Contratti, guida all’uso. Le basi verso la trattativa


Inizia con questo articolo di Saverio Proia l'analisi del quadro dei prossimi rinnovi contrattuali che fornirà in collaborazione con il Centro studi della Federazione le informazioni e i dettagli prima, durante e dopo la trattativa.

Come è noto, dopo il varo della legge di Bilancio, dovranno riaprirsi, dopo troppi anni di moratoria, le trattative per i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego compreso quello relativo al personale del SSN che potrebbe essere il primo in quanto il Comitato di Settore Regioni e Sanità ha da tempo approvato gli Atti di indirizzo per le direttive all’ARAN per il rinnovo dei contratti collettivi nazionale del comparto sanità sia della dirigenza medica e sanitaria che di quello del personale dei livelli.

E’ vero che gli Atti, hanno avuto, come è tradizione ahimè consolidata, sì alcune osservazioni da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze ma ad esse il Comitato di Settore ha dato esaurienti risposte e si sta attendendo il via; tuttavia le osservazioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze non attengono alle questioni rilevanti riguardanti gli aspetti salienti della nuova organizzazione del lavoro che, su proposta delle Regioni e con il consenso del Ministero della Salute, sono stati introdotti e che quindi possono essere considerati acquisiti.

Questi Atti presentano una novità discontinua ed originale in quanto in questa tornata contrattuale in quanto il Comitato di Settore ha in tali documenti nell’individuare le scelte strategiche ed avviando a soluzione alcune delle questioni più rilevanti riguardanti il personale sulle quali da tempo stavamo operando per risolverle.

Il rinnovo contrattuale funzionale e strumentale all’attuazione del Patto per la Salute
La prima questione che abbiamo posto è che gli Atti di indirizzo dovessero contestualizzarsi all’interno dei processi in corso di riorganizzazione delle Aziende Sanitarie per effetto delle scelte contenute nel Patto per la Salute che introducono un’innovazione nell’assetto lavorativo e professionale che non ha precedenti per intensità e vastità nella storia del SSN né ha paralleli analoghi in altri comparti pubblici.

Per questa motivazione abbiamo proposto ed è stato accettato che si innovasse nelle relazioni sindacali promuovendo il massimo coinvolgimento del personale, anche attraverso le loro rappresentanze, in tutte le fasi di riorganizzazione delle aziende sanitarie facendoli partecipare alle scelte programmatorie ed alle conseguenti fasi di monitoraggio e verifica.

Abbiamo lanciato la sfida finalizzata a far si che i rinnovi contrattuali siano funzionali e strumentali ai processi di riorganizzazione in atto nel SSN, iniziando dall’attuazione delle scelte strategiche dal nuovo assetto per intensità di cure degli ospedali ma soprattutto alla valorizzazione dei servizi e presidi sanitari e sociosanitari territoriali 24 ore al giorno e 7 giorni la settimana, favorendo la partecipazione, la condivisione, la compartecipazione ed il protagonismo soggettivo e propositivo dei professionisti della salute e l’insieme degli operatori.

La funzione primaria per dar vita a questa grande processo di innovazione e di discontinuità con il passato ma anche con il presente non potrà che avere come uno dei principali strumenti attuativi anche gli atti di indirizzo per il rinnovo di contratti e convenzioni varati dal Comitato di Settore Regioni-Sanità.
Mi preme sottolineare come centralità del rinnovo contrattuale le seguenti questioni, che per la loro valenza costituirebbero l’architrave innovativo del rinnovo, le idee forza dello stesso.

Inquadrare economicamente e normativamente le ulteriori competenze avanzate e specialistiche delle professioni sanitarie infermieristiche-ostetrica, tecniche, della prevenzione e della riabilitazione
Risalta con forza la scelta adottata dal Comitato di Settore Regioni-Sanità di affrontare attraverso la via contrattuale, che è poi quella naturale e che non si è potuta intraprendere prima per la ricordata vigenza del blocco contrattuale, la questione aperta di come “inquadrare economicamente e normativamente le ulteriori competenze avanzate e specialistiche delle professioni sanitarie infermieristiche-ostetrica, tecniche, della prevenzione e della riabilitazione” già attivate nelle Regioni nelle quali il sistema sanitario è più avanzato e per le quali vi è la necessità che abbiano una omogenea ed uniforme dimensione nazionale di sistemazione delle loro nuove competenze, da descrivere come un allegato al contratto anche per incentivare le altre Regioni ad adottarle.

Questa scelta va oltre il destino, che mi auguro che si definisca positivamente, dell’ipotesi di Accordo Stato-Regioni sulle competenze avanzate e specialistiche degli infermieri e delle altre professioni sanitarie, che, comunque, anche fosse o venisse approvato, sarebbe stato solo un atto propedeutico a questa scelta contrattuale; si potrebbe dire che sarebbe la carta per incartare il regalo, regalo che è stato, comunque, già consegnato; così come con la scelta adottata dall’Atto di indirizzo si chiude e si supera, anche e soprattutto, la vicenda del comma 566 della legge 190/14.

Questa decisione, infatti, del Comitato di Settore Regioni–Sanità non è stata osservata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, né ha avuto serie e fondate osservazioni da parte del sindacalismo medico, permette, con il rinnovo contrattuale, di passare direttamente e senza alcun altro momento propedeutico, alla fase attuativa delle competenze avanzate e specialistiche degli infermieri e delle altre professioni sanitarie.

Ritengo che la questione debba essere ormai considerata non solo risolta in quanto contenuta ed avviata in attuazione integrale nell’Atto di indirizzo che detta direttive all’Aran per i rinnovi contrattuali del personale del SSN, recentemente approvato dal Comitato di Settore Regioni-Sanità.

Certamente non vi sfuggirà che la questione delle competenze avanzate e specialistiche degli infermieri e delle altre professioni sanitarie fu indicata nel 2012 dal Ministro Fazio e dalle Regioni non solo per rendere, finalmente, esigibile le competenze delle professioni sanitarie per effetto della loro evoluzione ordinamentale e formativa, perlopiù non utilizzate appieno, ma anche per affrontare la questione della riduzione numerica della presenza attiva di medici nel SSN, facendo sì che il processo avviato nel 1994 con il varo dei nuovi profili, terzo comma dell’art. 6 del Dlgs 502/92 per effetto del quale alcuni adempimenti svolti dai medici posano esser compiuti anche da infermieri o altri professionisti sanitari, senza che venga meno la titolarità degli stessi da parte dei medici ma sollevandoli da tali adempimenti.

Mi preme ricordare che sinora la Magistratura civile e penale ha sempre sentenziato che in tali casi non vi è alcun reato di esercizio abusivo della professione medica essendo per effetto della vigente normativa gli infermieri formati ed abilitati a compiere tali adempimenti, l’ultima esemplare pronuncia positiva è di pochi giorni formulata dal Tar Lazio nei confronti del ricorso dell’OMCEO di Roma riguardante l’attivazione del See and Treat in una Casa della Salute dell’ASLRM2.

Non essendo possibile risolvere questa esigenza per via negoziabile, vigente la moratoria contrattuale, l’unica via praticabile fu individuata in un Accordo Stato-Regioni che uniformasse a livello nazionale le modalità attuative di tale processo di condivisione di tali adempimenti tra medici ed altri professionisti sanitari che già dall’iniziale esperienza toscana del See and Treat si stavano estendendo in altre Regioni.

Durante l’iter di approvazione di tali iniziale proposte di Atto per la professione infermieristica e per la professione di TSRM, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, interpretando l’art.22 del Patto della Salute che prevede l’emanazione di Dlgs per la valorizzazione delle professioni sanitarie, ritenne che sarebbe stato necessario una norma primaria per dar corso all’Atto.

Tuttavia il protrarsi dei tempi di attuazione dell’art.22, ancora non definito, il Ministero della Salute propose e Governo e Parlamento convennero, di stralciare la questione anticipandola nella legge di stabilità del 2015, con il mitico comma 566.

Proprio perché esisteva, ormai, tale norma primaria il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ebbe da eccepire sulla scelta adottata dal Comitato di Settore Regioni-Sanità di dar corso attraverso la via contrattuale, all’attuazione di come “inquadrare economicamente e normativamente le ulteriori competenze avanzate e specialistiche delle professioni sanitarie infermieristiche-ostetrica, tecniche, della prevenzione e della riabilitazione” attivate nelle Regioni nelle quali il sistema sanitario è più avanzato dando loro una sistemazione omogenea ed uniforme a livello nazionale di sistemazione delle loro nuove competenze, che saranno declinate in un allegato al contratto, permettendo così alle altre Regioni di attivarle, in un quadro di certezze.

Questa tesi è facilmente dimostrabile dall’esame analitico delle direttive approvate dal Comitato di Settore negli Atti di indirizzo nella versione modificata a seguito delle osservazioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel secondo capitolo “Collocazione contrattuale delle competenze avanzate e specialistiche delle professioni sanitarie infermieristiche – ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione” che recita così:
In questo rinnovo contrattuale, in coerenza con quanto il Comitato di Settore aveva indicato nella precedente tornata contrattuale, va considerato il dettato di cui all’articolo 6 della Legge n. 43/06.
Va prevista quindi, l’istituzione della posizione di “professionista specialista” nonché quanto contenuto nei decreti istitutivi dei profili professionali ex terzo comma dell’art.6 del D.Lgs n. 502/92 che prevedono l’istituzione di aree di formazione complementare post diploma.
Tale percorso virtuoso, già avviato in alcune Regioni, deve essere previsto e disciplinato all’interno del CCNL, nel rispetto di quanto previsto dall’ordinamento vigente.
Il contratto nazionale descriverà, pertanto, analogamente a quanto già fatto per l’insieme dei profili, le declaratorie delle competenze proprie delle posizioni di “professionista specialista” e di “professionista esperto” delle professioni sanitarie infermieristica – ostetrica, tecnica, della riabilitazione e della prevenzione, nel rispetto di quanto previsto dal profilo professionale, dal percorso formativo e dal codice deontologico, salvaguardando le specifiche competenze professionali degli altri professionisti, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della Legge n. 42 del 1999.
In tale logica e per tale scopo va precisato che:
a) la posizione di “professionista specialista” è attribuita al professionista laureato delle citate professioni sanitarie in possesso del master di primo livello di cui all’art. 6 della Legge n.43/06;
b) la posizione di “professionista esperto è attribuita al professionista che ha acquisito competenze avanzate, tramite percorsi formativi complementari regionali ed attraverso l’esercizio di attività professionali, anche in virtù di protocolli concordati tra le rappresentanze delle professioni interessate, di quelle mediche e dell’area sanitaria più in generale.
Al riguardo il Comitato di Settore ricorda che è compito dell’Osservatorio nazionale per le professioni sanitarie, ricostituito presso il MIUR con il decreto interministeriale 10 marzo del 2016 – nell’ambito del quale è presente anche il Ministero della salute – la definizione di quali master specialistici possano rispondere agli effettivi bisogni del SSN.
Il Comitato di Settore auspica, al fine di dare completezza al quadro delineato, una modifica normativa che preveda ai fini dell’accesso alla posizione di “professionista specialista” in alternativa al possesso del relativo master, l’aver svolto un percorso ultra quinquennale verificabile all’interno dell’area di riferimento nonché la rivisitazione degli ordinamenti didattici delle lauree magistrali delle professioni sanitarie infermieristiche – ostetrica, tecnica, della riabilitazione e della prevenzione finalizzata anche ad una reale evoluzione professionale.
Va ribadito, infine, che in ogni caso tutte le competenze professionali vanno esercitate nel rispetto dei profili, delle declaratorie, dei codici deontologici e della formazione acquisita, fatte salve le competenze previste per gli altri professionisti, sino ad escludere, quelle improprie delle singole figure e profili professionali, con particolare riferimento a quelle domestico- alberghiere ovvero quelle di pertinenza di altre professioni e per esse previste.
L’assetto economico e normativo nel quale iscrivere il professionista specialista ed il professionista esperto andrà definito in sede di revisione dell’intera architettura delle funzioni di coordinamento e di posizione organizzativa, per i quali si rinvia allo specifico punto. 
Con riferimento al “professionista esperto” si precisa che non si tratta di un nuovo profilo professionale, ma di un incarico che può essere attribuito al professionista già nell’ambito dell’attuale sistema e che si è ritenuto opportuno prevedere in maniera esplicita al fine di valorizzare le competenze acquisite dai professionisti sanitari, alla luce dell’evoluzione del quadro normativo di riferimento, evidenziate in premessa.
A tal fine appare necessario ridefinire delle declaratorie di tutti i profili afferenti alla categoria D. Tale categoria dovrà avere caratteristiche di “contenitore dinamico” nel quale trovino collocazione tutti i profili professionali titolari di incarico di coordinamento/posizione organizzativa e specialista. La revisione avverrà con le risorse presenti nei fondi contrattuali quindi non comporta un incremento delle stesse. L’operazione troverà copertura nell’ambito delle risorse rese disponibili nell’apposito fondo contrattuale.“

Questo capitolo è stato proposto dai rappresentanti il Ministero della Salute nel Comitato con la condivisione di tutte le Regioni avendo l’accortezza di prevedere al suo interno tutte le procedure attuative previste dalle bozze di Atto Stato-Regioni per l’implementazione delle competenze della professione infermieristica e di quella di tecnico sanitario di radiologia medica nonché dallo stesso comma 566 della legge 190/2015.

Mi preme sottolineare il richiamo, che dovrà divenire articolo contrattuale, che prevede che le attuali e le nuove competenze non debbano prevedere il c.d. ”demansionamento” anzi debbano escludere soprattutto quelle di natura “domestico alberghiere”, proprie, invece di altro profilo.

Si è, quindi, ormai nella fase attuativa del processo di implementazione delle competenze avanzate delle professioni sanitarie infermieristiche-ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione e dell’istituzione del professionista specialista previsto dall’articolo 6 della legge 43/06, attraverso l’ormai prossimo rinnovo contrattuale.

L’area sociosanitaria delle professioni e degli operatori
La suddivisione del personale del SSN “vintage” dei quattro ruoli (sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo) previsto dal DPR761/79 non corrisponde più all’evoluzione scientifica, tecnologica, normativa e formativa, un sistema nel quale ora prevale la mission di salute più che di sanità in senso stretto. 

Nella strategia per la promozione della salute per tutti il Patto per la Salute 2014/2016 costituisce, allo stato attuale, il momento più alto con il quale il Governo Nazionale ed i Governi Regionali sono impegnati alla sua attuazione; in questa articolata e complessa iniziativa l’integrazione sociosanitaria costituisce uno degli assi portanti ed infatti, all’articolo 6 del Patto è stata riaffermato con forte convinzione la scelta strategica dell’integrazione sociosanitaria indispensabile per costruire un vero sistema avanzato di tutela della salute.

Ricordo che art.3 octies del Dlgs 502/99 prevede l’Area delle professioni sociosanitarie e, purtroppo, questa area non è stata ancora istituita e, come ho già richiesto, sarebbe quanto mai opportuno istituirla, del resto anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze nelle sue osservazioni all’Atto di indirizzo, ha convenuto.

Ciò non toglie che la giusta intuizione del legislatore in un settore, quale quello sociosanitario, ad elevata espansione per l’attuale quadro demografico ed epidemiologico, non possa già essere resa operante all’interno della contrattazione; per questo il Comitato di Settore propone di articolare il personale del SSN nelle seguenti aree: sanitaria, dell’integrazione sociosanitaria, dei fattori produttivi e della ricerca.

Questa scelta dell’area delle professioni e degli operatori sociosanitari è una nuova configurazione professionale tutta da riempire di profili da ricollocare o da istituire ex novo; ad oggi l’unico profilo professionale istituito con una metodologia propria di quest’area è l’operatore socio sanitario.

L’OSS collocato in questa nuova area avrebbe, finalmente, la giusta collocazione risolvendo alla radice le questioni controverse legate al suo attuale inquadramento nel ruolo tecnico da una parte e dall’altra porrebbe nella giusta dimensione, il rapporto di collaborazione con le professioni sanitarie ad iniziare da quella infermieristica.

La concertazione per render protagonista la risorsa personale
Se questa tornata contrattuale può essere funzionale e strumentale a contribuire ad attuare il Patto per la Salute ne consegue che il ruolo del sindacato non può che essere relegato alla sola informazione bensì è quanto mai opportuno riattivare modalità di relazioni sindacali che vedano partecipare le rappresentanze sindacale alle varie fasi di riorganizzazione del SSN per favorire la loro condivisione e consenso e il loro contributi di idee e di sapere.

Del resto su questo versante Ministero e Regioni hanno già tracciato il percorso.

L’art. 5 del Patto per la Salute, infatti, prevede che:
Per un efficientamento del settore delle cure primarie, si conviene che è importante una ridefinizione dei ruoli, delle competenze e delle relazioni professionali con una visione che assegna a ogni professionista responsabilità individuali e di equipe su compiti, funzioni e obiettivi, abbandonando una logica gerarchica per perseguire una logica di governance responsabile dei professionisti coinvolti prevedendo sia azioni normativo/contrattuali che percorsi formativi a sostegno di tale obiettivo”. 

Questo concetto è stato rafforzato dall’articolo 22, sempre del Patto per la Salute significando che:
Al fine di garantire la nuova organizzazione dei servizi sanitari regionali, con particolare riferimento alla riorganizzazione delle rete ospedaliera, ai servizi territoriali e le relative forme di integrazione, alla promozione della salute e alla presa in carico della cronicità e delle non autosufficienze e di garantire un collegamento alla più ampia riforma della Pubblica Amministrazione, si conviene sulla necessità di valorizzare le risorse umane del Servizio Sanitario Nazionale e di favorire l’integrazione multidisciplinare delle professioni sanitarie e i processi di riorganizzazione dei servizi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

Ad abundantiam, l’Accordo ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, tra il Governo le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, recante istituzione di una Cabina di regia per il coordinamento nazionale sulla regolazione della vita professionale ed organizzativa degli operatori del sistema sanitario, prevede come centrale il ruolo del sindacato come coprotagonista del processo di nuova organizzazione del SSN.

Quanto sopra prefigura un nuovo soggettivismo positivo e costruttivo del sindacato che si potrà estrinsecare dando corso nei rinnovi contrattuali a nuove modalità di relazioni sindacali che prevedano forme di concertazione delle rappresentanze dei professionisti e degli operatori del SSN nelle fasi di ristrutturazione e di riorganizzazione del SSN e su questa idea forza si sono sviluppate le direttive in materia del Comitato di Settore.

Il Comitato di Settore Regioni sanità ha responsabilmente fatto la sua parte. Il Governo nazionale ha finanziato i rinnovi contrattuali per permetterne l’avvio nella giusta ottica: non si tratta di un costo ma di un investimento sociale e soprattutto economico. E’ la risorsa umana e professionale il vero capitale che rende fruibile il diritto alla salute e su questo va, finalmente, investito sul serio e nel giusto.
 

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