Etica del caring: analisi del distress morale degli infermieri tutor


Introduzione
I dilemmi etici sono una caratteristica ricorrente nella pratica infermieristica e possono essere attribuiti ai progressi nella scienza e nella tecnologia scientifica e alla globalizzazione, che generano incertezza nel comportamento etico.
La natura morale della pratica infermieristica è insita nel rapporto infermiere-paziente (Yarling e McElmurray, 1986; Kelly 1990; Mortari, 2006). Un’aspettativa professionale è quella che gli infermieri si impegnino in una condotta etica (Federazione Nazionale Collegi Ipasvi, 2009).

Tuttavia, molti studi hanno appurato che, sebbene gli infermieri conoscano la condotta etica nella pratica infermieristica, ritengono che le pressioni gerarchiche spesso rendano difficile il mantenimento degli standard etici (Ketefian, 1981, De Veer et al., 2013). Non c'è dubbio infatti che fattori organizzativi e variabili di lavoro influenzino la pratica etica (Crisham, 1981; Mayberry, 1986; Ulrich, 2012; Karanikola et al., 2013). Holly (1993) ha descritto come spesso gli infermieri si sentano impotenti, frustrati e presentano angoscia morale, ma è anche possibile che molti infermieri non abbiano ben chiaro il loro ruolo etico (Smith, 1996; Pavlish, 2011).

Grazie alla loro posizione centrale nella cura del paziente, gli infermieri dovrebbero essere una delle figure più importanti nel processo decisionale etico. La letteratura internazionale indica che gli infermieri sperimentano frequentemente distress morale (Wilkinson, 1987; Corley, 1995, 2002; Corley et al., 2005; Elpern et al., 2005; Gutierrez, 2005; Mobley et al., 2007; Zuzelo, 2007; Rice et al., 2008; Pauly et al., 2009; Lovato, Cunico, 2012; Negrisolo, Brugnaro, 2012). Questa espressione indica la situazione di sofferenza che l’infermiere vive quando “riconosce la cosa giusta da fare, e tuttavia impedimenti istituzionali gli rendono impossibile seguire il giusto corso d’azione” (Jameton, 1984). Il disagio conseguente al distress morale si ripercuote sulle attività degli infermieri e può portare a provare angoscia morale con conseguente insoddisfazione del proprio lavoro e a burnout (Corley, 2002; 2005).

Nella professione infermieristica l’oggetto delle cure è sempre un individuo in una situazione esistenziale difficile. Per potersi assumere la responsabilità di decisioni, spesso difficili, l’in­fermiere in aggiunta a una buona preparazione ed esperienza dev’essere portatore di una eleva­ta maturità morale e questo è ancora più importante se si ha anche la responsabilità degli studenti infermieri.

La qualità delle decisioni del singolo infermiere è determinata sia dalle norme di riferimento del Codice Deontologico, sia dalla propria maturità etica. L’infermiere è infatti un agente morale, cioè una persona che compie scelte di natura etica poiché il suo agire è con­dizionato, ma non del tutto determinato, dalle disposizioni che riceve, dall’organizzazione del lavoro e dalle richieste degli altri professionisti. Diversi studi hanno indicato gli effetti della sensibilità etica sul miglioramento delle prestazioni etiche degli infermieri e nel potenziare le relazioni infermiere-paziente (Numminen et al., 2009).

Lo scopo di questo lavoro è quello di esplorare le questioni etiche nel contesto dell'esperienza clinica degli infermieri tutor per comprendere come gli infermieri le affrontano.

Gli obiettivi dello studio sono i seguenti:

  • analizzare il distress morale degli infermieri tutor;
  • descrivere la tipologia di casi etici affrontati dagli infermieri tutor nei contesti assistenziali;
  • analizzare le modalità con cui gli infermieri tutor affrontano i casi etici, facendo riferimento ai principi etici generali.

Sono stati interpellati tutti gli infermieri che svolgono la funzione di tutor clinici afferenti al Corso di Laurea in Infermieristica di Torino, escludendo coloro che sono stati nominati tutor da meno di sei mesi.
Per raggiungere l’obiettivo sopra elencato, è stato chiesto ai tutor clinici inclusi nello studio di compilare un questionario validato (Negrisolo, 2012), il Moral Distress Scale (MDS), descrivente le 25 situazioni maggiormente ricorrenti in letteratura di distress morale (Tabella 1), specificando sia l’intensità di distress morale provato, sia la frequenza con la quale i rispondenti hanno vissuto la situazione descritta in una scala Likert a 5 punti (Corley, 2001).

Livelli significativi di moral distress sono quelli che riportano valori maggiori di 7 (Rice, 2008). Il questionario è stato suddiviso dagli autori in tre aree corrispondenti ai seguenti ambiti:

  • organizzazione (item 1, 2, 11, 16, 17, 23 e 24);
  • potere decisionale (item 3, 4, 5, 9, 10, 13, 14, 15, 19 e 22);
  • responsabilità individuale (item 6, 7, 8, 12, 18, 20, 21 e 25).

 

Tabella 1 – Analisi descrittiva dei valori di MDS

SITUAZIONI (ITEM)

Moral Distress Score (media) range 0-16

Moral Distress Score (deviazione standard)

  1. Aderire alle richieste di cura dei famigliari anche se non sono d’accordo, solo perché la direzione dell’ospedale teme un’azione legale

3,05

3,51

  1. Aderire alle richieste dei famigliari nel continuare le cure anche se non è nell’interesse del paziente

3,87

4,81

  1. Eseguire in base a un ordine medico esami e trattamenti non necessari

4,78

4,06

  1. Collaborare con il medico durante un esame o un trattamento senza consenso del paziente

2,05

3,28

  1. Iniziare o continuare trattamenti di sostegno vitale, quando penso siano solo un prolungamento della morte

3,95

4,39

  1. Ignorare consapevolmente situazioni in cui si sospetta che i caregiver abusino dei pazienti

0,99

2,75

  1. Evitare di prendere provvedimenti quando so che un collega infermiere ha fatto un errore terapeutico

2,71

3,54

  1. Autorizzare gli studenti a compiere procedure su un paziente, anche dopo l’insuccesso della rianimazione cardiopolmonare

0,24

1,08

  1. Assistere i medici che effettuano procedure su un paziente, anche dopo l’insuccesso della rianimazione cardiopolmonare

0,76

2,06

  1. Eseguire un ordine medico che richiede esami e trattamenti non necessari su malati terminali

2,86

3,79

  1. Lavorare con un carico di lavoro che considero pericoloso per l’assistenza

7,47

5,44

  1. Osservare senza intervenire quando il personale sanitario non rispetta la privacy del paziente

3,22

4,04

  1. Seguire l’ordine medico di non dire la verità al paziente quando quest’ultimo chiede di conoscerla

2,39

3,88

  1. Assistere un medico che a tuo parere è incompetente nel fornire le cure

3,64

3,81

  1. Preparare un anziano con grave demenza, per un intervento di gastrostomia

1,04

2,67

  1. Dimettere un paziente, quando avrebbe ancora necessità di assistenza

2,77

3,45

  1. Discriminare (trattare diversamente) i pazienti sulla base del loro grado culturale e/o dell’estrazione sociale

0,88

2,28

  1. Seguire la richiesta della famiglia di non discutere della morte con un paziente in fase terminale, che invece ne vuole parlare

1,56

3,19

  1. Somministrare farmaci che non alleviano la sofferenza del paziente, perché il medico ha timore che una dose maggiore di antidolorifico aggravi la situazione del paziente

3,16

4,09

  1. Aumentare la dose di morfina per via EV ad un paziente incosciente anche se si pensa che accelererà la morte

1,44

2,61

  1. Rispondere alla richiesta del paziente con una prognosi infausta che chiede di essere aiutato a morire

0,91

2,05

  1. Seguire gli ordini circa i farmaci antidolorifici anche quando questi non controllano il dolore

2,56

3,65

  1. Lavorare con infermieri che non sono competenti come la cure del paziente richiede

4,41

4,25

  1. Lavorare con personale di supporto che non è competente come richiesto dalla cura del paziente

3,68

3,73

  1. Chiedere alla famiglia del paziente circa la donazione di organi quando la morte del paziente è inevitabile

1,09

2,85

Con l’espressione organizzazione si intende “l’insieme di risorse umane e materiali, regole e procedure che possono influenzare l’attività del singolo infermiere”. Con l’espressione potere decisionale medico si intendono “quelle situazioni in cui l’azione infermieristica si realizza in base a direttive mediche e quindi l’azione infermieristica risulta fortemente condizionata dai valori di questo professionista”. Infine con il termine responsabilità individuale si intendono “quelle situazioni in cui il singolo infermiere esprime il proprio mandato professionale non condizionato da fattori esterni, ma agendo in base ai propri valori etici” (Negrisolo, 2012).

Per ciascuna delle situazioni vissute, l’infermiere tutor ha specificato anche le modalità con cui sono state affrontate. In particolare se la situazione non è stata affrontata, se è stata affrontata da solo; solo con gli studenti; con i colleghi infermieri senza o con gli studenti; con l’èquipe assistenziale senza o con gli studenti.
Tale strumento è stato inoltre integrato dalle variabili socio-demografiche e professionali, quali: età, genere, titolo di formazione professionale, anzianità di servizio, anzianità di ruolo in qualità di tutor clinico, tipo di servizio in cui svolge la professione e principi etici che guidano la professione.

Infine, per l’analisi dei principi etici che sottendono la presa di decisione dei professionisti, i rispondenti hanno espresso una scelta tra: principio di beneficenza, di non-maleficenza, di autonomia, principio di giustizia, nessuno, non lo so, altro (specificare).

Il distress nel Corso di Laurea in Infermieristica
Lavorare con un carico di lavoro che si considera pericoloso per l’assistenza rappresenta l’unica situazione che genera distress morale negli infermieri interpellati.

Rispetto alle tre aree individuate dal questionario di Corley (organizzazione, potere decisionale del medico e responsabilità individuale), l’area che genera maggiore distress morale è quella legata all’organizzazione, seguita dal potere decisionale medico.
I casi clinici etici vengono affrontati dagli infermieri tutor intervistati principalmente con discussione all’interno dell’èquipe infermieristica senza gli studenti (Tabella 2). Gli studenti vi partecipano solo se assistono personalmente all’evento che ha causato il caso discusso. I dati dimostrano che numerosi servizi ne discutono con tutta l’èquipe assistenziale, coinvolgendo in questo caso anche gli studenti. Interessante notare come molti infermieri tutor risolvano la situazione individualmente, oppure non agendo in alcun modo. Altri ancora cercano di coinvolgere la famiglia nella presa di decisioni importanti, oppure i responsabili organizzativi: coordinatori, Direzione Sanitaria, Collegio, Corso di Laurea. Quasi tutti gli intervistati riferiscono di affrontare la situazione direttamente con l’operatore che attua l’azione moralmente discutibile, sia esso il medico, l’infermiere o il personale di supporto. Infine alcuni commenti degli intervistati hanno riportato la frustrazione (distress morale) anche dopo aver discusso i casi con l’èquipe quando la situazione non cambia o si ripropongono sempre gli stessi schemi.

Tabella 2 – Modalità di discussione e gestione casi etici

SITUAZIONI (ITEM)

Non ho fatto nulla

Da solo

Da solo con gli studenti

Con il gruppo di infermieri senza gli studenti

Con il gruppo di infermieri e gli studenti

Con l’èquipe assistenziale senza studenti

Con l’èquipe assistenziale e gli studenti

Altro

  1. Aderire alle richieste di cura dei famigliari anche se non sono d’accordo, solo perché la direzione dell’ospedale teme un’azione legale

6

2

1

32

5

1

22

Con il famigliare, con il medico di guardia

  1. Aderire alle richieste dei famigliari nel continuare le cure anche se non è nell’interesse del paziente

0

1

0

4

3

0

4

 

  1. Eseguire in base a un ordine medico esami e trattamenti non necessari

1

2

0

5

0

0

3

 

  1. Collaborare con il medico durante un esame o un trattamento senza consenso del paziente

7

2

2

21

4

0

11

 

  1. Iniziare o continuare trattamenti di sostegno vitale, quando penso siano solo un prolungamento della morte

3

1

2

23

10

0

26

 

  1. Ignorare consapevolmente situazioni in cui si sospetta che i caregiver abusino dei pazienti

3

1

0

15

2

0

8

Direzione sanitaria

  1. Evitare di prendere provvedimenti quando so che un collega infermiere ha fatto un errore terapeutico

5

3

3

40

2

2

8

Ne parlo con l’interessato, risk management

  1. Autorizzare gli studenti a compiere procedure su un paziente, anche dopo l’insuccesso della rianimazione cardiopolmonare

5

0

2

2

4

0

4

 

  1. Assistere i medici che effettuano procedure su un paziente, anche dopo l’insuccesso della rianimazione cardiopolmonare

4

1

1

12

1

0

5

Ne parlo con il medico interessato

  1. Eseguire un ordine medico che richiede esami e trattamenti non necessari su malati terminali

5

2

2

24

4

2

22

 

  1. Lavorare con un carico di lavoro che considero pericoloso per l’assistenza

3

2

3

31

6

2

32

Collegio, ne parlo con il vertice

  1. Osservare senza intervenire quando il personale sanitario non rispetta la privacy del paziente

1

14

5

14

11

0

13

Ne parlo con l’interessato

  1. Seguire l’ordine medico di non dire la verità al paziente quando quest’ultimo chiede di conoscerla

4

4

3

14

10

0

14

Ne parlo con il medico

  1. Assistere un medico che a tuo parere è incompetente nel fornire le cure

7

14

3

35

4

0

3

Con il medico, con i miei responsabili

  1. Preparare un anziano con grave demenza, per un intervento di gastrostomia

4

2

0

7

4

0

11

 

  1. Dimettere un paziente, quando avrebbe ancora necessità di assistenza

5

3

3

24

5

1

19

 

  1. Discriminare (trattare diversamente) i pazienti sulla base del loro grado culturale e/o dell’estrazione sociale

3

5

4

7

3

0

9

 

  1. Seguire la richiesta della famiglia di non discutere della morte con un paziente in fase terminale, che invece ne vuole parlare

3

2

2

7

5

0

10

Con i famigliari

  1. Somministrare farmaci che non alleviano la sofferenza del paziente, perché il medico ha timore che una dose maggiore di antidolorifico aggravi la situazione del paziente

0

3

3

23

4

0

20

Consigliamo la consulenza antalgica, ne parlo con il medico e con la famiglia

  1. Aumentare la dose di morfina per via EV ad un paziente incosciente anche se si pensa che accelererà la morte

3

2

3

10

9

0

12

 

  1. Rispondere alla richiesta del paziente con una prognosi infausta che chiede di essere aiutato a morire

3

4

2

8

11

1

12

 

  1. Seguire gli ordini circa i farmaci antidolorifici anche quando questi non controllano il dolore

0

5

5

17

7

0

19

 

  1. Lavorare con infermieri che non sono competenti come la cure del paziente richiede

2

16

7

39

3

0

6

Con l'interessato, con il coordinatore, con l'università

  1. Lavorare con personale di supporto che non è competente come richiesto dalla cura del paziente

3

7

9

42

3

0

7

 

  1. Chiedere alla famiglia del paziente circa la donazione di organi quando la morte del paziente è inevitabile

1

2

1

8

3

0

10

 

TOTALE

81

100

66

464

113

9

310

1143

 
Gli infermieri tutor rispondenti all’indagine hanno riportato come maggiormente presente nella loro realtà assistenziale i seguenti casi:

  • lavorare con un carico di lavoro pericoloso per l’assistenza;
  • eseguire in base ad un ordine medico esami e trattamenti non necessari;
  • lavorare con infermieri e con personale di supporto non competenti;
  • aderire alle richieste dei famigliari nel continuare le cure;
  • assistere un medico non competente ed osservare senza intervenire quando il personale sanitario non rispetta la privacy del paziente.

Come si può osservare in Tabella 3, i principi etici maggiormente presi a riferimento dagli interpellati sono in ordine: giustizia, non-maleficenza, beneficenza e solo all’ultimo posto il principio di autonomia. Alcuni rispondenti ammettono di non sapere a quale principio etico riferirsi e altri dichiarano di non riferirsi ad alcun principio etico.

Tabella 3 – Riferimento ai principi etici

SITUAZIONI (ITEM)

Principio di beneficenza

Principio di NON-maleficenza

Principio di autonomia

Principio di giustizia

Nessuno

Non lo so

Altro

Vuote

  1. Aderire alle richieste di cura dei famigliari anche se non sono d’accordo, solo perché la direzione dell’ospedale teme un’azione legale

16

11

11

23

4

6

Condivisione

33

  1. Aderire alle richieste dei famigliari nel continuare le cure anche se non è nell’interesse del paziente

19

20

7

12

6

7

Condivisione

23

  1. Eseguire in base a un ordine medico esami e trattamenti non necessari

14

23

19

16

7

2

 

18

  1. Collaborare con il medico durante un esame o un trattamento senza consenso del paziente

8

13

6

12

6

0

Stato di necessità

54

  1. Iniziare o continuare trattamenti di sostegno vitale, quando penso siano solo un prolungamento della morte

12

21

9

22

3

8

Rispetto

32

  1. Ignorare consapevolmente situazioni in cui si sospetta che i caregiver abusino dei pazienti

9

2

7

14

4

3

 

70

  1. Evitare di prendere provvedimenti quando so che un collega infermiere ha fatto un errore terapeutico

11

19

10

21

4

5

Dovere professionale, risk management

31

  1. Autorizzare gli studenti a compiere procedure su un paziente, anche dopo l’insuccesso della rianimazione cardiopolmonare

2

5

3

2

5

0

 

77

  1. Assistere i medici che effettuano procedure su un paziente, anche dopo l’insuccesso della rianimazione cardiopolmonare

5

8

5

8

5

0

Dignità

73

  1. Eseguire un ordine medico che richiede esami e trattamenti non necessari su malati terminali

9

19

15

13

5

9

Etica, rispetto

38

  1. Lavorare con un carico di lavoro che considero pericoloso per l’assistenza

10

23

9

20

3

7

Rispetto

16

  1. Osservare senza intervenire quando il personale sanitario non rispetta la privacy del paziente

9

14

11

26

4

2

Deontologia

31

  1. Seguire l’ordine medico di non dire la verità al paziente al paziente quando quest’ultimo chiede di conoscerla

6

12

13

18

3

1

 

49

  1. Assistere un medico che a tuo parere è incompetente nel fornire le cure

11

21

12

15

3

5

 

36

  1. Preparare un anziano con grave demenza, per un intervento di gastrostomia

10

5

6

6

4

0

 

74

  1. Dimettere un paziente, quando avrebbe ancora necessità di assistenza

12

12

8

17

7

4

 

39

  1. Discriminare (trattare diversamente) i pazienti sulla base del loro grado culturale e/o dell’estrazione sociale

7

5

5

15

2

2

Etica

68

  1. Seguire la richiesta della famiglia di non discutere della morte con un paziente in fase terminale, che invece ne vuole parlare

6

7

9

14

2

3

Deontologia

66

  1. Somministrare farmaci che non alleviano la sofferenza del paziente, perché il medico ha timore che una dose maggiore di antidolorifico aggravi la situazione del paziente

21

13

9

18

4

0

Desistenza terapeutica

37

  1. Aumentare la dose di morfina per via EV ad un paziente incosciente anche se si pensa che accelererà la morte

15

10

8

10

3

1

 

61

  1. Rispondere alla richiesta del paziente con una prognosi infausta che chiede di essere aiutato a morire

11

13

8

4

1

2

Dovere professionale

65

  1. Seguire gli ordini circa i farmaci antidolorifici anche quando questi non controllano il dolore

16

14

13

14

6

3

 

42

  1. Lavorare con infermieri che non sono competenti come la cure del paziente richiede

11

23

14

19

3

8

Deontologia

20

  1. Lavorare con personale di supporto che non è competente come richiesto dalla cura del paziente

10

29

11

14

4

7

Dovere professionale, deontologia

23

  1. Chiedere alla famiglia del paziente circa la donazione di organi quando la morte del paziente è inevitabile

11

7

8

8

0

0

Dovere prof.le

73

TOTALE

271

349

236

361

98

85

 

1149


Discussione

I risultati di questa indagine evidenziano l’assenza di da distress morale tra gli interpellati. Molti studi hanno messo in evidenza quanto sia difficile per alcuni infermieri riconoscere ed affrontare le questioni etiche (Cohen, Gregory, 2009; Howard, Steinberg, 2002; Nolan, Markert, 2002; Cameron et al., 2001; Kim et al., 2007): una possibile interpretazione di questi dati è proprio la mancata percezione del conflitto, dovuta all’abitudine alle situazioni descritte, abitudine che determina una riduzione della soglia di percezione.

E’ preoccupante che gli infermieri intervistati si lamentino di quanto sia impossibile per loro agire praticare i propri valori etici o esprimere le questioni etiche all'interno del team, adducendo la mancanza di tempo per affrontare le problematiche di natura etica. Anche Siebens et al. (2006) hanno riportato che gli infermieri che lavorano in un ambiente di lavoro complesso tendono a dare priorità agli interventi medici/tecnici, mentre stabilire relazioni assistenziali con i loro pazienti è di secondaria importanza.

Le problematiche assistenziali dei pazienti sono ormai tutte più o meno complesse; sembra quasi che la mancanza di tempo sia un capro espiatorio per evitare di (pre) occuparsi dell’aspetto etico delle situazioni. Molto più semplice e senz’altro meno coinvolgente è garantire la prestazione o l’intervento assistenziale, ma se si tratta di entrare in relazione con il paziente per comprenderne realmente i bisogni, occorre che il professionista abbia una disponibilità emotiva ed una sensibilità morale elevata per entrare nel mondo dell’altro.
Lo studio dimostra che gli infermieri sono solo occasionalmente o indirettamente coinvolti nel processo decisionale etico, come già altri studi hanno confermato (Monterosso et al., 2005; Tsaloglidou et al., 2007): questo può provocare una mancanza di assunzione piena di responsabilità nelle proprie decisioni assistenziali. Gli infermieri infatti dichiarano di sentirsi impotenti di fronte ad alcune scelte mediche; sentono di non poter influenzare i risultati o la risoluzione di problemi etici. Per tale motivo è fondamentale che la cooperazione e l’integrazione multidisciplinare venga perseguita all’interno dei servizi ospedalieri e non.

Come già altri studi hanno descritto (Hamric, 2000; Lutzen, 2003), la mancanza di coinvolgimento nelle scelte e la modalità organizzativa mettono l’infermiere nelle condizioni di aderire a valori che non sono propri, di essere un semplice esecutore di decisioni altrui e ciò può innescare il distress morale. La presa in carico dei pazienti di tutta l’èquipe (medico-infermieristica) con conseguente condivisione delle scelte terapeutiche, probabilmente limiterebbe lo sviluppo di tensioni e/o distress morale. Ciò sembra confermato anche dalla mancanza di distress morale nell’area di responsabilità individuale dello studio: quando un infermiere prende una decisione professionale in modo autonomo è meno soggetto a tensione morale rispetto a quando è costretto dall’organizzazione o da una decisione altrui. Il lavoro d’èquipe è però ancora poco praticato: ci si ascolta poco, ci si confronta poco e ci si riconosce poco. Assistiamo nei servizi ospedalieri ad una prospettiva decisionale fortemente improntata su modelli autoritari e non partecipativi, che ignora la natura di soggetto morale sia del paziente sia degli altri professionisti sanitari.

Gli studenti infermieri dovrebbero poter partecipare agli scenari che includono la presa di decisione etica, per sviluppare sia la consapevolezza etica professionale, sia la discussione dei potenziali problemi e conflitti etici (Doane et al., 2004; Vanlaere e Gastmans, 2007), affinché possano acquisire strumenti e linguaggi appropriati da utilizzare nel futuro professionale.
Gli infermieri intervistati utilizzano teorie e principi morali diversi: essi si orientano principalmente all’etica della giustizia, con una preferenza alla non-maleficenza piuttosto che alla beneficenza, concetto più legato all’etica della cura. I principi e le prospettive applicate non si escludono a vicenda, essi integrano sia la cura sia le prospettive di giustizia nei loro processi decisionali, come altri studi hanno già dimostrato (Botes, 2000; Sherblom et al., 1993).

Gli interpellati hanno dichiarato di rifarsi prettamente ad un’etica deontologica (dovere professionale), dove ci si concentra sull’azione compiuta per valutare la sua conformità con i principi fondamentali. Si pone dunque l’accento su doveri o azioni morali obbligatorie considerate valide indipendentemente dalle circostanze. In questa prospettiva l’azione giusta è quella di fare il proprio dovere e di evitare di commettere ingiustizie.
Sembra che gli infermieri intervistati non si pongano tanto il problema su che tipo di infermiere devo essere (etica delle virtù) e neanche analizzino le conseguenze delle azioni (quale azione ha le conseguenze migliori?), riferendosi in questo caso all’etica consequenzialista; piuttosto si concentrano sulla domanda “cosa devo fare?”.

Conclusione
La letteratura internazionale ha dimostrato che le conoscenze, le buone capacità di problem-solving, una buona collaborazione con l’èquipe di cura e la consulenza con gli altri professionisti coinvolti contribuiscono positivamente alla pratica etica degli infermieri.
L’indagine condotta su un gruppo di infermieri tutor di Torino sembra ancora lontana da queste buone pratiche. Pertanto, una sfida per la formazione infermieristica è senz’altro lo sviluppo di competenze, che consentirà agli infermieri di riflettere sull'essenza di una buona cura.
Un altro importante passaggio è permettere agli studenti di partecipare a una decisione etica sin dall’inizio della loro formazione clinica. Gli studenti dovrebbero essere incoraggiati dai loro infermieri tutor a sviluppare la consapevolezza etica professionale attraverso le discussioni dei potenziali problemi e conflitti etici nei contesti assistenziali, per aiutarli a formare la loro personale visione di ciò che è una buona cura e ciò che non lo è. Un contesto clinico non abituato a tali pratiche non può fornire supporto agli studenti inseriti in quei contesti assistenziali. Sarebbe utile promuovere maggiormente la sensibilità morale degli operatori sanitari attraverso discussioni di èquipe e/o ritagliare spazi di riflessione su aspetti relativi alle prese di decisioni diagnostico-terapeutiche di tutti i professionisti coinvolti.
 

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