Ragionamento clinico dell’infermiere: la proposta di un gruppo di tutor pedagogici per orientare l’insegnamento e l’apprendimento


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Sviluppare la capacità di ragionamento clinico nel percorso formativo degli studenti infermieri è un obiettivo di apprendimento irrinunciabile, ma assai complesso, in quanto richiede non tanto la trasmissione di un sapere, quanto l’adozione di strategie formative orientate a impostare una vera e propria forma mentis professionale.
All’interno del Corso di Laurea in Infermieristica (CLI) questo obiettivo è primario, in quanto lo sviluppo delle capacità di ragionamento clinico sostiene la presa di decisioni e rappresenta la competenza fondamentale di un professionista. Pertanto tutto il percorso di insegnamento è volto a questo fine.
Il coordinamento interregionale dei Corsi di Laurea di Infermieristica e Infermieristica pediatrica della Regione Piemonte e della Valle d’Aosta ha deciso di costituire un gruppo di lavoro su questo tema, includendovi i tutor pedagogici rappresentativi delle tre Università operanti, ovvero Università Cattolica del Sacro Cuore, Università Statale di Torino e Università del Piemonte Orientale.
Il gruppo di lavoro si è posto l’obiettivo di armonizzare l’insegnamento /apprendimento del ragionamento clinico e uno dei risultati raggiunti, attraverso la riflessione condivisa, è stata l’evidenziazione di una disomogeneità di approccio nell’insegnamento del ragionamento clinico nei CLI e nei Corsi di Laurea in Infermieristica Pediatrica (CLIP).
Il lavoro è stato articolato in tre passaggi. Il primo ha riguardato il confronto delle conoscenze ed esperienze di ciascuno dei componenti del gruppo e la condivisione dei concetti che sostengono il ragionamento clinico nell’assistenza infermieristica. Il secondo ha preso in considerazione l’oggetto del ragionamento diagnostico in ambito infermieristico puntualizzando il focus dell’assistenza infermieristica, ovvero la valutazione dei livelli di autonomia della persona assistita in relazione alla sua complessità. Il terzo è stato dedicato all’elaborazione delle linee metodologiche del ragionamento clinico.
Il risultato del lavoro è stato riportato in un documento di indirizzo diffuso nelle diverse sedi dei CLI che hanno partecipato e condiviso la prospettiva concettuale e metodologica.

I CONCETTI BASE DEL RAGIONAMENTO CLINICO
Ragionamento clinico
Il ragionamento clinico può essere definito come un processo intellettivo che consente a un professionista – nel nostro caso l’infermiere – utilizzando le proprie conoscenze, esperienze e capacità critiche, di pervenire a una diagnosi (1) di una situazione problematica che richiede di essere affrontata attraverso la decisione, realizzazione e valutazione di interventi clinico-assistenziali appropriati (Banning, 2007).
Il ragionamento clinico è articolato su tre processi:
– ragionamento diagnostico e bisogno di assistenza infermieristica
– processo decisionale
– processo valutativo

Ragionamento diagnostico e bisogno di assistenza infermieristica
Il ragionamento diagnostico – che non è esclusivo delle scienze mediche – è un’attività intellettuale ricorsiva che, partendo da una serie di informazioni, coniugate con specifiche conoscenze, giunge, dopo aver formulato ipotesi
plausibili, a identificare i problemi che si ritiene debbano essere affrontati con interventi appropriati. In tal senso è simile al ragionamento di un detective (Giani, 2012).
Esso è quindi l’incipit imprescindibile di tutto l’approccio assistenziale che caratterizza l’operato dell’infermiere.
La stessa definizione di assistenza infermieristica del Royal College of Nursing di Londra: “l’assistenza infermieristica è l’uso del giudizio clinico nell’erogazione delle cure per rendere le persone capaci di migliorare, di mantenere o di recuperare la salute, di affrontare problemi di salute e di realizzare la migliore qualità di vita possibile, quale che sia la loro malattia o disabilità, fino alla morte” (RCN, 2003) pone il giudizio clinico – risultato del processo diagnostico – come primo elemento definitorio dell’assistenza infermieristica (Marmo, 2014).
Oggetto del ragionamento diagnostico infermieristico è il bisogno di assistenza infermieristica (2) “che origina dalla valutazione del livello di autonomia che la persona assistita ha nel soddisfare i propri bisogni fondamentali in relazione al problema di salute, ai trattamenti, alle sue reazioni, alle sue abitudini di vita, agli esiti possibili, al suo contesto sociale, al suo progetto di vita, deducendo il tipo e l’intensità di necessità di aiuto e le competenze, professionali e non, necessarie per affrontarle”.
Identificare il bisogno di assistenza infermieristica presuppone, quindi, innanzitutto valutare i livelli di autonomia della persona assistita, cuore concettuale della disciplina infermieristica. Ciò significa per l’infermiere valutare le capacità della persona in termini di autodeterminazione (3) e di autocura (4) in una prospettiva che considera la persona nella sua complessità, intesa come intreccio tra le sue dimensioni biologiche, psicologiche, sociali e spirituali (Marmo, Molinar Min et al, 2016).

Processo decisionale
La decisione comporta la scelta, tra più alternative, delle attività più appropriate da realizzare per una determinata persona, in rapporto alla sua condizione clinica e ai suoi bisogni di assistenza infermieristica. Tale scelta deve tenere conto, quindi, sia delle più recenti evidenze scientifiche sia di un’accurata analisi della situazione. In questa prospettiva si pone anche quanto affermato dalla legge Bianco-Gelli (5) che all’art. 6 recita: “la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida …. sempre che esse risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

Processo valutativo
Tale processo comporta la preliminare definizione degli esiti attesi che debbono essere distinti tra esiti di attività – riferiti ad azioni puntuali dell’infermiere circoscritte a situazioni specifiche – ed esiti sensibili all’assistenza infermieristica – riferiti all’intera strategia assistenziale infermieristica posta in essere nei confronti di una persona.
Questi ultimi, nella prospettiva del ragionamento clinico, non possono limitarsi solo a evitare i cosiddetti esiti negativi (lesioni da pressione, cadute, infezioni …) ma devono considerare i miglioramenti plausibili di autonomia della persona.

LINEE METODOLOGICHE
A partire da quanto sopra esposto, è possibile tracciare la linea metodologica che sostiene il ragionamento clinico e, di conseguenza, il suo insegnamento/apprendimento.
Innanzitutto sono da precisare tre peculiarità del ragionamento clinico.
La prima è la ricorsività: ciò vuol dire che esso non può essere confinato in sequenze mentali puntuali, lineari, unidirezionali, in quanto le situazioni a cui esso è applicato sono complesse e in perenne divenire.
La seconda è l’atteggiamento mentale indiziario-esplorativo e interpretativo che comporta per l’infermiere la costruzione di una relazione di comprensione e di scoperta con la persona assistita, a partire da informazioni preliminari (indizi) che devono essere successivamente arricchite e costantemente rivalutate.
La terza è lo stretto legame che deve essere continuamente considerato tra le fasi del ragionamento che vengono qui di seguito riproposte in 6 passaggi, corredati da alcune rappresentazioni grafiche che intendono esprimere la contestualità e l’intreccio di alcune fasi.

Tali prese d’atto derivano dalla consultazione della documentazione clinica, dal confronto con altri professionisti, dalla valutazione delle reazioni della persona rispetto all’esperienza che sta affrontando, dall’osservazione e dall’ascolto della persona assistita e/o delle persone di riferimento, dalla rilevazione di informazioni relative al suo stile di vita, alle sue aspettative e al suo progetto di vita.
Questo modo di procedere implica il superamento dell’accertamento sistematico a favore di un accertamento mirato e indiziario.
L’importanza della contestualità della rilevazione di informazioni, sia sul quadro clinico sia su quello personale, risiede nel fatto che non è possibile scorporare le informazioni sulla persona da quelle sul motivo per cui essa entra in contatto con l’infermiere. Ciò comporta uno sguardo e una tensione costante nel considerare il profondo intreccio tra le manifestazioni bio-fisiologiche del problema di salute con ciò che mobilita l’uomo e lo fa re-agire, innescando un processo di comprensione illuminato sia dalle scienze biomediche sia dalle discipline umanistiche (Collière, 1992).

Le condizioni problematiche, oggetto del ragionamento clinico dell’infermiere, possono essere riconducibili, attraverso un utilizzo delle proprie conoscenze scientifiche e umanistiche, o a un quadro assistenziale standard – tipico di una determinata condizione clinica – o all’identificazione di un bisogno di assistenza infermieristica riferibile a un quadro atipico, originale della persona assistita. Ovviamente tale operazione può avvenire solo dopo aver affrontato eventuali condizioni di instabilità cinica che richiedono prioritariamente la condivisione e il perseguimento degli obiettivi diagnostici-terapeutici.
Il riconoscimento di un quadro standard deriva dal confronto che l’infermiere è chiamato a effettuare tra quanto rilevato e le conoscenze che caratterizzano prototipicamente determinate condizioni assistenziali.
Per quanto riguarda il processo diagnostico che conduce all’identificazione del bisogno di assistenza infermieristica, è da precisare che esso non può limitarsi alla semplice rilevazione di segnali e informazioni osservabili che provengono dalla realtà: se così fosse, sarebbe una semplice constatazione che non richiede particolari elaborazioni mentali. Esso, invece, è sostanziato dall’organizzazione e dall’interpretazione, alla luce delle conoscenze in possesso dell’infermiere, di quei segnali e di quelle informazioni che conducono a individuare un deficit di autonomia della persona sul quale l’infermiere interviene per competenza.
Un bisogno di assistenza infermieristica, pertanto, è per sua natura non osservabile in quanto frutto di un’inferenza a partire da dati e informazioni osservabili. Per analogia, si può far riferimento alle diagnosi mediche che non codificano ciò che è manifesto (dati, parametri, segni, sintomi), piuttosto raggruppano tutto ciò che è manifesto sotto un’unica etichetta concettuale (la patologia) secondo un criterio di affinità e pertinenza rispetto a quel determinato problema di salute.
La comprensione del quadro standard e/o del bisogno di assistenza infermieristica è il passaggio intellettuale irrinunciabile per poter definire gli esiti attesi e, successivamente, per decidere le attività infermieristiche. Ciò secondo la logica in base alla quale, nella pratica, la standardizzazione, intesa come adattamento intelligente di attività standard alla persona assistita, e la personalizzazione sono proporzionalmente complementari e coesistenti congiuntamente nel gesto di cura. Ciò le rende, perciò, non divisibili o opponibili (Manara, 2018).

È la definizione degli esiti attesi che guida la decisione rispetto a quali attività standard e a quali attività personalizzate siano necessarie.
Come richiamato nella parte concettuale, in questo passaggio si fa riferimento non tanto agli esiti di attività quanto agli esiti sensibili all’assistenza infermieristica che sono descritti dal livello di autonomia che, in modo prognosticamene plausibile, si pensa possano essere raggiunti dalla persona e/o dalle persone significative tenendo conto del loro stato di salute e della prognosi, dei trattamenti proposti, delle reazioni, delle abitudini di vita, del contesto sociale, del progetto di vita della persona assistita.
È da precisare che, in questo contesto, il termine esito è preferibile al termine obiettivo/risultato assistenziale in quanto pone l’accento sulla persona assistita invece che sull’infermiere o sulle attività infermieristiche

Nell’intreccio tra le dimensioni standardizzate e personalizzate dell’assistenza – già riscontrato nella fase 2 – pensando agli interventi da realizzare per raggiungere i risultati attesi, è necessario chiarire due distinzioni terminologiche riferite alla pianificazione standard e personalizzata.
Col piano di assistenza standard si intende un programma di attività, applicabili a situazioni tipiche, comuni a tutti i soggetti assistiti, orientato al raggiungimento di determinati obiettivi e valutabile attraverso gli esiti sull’assistito. Origina da un problema di salute, è costruito a tavolino, in vitro, dagli infermieri di ciascun servizio, a partire dalle migliori evidenze disponibili e richiede un adattamento intelligente alla situazione individuale e alla polipatologia.
Il piano di assistenza personalizzato, invece, è un programma di attività applicabili a situazioni atipiche, specifiche del singolo soggetto assistito, orientato al raggiungimento di determinati obiettivi e valutabile attraverso gli esiti sull’assistito. Origina dal bisogno di assistenza infermieristica, è costruito in vivo con la persona e richiede una sintonia creativa con l’assistito.
Tali piani non sono alternativi, piuttosto complementari. Entrambi devono essere scientificamente ed eticamente fondati. L’infermiere, negli specifici contesti assistenziali, li può utilizzare entrambi – insieme alle linee guida, alle buone pratiche, alle procedure – con le opportune contestualizzazioni ai casi specifici. E’ opportuno sottolineare che alcune situazioni cliniche e periodi brevi di presa in cura possono richiedere solo l’utilizzo di piani di assistenza standard.

La realizzazione del programma di attività non può essere tutta a carico dell’infermiere. La valutazione della complessità della persona assistita e le competenze necessarie per affrontarla sostengono l’infermiere nel decidere quali attività sono attribuibili al personale di supporto e quali richiedono il coinvolgimento di altre professionalità.

Come già detto, l’intero ragionamento clinico è ricorsivo. Ed è proprio la valutazione e la rivalutazione dei livelli di autonomia raggiunti dalla persona nelle sue capacità di autocura e di autodeterminazione che consentono di ottenere quelle informazioni di ritorno che alimentano la ciclicità elaborativa del ragionamento clinico.

SVILUPPI FUTURI
Quanto presentato finora è il prodotto di un work in progress, il quale, per essere applicato ai processi di insegnamento/apprendimento del ragionamento clinico, richiede la realizzazione di alcune strategie operative che vengono qui di seguito semplicemente accennate: la formazioni dei docenti, la rivisitazione dei metodi di insegnamento/apprendimento sia degli insegnamenti sia del tirocinio, il miglioramento della pertinenza all’impostazione metodologica del ragionamento clinico dei metodi di valutazione adottati, l’armonizzazione del modus operandi assistenziale delle sedi di tirocinio con le linee di indirizzo sopra esposte.
Per questo motivo si ritiene fondamentale avviare tali adeguamenti attraverso la sperimentazione di tali linee di indirizzo, in modo allargato, nelle docenze infermieristiche di tutte le sedi dei CLI disponibili, attraverso la costruzione e l’utilizzo di casi clinico-assistenziali emblematici e la contestuale verifica della loro tenuta ed efficacia pedagogica.

Conflitto di interessi
Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Finanziamenti
Gli autori dichiarano di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.

Componenti del gruppo di lavoro:
Ballella Gina, Banchio Barbara, Bardone Lorenzo, Bergesio Giorgio, Bergonzo Daniela, Bertozzi Alessandra, Bidoggia Fabio, Bionaz Annarita, Casalino Monica, Cecchin Silvana, Contratto Claudia, Dello Russo Carolina, Dimonte Valerio, Fanello Antonella, Galliasso Monica, Gammarota Chiara, Gentile Wilma, Giorcelli Laura, Gregorino Silvano, Grossi Luigina, Ilari Federica, Lea Rosaria, Milanesio Erika, Nicotera Raffaela, Oriani Roberta, Pozzati Daniela, Vola Letizia Maria

Questo articolo è dedicato alla memoria di Debora Spano, al suo prezioso contributo al gruppo di lavoro.

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Bibliografia

– Banning M.(2007) Clinical reasoning and its application to nursing: Concept and research studies. Nurse Educ Practice, 8(3):177-183.
– Colliere M.F. (1992) Aiutare a vivere. Milano: Sorbona.
– Gamberoni L., Lotti A., Marmo G.( 2008) L’ infermiere laureato specialista-magistrale. Il progetto formativo. Milano: Mc Graw Hill.
– Manara D. (2018) Riflessioni – ancora, di nuovo – attorno al concetto di bisogno di assistenza infermieristica. NEU, 37 (1): 60-70.
– Marmo G. (2014) Leggendo il documento ‘Defining nursing’ e riflettendo sull’infermieristica. L’infermiere, 58 (5):5-13.
– Marmo G., Molinar Min M., Montanaro A., Rossetto P. (2016) Complessità assistenziale: un metodo per orientarsi. Rimini: Maggioli.
– RCN.(2003) Defining Nursing. London: Royal College of Nursing. Disponibile all’indirizzo: http://anaesthesiaconference.kiev.ua/downloads/defining%20nursing_2003.pdf (u.c. 7 giugno 2021).


Note

(1) Il termine diagnosi etimologicamente indica il prodotto di un processo di conoscenza attraverso un metodo esplorativo. È da precisare che il gruppo ha condiviso la necessità di non far coincidere il concetto di “diagnosi infermieristica” con le tassonomie esistenti a livello internazionale.
(2) Anche il profilo professionale specifica che l’infermiere identifica i bisogni di assistenza infermieristica (DM 739/94 art. 1 comma 3 punto b).
(3) L’autodeterminazione si riferisce alla scelta consapevole della persona di intraprendere o di lasciar intraprendere ad altri azioni connesse alle proprie condizioni di salute, che hanno ripercussioni sulla propria qualità di vita. In questa prospettiva l’autodeterminazione ha una dimensione sia individuale sia sociale (Marmo, Molinar Min et al,2016).
(4) L’autocura si riferisce a quell’insieme di pratiche, culturalmente situate, che gli individui compiono, anche con l’aiuto di altri soggetti di riferimento, nella vita quotidiana al fine di mantenere o sviluppare il proprio benessere e il proprio sviluppo, adattandole alle proprie condizioni di salute (Marmo, Molinar Min et al, 2016).
(5) Legge 24 dell’ 8/3/2017.