Per gli infermieri è l’anno che apre al futuro


Il 2016 dovrà essere un anno di azione. Dobbiamo affermare infatti la figura dell’infermiere sia dal punto di vista professionale che del rilancio dell’immagine, a fronte di fatti e notizie che ci hanno coinvolti nel 2015 e che rischiano di destabilizzare la figura di tutti gli operatori sanitari.

Nel 2015 abbiamo portato a termine molta parte del programma presentato in occasione delle elezioni di marzo. E ora dobbiamo realizzare non solo ciò che ancora è rimasto in sospeso, ma adeguarlo e adattarlo a un contesto che cambia: la crisi economica, nonostante gli annunci sul suo rallentamento, mette a dura prova ancora il sistema salute, tanto che il 10% degli italiani rinuncia alle cure e aumentano le diseguaglianze sociali già presenti. E’ un problema già evidenziato lo scorso anno e che ora ha assunto dimensioni particolarmente significative. Alcuni stili di vita sono peggiorati, in particolar modo nelle classi sociali più svantaggiate e al Sud e impattano anche sulla manifestazione dei bisogni di salute e quindi anche sull’impostazione dei programmi e dell’offerta sanitaria.

Per quanto riguarda il personale, le aziende pubbliche sono nell’impossibilità di manovrare, per carenza di fondi, il blocco del turn over e l’assenza dei contratti. Tutto ciò sta determinando una lenta modifica del mix dei profili professionali senza che questa sia consapevolmente disegnata.

Occorre cambiare. E tutti gli esperti di organizzazione insistono sullo skill mix: bisogna comporre équipe con competenze diverse tenendo conto dell’upgrading della professione infermieristica e delle altre professioni sanitarie e, in qualche modo, riconfigurare l’organizzazione dei servizi sanitari e socio sanitari.

Il rapporto tra numero dei medici e numero dei dipendenti riconducibile alle professioni sanitarie sta modificandosi in favore di questi ultimi. Abbiamo un Paese che sta andando verso l’invecchiamento, la cronicità e la fragilità ed è un Paese che ha bisogno di infermieri più che di medici e in questo senso lo skill mix necessario pone in pole position la crescita della figura professionale dell’infermiere, a cui si assegnano ruoli di coordinamento e gestione di tutte le unità e le strutture deputate a far fronte ai nuovi bisogni.

Sui modelli di presa in carico torna attuale il tema delle cure primarie, che sono una priorità nei disegni di riforma dei sistemi, per la crescente domanda da parte di soggetti cronici, polipatologici, fragili e anziani. Sono state più o meno cinque o sei le Regioni che, nel corso del 2015, hanno provveduto a ridisegnare il modello organizzativo istituzionale i cui effetti si vedranno poi nel 2016. Penso a Toscana, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia. C’è, quindi, un comune denominatore, che è proprio quello di confrontarsi con il tema dell’invecchiamento della popolazione, della cronicità e dei nuovi bisogni che richiamano nuove competenze.

Dobbiamo quindi decentrare il follow up, allargare le competenze utili, come quelle degli infermieri, che con altri operatori possono dedicarsi alla gestione delle disabilità e delle fragilità in generale. E questo significa riconfigurare tutte le relazioni professionali perché, a questo punto, non bisogna tener conto solo della proporzione numerica e di competenze tra medici e infermieri, ma anche della proporzione numerica e di competenze tra infermieri, altri professionisti e altri operatori. Questa sarà una delle riflessioni che nel 2016, come Consiglio Nazionale, avremo bisogno di fare confrontandoci in maniera molto aperta, in quanto da ciò poi deriveranno organici, numeri e questioni legate anche all’esercizio professionale.

Rispetto poi ai vari temi che si sono presentati nel corso del 2015, la legge di stabilità ha ulteriormente ridotto il fondo sanitario e prevista la possibilità di immettere 6.000 operatori tra medici e infermieri nel sistema sanitario per far fronte alle indicazioni dell’orario europeo. E’ un’operazione però che non apre a nuove assunzioni perché più che altro si tratta di stabilizzazioni di personale precario. La necessità dal punto di vista delle attuali presenze è di un incremento di circa 18.000 infermieri solo per adempiere a questo tipo di indicazione, poi questo deve fare i conti, ovviamente, con le possibilità economiche, i piani di stabilità e quant’altro.

Altro tema che ci accompagna per il 2016 è quello della responsabilità professionale. Si è riusciti a inserire alla Camera la modifica e l’aggiustamento sul ruolo del risk manager: il coordinamento delle attività di risk management. Ma ora serve un ulteriore sforzo: prevedere la figura del CTU (consulente tecnico d’ufficio) e del CTP (consulente tecnico di parte) come infermiere.

Il Ddl, nel momento in cui diventerà legge avrà comunque delle ricadute di non poco conto sul nostro mondo professionale, alcune delle quali positive. E consegna al sistema sanitario, la necessità di modificare il modo si stare dentro l’organizzazione, perché in tutto il disegno di legge si parla di gestione coordinata del rischio clinico, lavoro in équipe, lavoro multi professionale, integrazione professionale. Quindi, sostanzialmente, si sta dicendo che il lavoro in Sanità non è più cosa da solisti o solitari, che non risponde più sempre e solo il medico o sempre e solo l’infermiere, ma si risponde tutti a livello di équipe. Questo impone a tutti i professionisti sanitari di lavorare insieme e di definire come, con quali procedure, con quali protocolli, con quali modalità e con quali indicazioni.

Tra gli altri argomenti su cui lavorare c’è quello dell’appropriatezza. Noi continuiamo a sostenere che l’appropriatezza è anche quella organizzativa, e quindi di come si sta dentro il sistema e di come si utilizzano le risorse professionali del sistema. Tuttavia, anche questo è un tema che ci accompagnerà e che ci deve aiutare a compiere delle riflessioni.

Ci sono poi gli Ordini. E’ ripreso in Senato il dibattito sul Ddl 1324 dopo che è stato bloccato per quindici mesi in Commissione Bilancio e sono stati approvati alcuni emendamenti che richiamano la trasparenza e rendono obbligatorio il parere sull’esame di abilitazione. A prescindere da ciò che sarà, comunque, il nostro obiettivo prioritario in questo senso è che il disegno di legge vada in porto che si costituisca così l’Ordine degli infermieri in cui avremo due Albi: Albo degli infermieri e Albo degli infermieri pediatrici.

C’è quindi la partita delle competenze avanzate. La tessera professionale europea, operativa dal 18 gennaio riprende nel suo decreto attuativo le competenze infermieristiche secondo il modello Ue e, anche se sono due questioni giuridiche diverse, oggettivamente una normativa di respiro europeo, recepita in Italia con un decreto legislativo che ha definito una serie di competenze. Il termine che emerge in maniera ricorrente è soprattutto quello dell’autonomia. Quindi, questo aiuta a creare una cornice di riferimento, che dovrebbe, se non altro, facilitare i percorsi successivi sullo sviluppo delle competenze, garantire autonomamente la qualità delle cure infermieristiche e valutarle. Ad esempio, la previsione di avviare autonomamente misure immediate per il mantenimento in vita e intervenire in situazioni di crisi e di catastrofi basterebbe già a chiudere molte partite sull’emergenza territoriale e in generale su altre questioni.

La partita delle competenze avanzate vera e propria però è in stallo per un mancato intervento al ministero della Salute. La strada che appare percorribile, ad avviso del Comitato Centrale, è quella di individuare tutti i possibili percorsi (negoziali, collaborativi, interpretativi o positivi, tutto quello che ci viene in mente), che ci mettano nella condizione di far approvare in Conferenza Stato/Regioni l’accordo sulle competenze, come richiesto anche dagli stessi assessori e governatori in più riprese.

Per il Comitato Centrale poi, si conferma lo sviluppo presentato nel 2015 che, rispetto all’evoluzione della laurea magistrale di indirizzo clinico, possa essere discusso a livello ministeriale con il famoso istituendo Osservatorio presso il MIUR. Dopodiché le competenze dovranno poi trovare il loro naturale sviluppo e incardinamento anche all’interno dei contratti di lavoro e della stagione contrattuale che si sta aprendo, sia dal punto di vista giuridico perché, dopo il decreto 165 hanno assunto anche la titolarità di stato giuridico del personale dipendente, sia dal punto di vista economico.

Sono questi la cornice e gli elementi che quest’anno orienteranno la nostra attività e danno l’idea del percorso e del panorama davanti a noi. Ed è su questo che dobbiamo lavorare.

 

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