L’infermiere e il rischio suicidario: le emozioni dell’infermiere


Premessa
Lo scopo del presente lavoro è quello di valutare il grado di conoscenza delle misure preventive da porre in atto in caso di paziente a rischio suicidario e la formazione del personale in merito. Il presente lavoro indaga le emozioni che l’esperienza del suicido attiva nell’infermiere.
È stato effettuato uno studio che ha arruolato un campione di 100 operatori infermieristici e di supporto dei servizi psichiatrici del DSM ASL 3 Genovese, nel mese di ottobre 2015. E' stato effettuato uno studio descrittivo con somministrazione, agli operatori sanitari, di un questionario composto da 27 domande. Lo studio ha avuto l'obiettivo di raccogliere dati sulla conoscenza delle procedure di prevenzione in caso di paziente a rischio suicidario e allo stesso tempo sul coinvolgimento emotivo.
I risultati, nonostante il numero, non eccessivamente alto del campione, hanno fornito elementi significativi per un miglioramento delle pratiche assistenziali e preventive. Si è potuto evidenziare che la maggior parte del personale è a conoscenza delle misure di prevenzione, quindi in grado di poter assistere il paziente psichiatrico a rischio suicidio.
Emergono invece la necessità di prendere in considerazione una terapia di supporto come la psicoterapia o un intervento clinico in generale a sostegno di situazioni cliniche stressanti e destinate a mettere alla prova l'equilibrio psichico di un professionista, e l’utilizzo dello strumento “audit clinico” inteso come processo di miglioramento della qualità e come realizzazione di cambiamento.

L’indagine e il contesto
Le strutture nelle quali è stata effettuata la ricerca sono i Servizi di Diagnosi e Cura e del Servizio Psichiatrico Cura E Riabilitazione annessi agli Ospedali dell’ASL3 di Genova (E. O. Ospedali Galliera, IRCSS San Martino, Azienda Ospedaliera Villa Scassi ASL 3 Genovese, Presidio Ospedaliero Padre Antero Micone ASL 3 Genovese).
La ricerca è stata effettuata utilizzando un questionario autosomministrato, accompagnato da lettera in cui si esplicitava lo scopo della ricerca e si forniva possibilità di supporto nelle eventuali difficoltà di comprensione.
Il questionario è stato elaborato per la tesi di studio dalla studentessa, supportato da studi scientifici, e non ancora validato da altre ricerche.
Lo strumento è stato somministrato nel mese di Ottobre 2015 al personale infermieristico e di supporto, compresi i coordinatori infermieristici delle unità coinvolte. Su 99 operatori assegnati alle strutture i rispondenti sono stati 62. È stato escluso il personale assente per ferie mentre la somministrazione è avvenuta nel periodo da 5 ottobre al 20 ottobre compreso.
I questionari consegnati sono stati 100, quelli restituiti 55.

I risultati
I grafici rappresentano i risultati conseguiti prendendo in considerazione le domande che risultano maggiormente significative dal punto di vista emotivo.

Domanda 6

Domanda 8

Domanda 15

Domanda 16

Conclusioni
Dall’analisi delle risposte fornite dal questionario si possono fare alcune considerazioni. Gli operatori intervistati hanno dichiarato di essere preparati ad individuare, e di conseguenza a prevenire, un evento suicidario e considerano queste conoscenze come acquisite soprattutto da esperienza personale e lavorativa.

E’ interessante notare come la maggioranza di questi, dichiara di essere preparata ad affrontare l’evento suicidario, ma dichiara anche di non aver ricevuto una preparazione tale da saper affrontare la sofferenza nel corso degli studi.
Dal campione preso in esame, una buona percentuale è a conoscenza delle normali misure di prevenzione e delle linee guida suggerite dal ministero della Salute.

I sentimenti avvertiti dopo il suicidio sono per lo più dolore, compassione, tenerezza e in minima percentuale anche depressione, paura, fastidio o nessuna reazione.
Mentre quelli che hanno provocato maggiore disagio sono stati: tristezza, ansia, sensi di colpa, alterazioni del sonno, demotivazione e irritabilità. La maggior parte degli operatori dichiara di affrontare le emozioni in base alla propria professionalità.

E’ importante osservare come, nei giorni successivi all’evento, buona parte di essi percepisce un cambiamento emotivo, se non addirittura difficoltà a relazionarsi.
Almeno un quarto di essi sostiene di avere necessità di aiuto. Tra i tipi di supporto scelti, la metà degli intervistati, si affida al colloquio con colleghi, amici e familiari, tramite riunioni specifiche di reparto; in minima parte invece si affida al supporto religioso.
Altre fonti di supporto riconosciute sono: corsi di formazione, discussioni informali, supporto personale dello psicoterapeuta e gruppi di sostegno. Infine, per poter gestire e prevenire un paziente a rischio suicidario o nel caso in cui il suicidio sia già avvenuto, viene ritenuto utile fare riunioni periodiche in reparto, la presenza di un supporto psicologico, e per ultimo un gruppo di auto-aiuto.

Potrebbe essere presa in considerazione una terapia di supporto come la psicoterapia o un intervento clinico in generale, integrando così metodi e strumenti diversi per raggiungere lo scopo principale della clinica.
Altrettanto importante sarebbe comprendere il senso degli eventi che accadono durante l’attività lavorativa e degli effetti che questi possono produrre, valutandoli insieme alla persona.

Non da meno, sarebbe opportuno attuare una serie di iniziative rivolte al personale infermieristico e socio-sanitario per dare loro sostegno psicologico e metterlo in grado di utilizzare gli strumenti per affrontare lo stress che, soprattutto in situazioni di emergenza, accompagna queste figure, come appunto nel caso di una morte improvvisa e inspiegabile ed il dolore e le sofferenze che spesso l'accompagnano.
La necessità di sostenere il personale deve nascere dalla consapevolezza che anche gli operatori ospedalieri provano delle emozioni.

Se da un lato il paziente, che necessita di assistenza, cerca costantemente un rapporto empatico, qualcuno che non solo lo guarisca ma che se ne prenda cura, dall'altro non bisogna dimenticare che gli stessi infermieri e operatori sanitari sono persone che agiscono influenzate dal proprio vissuto e che, a loro volta, vengono influenzate dalla sofferenza dei pazienti stessi.
Si possono anche affrontare i temi della comunicazione, della gestione dei conflitti, dello stress e del riconoscimento delle emozioni.

Potrebbero essere utili corsi di formazione, congressi e convegni che permettano approfondimenti sul tema del suicidio in realtà locali e nazionali, riguardando gli elementi base: la valutazione e gestione del rischio di suicidio, l’approfondimento dei modelli che descrivono il suicidio, i riferimenti epidemiologici, la comprensione della mente suicida, le terapie con effetti anti-suicidari, interventi farmacologici e psicoterapeutici. Il tutto dovrebbe essere accompagnato da riunioni periodiche di reparto, insieme, infine, alla presenza di uno psicologo.
Altro strumento da utilizzare è quello dell’audit clinico. Tale audit dovrebbe essere effettuato sempre dopo l’evento in ricovero dopo un tentativo di suicidio o proveniente da fattori di rischio nella struttura bio-psico-sociale ed è finalizzato alla verifica delle capacità di fornire e mantenere livelli assistenziali di qualità elevata, valutando e misurando le differenze riscontrate nella pratica assistenziale rispetto a standard esplicitamente definiti.
 

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Bibliografia

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