Il paziente portatore di LVAD “Jarvik 2000®”: continuità tra ospedale e territorio


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INTRODUZIONE
Negli ultimi anni si è assistito ad un processo di rivalutazione del ruolo dell’assistenza al di fuori degli ospedali e di altre strutture (es. strutture per lungo degenti, strutture di riabilitazione); il contenimento dei costi, da un lato, e il miglioramento della qualità dei servizi, dall’altro, ne sono tra i principali motivi.
Grazie allo sviluppo delle conoscenze scientifiche e delle tecnologie è oggi possibile effettuare trattamenti pre e post-fase acuta anche fuori dall’ospedale e, in molti casi, presso la residenza dei pazienti. In questo modo non solo è possibile evitare l’occupazione di posti letto, che hanno un costo crescente, ma si consente al paziente di restare nel proprio ambiente, mantenendo dunque le abituali relazioni quotidiane: tutto questo incide positivamente sulla sua qualità di vita e costituisce un fattore importante, a volte determinante, per un rapido recupero dello stato di salute.
Nei pazienti con cronicità, gli obiettivi di cura, non potendo essere rivolti alla guarigione, sono finalizzati al miglioramento del quadro clinico e dello stato funzionale, alla minimizzazione della sintomatologia, alla prevenzione della disabilità e al miglioramento della qualità di vita. Per realizzarli è necessaria una corretta gestione del paziente e di nuovi percorsi assistenziali che siano in grado di prenderlo in carico nel lungo termine. Tutto ciò con l’obiettivo di prevenire e contenere la disabilità, garantire la continuità assistenziale e l’integrazione degli interventi socio-sanitari.
Si rende dunque necessario concepire l’ospedale come uno snodo di alta specializzazione del sistema di cure per la cronicità, che sia in grado di interagire con la specialistica ambulatoriale e con l’assistenza primaria, attraverso nuove formule organizzative che prevedano la creazione di reti multispecialistiche dedicate e dimissioni assistite nel territorio, finalizzate a ridurre il dropout dalla rete assistenziale, causa frequente di riospedalizzazione a breve termine e di outcome negativi nei pazienti con cronicità.
La permanenza in ospedale o in una struttura residenziale può avere delle ripercussioni negative sul paziente, favorendo, talvolta, la sua passività e deresponsabilizzazione, che si trova così completamente affidato alle cure di esperti. Al contrario, l’organizzazione di un’assistenza domiciliare che sappia adattarsi ai luoghi, ai tempi, agli oggetti e alle abitudini della persona contribuisce fortemente a conservare la sua autodeterminazione e autogestione dei propri bisogni, fondamentali per il buon esito delle cure (Ministero della Salute, 2016).
Quindi, compatibilmente con le condizioni sanitarie, sociali ed abitative della persona, l’impegno del SSN è volto a privilegiare, ove possibile, le cure domiciliari rispetto all’istituzionalizzazione, garantendo le prestazioni sanitarie necessarie ed attivando le risorse formali e informali per dare supporto alla persona e alla famiglia nello svolgimento delle attività di vita quotidiana.
Un esempio di criticità e complessità assistenziale tra ospedale e territorio si riscontra nei pazienti portatori di device per assistenza cardiaca. Tra questi supporti, il modello di assistenza ventricolare LVAD per adulti è previsto per aumentare il flusso sanguigno in pazienti con funzionalità emodinamica insufficiente e soggetti a rischio di scompenso cardiaco irreversibile o morte. L’uso è previsto sia in degenza ospedaliera che domiciliare. Il LVAD è indicato per pazienti con scompenso cardiaco terminale in attesa di trapianto, oppure in pazienti con scompenso cardiaco terminale non candidabili al trapianto quale terapia definitiva.

Figura 1. – LVAD: componenti esterni indossati su cintura.

UN CASO DI CONTINUITÀ ASSISTENZIALE
Il Centro di Cardiochirurgia Pediatrica della Fondazione Toscana Gabriele Monasterio di Massa vanta un’esperienza di oltre 40 anni nella diagnosi e nel trattamento chirurgico delle cardiopatie congenite neonatali, pediatriche e dell’adulto, rappresentando attualmente uno dei centri pilota italiani per la correzione dei difetti cardiaci complessi.
Tra i programmi di eccellenza del Centro vi sono: la correzione anatomica delle trasposizioni complesse dei grandi vasi, la palliazione univentricolare per la sindrome del cuore sinistro ipoplasico, il trattamento chirurgico delle atresie polmonari con DIV e MAPCA’s, la chirurgia delle cardiopatie congenite neonatali, pediatriche e dell’adulto.
L’Unità possiede inoltre l’unico programma ECMO-Team pediatrico della regione Toscana, finalizzato al trattamento acuto delle emergenze cardio-respiratorie.
Proprio per questi requisiti, l’Istituto si fa carico di impiantare l’ECMO e gestire impianti LVAD e, nel caso specifico descritto di seguito, di gestire il processo di continuità tra due degenze con la partecipazione di Istituti diversi e handover in sicurezza verso il territorio.
Per diffondere la nostra esperienza nella continuità ospedale-territorio, descriviamo qui di seguito un caso che è stato preso in carico presso la nostra struttura.
Il caso è quello di A. Y., un ragazzo minore straniero residente in Italia, giunto alla Fondazione a causa di miocardite con funzionalità cardiaca compromessa. Per garantirne la sopravvivenza, si è reso necessario il posizionamento di un impianto ECMO; successivamente il paziente è stato trasferito presso un presidio ospedaliero di Roma per essere sottoposto ad un intervento di impianto LVAD, a seguito del quale, dopo circa due mesi di cure intensive e degenza ordinaria, A. Y. è stato nuovamente preso in carico dalla Fondazione (in regime di dimissione protetta), per completare il piano di cure ed iniziare un percorso di educazione dei caregiver, indispensabile per programmare una successiva dimissione a domicilio.
Di fondamentale importanza è stata la creazione di un gruppo di lavoro multidisciplinare formato da: infermieri della degenza pediatrica e della terapia intensiva pediatrica, medici, perfusionisti, Oss, psicologo, associazioni di volontariato. Questo gruppo ha utilizzato come mezzo di comunicazione una mailing list, sia per comunicazioni specifiche che per proporre quesiti o problematiche che potessero emergere: tale strumento si è rivelato di fondamentale importanza per la coesione di tutti i professionisti e per la gestione logistica durante la degenza.
Il personale destinato alla presa in carico del paziente è stato preventivamente formato ed addestrato mediante corsi e simulazioni, organizzati direttamente con uno specialist LVAD.
Durante la redazione del piano infermieristico personalizzato sono stati valutati i fattori favorevoli, come:
– L’equipe multidisciplinare cooperante;
– La disponibilità di abitazione con comfort alberghiero adeguato (accogliente ed indipendente, ma vicina all’area ospedaliera);
– La disponibilità del personale volontario sempre presente.
Parallelamente sono stati identificati anche i fattori sfavorevoli:
– La barriera linguistica da parte di alcuni componenti della famiglia (solo la sorella parla italiano);
– La barriera culturale;
– Il livello d’istruzione dei famigliari;
– La distanza del paziente dal servizio di degenza ospedaliera.
L’arrivo del paziente, accolto dal personale sanitario, è stato emozionante. Dopo un briefing con presentazioni e passaggio di informazioni da parte dello specialist VAD dell’ospedale di arrivo e il personale della Fondazione, il ragazzo è stato accompagnato nel suo alloggio (assieme alla sorella e alla mamma che lo avevano accompagnato): una residenza vicina all’ospedale ma esterna alla struttura. L’abitazione è stata scelta tra quelle più grandi a disposizione, proprio per offrire un maggiore comfort al paziente e ai caregiver.
Considerato che il paziente è giunto presso la Fondazione in piena emergenza COVID-19, si sono resi necessari degli specifici accorgimenti per evitare il rischio di un eventuale contagio: tutti i sanitari coinvolti, il paziente ed i famigliari sono stati sottoposti ad un tampone molecolare; il servizio di pulizie è stato portato ad un livello superiore a quello ordinario per garantire una maggiore igiene e, quindi, sicurezza del paziente: la sanificazione delle superfici e della stanza del ragazzo veniva svolta frequentemente ed all’interno dell’abitazione erano stati forniti guanti, camice monouso, contenitore per rifiuti speciali e gel disinfettante antisettico.
La madre e la sorella sono state educate su come si effettua una sanificazione accurata degli ambienti, in modo che potessero essere in grado di effettuarla autonomamente a domicilio.
Per quanto riguarda la cura della persona, date le potenziali difficoltà nel movimento del paziente in doccia (proprio per la presenza del device), un infermiere ed un Oss si occupavano dell’igiene completa e dell’educazione alla mobilizzazione, con particolare riguardo alle accortezze da mantenere durante queste manovre (es. attenzione che non si staccasse il cavo pedestal o attenzione nelle manovre che coinvolgevano le batterie od il controller di pompa).

Gestione del piano infermieristico personalizzato
I turni hanno coinvolto tutti gli operatori sanitari che, su base volontaria, davano disponibilità di accesso su tre turni (mattino, pomeriggio e sera).
La turnazione era accessibile dal drive: qui era registrata la disponibilità dei dipendenti a recarsi dal paziente ad inizio o fine turno, per eseguire il cambio batterie e nel contempo svolgere l’educazione sanitaria ai caregiver.
La cartella infermieristica era reperibile da tablet. Era quindi possibile aggiornare in tempo reale la terapia farmacologica, il diario per il passaggio di informazioni e le annotazioni periodiche per il monitoraggio dei presidi. La cartella era consultabile anche dal Centro, consentendo, in tal modo, il monitoraggio costante del paziente a tutto il personale coinvolto.
Inoltre sono state programmate visite quotidiane da parte del personale volontario e dello psicologo dell’associazione presente all’interno della struttura, che ha seguito la famiglia ed il ragazzo da un punto di vista socio-assistenziale.

Visite a domicilio (residenza protetta)
L’attività dell’infermiere durante le visite a domicilio riguardava, oltre alla rilevazione dei PV del paziente ed una valutazione complessiva delle condizioni cliniche, anche l’educazione/formazione dei caregiver, riguardante sia la assunzione della terapia, sia la programmazione dei prelievi ematici o il controllo INR, il tutto tenendo conto della barriera culturale e linguistica, in particolare della madre. Per consentire di superare i limiti linguistici ed aiutare nell’educazione sanitaria la signora, è stato utilizzato uno schema codice colore, semplice e d’impatto visivo (Fig.2), (Fig.3).

Figura 2. – Schema per la somministrazione della terapia.


Figura 3. – Farmaci suddivisi per colore.

L’educazione/formazione riguardava anche l’alimentazione: la famiglia è stata guidata nella gestione di una dieta che fosse compatibile sia con l’assunzione del farmaco anticoagulante, sia con le esigenze cliniche del paziente (dieta a basso contenuto di potassio), oltre che dei bisogni del ragazzo.
Durante questo periodo sono stati coinvolti anche specialist nella gestione del PICC e nella gestione delle lesioni da pressione, con accessi settimanali per le valutazione specifiche.
L’infermiere specialist del Wound Care ha valutato il punto d’inserzione del pedestal del ragazzo, in corso di guarigione, effettuato un tampone sulla ferita e prescritto le medicazioni che dovevano essere effettuate a seconda della stadiazione. Il percorso ha avuto buon esito e, al momento della dimissione, la lesione era pulita e curata in modo tale da dare la possibilità al ragazzo di far ricrescere i capelli e, soprattutto, di evitare infezioni di un’area molto delicata. (Fig.4). Lo specialist ha potuto trascrivere direttamente su tablet la consulenza svolta, cosicché tutti i colleghi potessero avvalersene.

Figura 4. – Lesione nel punto d’inserzione del pedestal.

Specialist PICC
All’arrivo del paziente era posizionato un catetere venoso centrale ad inserzione periferica PICC. Essendo presente all’interno della struttura un professionista specializzato, il ragazzo è stato preso in carico da quest’ultimo per la consulenza e medicazione.

Specialist sistema LVAD
È stato pianificato e realizzato un incontro con lo specialist del device, a cui hanno partecipato i caregiver, il paziente e il personale sanitario, durante il quale è stata svolta una dimostrazione accurata del sistema VAD, sia per le manovre ordinarie che per tutte le possibili variabili e le possibili manovre attuabili in emergenza. Il feedback dell’incontro è stato positivo e ha dimostrato, attraverso domande di verifica, l’effettivo apprendimento dei caregiver e la loro autonomia nella gestione del paziente.

Supporto Psicologico
E’ stato pianificato un supporto psicologico sia per il ragazzo che per i familiari, per spiegare il l’importanza dell’impianto di VAD e per aiutarli durante tutto il percorso ospedale – dimissione a domicilio. Per sostenere e supportare in ogni momento la famiglia, lo psicologo era in contatto con il coordinatore, fornendogli aggiornamenti costanti sull’evoluzione emotiva dei caregiver.

Gestione in caso di avversità o emergenza sanitaria
Oltre alla presenza di sanitari che turnavano normalmente in ambito ospedaliero e che erano formati sulla gestione del LVAD in situazioni di normalità o emergenza, è stato allertato il sistema dell’emergenza territoriale con disposizione, in caso di necessità, di attivazione ed invio diretto del paziente alla struttura ospitante, mediante procedura creata appositamente.

Intervista pre-dimissione
Per una miglior valutazione pre-dimissione è stata progettata una intervista da sottoporre ai caregiver, per valutare le reali capacità acquisite durante la loro permanenza nella residenza protetta e programmare quindi la successiva dimissione a domicilio. Il questionario è stato sottoposto sia alla sorella che alla madre (Tab. 1). Il questionario prevedeva domande a risposta binaria SI o NO, domande a risposta aperta con spiegazioni verbali, domande a risposta dimostrativa, in cui si chiedeva di simulare l’effettiva abilità.

Valutazione dell’apprendimento del Caregiver SI No
Sei consapevole dell’importanza dell’sistema impiantato e la sua funzione?    
Hai compreso l’importanza della terapia prescritta in particolare col Coumadin?    
Sai cosa fare se dimentichi una dose di Coumadin?    
Hai compreso le accortezze che deve avere un paziente che assume Anticoagulanti orali? Esesami per INR, rischio emorragie da traumi o spontanee ecc    
Ti senti in grado di somministrare la terapia orale in autonomia, rispettando gli orari stabiliti?    
Ci sono degli alimenti che è meglio che vengano evitati ed altri che assunti in quantità ridotta? Ne hai compreso il motivo?    
Ti senti in grado di eseguire il cambio batterie in maniera autonoma? Mi mostri come lo esegui ?    
Ricordi come mettere in carica le batterie? Qual è il LED che si illumina a carica eseguita?    
Quanto durano in media le batterie?    
Ricordi sia la “configurazione giorno” che la “configurazione notte”? Potresti spiegarmela?    
Ti ricordi su che impostazione di velocità deve essere impostato il controller?    
Sai cosa fare se inavvertitamente l’impostazione di velocità sul controller si sposta? Es. da 3 va su 5    
Ti ricordi dopo quanto si abbassa il valore dei Watt e per quanto tempo?    
Ti ricordi cosa fare se il controller allarma la spia di pompa bloccata con suoni o luci?    
Valutazione dell’apprendimento del Caregiver SI No
Ti ricordi la potenza in Watt a cui va il controller a pieno regime?    
Ti ricordi cosa fare se si stacca inavvertitamente il cavo pedestal o se si rompe?    
Ti ricordi cosa devi portare quando vi spostate brevi tragitti a piedi (es. pochi isolati)?    
Ti ricordi cosa devi portare quando vi spostate per lunghi tragitti o tragitti in auto?    
Sai quando dovrete recarvi in ospedale?    
Sai cosa devi portare con te quando vi recherete in ospedale per un controllo?    
Sai come si gestisce il punto d’inserzione del pedestal? Sai quando avvertire il medico se vedi qualcosa di strano (es. rossore, edema, sanguinamenti)?    
Hai compreso l’importanza dell’igiene della cute, per evitare che il punto d’inserzione del pedestal si infetti?    
Hai compreso l’importanza dell’igiene che dovrai mantenere in casa?    
Ricordi che non bisogna dormire sul lato dove il pedestal è posizionato?    
Sai quali accortezze adoperare quando eseguite l’igiene personale (es. la doccia)?    
Sei stato informato che all’arrivo a domicilio avrai come punto di riferimento il pediatra?    
Ti senti pronto per tornare a casa?    

Tabella 1. – Questionario per dimissione a domicilio.

Indicatori per la dimissione a domicilio
Per la fase di dimissione del paziente sono stati stabiliti degli indicatori da raggiungere per un buon successo del percorso clinico riabilitativo:
– valutazioni sullo stato clinico, funzionale, emotivo e cognitivo del paziente, della compliance ed apprendimento dei famigliari e aspetti organizzativi e di follow up.

Creazione libretto d’istruzioni illustrato
Dal gruppo di lavoro è nata l’idea di un libretto per la dimissione, da consegnare alla famiglia, che prevedesse una breve descrizione del sistema LVAD applicato, dove un elenco di domande e risposte potesse essere una guida ed un memorandum utile in ogni momento (Fig.5).


Figura 5. – Libretto per assistito e caregiver.

Pianificazione della dimissione a domicilio
Il Coordinatore ha preso contatti col Medico di Medicina Generale dell’assistito per il passaggio di informazioni/valutazioni, per spiegare le necessità sanitarie e sociali e per attivare il percorso a domicilio. La complessità del sistema impiantato ha posto il problema, prima della dimissione, della necessaria continuità di energia elettrica al domicilio del paziente, dal momento del rientro a casa. Il Coordinatore ha preso contatti con il fornitore di energia della provincia di residenza della famiglia, affinché prendesse in carico il caso e assicurasse la fornitura di energia elettrica senza interruzioni temporanee, anche in caso di calamità. Si è resa necessaria la segnalazione della presenza di un paziente portatore LVAD al Comune ed ai Vigili Urbani della città di residenza, per garantire in caso di calamità una priorità nella messa in sicurezza del paziente.

Organizzazione del trasferimento
E’ stata contattata un’associazione di volontariato della città di residenza, che si è presa carico, a titolo gratuito, del trasferimento del paziente a domicilio, con mezzo idoneo.

Attivazione dei servizio sociali
Sono stati attivati i servizi sociali che, messi a conoscenza della situazione sociale di necessità della famiglia, hanno preso in carico il caso per le future visite a domicilio.

CONCLUSIONI
Questa esperienza ha rappresentato per tutta la struttura un’esperienza pilota molto formativa; in particolare sia per la struttura ospedaliera che per tutto il personale coinvolto, nell’ambito della quale è stato organizzato un lavoro multidisciplinare, dall’arrivo fino alla dimissione del paziente.
Sono stati strutturati appositi turni per garantire la continuità assistenziale e per realizzare il percorso di addestramento della famiglia, necessario per poter proseguire a domicilio, in autonomia, l’assistenza del ragazzo.
Si è cercato di superare la barriera culturale e linguistica del paziente e della madre, avvalendosi del contributo della sorella come interprete simultaneo italiano – urdu.
Attraverso l’utilizzo della tecnologia, si è riusciti a portare nell’abitazione del paziente la cartella informatizzata mediante tablet, facendo sì che la terapia, le consulenze ed i diari fossero accessibili sia al personale operante presso l’abitazione stessa, sia al personale sanitario del Centro.
I caregiver, che all’arrivo non avevano dimostrato alcuna capacità di gestione autonoma del ragazzo, alla conclusione del percorso hanno dimostrato, invece, mediante simulazioni ed interviste mirate, consapevolezza e autonomia nella gestione del proprio caro.
Tutto ciò ha costituito un successo non solo per l’Azienda e per tutto il personale che ha partecipato al progetto, ma soprattutto, per l’assistito e i familiari, che sono stai messi nella condizione di poter tornare alla loro vita abituale, almeno per molti versi.

Conflitto di interessi
Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Finanziamenti
Gli autori dichiara di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.

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Bibliografia

– Accordo tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano (2016), Piano Nazionale della Cronicità. Disponibile da: https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2584_allegato.pdf .
– https://www.monasterio.it/struttura/uoc-cardiochirurgia-pediatrica-e-del-congenito-adulto/.