Peritoniti e drop-out in pazienti in dialisi peritoneale: programmi informativi/educativi infermieristici rivolti al paziente


Introduzione
La peritonite rappresenta tuttora la principale complicanza legata alla dialisi peritoneale (Fuiano et al., 2003), determinando un incremento della mortalità; a tutt’oggi rimane la principale causa di trasferimento del paziente al trattamento emodialitico.
L’incidenza di peritoniti può essere considerata un indicatore della qualità delle cure e consente di valutare l’adeguatezza dei programmi informativi/educativi infermieristici rivolti al paziente. Secondo le Linee Guida (International Society of Peritoneal Dialysis – ISPD, 2011), con la tecnologia attuale l’incidenza di peritonite dovrebbe essere inferiore a 1 episodio/20 mesi-paziente e tendere a 1 episodio/30 mesi-paziente o meno.

Le possibili vie di contaminazione possono essere:

  • endoluminale esogena;
  • periluminale esogena;
  • endogena trans murale;
  • endogena ascendente;
  • endogena ematica.

L’ISPD (2001) definisce le peritoniti come:

  • Ricorrenti: un episodio che si verifica entro 4 settimane dal completamento della terapia per un precedente episodio causato da un microrganismo differente.
  • Recidivanti: un episodio che si verifica entro 4 settimane dal completamento della terapia per un precedente episodio, causato dallo stesso microrganismo, o con coltura negativa.
  • Ripetute: un episodio che si verifica dopo più di 4 settimane dal completamento della terapia per un precedente episodio causato dallo stesso microrganismo.
  • Refrattarie: mancato ritorno alla limpidezza dell’effluente dopo 5 giorni di appropriata terapia antibiotica.

Presso il Centro Dialisi di Pesaro si è avviato nel 2012 uno studio retrospettivo, prendendo in considerazione l’attività infermieristica rivolta a 158 pazienti (61 femmine e 97 maschi) trattati con dialisi peritoneale. Gli obiettivi di questa indagine hanno ricompreso la valutazione del tasso di incidenza di peritoniti per categoria di germe responsabile e la valutazione del decorso clinico della peritonite in relazione al germe causale.

Il nostro percorso
La popolazione dialitica oggetto di questo studio è stata di 158 pazienti (61% di sesso maschile, 39% di sesso femminile) , con un’età dialitica media di 32,08 +/- 25,94 mesi.
Dal Gennaio 1991 al Giugno 2012 sono stati registrati 77 episodi di peritonite in 57 pazienti (36%), pari ad una incidenza di 0,19 peritoniti/anno-paziente (1 infezione ogni 63,43 mese-paziente); il 74% dei pazienti ha presentato un solo episodio di peritonite mentre il 26% ne ha avuti due.

I germi causali sono stati divisi in Gram + (es. Stafilococco aureo, Stafilococchi coagulasi negativi, Streptococchi, Enterococchi) e Gram – (es. Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter, Klebsiella, Enterobacter) e funghi (Candida Albicans). L’incidenza percentuale è descritta nella Figura 1.

Figura 1 – Incidenza di peritoniti in base ai vari agenti eziologici

Figura 1 - Incidenza di peritoniti in base ai vari agenti eziologici

Nella Tabella 1 sono rappresentati in dettaglio i germi isolati nel n° totale degli episodi di peritonite: i Gram + sono i più rappresentati, ma vedremo che col tempo la percentuale è diminuita e i Gram – diventeranno molto più numerosi, modificando così l’approccio terapeutico. 

Tabella 1 – Percentuale di peritoniti causate dai diversi agenti patogeni
Tabella 1 - Percentuale di peritoniti causate dai diversi agenti patogeni

Nella Tabella 2 si descrive in maniera analitica il numero di peritoniti per anno nel periodo totale di osservazione (1991 – 2012). 

Tabella 2 – Frequenza delle peritoniti dal 1991 al 2012
Tabella 2 - Frequenza delle peritoniti dal 1991 al 2012

L’incidenza delle peritoniti, valutata nei tre periodi di osservazione, si è progressivamente ridotta (Figura 2):

  1. gennaio 1991 – dicembre 1997: 0,33 peritonite/anno-paziente (1 infezione ogni 36,31 mese-paziente);
  2. gennaio 1998 – dicembre 2004: 0,17 peritonite/anno-paziente (1 infezione ogni 71,35 mese-paziente);
  3. gennaio 2005 – giugno 2012: 0,16 peritonite/anno-paziente (1 infezione ogni 73,60 mese-paziente).


Figura 2 –
Peritoniti paziente anno suddivise nei 3 periodi di valutazione
Figura 2 - Peritonitipazienteanno suddivise nei 3 periodi di valutazione

In seguito all'analisi dettagliata dei primi sei anni di attività (1991-1997), è evidente la prevalenza delle peritoniti da Gram + che costituiscono il 79,2% di tutte le peritoniti, mentre il restante 12,5% è costituito da Gram -, e infine l’8,3% è determinato da funghi (Figura 3).

Figura 3 – Distribuzione dei germi causali di peritonite nei tre periodi
Figura 3 - Distribuzione dei germi causali di peritonite nei tre periodi

Nel corso degli anni si è dunque osservata una variazione dei microrganismi responsabili delle peritoniti: nel periodo Gennaio 1991 – Dicembre 1997 il 79% degli agenti patogeni erano stafilococchi Gram +; nel periodo Gennaio 1998 – Dicembre 2004 si ha un aumento progressivo della popolazione microbica Gram – fino ad arrivare al periodo Gennaio 2005 – Giugno 2012, in cui il 53% erano Gram – contro il 23% Gram + (Figura 3).

Discussione
La peritonite rimane la principale complicanza della dialisi peritoneale. Essa contribuisce al fallimento della tecnica dialitica, all’ospedalizzazione, alla perdita della capacità funzionale della membrana peritoneale e può determinare il decesso del paziente.
La terapia antibiotica iniziale deve coprire i più frequenti agenti causali e giustificato pare l’uso della combinazione di due agenti anti-microbici verso i Gram + e Gram -.
In ogni Centro di Dialisi Peritoneale diviene indispensabile eseguire il controllo periodico delle infezioni, della popolazione microbica causale e sua resistenza agli antibiotici. In questo studio il confronto dei dati ha dimostrato una significativa riduzione delle Peritoniti da Gram +.

Riteniamo che questo fenomeno sia dovuto a 3 fattori principali:

  • l’accresciuta esperienza del personale infermieristico dedicato alla dialisi peritoneale;
  • la selezione dei pazienti più idonei all’autogestione;
  • la più alta percentuale di pazienti trattati con APD.

Molti studi hanno dimostrato che pazienti in trattamento con APD hanno un significativo minor tasso di Peritoniti rispetto ai pazienti trattati con CAPD (Rodriguez-Carmona et al., 1999; Cotto et al.,1991).
Secondo quanto osservato nell’ambulatorio del Centro Dialisi di Pesaro, l’attenta profilassi nasale con Mupirocina sui portatori nasali di S. Aureo ha inciso sull’esiguo numero di Peritoniti secondarie allo stesso germe; inoltre la diagnosi precoce delle infezioni dell’exit-site (ESI) effettuata presso il nostro Centro riteniamo sia stata determinante sull’assenza totale delle Peritoniti in corso di ESI.

Il confronto dei dati sulle Peritoniti nei 3 periodi di osservazione ha dimostrato:

  • una riduzione dell’incidenza di peritoniti nei 3 periodi di osservazione, passando da 0,33% peritoniti/anno-paziente (1 infezione ogni 36,31 mese-paziente) nel periodo Gennaio 1991 – Dicembre 1997 a 0,17% peritoniti/anno-paziente (1 infezione ogni 71,35 mese-paziente) nel periodo Gennaio 1998 – Dicembre 2004. Infine si è calcolato 0,16% peritoniti/anno-paziente (1 infezione ogni 73,60 mese-paziente) nel periodo Gennaio 2005 – Giugno 2012;
  • una significativa riduzione delle peritoniti da Gram+ (79%; 48%; 23%), un significativo aumento di peritoniti da Gram – (13%; 35%; 53%).

Gli attuali e più diffusi protocolli terapeutici delle peritoniti in DP sembrano essere soddisfacenti per trattare la maggior parte delle forme da Gram+; misure preventive e strategie terapeutiche forse più aggressive sono necessarie per fronteggiare l’emergente crescita delle forme da Gram-.
I metodi attraverso cui può essere attuato il monitoraggio del paziente, prevenendo così le complicanze infettive, consistono in:

  • contatti telefonici;
  • training/ retraining;
  • visite domiciliari;
  • visite ambulatoriali.

A questo proposito, per verificare il funzionamento della dialisi e la compliance alla terapia dialitica è necessario che alcuni parametri dialitici, oltre al peso e alla pressione arteriosa, vengano riportati quotidianamente sulla scheda dialitica. Il contatto telefonico è spesso lo strumento più idoneo per una valutazione iniziale del problema e per decidere sui primi provvedimenti da adottare. Nel caso specifico in cui il paziente riferisca dolore addominale o liquido torbido, l’infermiere consiglierà di eseguire un cytur test per valutare meglio la presenza di un’eventuale complicanza infettiva e decidere quale strategia terapeutica adottare (Marcolongo et. al., 2006).

Il programma organizzativo della dialisi peritoneale impostato nel Cento Dialisi di Pesaro ha previsto, come strumenti indispensabili, l’uso delle visite domiciliari: queste sono state programmate e distribuite in base al percorso dialitico del paziente, al fine di valutare l’addestramento e di prevenire le complicanze. Il protocollo organizzativo, aggiornato e revisionato costantemente fino ad oggi, è costituito da diverse tappe:

1.Selezione dei pazienti per la dialisi peritoneale:

  • colloquio di pre-dialisi per la selezione dei pazienti;
  • visite ambulatoriali di pre-dialisi;
  • scheda socio-attitudinale (parte integrante della cartella infermieristica);
  • accertamento familiare;
  • visita domiciliare di selezione.

2. Addestramento ospedaliero con visita domiciliare di pre-dimissione.

3. Visita domiciliare di accompagnamento dopo la dimissione.

4. Visite settimanali nel primo mese con eventuali visite domiciliari di assistenza.

5. PET al secondo mese di trattamento.

6. Visite domiciliari di controllo semestrali senza preavviso.

Al termine di ogni visita domiciliare l’operatore ha la possibilità di verificare varie deficienze nella compliance (Cotto et al., 1991):

  • parametri vitali;
  • dati dialitici (ultra filtrato, peso, urine, bilancio);
  • modalità di esecuzione del cambio sacca;
  • controllo medicazione emergenza cutanea;
  • terapia medica e dialitica;
  • stato nutrizionale;
  • efficienza dialitica;
  • complicanze infettive;
  • complicanze legate all’aumento della pressione intraperitoneale;
  • segni di iper o disidratazione;
  • controllo ambientale;
  • igiene personale;
  • stato psicologico.

I dati relativi all’incidenza di peritoniti secondo il tipo di germe dovrebbero indurre anche ad una valutazione critica locale dei propri programmi standard di training e di re-training; ricordiamo che gli infermieri hanno una funzione essenziale nel riconoscere il bisogno di informazione di un paziente in trattamento dialitico.

Nel Centro Dialisi di Pesaro vengono utilizzati i seguenti strumenti operativi:

  • scheda dialitica informatizzata;
  • protocolli di valutazione medico-infermieristica;
  • reperibilità infermieristica di Dialisi Peritoneale;
  • sistema informatico per la gestione della terapia dialitica e della attività ambulatoriale.

Dal momento che la dialisi è una tecnica autogestita a domicilio, un adeguato monitoraggio del trattamento dialitico può essere realizzato soltanto attraverso la capacità del paziente e/o dei familiari di rilevare e segnalare immediatamente al Centro Dialisi l’insorgenza di alcuni sintomi soggettivi e oggettivi o indicativi di complicanze o di inadeguatezza del trattamento dialitico.
A questo riguardo l'addestramento del paziente da parte dell’infermiere è molto importante, al fine di rilevare e segnalare al Centro Dialisi l'insorgenza di complicanze legate al trattamento sostitutivo.

L'equipe assistenziale del paziente in Dialisi Peritoneale deve perseguire l’obiettivo di garantire una lunga durata nel tempo della metodica dialitica, nonché il benessere del paziente, inteso come equilibrio fra lo stato psico-fisico, la vita familiare e quella lavorativa.
A tal fine la visita domiciliare rappresenta uno strumento assistenziale di rilevante efficacia, se ben condotto.

Questo studio dimostra inoltre l’importanza di una adeguata selezione dei pazienti da indirizzare verso una metodica autogestita, che richieda, oltre ad una adeguatezza clinica, anche un soggettivo desiderio di autogestione tramite la metodica APD. Inoltre una assistenza programmata è molto più efficace di un intervento domiciliare effettuato per complicazioni e patologie già instaurate.
Per quanto riguarda la tecnica dialitica, mentre i primi anni si spingevano i pazienti ad utilizzare la metodica manuale (CAPD), con il passare del tempo si è più propensi ad insegnare l'utilizzo della metodica automatizzata (APD), essendosi dimostrata più sicura nel rispetto delle manovre asettiche e di conseguenza l'insorgenza di peritoniti.

Conclusioni
A seguito dello studio condotto, possiamo affermare che le peritoniti ancora oggi rappresentano la complicanza più frequente della dialisi peritoneale ed è di fondamentale importanza la sua prevenzione.
L’esecuzione corretta delle manovre relative alla dialisi, la scrupolosa igiene ambientale e personale, l’uso della mascherina sono fondamentali al fine di diminuire le possibili infezioni. 

Tuttavia, il fatto che l’incidenza di peritoniti si correli alla continuità educativo-assistenziale, fa pensare che, nella pianificazione dell’assistenza al paziente in DP, sia necessario prevedere una valutazione continua degli obiettivi, sulla cui base intervenire attuando attività educative durante tutto il percorso terapeutico del paziente, in cui i contenuti del training mirano a rendere la persona competente a gestire non solo la metodica ma il proprio stato di salute, in cui si è alla ricerca di strategie educative innovative.

L’incidenza media di peritonite risultata nell’indagine si presenta a livelli di eccellenza rispetto alle raccomandazioni delle linee guida internazionali: questo dato ci sottolinea l’enorme progresso della dialisi peritoneale nel tempo. Se agli inizi degli anni Ottanta la dialisi peritoneale subì un ridimensionamento a causa dell’alta percentuale di peritonite e della scarsa sopravvivenza dei pazienti, oggi rappresenta una tecnica dialitica affermata e sicura nel trattamento del paziente con IRC.
Attraverso lo studio di peritoniti e dei fattori eziologici, nel Centro Dialisi di Pesaro si è ora a conoscenza della storia dei microorganismi che hanno originato peritoniti in DP e si è quindi in grado di agire una selezione centro-specifica degli schemi di terapia empirica.

Per quanto riguarda i protocolli aziendali del trattamento delle peritoniti, al fine di ottenere la massima omogeneità di comportamento tra gli operatori, è indispensabile una rivalutazione continua delle procedure metodologiche, della diagnosi e del trattamento delle complicanze a fronte dei dati che emergono dalla letteratura o dalla esperienza personale del gruppo di lavoro, al fine di assicurare ai pazienti il miglior trattamento possibile in ogni momento.
 

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Bibliografia

– Fuiano G., Zoccali C., Cancarini G.C. et al. (2003), “Linee guida per la dialisi peritoneale”. Giornale Italiano di Nefrologia, Anno 20 S 24, S109-S128.
– Lisi P., Corciulo R., Russo R. (2011), Nuove Linee Guida International Society of Peritoneal Dialysis (ISPD) per il trattamento della peritonite nella dialisi peritoneale: cosa c’è di nuovo”, Giornale di Tecniche Nefrologiche e Dialitiche, 23(1): 20 – 25.
– Rodriguez-Carmona A., Pérez Fontan M., Garcia Falcon T., Fernandez Rivera C., Valdés F. (1999), A comparative analysis on the incidence of peritonitis and exit-site infection in CAPD and automated peritoneal dialysis. Perit Dial Int, 19(3): 253- 258.
– La Greca G., Ronco C., Feriani M. (1991), Peritoneal dialysis, Milano, Wichtig.
– Marcolongo R. et. al. (2006), Curare con il malato: l’educazione terapeutica come postura professionale, Torino, Edizioni Change.
– Cotto M., Ferrero R., Rivetti M. (1991). Il supporto psicologico al paziente in dialisi e la formazione degli operatori, Atti del X incontro Nazionale EDTNA/ERCA: pag 30-34.