Il progetto di ricerca Guardian Angel®: risultati preliminari


RIASSUNTO
Introduzione L’osteoporosi è una patologia scheletrica molto diffusa nella popolazione anziana e la complicanza più grave è la frattura da fragilità. Il progetto Guardian Angel® è stato sviluppato per migliorare la cura di sé (self-care) e la qualità di vita nelle pazienti con osteoporosi severa che hanno subito una frattura da fragilità attraverso interventi di educazione terapeutica mirata. Lo scopo di questo contributo è presentare i risultati descrittivi preliminari del progetto Guardian Angel® nella versione 1.0.
Materiali e metodi Il disegno dello studio è di tipo descrittivo-trasversale; è stato effettuato un campionamento di convenienza e sono stati utilizzati diversi strumenti di indagine. La popolazione di riferimento è composta da donne in post menopausa degenti per una frattura da fragilità.
Risultati Lo studio ha coinvolto 316 pazienti. L’età media era di 76 anni. Il luogo principale dove si è verificata la frattura è risultata l’abitazione per il 69,94% delle pazienti, in particolare durante lo svolgimento delle attività domestiche. Tra i fattori di rischio indagati si è evidenziato che il 16,54% del campione aveva familiarità per l’osteoporosi, il 55% era affetto da comorbidità, il 62% non praticava attività fisica e il 71,17% soffriva di dolore alla schiena.
Conclusioni Con questo studio è stato delineato il profilo clinico-assistenziale delle pazienti da inserire in programmi di educazione terapeutica per la riduzione dei fattori di rischio, l’aderenza ai trattamenti e il miglioramento dello stile di vita. Si ritiene necessario estendere lo studio a contesti diversi, come quello ambulatoriale.
Parole chiave: osteoporosi, post menopausa, intervento educativo, progetto Guardian Angel, cura di sé, qualità di vita
 


The Guardian Angel® research project: preliminary results

ABSTRACT
Introduction Osteoporosis is a very common disease in the elderly. The major complication of osteoporosis is fragility fracture. A research project called Guardian Angel® was developed to improve, through tailored education, self-care and quality of life in osteoporotic women who have had a fragility fracture. This article describes the preliminary descriptive results of the Guardian Angel® version 1.0 research project.
Methods A cross-sectional descriptive study was carried out. A convenience sample was enrolled and different assessment tools were used. The sample includes postmenopausal women, hospitalized for a fragility fracture.
Results The study involved 316 patients. The average age was 76 years. In 69,94% of women the fracture occurred at home during ordinary activities, as doing housework. Among risk factors investigated, 16,54% of sample had a family history of osteoporosis, 55% was affected by comorbidity, 62% did not practice physical activity and 71,17% referred back pain.
Conclusions A clinical care profile of patients was highlighted. These patients can be included in programs of therapeutic education in order to improve adherence to medication and lifestyle and reduce risk factors. Further studies are needed to investigate also different healthcare settings such as outpatient.
Keywords: Osteoporosis, post-menopause, educational intervention, Guardian Angel project, self-care, quality of life


 

INTRODUZIONE 
L’osteoporosi è una patologia scheletrica molto diffusa in particolare nella popolazione anziana. La prevalenza della malattia è stimata in circa 200 milioni di persone nel mondo, 27,5 milioni in Europa, di cui 5 milioni in Italia (Dempster DW, 2011; Hernlund E et al., 2013; Svedbom A et al., 2013; Tarantino U et al., 2007, 2010; Reginster JY et al., 2006). L’80% delle persone affette da osteoporosi sono donne in post menopausa delle quali il 50% non è a conoscenza della propria malattia (Reginster JY et al., 2006; Tarantino U et al., 2007, 2010); per questo la patologia è stata denominata anche “malattia silente” perché, spesso, è asintomatica (Tarantino U et al., 2008).
Una conseguenza frequente e grave della malattia è la frattura da fragilità, ovvero una frattura che si verifica a seguito di un trauma che normalmente non provocherebbe danni a un osso normale. Queste fratture rappresentano un’importante causa di mortalità e morbilità oltre che un rilevante fattore che può determinare una scarsa qualità della vita ed elevati costi sanitari e sociali (Bouee S et al., 2006; Piscitelli P et al., 2007, 2011; Sack F, 2008). Inoltre, le persone che hanno subito una frattura da fragilità, se non trattate adeguatamente, risultano essere a elevato rischio di successive fratture (Brandi ML et al., 2010; Eisman JA et al., 2012; Hernlund E et al., 2013; Svedbom A et al., 2013). Nonostante ciò, la patologia osteoporotica non sempre viene trattata in modo adeguato; infatti, molto spesso le pazienti osteoporotiche non ricevono interventi educativi utili per prevenire le rifratture come, per esempio, quelli per migliorare il proprio stile di vita e l’aderenza al trattamento farmacologico (Lai PS et al., 2011; Oh EG et al., 2014; Olsen CF et al., 2014; Khani Jeihooni A et al., 2015; Beaudoin C et al., 2014).
In diversi Paesi, quali Inghilterra, Francia, Australia, Canada e Stati Uniti, sono stati sviluppati progetti per la gestione del percorso clinico-assistenziale ed educativo delle persone che hanno subito una frattura da fragilità. Tali progetti si sono dimostrati efficaci diminuendo il rischio di successive fratture e gli esiti negativi sopradescritti (Bogoch ER et al., 2006; Brandi ML et al., 2010; Casentini C et al., 2011; Cooper MS et al., 2012; Dell R, 2011; Eisman JA et al., 2012; Gallacher SJ, 2005; Marsh D et al., 2011; Mclellan AR et al., 2003; Sale JE et al., 2011; Boudou L et al., 2011).
Un importante fattore per la prevenzione delle rifratture e della morbilità correlata è l’aderenza sia al trattamento farmacologico sia al mantenimento di uno stile di vita sano. La carente aderenza terapeutica a lungo termine è un problema comune nelle malattie croniche, fra cui l’osteoporosi. Le persone che aderiscono alla terapia e conducono uno stile di vita adeguato possono ridurre il rischio di frattura dal 30% al 70% (Burrell S et al., 2013; Gold DT, 2011; Hiligsmann M et al., 2012; Huas D et al., 2010; Van Boven JF et al., 2013).
Secondo alcuni studi, una percentuale fra il 50% e il 75% dei pazienti in cura con farmaci contro l’osteoporosi abbandona la terapia entro un anno dall’inizio della stessa (Hiligsmann M et al., 2013; Modi A et al., 2014). L’abbandono della terapia è dovuto a diversi fattori quali una scarsa conoscenza della patologia, la dimenticanza, la comparsa di effetti collaterali, le difficoltà economiche, la polifarmacoterapia, le barriere cognitive e altro. Le persone assistite che, attraverso interventi educativi, acquisiscono conoscenza e consapevolezza circa la patologia possono aderire in modo più efficace alla terapia, tenere uno stile di vita sano e godere di una buona qualità di vita (Chan MF et al., 2006; Jaarsma T et al., 2012). Le informazioni ricevute circa l’uso dei farmaci risultano fondamentali per l’aderenza al trattamento (Dreinhofer KE et al., 2005; Gold DT, 2011; Tarantino U et al., 2011).
L’adesione al trattamento terapeutico e a un corretto stile di vita è una dimensione importante della cura di sé (self-care). La cura di sé è il processo che le persone possono mettere in atto per promuovere, mantenere e migliorare la propria salute e gestire le malattie, in particolare quelle croniche (Ausili D et al., 2014; Riegel B et al., 2012).
Sulla base di queste considerazioni è stato sviluppato un progetto di ricerca denominato Guardian Angel®; il progetto si inserisce nel quadro epidemiologico sopradescritto e può essere collocato concettualmente all’interno delle strategie proposte dall’International Osteoporosis Foundation (IOF). Essa ha promosso una campagna denominata “Capture the Fracture®” con la finalità di promuovere modelli organizzativi o percorsi per la prevenzione secondaria delle fratture da fragilità. L’IOF ritiene che questi percorsi siano molto utili per migliorare le cure e contenere i costi sanitari legati alle fratture (Javaid MK et al., 2015).
Il progetto Guardian Angel®, attraverso un intervento educativo personalizzato condotto dall’infermiere, mira a fare acquisire alle pazienti la capacità di assumere comportamenti corretti di cura di sé e migliorare la propria qualità di vita. Inoltre, il progetto, attraverso un percorso di formazione sul campo degli infermieri coinvolti, si propone di promuovere lo sviluppo di competenze infermieristiche al fine di pianificare, gestire e valutare interventi di educazione terapeutica mirati per la prevenzione primaria e secondaria delle donne in post menopausa.
Uno degli obiettivi a lungo termine del progetto è quello di creare in Italia la figura del bone care nurse, già presente in diversi paesi; si tratta di un infermiere con conoscenze approfondite e aggiornate sulle malattie metaboliche dell’osso e con specifiche competenze cliniche per pianificare, gestire e valutare l’assistenza a pazienti con osteoporosi, agendo ai vari livelli di prevenzione e nei diversi contesti assistenziali.
Il progetto Guardian Angel® è costituito da tre versioni:

  • 1.0, rivolta alle donne in post menopausa con frattura da fragilità degenti nelle unità operative di ortopedia e traumatologia;
  • 2.0, rivolta alle donne in post menopausa afferenti agli ambulatori;
  • 3.0, rivolta alle donne in post menopausa sia degenti sia ambulatoriali.

Lo scopo di questo contributo è descrivere i risultati preliminari del progetto Guardian Angel® nella versione 1.0. In particolare, si vogliono indagare i dati socio-demografici, l’evento traumatico e i fattori di rischio maggiori per l’osteoporosi quali la familiarità, l’anamnesi fisiologica e patologica, la terapia farmacologica, lo stile di vita e le capacità funzionali di base.

MATERIALI E METODI
Il disegno dello studio è di tipo descrittivo-trasversale.

Progetto Guardian Angel® versione 1.0
Il progetto di ricerca Guardian Angel®, nella versione 1.0, è stato promosso dal Dipartimento di biomedicina e prevenzione dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, dal Centro di eccellenza per la cultura e la ricerca infermieristica e dal Gruppo italiano di studio in ortopedia dell’osteoporosi severa. Il disegno dello studio è stato quasi-sperimentale, longitudinale e multicentrico. La durata del progetto è stata di 12 mesi, da aprile 2013 a maggio 2014.
L’intervento educativo è stato effettuato durante la degenza ospedaliera e, successivamente, tramite 4 colloqui telefonici individuali al fine di rinforzare l’educazione iniziale.
Il progetto ha coinvolto 53 infermieri afferenti alle unità operative di ortopedia e traumatologia di diverse strutture ospedaliere dislocate sul territorio nazionale.

Campione e contesto
La popolazione di riferimento era costituita da donne in post menopausa ricoverate presso unità operative di ortopedia e traumatologia e che avevano riportato almeno una frattura. Lo studio è stato condotto in 25 strutture ospedaliere italiane di cui 6 aziende ospedaliero-universitarie, 14 aziende sanitarie locali e 5 case di cura private; una struttura è situata nel Nord Italia, 11 al centro e 13 nel Sud Italia.
E’ stato effettuato un campionamento di convenienza. I criteri di inclusione sono stati:

  • condizione di menopausa (spontanea o chirurgica);
  • avere riportato una frattura ossea e presenza di almeno un fattore di rischio maggiore per l’osteoporosi quali la familiarità, la presenza di polipatologie, l’assunzione di corticosteroidi per oltre 3 mesi consecutivi, il fumo, l’assunzione di alcolici in alte dosi, l’intolleranza a latte e latticini, una frattura ossea causata da un banale trauma, precedenti fratture e cadute frequenti.

I criteri di esclusione sono stati:

  • la presenza di insufficienza renale grave;
  • la presenza di patologie neoplastiche pregresse o in atto.


Strumenti

Questionario socio-demografico
Si tratta di un questionario socio-demografico sviluppato dal gruppo di ricerca e utilizzato per raccogliere variabili quali l’età, la diagnosi medica, la descrizione dell’evento traumatico (luogo e orario e modalità) e l’istituzionalizzazione alla dimissione.

Questionario sui fattori di rischio
Si tratta di un questionario per misurare i principali fattori di rischio legati all’osteoporosi. Il questionario è composto da 67 affermazioni suddivise in 6 dimensioni: la storia familiare, l’anamnesi fisiologica, l’anamnesi patologica, la terapia farmacologica, lo stile di vita e le capacità funzionali di base come, per esempio, la comunicazione, l’alimentazione e l’idratazione, la mobilizzazione e l’eliminazione.

Validità degli strumenti
Su tutti gli strumenti è stata effettuata una validazione di contenuto con un gruppo di esperti. Successivamente, gli strumenti sono stati somministrati a un campione di 50 pazienti per testare la loro usabilità e chiarezza. Sulla base di questa prima somministrazione il gruppo di esperti ha effettuato alcune modifiche e poi gli strumenti sono stati nuovamente valutati tramite risomministrazione ai 50 pazienti.

Raccolta dei dati
La raccolta dei dati è avvenuta durante la degenza ospedaliera (baseline), dove sono stati somministrati dall’infermiere il questionario socio-demografico e il questionario sui fattori di rischio. Gli infermieri hanno somministrato i questionari per poter verificare se i pazienti fossero arruolabili all’interno dello studio e quindi a rischio di sviluppare l’osteoporosi o già affetti da tale patologia.

Analisi dei dati
Sono state utilizzate la media e la deviazione standard per le variabili continue, mentre le frequenze e le percentuali per le variabili categoriali. L’analisi dei dati è stata eseguita utilizzando il software Statistical Package for Social Science (SPSS), versione 19.0.

Aspetti etici
Il protocollo di studio è stato sottoposto al comitato etico indipendente della Fondazione Policlinico Tor Vergata di Roma che, nell’aprile 2013, ha espresso parere favorevole. E’ stato richiesto ai pazienti il consenso alla partecipazione allo studio prima del reclutamento e, qualora si fossero evidenziate delle barriere cognitive, è stato coinvolto anche il caregiver. I pazienti e i loro caregiver potevano in qualsiasi momento scegliere di uscire dallo studio. I dati raccolti sono stati trattati in maniera confidenziale poiché sono stati inseriti all’interno di una banca dati informatica attraverso un codice, garantendo così la rintracciabilità del percorso ma non l’individuazione della persona fisica.

RISULTATI
Campione

Lo studio ha coinvolto 316 pazienti donne, arruolate al momento del ricovero presso le unità operative di ortopedia e traumatologia delle strutture considerate a seguito di una frattura ossea.
L’età media del campione è risultata essere di 76±10,55 anni, con una degenza media di 10±9,11 giorni. L’esito alla dimissione è stato per il 65,51% dei casi al proprio domicilio, per il 24,68% in clinica riabilitativa, per il 7,91% presso un’altra struttura, per l’1,26% presso un altro domicilio mentre è avvenuto il decesso per lo 0,64% delle pazienti. Per quanto riguarda il grado di autonomia, al momento dell’arruolamento il 76,9% delle pazienti era autonomo, il 13,36% parzialmente autonomo e il 9,74% dipendente.

Evento traumatico
L’evento traumatico della frattura è stato osservato in funzione al luogo, alla modalità e all’orario di manifestazione. Il luogo principale è risultato essere l’abitazione per il 69,94% delle pazienti. In particolare, l’evento traumatico è avvenuto secondo modalità non precisate nel 33,55% dei casi, durante le attività domestiche nel 25,95% dei casi, alzandosi dal letto nel 19,3% dei casi, facendo le scale nel 6,65% dei casi, alzandosi dalla sedia nel 6,32% dei casi, a causa di un incidente stradale nel 5,37% dei casi, durante l’attività lavorativa nell’1,6% dei casi e, infine, durante l’attività sportiva nell’1,26% dei casi. La frattura è avvenuta di mattina nel 55,06% dei casi, di pomeriggio nel 30,38% dei casi e di notte nel 14,56% dei casi.

Fattori di rischio maggiori per l’osteoporosi
Familiarità
L’analisi dei fattori di rischio maggiori per l’osteoporosi ha verificato se vi erano elementi riconducibili all’osteoporosi e alla fragilità ossea nella storia familiare. L’osteoporosi non è stata diagnosticata nei genitori dei pazienti nel 51,8% dei casi mentre lo è stata, in almeno uno dei due genitori, nel 16,54% dei casi; il 31,65% delle pazienti non è stato in grado di riferire con precisione il dato. Un altro elemento di indagine era la possibilità che la nonna, la madre o la sorella della paziente avessero subito una frattura in seguito a una caduta, situazione verificatasi nel 38,79% dei casi.

Anamnesi fisiologica
Sono stati indagati il peso e l’altezza dei pazienti in quanto il primo potrebbe compromettere la mobilizzazione e l’altra è un probabile indice di crolli vertebrali. Confrontando le suddette variabili, riferite al momento dell’indagine e all’età di 30 anni, è emerso che le partecipanti hanno subito un aumento di peso, in media di 6,8 kg, e una diminuzione dell’altezza, in media di 2,9 cm.
Un altro fattore di rischio indagato è stata l’età in cui è iniziata la menopausa, risultata essere mediamente di 44,3±5,52 anni. Nell’84,70% dei casi la menopausa è stata spontanea mentre nel 15,30% chirurgica. Nel 5,95% dei casi il ciclo mestruale si è interrotto per un periodo superiore a 12 mesi prima dei 35 anni, escludendo le gravidanze.

Anamnesi patologica
La diagnosi di osteoporosi è stata confermata, attraverso la mineralometria ossea computerizzata, nel 40,29% del campione. Rispetto alla comorbidità, si è evidenziata la contemporanea presenza di osteoporosi con artrite reumatoide (16,06%), con depressione (14,91%), con patologie tiroidee (14,08%) e con patologie infiammatorie croniche dell’intestino (9,75%).

Terapia farmacologica
E’ stata indagata l’assunzione di una terapia con corticosteroidi per oltre 3 mesi consecutivi, che è risultata presente nel 13,97% del campione. Il 36,59% delle pazienti ha assunto la terapia per osteoporosi, di cui la più frequente è stata quella con bifosfonati (83,33%) seguita, in ordine di frequenza decrescente, da quella con teriparatide (8,33%), con ranelato di stronzio (5,95%) e con denosumab (5,95%).

Stile di vita
L’indagine sugli stili di vita ha valutato l’abitudine al fumo, l’attività fisica e l’esposizione solare per almeno 10 minuti al giorno. Solo l’8,63% delle pazienti era fumatrice; più della metà del campione (61,59%) non praticava attività fisica e la stragrande maggioranza (85,61%) trascorreva almeno 10 minuti al giorno all’aria aperta durante le ore di sole.

Capacità funzionali
Le capacità funzionali di base indagate sono state l’interazione nella comunicazione, l’alimentazione e l’idratazione, la mobilizzazione e l’eliminazione. L’analisi della funzione di comunicazione era orientata a esplorare l’esistenza di deficit sensoriali quali fattori predisponenti le cadute; si è evidenziato che l’85,51% del campione utilizzava gli occhiali e il 5,86% apparecchi acustici. Le funzioni di alimentazione e idratazione sono state esplorate considerando alcune abitudini che possono rappresentare fattori di rischio o protettivi per l’insorgenza dell’osteoporosi. Particolare attenzione è stata posta all’assunzione di acqua, per il possibile contenuto di calcio, dove è risultato che solo il 28,57% del campione beveva oltre 1,5 litri al giorno. Tra coloro che hanno dichiarato di non avere intolleranze a latte o latticini (86,02%), il 56,49% beveva meno di un bicchiere di latte al giorno, il 37,24% beveva tra 1 e 2 bicchieri di latte al giorno e solo il 6,28% beveva oltre i 2 bicchieri, mentre l’88,77% del campione ha dichiarato di mangiare regolarmente formaggi. Il 13,41% delle pazienti assumeva vino o alcolici in alte dosi e il 19,52% ha dichiarato di bere più di due caffè al giorno. Solo il 50% del campione ha mantenuto un’alimentazione globalmente corretta.
La mobilizzazione è stata considerata una variabile molto rilevante nell’analisi dei fattori di rischio. Il 93,19% del campione ha riferito di aver riportato una frattura determinata da un “banale” trauma, confermando l’aspetto della fragilità ossea, così come circa la metà del campione ha affermato di avere già subito fratture nella propria vita. La paura di cadere è risultata presente nel 34,31% delle pazienti. Anche il dolore alla schiena è stato valutato come sintomo che può ridurre la mobilità; infatti, il 71,17% delle pazienti ha dichiarato di soffrirne. Per quanto riguarda la funzione di eliminazione, il 17,33% delle pazienti ha avuto problemi di incontinenza e il 70,86% del campione ha dichiarato di essersi alzata durante la notte per andare in bagno.

DISCUSSIONE
Le pazienti osservate erano tutte ricoverate in ospedale a seguito di una frattura da fragilità che, come rilevato dalla letteratura, rappresenta di per sé un importante fattore di rischio per successive fratture (Brandi ML et al., 2010; Eisman JA et al., 2012; Hernlund E et al., 2013; Svedbom A et al., 2013; Harrington JT et al., 2007; Demontiero O et al., 2014).
L’età media delle pazienti (76 anni) è un rilevante fattore di rischio rilevante, come riportato in diverse fonti bibliografiche; infatti, la probabilità di fratture aumenta in riferimento all’età: per esempio, il rischio di frattura dell’anca è dell’1,4% per una donna di 50 anni e del 14,2% per una donna di 80 anni (Brandi ML et al., 2010).
La maggioranza delle fratture è avvenuta a seguito di un “banale” trauma verificatosi nell’ambiente domestico e durante le normali attività di vita quotidiana (durante le attività domestiche, alzandosi dal letto, dalla sedia o dalla poltrona o facendo le scale); questo conferma ulteriormente il concetto di fragilità. I risultati sono in linea con i dati di fonti che hanno indagato il fenomeno degli incidenti domestici in Italia (ISS, 2009). In questa indagine è stato rilevato che gli ambienti domestici dove avvengono più frequentemente le cadute e i traumatismi sono la camera da letto, la cucina, le scale e il bagno. In questo modo, i risultati ribadiscono l’importanza della sicurezza dell’ambiente domestico, dell’informazione/educazione e della rimozione o modifica dei fattori di rischio ambientali per la riduzione del rischio di caduta nei contesti di vita quotidiana (Casentini C et al., 2011; Pfortmueller CA et al., 2014; Rao SS, 2005; Hill AM et al., 2013; Landis SE et al., 2014; Tinetti ME, 2003).
Il mattino è risultato il momento della giornata in cui si verificano con più frequenza gli eventi traumatici che portano alla frattura. In alcuni studi, riferiti a differenti contesti assistenziali (ospedale, centri residenziali o riabilitativi) si è invece rilevato come la maggioranza degli eventi avvenga di notte (Brandi A et al., 2002; Pennini A et al., 2008). E’ probabile che tale differenza sia dovuta proprio a una diversità di contesto di analisi e che, in ambito domestico, l’incidenza in orario mattutino sia dovuta alle tipologie di attività svolte quotidianamente in quella fascia oraria.
I fattori di rischio riconducibili alla familiarità per l’osteoporosi riportati in letteratura (Bogoch ER et al., 2006; Brandi ML et al., 2010), quali la diagnosi di osteoporosi ai genitori e le fratture riportate dalla nonna, dalla madre o dalla sorella delle pazienti, sono risultate confermate in percentuali rilevanti. L’anamnesi personale del rischio di frattura da fragilità ha evidenziato che l’età di inizio della menopausa è mediamente di 44 anni, lievemente inferiore ai tempi fisiologici (45/55 anni) e pertanto evidenza della presenza di un fattore di rischio.
La diagnosi certa di osteoporosi, attraverso la mineralometria ossea computerizzata, è stata rilevata solo nel 40% del campione, confermando anche in questo caso la citata silenza della malattia fino al momento della frattura. Inoltre, un numero rilevante di pazienti era affetta anche da altre patologie. La presenza di tale comorbidità è un fattore che può peggiorare il rischio di frattura (Brandi ML et al., 2010; Cartabellotta A et al., 2012) sia per l’ulteriore compromissione delle condizioni generali sia per la necessità di assumere farmaci che incidono sul metabolismo dell’osso.
Gli stili di vita, quali l’abitudine al fumo, l’attività fisica e l’esposizione al sole per almeno dieci minuti al giorno, sono stati indagati perché considerati rilevanti nella letteratura per capire come proteggere le pazienti dal rischio di frattura e in generale dalla fragilità dell’osso (Brandi et al., 2010, Tarantino et al., 2010, Smith, 2010). Nel campione considerato, meno del 10% delle pazienti fumava, più dell’80% di esse ha dichiarato di trascorrere del tempo all’aria aperta con esposizione al sole ma più della metà del campione non praticava attività fisica; quest’ultima è considerata molto importante per la prevenzione delle cadute e delle rifratture.
Le capacità funzionali di base indagate, ovvero la comunicazione, l’alimentazione e idratazione, l’eliminazione e la mobilizzazione, quando alterate o compromesse, possono rappresentare dei fattori di rischio per ulteriori eventi traumatici e fratture da fragilità (Smith CA, 2010; Karlsson MK et al., 2013; Conklin A et al., 2012). L’alterazione della comunicazione è risultata un elemento di attenzione nel campione indagato in quanto molte pazienti (oltre l’85%) portavano gli occhiali o apparecchi acustici. Rispetto alle abitudini alimentari, fattore considerato molto rilevante per la prevenzione (Rizzoli R et al., 2014a, b; Christianson MS et al., 2013), si sono evidenziati comportamenti protettivi nella maggioranza delle pazienti. Infatti, l’alimentazione è risultata globalmente corretta in oltre il 50% del campione, compresa l’assunzione quotidiana di latte e latticini. Anche l’abitudine all’uso di alcol è risultata limitata a meno del 15% delle pazienti incluse nello studio. Per contro, solo un quarto del campione assumeva più di 1,5 litri di acqua (fonte di calcio) al giorno. In merito all’eliminazione è emerso un importante fattore di rischio: oltre il 70% delle pazienti si alzava durante la notte per andare in bagno, esponendosi a una maggiore possibilità di cadere. La capacità funzionale più direttamente correlata con il rischio di traumi e cadute è quella della mobilizzazione (Christianson MS et al., 2013; Karlsson MK et al., 2013; Burke TN et al., 2010). Nel campione è stata riscontrata la presenza di diversi fattori che possono facilitare gli eventi traumatici, quali il dolore, la paura di cadere e l’uso di ausili per la deambulazione (Rao SS, 2005; Tinetti ME, 2003; Demons JL et al., 2014). Il dolore alla schiena è risultato il principale sintomo ostacolante la corretta mobilità; tale fattore è risultato presente in oltre 2/3 del campione con un’intensità moderata/severa nella maggioranza delle pazienti (45,89%). Infine, la presenza di paura di cadere era un fattore predittore di ulteriori cadute in circa 1/3 delle pazienti (Rao SS, 2005; Scheffer AC et al., 2008).

Limiti
Lo studio è stato condotto su pazienti ricoverate in ospedale dopo un evento traumatico che ha portato a una frattura, pertanto questo lo rende non generalizzabile ad altri contesti assistenziali dove l’osteoporosi viene diagnosticata e trattata. Inoltre, considerando che lo studio si è svolto in Italia, la generalizzazione ad altri Paesi è da valutare con cautela. Infine, i limiti di questo contributo sono relativi alla presentazione dei soli risultati preliminari descrittivi di alcune variabili.

CONCLUSIONI
L’analisi dei dati presentati in questo contributo, dedicata agli aspetti socio-demografici, ai fattori di rischio e alle capacità funzionali delle pazienti dopo l’evento traumatico, ha contribuito a delineare il profilo clinico-assistenziale delle pazienti che possono essere inserite in programmi di educazione terapeutica per la riduzione dei fattori di rischio, l’aderenza ai trattamenti e al miglioramento dello stile di vita. I risultati del progetto Guardian Angel®, versione 1.0, potranno essere utilizzati da organizzazioni e professionisti al fine di aumentare la consapevolezza sulla necessità di approcci sistemici alla patologia osteoporotica che includano il coordinamento delle risorse e delle competenze educative per ridurre le complicanze e i fattori di rischio di frattura. Si ritiene altresì necessario ampliare lo studio anche a contesti diversi da quello ospedaliero di tipo ortopedico-traumatologico per esplorare in modo più preciso questi ambiti di intervento. L’ambiente ambulatoriale e l’aumento di centri afferenti sarà un prossimo obiettivo dello studio che potrà pertanto prevedere una seconda fase dedicata proprio alle pazienti ambulatoriali e alla prevenzione primaria e secondaria.
Finanziamenti: questo lavoro è stato finanziato dal Centro di eccellenza per la cultura e ricerca infermieristica (CECRI).

Conflitti di interesse: nessun conflitto di interesse è stato dichiarato dagli autori.
 

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Bibliografia

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