Intervento a base di musica: effetti sugli esiti sensibili alle cure infermieristiche


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INTRODUZIONE
La musica, attraverso i suoi elementi storici, psicologici, spirituali, oltre che tecnici ed estetici, rappresenta una forma di espressione individuale e culturale in grado di far provare sensazioni ed emozioni, che già da tempi remoti hanno guidato l’uomo nell’identificare in essa un’arte, quale elemento fortemente integrato nella vita quotidiana (Murrock et al., 2009). La musica può essere declinata come un suono organizzato in una forma artistica di comunicazione (McCaffrey, 2008). La musica, come scienza e arte, si crea ordinando toni o suoni in successione, in associazione, in rapporti temporali per produrre una composizione avente unità e continuità. Le composizioni o brani musicali che ne derivano, sono miscele complesse di suono espressamente organizzato, ciascuna composta da cinque elementi: il suono, il ritmo, la melodia, armonia e il timbro (Murrock et al., 2009). Studi effettuati su persone sottoposte a stimoli musicali hanno rivelato che la percezione musicale scaturisce dall’interazione di più componenti del cervello (Trappe, 2010). In particolare l’emisfero destro sembra essere responsabile della percezione del tono, melodia, ritmo, armonia e timbro musicale. Specularmente l’emisfero sinistro consentirebbe di elaborare le informazioni e i rapidi cambiamenti di intensità e frequenza musicale. I suoni attraverso il canale uditivo, raggiungono la corteccia cerebrale evocando risposte psicosomatiche (Trappe, 2010).
L’elaborazione neuronale in entrambi gli emisferi è stata raggiunta utilizzando della musica classica, tra cui i componimenti di Mozart e di musica Barocca con ritmo di 60 bpm (Trappe, 2010). Sia il fare musica che il semplice ascolto musicale concorrono entrambi alla formazione di una “memoria musicale” attivata tramite aree cerebrali della corteccia anteriore. Il fine ultimo dell’elaborazione è quello di immagazzinare percezioni ed emozioni evocate dalla musica, che permetterebbero alla persona di valutarla e successivamente di trarne preferenza. In tutti gli individui, durante l’ascolto di musica, si ipotizza vi siano risposte cardiovascolari, respiratorie e neurofisiologiche comuni, indipendentemente dalla formazione, preferenza musicale ed emozioni evocate (Bernardi et al., 2009). Con l’ascolto di brani vocali come La Turandot di Puccini o arie melodrammatiche tra cui Va pensiero di Verdi, sono state evidenziate risposte autonome comuni, sopraggiunte a seguito di un improvviso crescendo; principalmente una vasocostrizione periferica, aumento della pressione sanguigna e brividi (p<0,02).Ad ogni cambiamento del genere musicale è stato invece riscontrato l’effetto opposto, ovvero una vasodilatazione periferica ed una riduzione della pressione sanguigna, con generale rilassamento (p<0,02). E’ risultata anche una riduzione del flusso ematico cerebrale durante l’ascolto della cantata n° 169 di Bach dal titolo Gott soll allein meine Herze haben o nei brani di Verdi Libiam nei lieti calici e Va’ pensiero (p<0,02) (Bernardi et al., 2009). Durante il crescendo, fasi ritmiche e cambiamenti di genere musicale, sono state riscontrate variazioni dei parametri fisiologici.
Filoni di ricerca attuali dimostrano un ruolo causale della dopamina nel piacere musicale la cui trasmissione dopaminergica potrebbe svolgere ruoli diversi o additivi rispetto a quelli postulati finora nell’elaborazione affettiva, in particolare nelle attività cognitive astratte (Ferreri et al., 2019). Risulta inoltre non meno rilevante l’azione musicale diretta sulla memoria e sulle funzioni cognitive quando essa è in grado di evocare intense emozioni nell’ascoltatore (Nineuil et al., 2019). Questi nuovi scenari di ricerca potrebbero offrire promettenti possibilità terapeutiche nella riabilitazione dei disturbi della memoria ed effetti benefici nella connettività e funzione cerebrale nelle persone con disturbi di coscienza su base organica (Carrière et al., 2020). Recentemente, attraverso tecnologia di risonanza magnetica funzionale è stato possibile osservare un aumento di connettività in più regioni cerebrali durante l’ascolto della musica preferita. Aree coinvolte non solo nella coscienza e memoria, ma anche e soprattutto nel linguaggio e nelle emozioni, aprendo a nuove evidenze nella ricerca neurochimica (Carrière et al., 2020) anche a favore di persone con esiti ictali, disturbi del linguaggio o di ragionamento visivo-spaziale e in una maggiore competenza nel problem solving (Teixeira Borges et al., 2019). Ulteriori scenari di ricerca hanno evidenziato un aumento dei livelli di ossitocina endogeni a seguito di ascolto musicale (Harvey, 2020). Quest’ultima in grado di influenzare comportamenti come fiducia, empatia, reciprocità, aggregazione, processi decisionali e riduzioni d’ansia in diverse condizioni ambientali. La scoperta neuromodulatoria della musica sull’ossitocina, dopamina, fattori neutrofici cerebrali ed oppioidi endogeni, contribuirà ad una migliore comprensione dei meccanismi che stanno alla base dei benefici per la salute mentale, il suo notevole potere evocativo emotivo e mnemonico, fino alla capacità di alterare l’architettura cerebrale. Una sinergia tra ossitocina e strategie basate sulla musica potrebbe risultare determinante nel trattamento di numerose disfunzioni neurologiche e stressogene. Queste scoperte permetterebbero sempre più di comprendere il perché la musica rappresenta una risorsa determinante in tutta l’evoluzione umana.

MUSICA COME INTERVENTO DI CURA NELLA MALATTIA ONCOLOGICA
La malattia oncologica comporta una grande sofferenza emotiva, fisica e sociale. La musicoterapia e gli interventi di medicina musicale sono largamente utilizzati per alleviare i sintomi e gli effetti collaterali del trattamento oncologico e affrontare i bisogni psicosociali nelle persone affette da cancro. Negli interventi di music medicine, i pazienti ascoltano della musica pre-registrata che viene offerta da un professionista sanitario. La musicoterapia richiede l’attuazione di un intervento musicale da parte di un musicoterapeuta qualificato, la presenza di un processo terapeutico e l’uso di esperienze musicali personalizzate. Dalla revisione sistematica Cochrane di Bradt J. et al (2021) si evincono le più recenti evidenze sull’efficacia della musica nel contrastare segni e/o sintomi ed effetti collaterali terapeutici nelle persone in cura per il cancro. La revisione include interventi di musicoterapia (38 studi) e di music medicine (43 studi) rispettivamente definite da terapeuti o tramite un intervento di musica pre-registrata offerta dal personale sanitario. L’evidenza si basa su un totale di 5576 partecipanti ad 81 studi, di cui 5306 adulti e 270 bambini. Gli interventi sono stati confrontati con le cure standard (Bradt et al., 2021).
I risultati suggeriscono che gli interventi musicali hanno avuto un grande effetto nella riduzione dell’ansia negli adulti oncologici, con una riduzione media di 7,73 unità (17 studi, 1381 partecipanti, 95% (CI) da -10,02 a -5,44) su scala self-reported, Spielberger State Anxiety Inventory (STAI). Analogo grande impatto è stato riscontrato nel miglioramento percepito sulla qualità di vita /QOL (12 studi, 573 partecipanti SMD 0,88, 95% CI -0,31 a 2,08). Moderati impatti positivi degli interventi musicali sulla depressione (12 studi,1021 partecipanti, (SMD): -0,41, 95% CI da -0,67 a -0,15) ed il dolore (12 studi, 632 partecipanti, SMD -0,67, 95% CI da -1,07 a -0,26). Gli interventi musicali hanno aumentato la speranza negli adulti, con un aumento medio riportato di 3,19 unità (53 studi, 95% CI da 0,12 a 6,25) sull’Herth Hope Index (range da 12 a 48, con punteggi più alti che riflettono una maggiore speranza di cura della malattia). Gli interventi inoltre hanno avuto un piccolo effetto sulla riduzione della fatigue (10 studi, 498 partecipanti adulti, SMD -0,28, 95% CI -0,46 a -0,10). Nel complesso i benefici di trattamento degli interventi di musicoterapia sono stati più coerenti rispetto a quelli di music medicine, determinando maggiore fiducia nell’impatto degli interventi erogati da un terapeuta qualificato. I risultati di due studi suggeriscono che gli interventi musicali possono avere un effetto benefico sull’ansia nei bambini con cancro (SMD -0,94, 95% CI -1,9 a 0,03) ma a causa del piccolo numero di studi, non sono state tratte conclusioni riguardo agli effetti degli interventi musicali sull’umore, la depressione, la QoL, la fatica o il dolore in partecipanti pediatrici. Tuttavia in un’altra revisione (Da Silva Santa et al., 2021) vi sono prove di entità moderata a sostegno dell’uso musicale per ridurre il dolore e l’ansia (N = 453; SMD – 1,05; CI 95 % da − 1,70 a – 0,40) e migliorare la qualità della vita dei bambini sottoposti a cure contro il cancro (N = 457; SMD -0,80; CI 95 % − 1,17− 0,43).
Infine, tra gli effetti collaterali indotti dalla chemioterapia nel trattamento oncologico, secondo un ulteriore revisione sistematica (Wei et al., 2020) afferente a 10 studi e 632 pazienti arruolati, l’ascolto musicale era associato ad una riduzione dell’incidenza e gravità negli episodi di nausea e vomito indotto da chemioterapia (SMD -0,65; IC 95% = da -1,08 a -0,23).

MUSICA IN CHIRURGIA
Negli interventi chirurgici, con particolare rilevanza per quelli cardiologici, i pazienti in risposta allo stress emotivo aumentano fisiologicamente i livelli di cortisolo, di adrenalina e di noradrenalina nel sangue, con conseguenti aumenti di frequenza cardiaca (FC), frequenza respiratoria (FR) e pressione arteriosa (PA), e quindi maggiore fabbisogno di ossigenazione miocardica, con elevati rischi di complicanze chirurgiche (Bradt et al., 2013). È quindi importante riconoscere e trattare l’ansia peri-operatoria dei pazienti, poiché è stata associata a un livello superiore di intensità del dolore postoperatorio, minore qualità della vita, maggiore consumo di benzodiazepine e oppioidi con maggiore incidenza di morbilità e mortalità chirurgica. La sola ansia peri-operatoria era correlata ad un aumento delle mortalità postoperatoria doppia rispetto a quella di pazienti senza ansia perioperatoria (Kakar et al., 2021). L’ansia e la tensione emotiva possono inoltre interagire negativamente con la preparazione alle procedure, con complicanze nell’induzione anestesiologica e/o il ricorso a dosi più elevate di sedativi o ansiolitici peri – procedurali, fino all’eventualità di rallentare il recupero post – operatorio; somministrazioni aggiuntive di sedativi, peraltro, possono favorire altre complicanze, quali depressione respiratoria, eccessiva sonnolenza e delirio e dipendenza da sostanze stupefacenti (Bradt et al., 2013) . L’introduzione di interventi musicali, privi di rischi, per i pazienti sottoposti a chirurgia generale risulta estremamente conveniente, in quanto ciò può ridurre l’ansia e il dolore dei pazienti e di conseguenza il loro consumo di benzodiazepine e oppioidi, riducendo anche i costi farmacologici e di ospedalizzazione. Nel dettaglio, interventi di music medicine peri-operatori su un totale di 92 RCT e 7385 pazienti (Kühlmann et al., 2018) , hanno ridotto significativamente l’ansia (SMD –0⋅69; CI 95 % da –0⋅88 a –0⋅50; P < 0,001) ed il dolore (SMD –0⋅50; CI 95 % da –0⋅66 a –0⋅34; P < 0⋅001) rispetto ai controlli. Equivalenti ad una diminuzione rispettivamente di 21 mm per l’ansia e 10 mm per il dolore su una scala analogica visiva di 100 mm. Analogo beneficio analgesico è stato riscontrato durante l’intervento chirurgico in narcosi (SMD –0⋅41; CI 95 % da –0⋅64 a –0⋅18;P < 0⋅001). Su una specifica popolazione cardiochirurgica gli effetti musicali esaminati nella revisione (Kakar et al., 2021) nel post-operatorio di 1169 pazienti sono sovrapponibili ai precedenti per la riduzione di ansia (SMD –0,50; IC 95% da –0,67 a –0,32, P<0,001) e dolore (SMD = –0,51; IC 95% da –0,84 a –0,19, P<0,01). Questi dati si esplicano con una riduzione media di 4 e 1,26 punti rispettivamente su scala STAI e VAS/NRS. Considerando inoltre che più sessioni musicali sono state in grado di ridurre significativamente l’ansia fino a 8 giorni dopo l’intervento (SMD –0,39; IC 95% da –0,64 a–0,15, P<0,001). È interessante constatare che il midazolam (ipnotico) è stato associato ad una riduzione di 4,2 punti su scala STAI, paragonabile a quella riscontrata post esposizione musicale. Nel dettaglio, da un’ulteriore revisione sistematica meta-analitica (Fu., 2020) comprendente 55 RCT e 4968 pazienti, emerge una riduzione del fabbisogno postoperatorio di oppioidi (SMD 0,31; IC 95% da 0,45 a 0,16, P <0,001) e di farmaci sedativi intraoperatori (SMD 0,72; IC 95% da 1,01 a 0,43, P <0.00001). Quasi tutti i pazienti (88%) hanno decritto la musica perioperatoria come un’esperienza estremamente piacevole, tanto che la maggioranza (90%) gradirebbe nuovamente la musica nelle potenziali successive procedure chirurgiche. Poiché oggigiorno un numero sempre maggiore di pazienti anziani viene sottoposto a intervento chirurgico, questa popolazione beneficerebbe maggiormente di musica, considerando un alto rischio di eventi avversi correlati a sostanze sedative/psicotrope, abuso cronico in polifarmacoterapia e comorbidità (Fu et al., 2020) .
La musica è in grado di mediare fattori ambientali correlati al benessere dell’equipe chirurgica con conseguenti esiti positivi sul paziente (Fu et al., 2021). Essa, attraverso il mascheramento del rumore in sala operatoria migliora la performance dell’equipe riducendone lo stress, limitando di riflesso le complicanze post-operatorie sul paziente di circa il 17% (17,9% contro 34,5%, P <0,05). Oltre il 50% del personale intervistato ha riscontrato che livelli di rumore sovra-standard generano stress e un impatto negativo sulle prestazioni. Tra il 60% ed il 90% di essi gradisce la musica e vi attribuisce un miglioramento soggettivo delle prestazioni, risulta pertanto pro-attiva la ricerca ed il desiderio dell’equipe di utilizzare la musica come beneficio per il paziente e di riflesso per l’intero setting chirurgico (Fu et al., 2021).

MUSICA NELLE PROCEDURE TERAPEUTICHE E DIAGNOSTICHE
È ampiamente dimostrato che le procedure terapeutiche e diagnostiche cui si sottopone il paziente, emerse in letteratura, con particolare riferimento al cateterismo cardiaco, generino forti emozioni e stati psico-affettivi negativi. Le esperienze dei pazienti permeano di significato emotivo, ansioso, stressogeno e talvolta doloroso (Beckerman et al., 1995). In esse ritroviamo anche paura di ciò che è sconosciuto, correlato al desiderio di informazioni; nonché la necessità di conferme inerenti competenze professionali ed esiti procedurali unita alla perdita del controllo corporeo con ingravescente solitudine e necessità di sostegno emotivo, spirituale e di distrazione. I vissuti emersi rappresentano, di fatto, determinanti di salute sempre più’ incidenti nel contesto pandemico di isolamento. In tal senso su un totale di 15 RCT ed un campione di 695 pazienti sottoposti a cateterismo cardiaco (Jayakar et al., 2017) è stata dimostrata una riduzione media significativa di 3,95 unità su scala STAI-S utilizzando musica pre-registrata, in prevalenza preferita dal paziente (IC 95% da 5,53 e 2,37, P<0,005). Inoltre, nelle persone con alti livelli di ansia e con possibilità di selezionare la musica preferita, sono stati riscontrate riduzioni fino a 10 unità STAI-S, rispetto ai soggetti a basso impatto ansiogeno. Altri studi hanno evidenziato il ruolo della musica nella riduzione del dolore e nel disagio psico-fisico per pazienti sottoposti a cistoscopia bioptica (P< 0.001) (Gauba et al., 2021), procedure emodialitiche (SMD: -0,90, CI 95%: -1,25 a -0,55, P < 0.001) ed altre procedure endoscopiche quali: broncoscopia, gastroscopia, colonscopia, isteroscopia, biopsia prostatica, litotrissia con onde d’urto e nefrostomie percutanee (Cheng et al., 2021). Riduzioni del fabbisogno di sedativi sono stati riscontrati (Gauba et al., 2021) in pazienti sottoposti a colonscopia elettiva e sutura di ferita cutanea (P<0.005). Un recente ed innovativo studio condotto da Walter S. et al (Walter et al., 2020), ha determinato una riduzione significativa dello stress (P< 0.001) nei pazienti sottoposti a colonscopia (N:196) che hanno beneficiato di musica auto-selezionata rispetto ad gruppo controllo senza intervento musicale. I livelli di stress durante la procedura sono stati determinati indirettamente attraverso biomarcatori sulla misurazione dell’attività elettromiografica facciale, elettrodermica periferica (mani) ed elettrocardiografica.

MUSICA NEI DISTURBI NEUROLOGICI
Sebbene tutte le forme d’arte possano essere considerate comunicative, la musica può essere particolarmente adatta per supportare la comunicazione. I testi musicali possono promuovere le interazioni sociali, favorendo discussioni circa le motivazioni e le emozioni evocate che spingono a preferire alcuni brani musicali rispetto ad altri. Come conseguenza le canzoni sono spesso utilizzate nelle attività per le persone con disturbo autistico e dello sviluppo/comunicazione acquisita. In un’ampia revisione sistematica comprendente 86 RCT (n:1272), sono stati evidenziati i risultati sociali e di partecipazione per le persone (adulti e bambini) autistiche o con disturbi della comunicazione (Boster et al., 2021). L’intervento musicale ha promosso attenzione e vocalizzazione nei bambini e conversazioni/interazioni sociali appropriate in età adulta. Nel dettaglio, l’outcome di partecipazione ha riscontrato un aumento della frequenza delle interazioni e degli atti comunicativi tra persone con disabilità. La musica ha la capacità di catalizzare l’accesso e lo sviluppo del linguaggio attraverso la codifica neurale del parlato. Inoltre, gli adulti con disturbo della comunicazione acquisita, nella vita, possono evocare ricordi specifici e connessioni spirituali attraverso le canzoni. Possono inoltre usarle, come tramite comunicativo per esprimere idee e pensieri agli altri quando risulta complesso esprimere parole. Due recenti revisioni sistematiche (Lam et al., 2020; Van der Steen., 2018) hanno determinato gli effetti musicali sulla funzione cognitiva, sintomi comportamentali e psicologici della demenza. Un’analisi (Lam et al., 2020) su un totale di 82 studi dimostra che vi sono stati significativi miglioramenti nella fluidità verbale, ansia, depressione e apatia (P<0.005). Van Der Steen JT. et al (2018), su un totale di 22 studi e 1097 partecipanti ospedalizzati hanno riscontrato analoghe prove, di qualità moderata, sulla riduzione dei sintomi depressivi (SMD –0,27, IC 95% da –0,45 a –0,09, P<0.005) e comportamentali (SMD –0,23, IC 95% da –0,46 a –0,01,P<0.005). In tal senso, a consolidare le evidenze, sussistono prove di qualità moderata sulla riduzione dei sintomi depressivi a breve termine riportati sia dai pazienti stessi (SMD -0,85, IC 95% da -1,37 a -0,34,P<0.005) che dai curanti (SMD -0,85, IC 95% da -1,37 a -0,34, P<0.005) in persone senza deficit cognitivi (Aalbers et al., 2017).
Nelle persone con esiti di ictus vi possono essere alterazioni della funzione motoria, del linguaggio, della cognizione e dell’elaborazione sensoriale ed emotiva. In tal senso, attraverso interventi musicali con focus sul ritmo musicale, sono stati riscontrati importanti benefici in fase riabilitativo- motoria (Magee et al., 2017). Nel dettaglio, su un totale di 29 RCT e 775 partecipanti, è emerso un aumento medio e di qualità moderata della velocità di deambulazione di 11,34 metri al minuto (IC 95% da 8,40 a 14,28, P <0,00001) e della lunghezza media del passo dell’emilato ictato di 0,12 metri (IC 95% da 0,04 a 0,20, P = 0,003). Complessivamente un miglioramento medio per l’andatura generale di 7,67 unità sul Dynamic Gait Index (IC 95% da 5,67 a 9,67, P <0,00001).
Ampia letteratura scientifica è disponibile tra gli effetti della musica sul sonno. L’insonnia è un disturbo comune nella società moderna. Provoca una riduzione della qualità della vita ed è associato a conseguenze fisiche e mentali (Jespersen et al., 2015). L’ascolto della musica è ampiamente utilizzato come aiuto per conciliare il sonno. Su un totale di 20 studi, che hanno coinvolto 1339 pazienti (Feng et al., 2018), l’ascolto musicale è risultato il migliore e più efficacie intervento di rilassamento, incidente sull’induzione e la qualità del sonno, valutata attraverso il Pittsburgh Sleep Quality Index (SMD: -0,61, IC 95%: da -1,01 a -0,20, P<0.005). In specifiche popolazioni di pazienti critici ospedalizzati (Kakar et al., 2021), attraverso misurazioni polisonnografiche, è stato riscontrato un aumento medio significativo della quantità quotidiana di sonno, in 36 minuti, correlato ad una maggiore fase di sonno profondo (P<0.005).

MUSICA IN AREA CRITICA
La ventilazione meccanica provoca grave angoscia e ansia nei pazienti critici, esponendoli ad un rischio maggiore di complicanze. Effetti collaterali sull’analgesia e la sedazione possono portare al prolungamento della ventilazione meccanica e, successivamente, a un ricovero più lungo con un conseguente aumento dei costi sanitari. Analogamente, nei pazienti critici ustionati, il dolore rappresenta uno dei sintomi più comuni e di difficile gestione, incidente sulla salute in termini fisici, psicologici e sociali, sia durante che dopo il ricovero. Esso può manifestarsi fino a molti anni dopo la lesione nel 52% dei pazienti, causando continue sofferenze (Monsalve-Duarte., 2021). Parecchi studi hanno esaminato l’impatto degli interventi musicali sull’ansia e sulle risposte fisiologiche nei pazienti ventilati meccanicamente. In una meta-analisi Cochrane (Bradt et al., 2014), su un totale di 14 studi e 805 partecipanti è stata riscontrata una riduzione media dell’ansia di 1,11 unità su scala STAI-S (IC 95% da -1,75 a -0,47, P = 0,0006) rispetto ai controlli di cure standard. In una recente revisione sistematica (Monsalve-Duarte et al., 2021) su 10 RCT con un totale di 1061 partecipanti con lesioni da ustione, vi è stata una riduzione statisticamente significativa del dolore (P < 0,001), ansia (P < 0,002) e un miglioramento del rilassamento (P < 0,001) attraverso l’ascolto musicale.

MUSICA IN PROGRAMMI DI ATTIVITÀ FISICA
La musica è arte e come tale il suo linguaggio è universale, intrinseco all’uomo, in grado di superare le differenze etniche e culturali, promuovendo salute e benessere psico-fisico. Nell’antica Grecia venivano suonati strumenti musicali classici tra cui la chitarra, l’arpa e il flauto con lo scopo di migliorare le attività sportive, poiché vi erano già prove a supporto della tesi che l’ascolto di musica favoriva l’incremento delle prestazioni atletiche (Trappe HJ, 2010); non a caso la parola musica deriva dal termine di origine greca: mousike.
Ad oggi è stato ipotizzato che l’ascolto musicale sincronizzato ritmo – andatura migliori l’attività fisica. In uno studio (Alter et al., 2015) la musica è stata selezionata in base alle preferenze dei partecipanti con ritmi analoghi al tempo di camminata/corsa, intesi come passi al minuto. I pazienti randomizzati a playlist audio personalizzate con sincronia ritmo-andatura, hanno raggiunto volumi settimanali di attività fisica più elevati rispetto al gruppo controllo non musicale (475,6 min vs. 370,2 min, P <0,001). Alti volumi di attività fisica, dimostrano che la musica inserita in programmi di esercizi fisici strutturati riduca lo sforzo all’attività stessa, migliorandone, nel contempo, le prestazioni.

PROSPETTIVE DELLA MUSICA NELLA MALATTIA DA COVID-19
La musica, rappresenta elemento interdisciplinare, essa è trasversale alla medicina e alle scienze umane, e costituisce un intervento non farmacologico da sempre applicato nella pratica clinica e dai ricercatori. Pertanto, la musicoterapia o music medicine possono esseri usati come interventi complementari nel bisogno psico-sociale nei pazienti affetti da COVID-19 (Hen et al. 2021). L’osservazione clinica ha rivelato che i pazienti COVID-19 possono presentare diarrea, nausea, diminuzione dell’appetito, rash, e altre reazioni avverse durante il trattamento antivirale (Hen et al. 2021). Contemporaneamente i pazienti ospedalizzati sopravvivono in isolamento con stringenti misure di prevenzione e controllo, che portano ad ansia, paure, stress, solitudine e depressione fino ad evocare pensieri ossessivi e; nei casi più gravi pregiudicano la prognosi, impattando su mortalità ed eventi avversi.
Ad oggi, tuttavia non sono disponibili ancora prove a supporto dell’evidenza che la musica possa ridurre solitudine, ansia, depressione o migliorare la qualità della vita dei pazienti COVID-19. Pertanto, per fornire prove scientifiche basate sull’evidenza sono necessari studi che possano determinare effetti ed esplorare i punti di vista dell’intervento musicale in tutte le popolazioni di pazienti ospedalizzati e dei vantaggi potenziali condivisi con l’equipe di cura.

CONCLUSIONI
In letteratura scientifica emergono importanti prove di efficacia attribuibili all’ascolto musicale in molteplici esiti sensibili alle cure infermieristiche. La musica rappresenta un intervento complementare con noti effetti ansiolitici, distraenti ed antidolorifici. L’intervento supporta, inoltre, uno svezzamento precoce alla ventilazione meccanica invasiva, la comunicazione e l’interazione sociale nei deficit cognitivi; favorendo la qualità del sonno, l’umore, l’attività fisica ed il benessere nell’ambiente di cura, riducendo lo stress procedurale ed il fabbisogno di farmaci ansiolitici e sedativi. I maggiori benefici sono stati riscontrati tramite l’utilizzo di interventi a base di musica preferita dal paziente, condivisi dall’equipe di cura (Walter et al., 2020). L’intervento a base di musica è efficace, sicuro e sostenibile, presente all’interno della classificazione complessiva standardizzata degli interventi infermieristici (NIC) e, pertanto, come tale può essere integrato con criterio metodologico, nei protocolli di cura.

Conflitto di interessi
Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Finanziamenti
Gli autori dichiarano di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.

Contributi degli autori
Tutti gli autori hanno condiviso i contenuti dello studio, la stesura dell’articolo e approvano la versione finale dello stesso.

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