Libera professione intramoenia, quando?


Il nostro Servizio Sanitario Nazionale sta andando, ancora con difficoltà, verso una sua modernizzazione che preveda la riconduzione dell’ambito ospedaliero alla sua ritrovata vocazione di risposta a determinati, specialistici, e limitati nel tempo bisogni dei cittadini. E, ancora, alla realizzazione di un ambito territoriale che sia costituito da un diffuso, capillare ed esteso sistema di presidi sanitari e sociosanitari di “prossimità” ai bisogni dei cittadini nelle loro comunità di vita e di lavoro.

Di questo rinnovato sistema di tutela e presidio territoriale della salute dei cittadini le farmacie e gli studi di medicina generale e di pediatria di libera scelta, le Case della Salute, gli ospedali di comunità, gli ambulatori infermieristici e l’insieme del sistema delle cure primarie costituiscono l’architrave fondamentale.

La farmacia è certamente il presidio sanitario più diffuso nel territorio: è presente nel quartiere urbano come nel singolo comune di piccole dimensioni, per questo è opportuno prevederne l’evoluzione non solo in luogo ove coesistano, insieme ai farmaci tradizionali, tutti quei prodotti che migliorano la qualità dello stile di vita e quindi della salute ma anche altri professionisti sanitari, oltre i farmacisti, in grado di offrire una risposta articolata e plurale ai bisogni di salute dei cittadini.

Ma è soprattutto nel costruire la presenza di un’assistenza infermieristica diffusa sul territorio che alla funzione di cure del medico di famiglia e del pediatra di libera scelta diventi l’altro pilastro della sanità di territorio con la realizzazione di una estesa funzione di cure, è alla sfida per realizzare la modernizzazione del nostro sistema sanitario.

Nel vigente Patto per la Salute Governo e Regioni hanno già avviato nel concreto il potenziamento e la valorizzazione della Medicina Generale ed in generale dell’insieme delle cure primarie che non potrà mai essere tale se in tutte le Aziende Sanitarie Locali non sia previsto e realizzato un servizio di assistenza infermieristica territoriale che abbia al centro la nuova figura dell’infermiere di famiglia in grado di assicurare la tutela della salute del cittadino, per quanto di sua competenza, laddove vive e lavora sino al suo domicilio.

Per realizzare ciò sarà necessario anche procedere ad una profonda innovazione dell’impianto contrattuale prevedendo tutti quegli istituti che possano contribuire alla concreta attivazione della nuova funzione dell’infermiere di famiglia. Istituti che esaltino la dimensione di professionista di questo operatore e non la limitino con vincoli propri di un lavoro dipendente teso più alla tutela dei diritti, che vanno sempre garantiti, che a quella dei doveri, che vanno sempre attuati e rispettati. Se questo si potrà realizzare innovando con coraggio all’interno del prossimo rinnovo contrattuale del personale dipendente del SSN oppure prevedere uno specifico accordo collettivo nazionale per infermieri liberi professionisti in analogia ai medici di famiglia è una scelta strategica da assumere; sapendo, però, che l’attuale normativa non prevede l’estensione dei rapporti convenzionali a professioni diverse dai medici, dai veterinari, dagli psicologi, dai biologi.

Ma è altrettanto vero, rimanendo uno dei tanti misteri non comprensibili del nostro sistema legislativo, il fatto che ad alcuni dipendenti del SSN appartenenti alla dirigenza sanitaria nei profili di medico, odontoiatra, veterinario, farmacista, psicologo, biologo, chimico e fisico è legittima l’opzione libero-professionale intramoenia e contrattualmente disciplinata ed alle professioni sanitarie valorizzate ed emancipate dalle leggi 42/99, 251/00 e 43/06 questo non sia previsto.

Eppure la conquista della dimensione di professione autonoma e liberale nell’accezione propria delle altre professioni formate con laurea magistrale, che oggi l’infermiere ha, dovrebbe prevedere come suo corollario conseguente che possa esser riconosciuto il suo diritto ad esercitare la libera professione sia come soggetto autonomo, e questo è realtà, da migliorare e valorizzare, ma soprattutto come dipendente del SSN come già avviene per i profili professionali della dirigenza sanitaria.

Però il sistema delle prestazioni aggiuntive avviate con la legge 1/01 null’altro è stato che una forma di libera professione infermieristica le cui prestazioni vengono acquistate direttamente dall’Azienda da cui l’infermiere dipende, attraverso la definizione di regole certe, contrattate e condivise.

Sarebbe, quindi, necessario, evolvere questo sistema in una nuova regolamentazione del diritto, erga omnes, alla libera professione dell’infermiere dipendente per mettere in condizione le Aziende e le altre Istituzioni Sanitarie di garantire l’assistenza infermieristica nelle vecchie e nuove modalità organizzative valorizzando i propri professionisti ed offrendo ai cittadini nuovi servizi e prestazioni.

Si andrebbe così a regolamentare un sistema in evoluzione ampliando le possibilità a professionisti ed a cittadini attraverso una modifica legislativa che dovrebbe prevedere in via ottimale l’estensione della medesima disciplina per l’esercizio della libera professione prevista per la dirigenza sanitaria.

Tuttavia, appare più realistico e quanto mai auspicabile che il Governo, dopo confronti di merito con le rappresentanze professionali e sindacali, intervenga con una propria proposta per regolamentare l’esercizio della libera professione del personale dipendente infermieristico – ostetrico, tecnico-sanitario, riabilitativo e della prevenzione del comparto sanità, sia pubblica che privata, presentando, a tal fine, un emendamento alle proposte di legge in corso di esame in Parlamento, soprattutto considerato il breve tempo di vita rimasto all’attuale legislatura, ad un provvedimento che possa divenire legge.

Si dovrebbe con questo emendamento riconoscere l’esercizio della libera professione agli infermieri dipendenti che potrebbe essere svolta sia nei confronti di cittadini che di strutture private, come nelle strutture di appartenenza che in altre, previo accordo tra le parti datoriali e dovrebbe essere oggetto di regolamentazione aziendale, con la cui attuazione non sarà più possibile il ricorso alle prestazioni aggiuntive di cui all’art.1, commi 1/6, della legge 1/2001 e potrebbe essere il seguente:

 

Articolo …
(Libera professione)

1. Ai fini di un'efficace organizzazione dei servizi sanitari, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, le aziende sanitarie locali ed ospedaliere, gli IRCCS e gli altri Enti del SSN, autorizzano, compatibilmente con le necessità organizzative e clinico – assistenziali, i dipendenti esercenti le professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, a svolgere attività libero professionale.

2. I dipendenti esercenti le professioni sanitarie, in servizio con rapporto di lavoro a tempo pieno, svolgono l’attività libero-professionale di cui al comma 1, in forma singola o associata, al di fuori dell'orario di servizio e in condizioni di assenza di conflitto di interessi con le attività istituzionali.

3. L’attività di cui al comma 1 può essere svolta:

  • nei confronti di singoli cittadini e di strutture private;
  • all’interno dell’azienda di appartenenza;
  • in altre strutture pubbliche o private convenzionate, previo accordo tra le strutture interessate.


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Per l’attuazione delle norme di cui ai commi 1-2-3, gli enti, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, emanano specifici regolamenti, previa intesa con le OO.SS.

5. A partire dall’attuazione del regolamento aziendale non è ammesso il ricorso alle prestazioni aggiuntive.

6. Decorso un anno dall’entrata in vigore della presente legge è abrogato l’Articolo 1, dal comma 1 al comma 6 della legge 8 gennaio 2002, n.1 e successive modificazioni e proroghe.

Con un provvedimento del genere si andrebbe a completare il processo di valorizzazione dell’infermiere e delle altre professioni sanitarie e con un uso accorto e responsabile di questo diritto, come è avvenuto in molte Regioni per i medici e gli altri dirigenti sanitari, ne gioverebbe soprattutto la capacità di intervento del SSN a tutela della salute.

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