Sviluppo metodologico e culturale dell’infermieristica in un Centro di Salute Mentale


Introduzione
Le persone portatrici di disabilità motoria, grazie a programmi riabilitativi mirati e alla tecnologia ora disponibile, hanno recuperato per quanto è possibile i ruoli sociali perduti. Nella Salute Mentale non c’è il vantaggio della tecnologia, se non riferendosi alla terapia farmacologica e spesso si rimane bloccati in una aurea fatalista e poco tangibile.
In questo contesto infatti, serve uno stimolante empowerment motivazionale per gli operatori e per la persona assistita, riposizionando quest’ultima al centro di intereventi progettati per mantenere o tentare di recuperare, i ruoli di vita e pertanto l’identità personale. Produrre assistenzialismo non progettato, molto spesso, porta ad una dipendenza della persona dal servizio o peggio dal singolo operatore, riducendo la persona da assistere, ad una misera condizione di scarso sviluppo personale.

Il Servizio di Salute mentale va gestito come qualsiasi altro servizio. Avere delle peculiarità assistenziali legate alla natura clinica delle problematiche dei pazienti, deve divenire, per i professionisti, una ricchezza e non un legaccio che non permetta di andare oltre. La disciplina psichiatrica offre, per uno stretto legame patologia-ruoli di vita un’affascinante opportunità di lavoro, e di sviluppo creativo.

Nell’esperienza proposta, si vuole condividere il percorso di sviluppo di un Centro di Salute Mentale, dalle fondamenta concettuali, poste come base di partenza, ai primi risultati di un’esperienza progettuale assistenziale, basata sulla presa in carico, i processi e i risultati sensibili all’intervento infermieristico ed educativo.

Responsabilità infermieristiche e opportunità
La ricerca dello specifico disciplinare rispetto alle responsabilità infermieristiche e relative funzioni e competenze, nel contesto della salute mentale, ha rappresentato il primo passo dello sviluppo del Servizio.

Alcune teoriche del nursing, hanno tentato di attribuire un senso al ruolo disciplinare e definire il caring. Watson (2000) definisce le cure infermieristiche come un’assistenza finalizzata ad aiutare i pazienti a trovare un senso alla propria esistenza, alla sofferenza e alla disarmonia. Il momento riabilitativo, vero fulcro, in salute mentale, è secondo un’altra teorica, Henderson (1980), l’oggetto di studio ed intervento dell’infermiere. Mentre secondo King (1981), l’insieme dei ruoli di vita di ciascun uomo, lo porta a definirsi come individuo irripetibile, dotato di una sua esclusiva identità. Lavorare sulla leva del recupero o mantenimento dei ruoli della persona, permette di rimettere la persona al centro come protagonista, nonostante la patologia di cui soffre. Inoltre Doran (2010) individua le aree di intervento infermieristiche ponendole in relazione con il ruolo medico, definendo le attività e gli esiti. Queste tre aree, sono state contestualizzate alla luce del Profilo Professionale Infermieristico (Tabella 1).

Tabella 1 – Ruoli, attività ed esiti dell’assistenza infermieristica rivolta ai pazienti assistiti in un centro di salute mentale

Funzione di ruolo

Attività

Esito

Ruolo dipendente

  • raccolta dei dati clinici ad integrazione nella valutazione medica
  • garanzia applicazione prescrizioni terapeutiche e diagnostiche
  • collaborazione a trattamenti medici
  • risposta clinica alle terapie (controllo dei sintomi e compliance farmacologica)
  • riduzione eventi avversi terapeutici

Ruolo indipendente

  • valutazione assistenziale/infermieristica
  • processo decisionale
  • interventi educativi, accompagnamento all’autonomia nella funzionalità di vita, verifica della compliance farmacologica
  • miglioramento e mantenimento dello stato funzionale (ruoli di vita)
  • raggiungimento degli obiettivi educativi ed assistenziali fissati
  • misurazione della qualità percepita

Ruolo interdipendente

  • continuità assistenziale
  • coordinamento percorso assistenziale e di cura (integrazione interdisciplinare)
  • gestione dati predittivi di rischio
  • riduzione degli eventi avversi (es. cadute, delirio etc.)
  • riduzione della degenza
  • prevenzione delle riammissioni non programmate
  • grado di reinserimento sociale

(tratto da: Brisichella-Ferrante, Outcomes, 2011)

Se si osserva attentamente la tabella, si può evincere che lo sviluppo degli outcomes sensibili all’assistenza infermieristica si è spostato dall’area del Safety a quella dell’Effectiveness (abilità della persona), fino alla Compassionate Care (2008 Griffith), quindi alla ricaduta delle abilità della persona sulla capacità di espressione dei ruoli che la vita ha insita nella sua natura.

Il punto di partenza
Di seguito vengono descritti i passaggi di sviluppo, progettati e messi in atto, allo scopo, da prima di creare le condizioni di lavoro e culturali favorenti e successivamente accedere ad una metodologia di lavoro processuale finalizzata a raggiungere e misurare i risultati.
Attraverso un’analisi organizzativa ed un periodo di osservazione sono emersi dei primi punti di debolezza dello svolgimento dell’assistenza infermieristica nel contesto del Centro di salute mentale:

  • mancanza di un percorso di cura ben definito nei suoi passaggi;
  • indifferenziazione o poca chiarezza tra i ruoli professionali assistenziali ed educativi;
  • non appropriatezza di alcuni interventi riabilitativi e scarsa educazione della persona;
  • scarsità di progettazione e di documentazione degli interventi e dei risultati.

Tali consuetudini o difficoltà rilevate, hanno condotto a sviluppare una riflessione costante del gruppo di lavoro.

Il cambiamento va agito
Il sociologo statunitense W. Ogburn, nel 1922, differenzia la cultura materiale, fatta del quotidiano tangibile, dalla cultura adattiva, costituita da un sistema di valori e norme. Essenzialmente asserisce che il cambiamento culturale, più efficace e rapido passa dal tangibile, mentre le proposte di ascolto e riflessione, si rivelano poco stimolanti e portano ad un’evoluzione lentissima. In sintesi, si impara giocando, si coglie nelle emozioni che queste esperienze portano una leva di slancio che innesca e facilita il cambiamento possibile.

Puntare sul tangibile, richiede forse maggiormente di definire con estrema puntualità quali condizioni possano sostenere il cambiamento dell’offerta e soprattutto lo sviluppo delle competenze. A tale scopo, si è cercato, in ogni momento di:

  • valorizzare e spingere su un agito diretto o affidato direttamente, responsabile e di valore;
  • rielaborare continuamente le esperienze di cambiamento;
  • ridare voce ai professionisti, come singoli e gruppo, dotandoli di strumenti di lavoro e di un linguaggio che il più possibile avvicini discipline diverse, un linguaggio comune, libero, con uno spessore apprezzabile, che permette a tutti di imparare l’uno dagli altri;
  • mantenere, come coordinatore, uno sguardo esterno per cogliere ciò che si perderebbe nell’insieme.

Gli obiettivi specifici che sono stati fissati nel progetto di sviluppo del Servizio, sono stati:

  • strutturazione di un percorso/progetto di assistenza ed educazione;
  • implementazione di strumenti organizzativi facilitanti il processo di espressione specifica professionale;
  • documentazione del processo di assistenza ed educazione e monitoraggio dei risultati.

Nel corso di un anno di tempo, i risultati raggiunti, dal punto di vista organizzativo, hanno consentito di sperimentare prima, e successivamente introdurre stabilmente una nuova metodologia. Essa si è basata sulla progettazione di interventi assistenziali, che partendo dalla valutazione delle abilità della persona e da un’attenta presa in carico, puntasse al raggiungimento degli obiettivi assistenziali e alla raccolta sistematica dei dati relativi ai risultati ottenuti. A tale scopo sono stati eliminati i Piani di Assistenza Individuale, introducendo una scheda di Presa in Carico e valutazione (PSP- VADO, secondo Morosini, contestualizzata al Servizio) (Tabella 2 e 3) ed una scheda di progettazione. Sono stati attivati i controlli sulla registrazione nella documentazione clinica del paziente quotidiana (diaria) degli interventi e delle valutazioni assistenziali.

Tabella 2 – Scheda di presa in carico

  • Dati anagrafici

  • Operatori di riferimento

  • Manifestazione della diagnosi clinica nella sfera comportamentale

  • Anamnesi famigliare remota psichiatrica o di abuso di sostanze

  • La presenza di altre patologie o deficit fisici, abuso di sostanze

  • Fonti di reddito e tipologia di abitazione

  • Caregivers realmente disponibili e tipologia di rapporto (es. conflittuale)

  • Punti di forza e risorse attuali (interessi, patente, impiego PC, nuota, giardinaggio ecc.)

  • Punti di forza precedenti (ora non più presenti)

  • Aspetto della sua vita quotidiana che vorrebbe migliorare (unica domanda diretta)

 

Tabella 3 – Scheda di valutazione della funzionalità di vita PSP e obiettivi assistenziali fissati

  • Scala di valutazione PSP delle funzioni di vita, in modo particolare rispetto alla cura del sé e dell’abitazione, dei rapporti personali e sociali, delle attività produttive, dei comportamenti disturbanti e aggressivi e delle abilità strumentali

  • Obiettivi assistenziali fissati e raggiunti in dato tempo

  • Capacità di gestire la terapia prescritta dal medico psichiatrica

  • Tipologia di progetto attivato (recovery o mantenimento sociale e tutela)

Contemporaneamente è stato chiesto a ciascun operatore di tentare di definire quali erano i reali interventi necessari alle persone affidate loro. Si è iniziato a classificare i pazienti come di seguito:

  • Persone in “Recovery” che necessitavano di un progetto riabilitativo dei ruoli di vita;
  • Persone in “Mantenimento” con necessità di tutela da situazioni spiacevoli e di aiuto nel soddisfare i loro bisogni quotidiani (es. spesa, gestione della casa e igiene personale).

E’ stato introdotto il concetto di responsabilità di equipe e non necessariamente di un singolo operatore. Ai singoli operatori sono stati affidati i pazienti indicati come casi di Recovery e Mantenimento, mentre gli altri sono rimasti in carico al gruppo intero. In tal modo il gruppo ha imparato a gestire autonomamente le diverse situazioni in cui potevano trovarsi i pazienti anche nel caso fosse assente l’infermiere responsabile del progetto di assistenza.

Nell’anno 2014, entrambi i Centri di salute Mentale (CSM) hanno partecipato ad un progetto di ricerca Aziendale, assieme al CSM2 ASLTO1, con l’obiettivo di esplorare il raggiungimento degli outcomes da parte delle persone prese in carico con metodologia progettuale, rispetto all’intervento infermieristico. Il progetto si è sviluppato attraverso un indagine retrospettiva ed una prospettica. Gli indicatori impiegati in entrambe le indagini sono stati:

  • Scarto nel punteggio PSP (VADO Morosini in centesimi, dove più il punteggio è alto, meglio la persona è in grado di funzionare nelle attività di vita e quindi di esprimere i propri ruoli) tra due momenti in cui è avvenuta la misurazione, a distanza di 6 mesi, sulla stessa persona presa in carico;
  • Numero degli obiettivi assistenziali ed educativi raggiunti, anche parzialmente rispetto il totale di quelli fissati.

Per l’indagine retrospettiva, si è cercato, analizzando la documentazione clinica che era stata utilizzata, di attribuire il punteggio PSP a posteriori. L’indagine ha riguardato i 32 pazienti presi in carico dal servizio relativamente al periodo ottobre 2013/marzo 2014.

Per l’indagine prospettica, l’attribuzione del PSP, veniva effettuata in modo sistematico al momento della presa in carico (punto 0) e dopo 6 mesi. L’indagine è stata condotta su 31 pazienti corrispondenti al gruppo precedente, più un nuovo ingresso (totale 32) nel periodo aprile a ottobre 2014.

I primi risultati del Servizio
Dall’analisi della documentazione clinica dei pazienti coinvolti nell’indagine retrospettiva, quindi nel campione non trattato con metodologia per obiettivi, non è stato possibile attribuire a posteriori in modo sistematico il punteggio PSP, in relazione alla tipologia dei dati che venivano registrati. E’ stata comunque effettuata una valutazione complessiva, dalla quale sembrerebbe emergere un fenomeno di “cristallizzazione” delle condizioni cliniche nelle persone, una pari o inferiore capacità di funzionare e un’assenza di documentazione del raggiungimento di obiettivi.

Altresì dai risultati raccolti dal Servizio CSM1-8, in modo prospettico, sui 32 pazienti seguiti con progettazione assistenziale attivata è emerso:

  • uno scarto di miglioramento funzionale di vita in media di 5.2 punto score. Nella Tabella 4 sono indicati i valori medi dei punteggi del PSP riscontrati nei pazienti in occasione della prima rilevazione e della successiva dopo 6 mesi;
  • il 72,8% degli obbiettivi assistenziali raggiunti (su un totale di 87 obiettivi), in modo particolare rispetto all’autonomia nella cura del sé, la capacità di socializzare, la compliance terapeutica, la consapevolezza di malattia, il recupero dei ruoli di vita, la prevenzione di agiti drammatici.

 

Tabella 4 – Sintesi dei punteggi medi PSP riscontrati nei pazienti in occasione della prima rilevazione e della successiva dopo 6 mesi

Momento di valutazione

Punteggio Medio in centesimi

Valore Minimo in centesimi

Valore Massimo in centesimi

Deviazione
Standard

Tempo 0 (aprile 2014)

55

25

81

20.24

Tempo 1 (ottobre 2014)

60.2

25

81

19.64

Sicuramente, nel complesso è stata dimostrata, nonostante il campione fosse non numericamente importante, che vi è grande sensibilità dei risultati dagli interventi degli operatori che lavorano presso il Servizio. E’ molto difficile distinguere quale tra gli interventi disciplinari di infermieri, educatori professionali, psicologi e psichiatri sia più incisivo. Un approfondimento futuro, in tal senso renderebbe maggiore consapevolezza del rapporto di skillmix necessario ad operare efficacemente.

Le informazioni presenti negli strumenti
Di seguito si riportano le informazioni raccolte dagli strumenti di presa in carico e attivazione dei Progetti nelle persone in “Recovery”.

Come crescere ancora
L’esperienza fino ad ora vissuta, ci ha permesso di riflettere sui possibili punti di sviluppo futuro, tanto da far emergere la necessità di lavorare per:

  • una maggiore appropriatezza (interventi finalizzati a obiettivi);
  • un’apertura al patto di cura con la persona;
  • l’opportunità di ridefinire i ruoli professionali;
  • l’opportunità di attivare il confronto con altri servizi;
  • l’opportunità di spingere sulla leva motivazionale degli operatori (dal risultato concreto alla cultura disciplinare).

Un’altra grossa opportunità è nata dalla sinergia collaborativa tra infermieri ed educatori professionali. A partire dal mese di maggio 2015, è stato implementato un nuovo percorso che da la possibilità formale al medico psichiatra di richiedere l’attivazione di interventi assistenziali ed educativi. Il coordinatore infermieristico e l’educatore coordinatore, attivano una valutazione contemporanea assistenziale ed educativa. Sono state attivate delle verifiche interne, allo scopo di monitorare la risposta alla richiesta di intervento e l’avanzamento del progetto attivato.

Immaginiamo di ricavare, da questa esperienza, uno scambio culturale e metodologico, e uno sviluppo di nuove competenze avanzate. Imparare a lavorare assieme, ciascuno con le proprie specificità, nel rispetto dei ruoli, con una metodologia progettuale, orientati al raggiungimento e alla misurazione dei risultati, tangibili, diverrà sicuramente leva rinvigorente le energie personali e dell’equipe.
 

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Bibliografia

– Doran M(2013). Nursing outcomes. Gli esiti sensibili alle cure infermieristiche. McGraw Hill.
– Brisichella R, Ferrante E (2012). Outcomes. Misurazione dei risultati – Efficacia. Applicazione del modello Goal Attainment. Edizioni Medico Scientifiche.
– Morosini P, Magliano L (1998). Vado (Valutazione di abilità, definizione di obiettivi). Manuale per la riabilitazione in psichiatria. Centro Studi Erickson.
– Linee di indirizzo nazionali per la Salute Mentale, 2008.