L’ottava edizione delle linee guida Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion – SPREAD dedicate all’Ictus cerebrale definiscono la sua prevenzione e il suo trattamento, confermandolo come la terza causa di disabilità a livello mondiale e la prima causa di disabilità negli anziani. Il 35% dei pazienti colpiti da ictus presenta una disabilità grave (SPREAD, 2017).
Dal punto di vista assistenziale le principali complicanze dell’ictus sono le infezioni urinarie, le lesioni da pressione, le infezioni polmonari e la disfagia. Quest’ultima si presenta come un importante deficit motorio che influisce negativamente sulla qualità di vita dei soggetti interessati, compromettendo in alcuni casi l’alimentazione naturale per via orale, e comunque aumentando il carico assistenziale. La carente valutazione del grado di deglutizione porta ad un inappropriato inserimento del SNG, con disagio e ritardo al ritorno ad un’alimentazione orale.
La disfagia si manifesta con:
- difficoltà nel gestire le secrezioni orali, perdita di saliva o di cibo dalla bocca;
- tosse assente o debole;
- deglutizione volontaria assente;
- cambiamenti nel tono e nella qualità della voce;
- riduzione dei movimenti della bocca e della lingua;
- protrusione della lingua, riflessi orali primitivi;
- schiarimenti della gola frequenti;
- perdita di peso o disidratazione;
- frequenti infezioni toraciche (Joanna Briggs, 2010).
I pazienti disfagici richiedono un’attenta osservazione per eccessi di tosse, perdita di cibo da un lato della bocca o accumulo di cibo nel cavo orale, ritenzione di cibo per lunghi periodi nella bocca o rigurgito dal naso durante la deglutizione di liquidi (Smeltzer, 2015).
I principali test diagnostici e strumentali della disfagia sono:
- test di deglutizione dell’acqua o Water Swallow test;
- Gugging Swallowing Screen (GUSS) test;
- test di Daniels;
- Toronto Bedside Swallowing Test (TOR-BSST);
- endoscopia diretta con fibra ottica flessibile (FEES);
- videofluoroscopia (VFS).
Le complicanze della disfagia sono:
- aspirazione tracheobronchiale;
- malnutrizione – in presenza di disfagia severa generalmente si ricorre al posizionamento del SNG nelle prime 2-3 settimane dall’evento, mentre si confeziona una gastrostomia percutanea endoscopica (PEG) nei pazienti che presentano disfagia severa post-ictus che supera le 4-6 settimane (SPREAD, 2017). In relazione al grado di disfagia si possono somministrare diete di consistenza progressiva: semiliquida omogenea, semisolida omogenea, morbida e/o tritata e normale senza doppie consistenze. La supervisione durante i pasti da parte del personale infermieristico deve essere costante per prevenire aspirazione e stilare quotidianamente il bilancio nutrizionale del paziente;
- disidratazione – si raccomanda di effettuare il bilancio idrico giornaliero, monitorando ogni entrata e ogni uscita e integrando, se necessario, con soluzioni endovena di liquidi ed elettroliti.
Nella valutazione della disfagia, il Gugging Swallowing Screen (GUSS) test è da anni uno degli strumenti di screening, validato anche in italiano e facilmente rintracciabile sui principali motori di ricerca. Risulta valido e affidabile per identificare i pazienti che presentano disfagia e sono a rischio di aspirazione (Trapl, 2007). Il test si compone di due parti: una prima parte di valutazione indiretta della funzione deglutitoria dell’assistito, una seconda che prevede le prove di deglutizione diretta di sostanze di consistenza prima semisolida, poi liquida e in ultima analisi solida, sommate ad una fase di controllo dopo la rimozione del SNG. La prima sezione del test prevede la compilazione di una lista da completare entro le prime 24 ore dall’ammissione nel servizio e/o in una rivalutazione entro le 48 ore (Trapl, 2007).
L’effettiva valutazione della disfagia richiede l’approccio di un team multidisciplinare, di cui l’infermiere è membro integrante (Joanna Briggs, 2010).
Dalla nostra esperienza abbiamo derivato che l’infermiere può contribuire alla riduzione della nutrizione inappropriata, sin dall’ingresso nel servizio, per il paziente con compromissione neurologica acuta, migliorando gli esiti clinici ed assistenziali, considerata la capacità predittiva del GUSS test per identificazione delle complicanze della disfagia, in particolare il rischio di aspirazione con conseguente polmonite ab ingestis.
La valutazione della disfagia da parte del personale infermieristico non sostituisce la valutazione di altri professionisti, piuttosto contribuisce alla definizione precoce dei pazienti a rischio, consentendo un riconoscimento del problema e di conseguenza un intervento mirato.
Il nostro percorso
Presso il servizio di Neurologia/Stroke dell’Azienda Ulss 5 Polesana dell’Ospedale di Rovigo, al fine di rilevare precocemente la disfagia nei pazienti affetti da ictus ischemico, si utilizza dal 2009 il test Gugging Swallowing Screen (GUSS) per lo screening della disfagia nei pazienti con ictus in fase acuta. L’infermiere, all’ingresso del paziente, effettua l’accertamento infermieristico secondo i Modelli Funzionali di Gordon e riporta la presenza o meno di disfagia e il suo livello di severità. Il grado di disfagia riscontrato è fondamentale per stabilire quale dieta il paziente potrà assumere durante la fase acuta e di quale assistenza necessiterà durante i pasti.
Al momento della sua adozione si è proceduto alla condivisione dello strumento con il personale infermieristico e ad un percorso di formazione rivolto a medici e infermieri, per verificare poi due anni dopo la ricaduta di questa adozione. In un primo studio del 2011, nel quale si era riscontrato il GUSS test in 550 pazienti degenti in stroke, si è rilevato che l’8% dei pazienti presentava disfagia, il 77% ha ripreso l’alimentazione naturale, al 16% è stato inserito un SNG, mentre non si erano verificati episodi di ab ingestis.
I risultati di questo primo studio hanno permesso di implementare nel nostro servizio una metodologia di valutazione condivisa e omogenea della disfagia per il paziente con ictus in fase acuta. L’introduzione del test ha consentito di pianificare l’attività infermieristica relativamente all’alimentazione, riducendo il ricorso al posizionamento del SNG nelle prime ore della degenza ed evitando problemi rilevanti quali il rischio di aspirazione.
Ad alcuni anni di distanza, ovvero nel 2016-2017, si è proceduto ad un nuovo studio retrospettivo su pazienti con diagnosi di ictus ischemico degenti presso la UOC Neurologia/Stroke dell’Ospedale di Rovigo.
Risultati
Nel periodo gennaio 2016 – luglio 2017 sono state selezionate 265 cartelle cliniche, relative a pazienti affetti da ictus ischemico. Di queste il 64,5% è relativo a pazienti di sesso maschile, con età media di 70,9 anni. Il 33,2% dei soggetti selezionati ha intrapreso terapia fibrinolitica sistemica con r-tPA.
Il GUSS test è stato somministrato a tutti i 265 pazienti: il 25,3% ha presentato disfagia ai liquidi, il 6,8% a solidi e liquidi, complessivamente il 25,3% dei soggetti è risultato disfagico.
Il 97,4% dei soggetti si è alimentato nelle prime 12/24 ore dell’ammissione in ospedale, mentre il 2,6% dopo le prime 24 ore. Il posizionamento del SNG è avvenuto nel 9,8% dei soggetti.
Su 265 pazienti, il 76,6% ha presentato un referto Rx torace negativo per polmonite al primo controllo, 29 (10,9%) con esito positivo mentre per 33 (12,5%) non è stato possibile visualizzare il referto. Dei 29 individui con polmonite, 3 non hanno mostrato infezione al secondo controllo radiografico, 11 hanno continuato a presentare l’infezione, mentre per i restanti 15 non è stato possibile visionare il secondo referto di controllo.
Nessuna delle 29 polmoniti diagnosticate era da ab ingestis (Figura 1).
Figura 1 – Efficacia del GUSS test nella rilevazione 2016-2017
Conclusioni
Confrontando i dati ottenuti dallo studio attuale con la precedente indagine del 2011, si può affermare come il GUSS test continui ad essere uno strumento utile all’infermiere per l’identificazione precoce della disfagia e per la pianificazione degli interventi assistenziali.
Nello studio attuale il 25,3% dei pazienti è risultato disfagico, mentre in quello precedente l’8%: si può notare un incremento della presenza della disfagia in questa tipologia di pazienti.
Nonostante i soggetti disfagici siano più numerosi, il numero di SNG posizionati durante la degenza è diminuito. Nel 2011 al 16% dei pazienti veniva posizionato il SNG, mentre ad oggi si riscontra nel 9,8%. L’utilizzo del GUSS test ha permesso agli infermieri di acquisire maggior esperienza nella rilevazione della disfagia, soprattutto nella prevenzione delle complicanze e nella gestione dell’alimentazione.
Un dato che rimane invariato è l’assenza di polmoniti ab ingestis. Questo importante esito sembra correlarsi al fatto che il GUSS test sia efficace per individuare precocemente la disfagia e prevenire episodi di aspirazione.
Si può affermare che il Guss test si confermi come strumento efficace nello screening della disfagia nei pazienti con ictus ischemico in fase acuta, grazie alla sua semplicità e affidabilità. Permette di pianificare l’assistenza infermieristica relativamente all’alimentazione, riducendo il rischio di aspirazione, la polmonite ab ingestis, la malnutrizione, la disidratazione e l’inappropriato inserimento del SNG.