Lo Human Caring nella realtà sanitaria napoletana: risultati di un’indagine conoscitiva sul personale infermieristico attraverso l’uso della scala di valutazione delle cure (Survey 13, CFS-CPV)


Lo Human Caring
Lo Human Caring rappresenta una filosofia dell’assistenza che si fonda sulla centralità della persona e che pur nascendo in ambito infermieristico, si apre a tutte le professioni di aiuto alla persona (Pellegrini 2010). E’ fondata su un paradigma etico che si traduce in prassi operativa di natura assistenziale, educativa e manageriale e l’elemento fondamentale sta nella personalizzazione dell’assistenza, attraverso un modello capace di offrire significativi contributi alle professioni di cura.

Tra le maggiori esponenti dello Human Caring a livello internazionale si riconosce Jean Watson. I concetti teorici della teorica statunitense poggiano le proprie basi sulla cultura umanistica e in particolare sulle opere degli psicologi Carl Rogers, Erik Erikson e Abraham Maslow e del filosofo Martin Heidegger, sottolineando la necessità degli infermieri di appropriarsi della cultura umanistica per esercitare la loro attività in modo efficace, etico e professionale. Il principio cardine della sua teoria, è la relazione esistente fra il prendersi cura dei pazienti ed il praticare loro assistenza infermieristica (Watson J. 2013); ma non solo, perché lo Human Caring oltre alla visione olistica dell’ammalato, pone lo sguardo anche al benessere di colui che si prende cura. Watson elabora la sua teoria mettendo in risalto come l’origine dell’essere infermiere, ha perso a poco a poco le sue radici dell’essere, per trasformarle in quelle del fare.

Nel suo costrutto teorico l’autrice elabora i dieci “carative factor”, successivamente trasformati nei dieci “processi di caritas”, definendoli valori fondamentali per l’essere infermiere. Il termine carative (care active = prendersi cura) viene utilizzato da Watson nell’infermieristica, distinguendosi così dal termine curativo utilizzato in medicina. Infatti i fattori curativi mirano a curare il paziente dalla malattia; mentre i carative factor sono tutti quei processi di cura che aiutano a preservare, raggiungere o mantenere lo stato di salute, o morire serenamente (Watson, 2010) – (Tabella 1).

Tabella 1 – I carative factor di Jean Watson

Sistema di valori umanistico-altruistico

Instillare fede e speranza

Coltivare la sensibilità verso se stessi e gli altri

Sviluppare un rapporto di aiuto-fiducia

Promozione ed accettazione della manifestazione di sentimenti positivi e negativi

Uso sistematico del metodo scientifico del problem solving per il processo decisionale

Promuovere l’insegnamento e l’apprendimento interpersonale

Intervenire sull’ambiente in modo che sostenga, protegga e/o corregga dal punto di vista mentale, fisico, sociale e spirituale

Aiutare nel soddisfacimento dei bisogni umani

Tener conto delle forze esistenziali-fenomenologiche

Dai carative factor prendono origine modellandosi i caritas process Tabella 2.

Tabella 2 – I caritas process di Jean Watson

Praticare le amorevoli cure (loving-kindness) ed equinamità con se stessi e con gli altri, nell’ambito di un contesto di consapevolezza del caring.

Essere autenticamente presenti, permettendo e supportando il sistema di profondo credo attivando, sostenendo e rafforzando la fede e la speranza di coloro di cui ci prendiamo cura.

Coltivare le proprie pratiche spirituali ed il sé interpersonale, superando il limite del proprio ego

Sviluppare e sostenere, in uno scambio di aiuto e fiducia, una vera e propria relazione di caring.

Essere presente e sostenere l’espressione dei sentimenti positivi e negativi come in una connessione con lo spirito più profondo di se stessi e di coloro di cui ci prendiamo cura.

Impiegare in modo creativo sé stessi e tutte le proprie conoscenze, quali parti integranti del processo di caring, impegnandosi nell’arte della pratica del caring verso la guarigione.

Impegnarsi in vere esperienze di insegnamento/apprendimento che aspirano al raggiungimento dell’interezza, cercando di rimanere nell’ambito della sfera di riferimento dell’altro.

Creare ambienti di guarigione a tutti i livelli, laddove l’interezza, la bellezza, il benessere, la dignità e la pace sono potenziati.

Prestare assistenza, con riverenza e rispettosamente, ai bisogni essenziali con una consapevolezza di caring intenzionale, amministrando “l’essenziale dello human care” che potenzia l’allineamento di mente – corpo – spirito, l’interezza in tutti gli aspetti di cura.

Essere aperti a prestare attenzione alle dimensioni misteriose e sconosciute della vita, sofferenza e morte del singolo; alla cura dell’anima per sé stessi e per coloro di cui ci si prende cura.

Il passaggio dal to cure (curare) al to care (prendersi cura) è stato per la Watson lento e graduale nel tempo. Lo stesso concetto di benessere è stato più volte reinterpretato nel corso degli anni, dapprima inteso come condizione di assenza di malattie, fino a coinvolgere oggi tutti gli aspetti dell'essere, arrivando ad uno stato di soddisfazione interiore generato dal giusto equilibrio di fattori psicofisici.
Quindi il benessere è una condizione che coinvolge tutti gli aspetti dell'essere umano ed è dipendente dalla giusta interazione fra corpo, anima, ambiente sociale e culturale. Per star bene, infatti, dobbiamo conservare un equilibrio armonico fra cinque componenti cruciali del nostro essere: quella fisica, quella emotiva, quella sociale, quella intellettuale e quella spirituale. Basta una carenza in uno solo di questi cinque elementi del pentagono per mettere a repentaglio la nostra serenità.
La salute non è assenza di malattia ma il processo mediante il quale gli individui mantengono il loro senso di coerenza, il senso cioè che la vita è comprensibile, trattabile e significativa (Tresolini, 1994). 

La voce degli infermieri sullo Human Caring
Partendo da questo presupposti si è pensato di realizzare uno studio per rilevare le modalità di cura infermieristica negli ospedali del territorio napoletano, mediante la somministrazione della scala di valutazione delle cure (Survey 13 CSF-CPV). Sono state distribuite 459 scale di valutazione e considerate valide ai fini della ricerca 399. Il campione rappresenta la realtà osservata nel periodo che va da dicembre 2015 a febbraio 2016. Lo strumento utilizzato per la raccolta dati è la Caring Factor Survey – Care Provider Version (13 CFS – CPV), Scala di valutazione delle cure, elaborata da John Nelson e supervisionata dal Watson Caring Science Institute e tradotta in lingua italiana da Giuliana Masera. La scala è composta di 10 item con una scala likert a 7 punti da fortemente disaccordo a pienamente d’accordo; è stata aggiunta una parte dedicata alla raccolta dei dati socio-anagrafici. 

Per quanto riguarda la parte sociodemografica il campione è così rappresentato: 213 rispondenti appartengono al sesso femminile e 187 al sesso maschile, (Tabella 3) e la maggior parte degli intervistati con un’età media di 45,6 anni. Nel grafico 1 si evidenziano invece le risposte complessive degli intervistati in relazione ai 10 item presenti nella scala di valutazione delle cure.

Tabella 3 – Campione sociodemografico

Variabili

%

Genere

Male

Female

 

186

213

 

47%

53%

U.O. Coinvolte

Area emergenza/urgenza

Area degenza ordinaria

 

197 

202

 

49%

51%

Titolo di studio

Diploma

Diploma universitario

Laurea triennale

Laurea magistrale

 

243

39

81

36

 

61%

10%

20%

9%

Grafico 1 – Totale delle risposte in relazione agli item
Grafico 1 - Totale delle risposte in relazione agli item

La voce Accordo raccoglie il totale degli item compresi fra Pienamente d’accordo, parzialmente d’Accordo e d’Accordo; stesso criterio di conteggio per quanto riguarda la voce Disaccordo.

Conclusioni
La scala di valutazione delle cure (Survey 13, CFS-CPV) somministrata, focalizza l’attenzione su tutto il processo relazionale che si instaura con il paziente, dall’accettazione fino alla guarigione/morte. I risultati evidenziano come il campione preso in esame dimostri una buona capacità di agire una cura che comprende la fiducia, la rispettosità, l’amorevole gentilezza indipendentemente dal percorso formativo professionale frequentato.
Solo l’item della speranza evidenzia che circa 1/4 del campione dichiara di non sostenere le speranze e le convinzioni dei pazienti (Grafico 1).

L’infermiere è in continuo contatto con la persona ed è interessato a capire non solo quegli aspetti e qui fenomeni generalizzabili, rigorosamente scientifici, ma anche quei fenomeni, sentimenti e aspetti che sono unici e particolari di quella e quella sola persona (Brunetti et al 2016). Il core della teoria del Modello Human caring sono i dieci carative factor sviluppati dalla filosofia umanistica che è il nucleo centrale del prendersi cura di un altro essere umano e che pone le sue fondamenta su una base scientifica con un importante riconoscimento delle forze esistenziali fenomenologiche.
 

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Bibliografia

– Pellegrini W., Le radici del futuro. Human Caring: passaggio attraverso il cuore. Il senso della scienza infermieristica. Torino, Edizioni Medico Scientifiche; 2010.
– Watson J., Assistenza infermieristica: filosofia e scienza del caring. Milano, Casa Editrice Ambrosiana, 2013.
– Watson J., Turkel M., et al, Misuring the caritas processes: caring Factor Survey, International Journal for Human Caring; 2010.
– Tresolini CP. the Pew Fetzer Task Force on Psychosocial Education. Health Professions Education and Relationship-Centered Care: Report of the Pew-Fetzer Task Force on Advancing Psychosicial Education. San Francisco, CA: Pew Health Commission; 1994. pp. 1–76.
– Brunetti P, Pellegrini W, Masera G, Berchialla P, Dal Molin A, Il modello assistenziale dello Human caring: risultati di uno studio pre e post intervento con gruppo di controllo, Professioni infermieristiche, vol.68, n.1 Gennaio-marzo pag.19-28,2016.