenze professionali ascrivibili alla cosiddetta “diligenza media” prevista dalla norma: l’evoluzione del quadro clinico post operatorio, così ben documentato negli atti processuali, messo in relazione con la storia clinica del paziente e con gli elementi desumibili  dalla documentazione della presa in carico del paziente avrebbe dovuto indurre gli infermieri a valutazioni assistenziali più appropriate; in questo senso, il profilo di competenza di un infermiere “generalista” prevede che l’infermiere sia in grado di riconoscere segni e sintomi di evoluzione non fisiologica di un post operatorio traumatologico. A tale “prescrizione” professionale si aggiunge anche la “prescrizione” deontologica, contenuta negli artt. 11 e 13 del Codice deontologico 2009, di fondare il proprio operato su conoscenze validate, di ricorrere alla consulenza di colleghi esperti in caso di difficoltà ad inquadrare la situazione assistenziale del paziente e di assumersi la responsabilità di mantenere e strutturare le proprie competenze al fine di garantire la sicurezza e l’appropriatezza dell’assistenza infermieristica.

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