Il ruolo primario dell’infermiere (dipendente o libero professionista) nel rapporto con i cittadini-pazienti e con i caregiver per assistere e guidare


La Federazione ha trattato in questo scorcio di fine anno due aspetti fondamentali della professione, in attesa che si chiuda il Patto per la Salute dove, se non ci saranno sorprese dell’ultim’ora, sarà ufficializzato l’infermiere di famiglia/comunità e che si concluda la legge di bilancio, con maggiori risorse per la sanità in generale e anche per le assunzioni: la libera professione e i veri problemi dei cittadini-pazienti.
Lo abbiamo fatto in due giornate organizzate in occasione del Forum Risk Management di Firenze.
La prima dedicata ai cittadini-pazienti, riunendo la Consulta FNOPI proprio per parlare con loro di Patto e manovra.
Le associazioni di Cittadini-Pazienti che fanno parte della Consulta, hanno sottolineato che l’aspetto diagnostico-terapeutico è già assolto nel momento dell’identificazione della patologia e del controllo sul suo decorso e su eventuali complicanze. Quello che manca è un’assistenza pubblica – quindi la garanzia dell’universalità, continuità ed uguaglianza – sul territorio in grado di aiutare i pazienti a far fronte h24 ai loro bisogni di salute, spesso estremamente complessi e che quindi non possono e non devono contare solo su caregiver rappresentati da familiari, amici e in generale da chi vive accanto a loro, ma devono essere assistiti da professionisti preparati e in grado davvero di riconoscere e far fronte alle necessità primarie legate alla loro condizione.
E hanno chiesto cure palliative per tutte le patologie croniche (dai tumori alla Sla) anche a livello domiciliare e un’assistenza sul territorio che per molte patologie (ad esempio l’oncoematologia, specie se pediatrica) dia supporto non solo clinico al paziente, ma anche alle famiglie e ai caregiver.
Naturalmente – parlando di manovra – risorse che diano certezze, senza poi tagli in corso d’opera e fondi dedicati a cure estremamente costose come dia esempio le Car T per le quali sono in preventivo poco più di 2 milioni di euro, somma che basterebbe però per la cura di non più di quattro-sei pazienti.
Anzi, sono andate anche oltre e dopo quello con la Federazione diabete giovanile che ha formalizzato la necessità della presenza degli infermieri nelle scuole per dare un supporto attivo e l’educazione necessaria ai bambini diabetici, sono stati sottoscritti due ulteriori protocolli d’intesa della Federazione con Fais Onlus (Federazione delle Associazioni di Incontinenti e Stomizzati) e Fincopp (Federazione Italiana Incontinenti e Disfunzioni del Pavimento Pelvico).
Le due Associazioni identificano nell’infermiere l’unica figura in grado di promuovere progetti di informazione e comunicazione su incontinenza e stomia che facciano emergere le buone prassi e il rapporto “preferenziale” tra personale infermieristico e pazienti; far conoscere, attraverso gli infermieri, la realtà degli stomizzati e l’importanza della condivisione in tutte le sue forme, attraverso una specifica azione di sensibilizzazione culturale mediante il quotidiano agire professionale per affermare un più alto livello di inclusione sociale e contrastare lo stigma. E per questo li vogliono a fianco per elaborare con loro proposte per il Governo e per le Regioni e per attivare, anche attraverso i singoli Ordini provinciali, incontri pubblici e/o convegni sull’incontinenza e le disfunzioni del pavimento pelvico, sul territorio nazionale, regionale e locale.
La seconda giornata è stata dedicata alla libera professione che non deve essere vista come “ripiego” in attesa di un posto fisso nel Ssn, ma come una vera e propria opportunità e come un trampolino di crescita professionale.
Gli infermieri liberi professionisti in tre anni (dal 2015 al 2018) sono aumentati di quasi 16mila unità (sfiorano gli 80mila, di cui liberi professionisti “puri” circa 60mila) e alla nascita dell’Enpapi, nel 1998, gli iscritti erano poco meno di 700. In tre anni le pensioni erogate dall’Ente sono passate da 2,5 milioni a poco meno di 4,2 milioni. Aumentate, ma in misura minore, anche le indennità di maternità erogate (le donne iscritte sono il 71% del totale), passate da poco più di 2,1 milioni a 2,9 circa.
Al libero professionista oggi non viene chiesto più di occuparsi solo del paziente, ma deve prendere in carico anche i suoi caregiver, la sua famiglia.
In questo senso sono emersi alcuni nodi da sciogliere.
Il primo è sicuramente quello di un compenso ai liberi professionisti che in molti casi non premia la qualità del servizio e la necessità di un monitoraggio e di una verifica sul rispetto della legge che lo prevede.
E con l’equo compenso l’obiettivo è per la professione infermieristica quello di porre definitivamente rimedio alle situazioni di squilibrio nei rapporti contrattuali tra i professionisti iscritti all’ordine professionale e i committenti, i soggetti a cui o per conto dei quali erogano la loro prestazione professionale. La “giusta remunerazione” della prestazione professionale è condizione necessaria per garantire la qualità, la quantità e soprattutto la dignità del lavoro dei professionisti.
Questo perché deve essere uguale – e lo ha confermato a Firenze, in occasione della giornata sulla libera professione a cui è stato presente, il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri – non solo il trattamento dei pazienti di cui il Servizio sanitario nazionale si occupa, ma anche quello di chi per il Ssn lavora.
Per i liberi professionisti quindi l’equo compenso dovrebbe prevedere anche situazioni di presa in carico degli stessi caregiver dei pazienti, mentre per i dipendenti va prevista una libera professione intramoenia (il Ddl a firma Sileri è al Parlamento), la cui mancanza è un vuoto legislativo da colmare perché non ha senso che in una équipe dove il medico svolge questo tipo di attività, infermiere che lo affianca lo faccia con un altro tipo di impegno professionale.
Alle due giornate i politici presenti hanno sottolineato che i nostri professionisti rappresentano il fulcro del Ssn su cui poggia il rapporto ospedale-territorio-cronicità: di questo l’infermiere deve essere responsabile, come lo stesso Sileri ha anche dichiarato in un comunicato ufficiale del ministero.
I nostro professionisti sono anche stati definiti “l’altra metà del Ssn, senza la quale non si può parlare di Servizio sanitario nazionale che difronte all’aumento della cronicità deve acquisire grazie anche a voi territorialità e maggiore vicinanza con il paziente” (Paola Boldrini, senatrice della Commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama).
E per questo le dichiarazioni della politica hanno sottolineato che “non si può ragionare se non nel senso di colmare la carenza infermieristica, riconosciuta anche a livello internazionale e l’equilibrio tra sanità pubblica e privata può meglio garantire i bisogni dei cittadini: la risposta ai cittadini deve essere una e unica” (Roberto Novelli, della Commissione Affari sociali della Camera).
Che poi libera professione e dipendenza siano complementari nell’assistenza lo hanno sottolineato anche le rappresentanze dei cittadini sostenendo che “se l’obiettivo è il primato del Ssn, queste energie (dipendenti e liberi professionisti) devono essere integrate” (Anna Lisa Mandorino, vicesegretario generale di Cittadinanzattiva).
Quello del riconoscimento e della tutela della libera professione è un percorso in cui il Parlamento è impegnato (Chiara Gribaudo, Commissione Lavoro pubblico e privato della Camera). E in questo senso la politica si è rivolta agli infermieri per chiedere la collaborazione della professione per migliorare e applicare la norma sull’equo compenso, anche convocando al più presto un tavolo con le professioni perché si stabiliscano percorsi virtuosi che interrompano la vergogna di erogare ai liberi professionisti compensi spesso da fame che non premiano la qualità delle prestazioni di questi lavoratori.
Le prospettive che si aprono per la professione sono quindi non solo molteplici, ma positive. Sta a noi coglierle perché la professione faccia non un passo avanti, ma un balzo vero verso il futuro.

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