Familiari di assistiti con problemi oncoematologici: attenti allo stress!


Il paziente con diagnosi di cancro e il caregiver
La diagnosi di cancro è un evento di impatto significativo sulle persone assistite e i loro familiari. Colui che presta assistenza ad un proprio caro, in virtù di un legame affettivo o familiare ed è coinvolto durante le diverse fasi della malattia, viene definito caregiver informale.
Il caregiver è considerato risorsa e interlocutore irrinunciabile per programmare qualunque intervento di cura e poiché Il benessere complessivo del malato è legato alle condizioni psicofisiche in cui si trova chi lo assiste, l’interesse degli infermieri si orienta necessariamente verso questa importante risorsa. Gli infermieri, infatti, in applicazione del Codice Deontologico (articoli 2, 21, 39) devono prestare servizi non solo alla persona malata, ma anche alla famiglia, coinvolgendola nel piano di assistenza. Inoltre, sostengono i familiari e le persone di riferimento, soprattutto nella evoluzione terminale della malattia e nel momento della perdita e della elaborazione del lutto.

Il familiare caregiver, la scarsità di risorse e il personale infermieristico
Come risulta dall’indagine di Girgis del 2013, i caregiver sono per lo più donne, mogli e conviventi e provvedere all’assistenza diretta può indurre stress cronico.
Alcuni autori, riportano che gli effetti provocati dallo stress determinano disturbi psicofisici quali ansia (39%), depressione (40%), fatigue (55%), preoccupazione, riduzione delle attività sociali, sovraccarico emotivo e disturbi del sonno.
Lo stress nei familiari caregiver è aggravato da molteplici fattori, quali:

  • gli stessi stati d’animo provati dagli assistiti (es. angoscia e preoccupazione);
  • la restrizione economica, causata dal contributo per la spesa di farmaci, consulti psicologici, cure infermieristiche a domicilio, trasporto del congiunto;
  • la frequente incompatibilità con lo svolgimento continuativo dell’attività lavorativa, poiché le assenze dai luoghi di lavoro per caregiving incrementano forme di assicurazione, pensionamento anticipato, fino a decidere di dimettersi volontariamente;
  • la relazione con il personale sanitario, dato che i caregiver tendono a non chiedere informazioni perché pensano di non averne diritto. La mancanza di conoscenze genera un coinvolgimento eccessivo durante il ricovero a discapito di tempo da dedicare a se stessi e agli altri parenti.

In letteratura si è studiato il ruolo ricoperto da figure di sostegno ed è emerso che per il 73% dei caregiver questo ruolo è rappresentato da altri familiari con i quali si possono confidare ed esprimere liberamente, seguito dai professionisti sanitari, soprattutto gli infermieri, di cui apprezzano la capacità di ascolto e l’attenzione.
È necessario valutare lo stress provato dal caregiver per prevenirne l’aumento durante il percorso di cure e per evitare complicanze quali il burden (carico psicologico e fisico sostenuto, in questo caso, dai familiari che assistono il proprio congiunto) e la depressione.
L’obiettivo dell’indagine condotta è stato quello di analizzare lo stress sperimentato dai caregiver informali nel dipartimento di Ematologia, presso l’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

Lo stress nei familiari caregiver: la nostra esperienza
Per conoscere il livello di stress si è svolta un’indagine nell’area omogenea di Ematologia della Fondazione Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, nel gennaio 2014 somministrando un questionario il Family Strain-Short Form a un campione di 51 caregiver.
Lo strumento si compone di due parti: la prima include informazioni socio-demografiche relative sia all’assistito sia al caregiver; la seconda è costituita da 30 items dicotomici volti a descrivere lo stato psicofisico. Il punteggio ottenuto può rientrare in quattro aree a crescente rischio psicologico:

  • Area OK: il caregiver sta reagendo bene alla situazione e possiede buone abilità di coping per fronteggiare lo stress;
  • Area R (Raccomandato): il caregiver possiede un basso livello di stress e sufficienti abilità di coping per fronteggiare la situazione;
  • Area SR (Fortemente Raccomandato): il caregiver avverte un elevato livello di stress, che richiede un intervento e un supporto psicologico;
  • Area U (Urgente): il caregiver presenta rilevanti livelli di stress e ha un alto rischio psicologico. È urgente che sia valutato da uno psicologo o psichiatra.

È interessante evidenziare come alla riconsegna dei questionari alcuni familiari abbiano effettuato dichiarazioni spontanee, nate dall’esigenza di essere ascoltati.
I dati socio-demografici dei rispondenti indicano come i caregiver sono familiari (96.1%) di malati affetti da patologie oncoematologiche quali: linfomi (32,6%), leucemie (30,4%) e mieloma multiplo (15,2%). La maggioranza del campione è femminile (68,6%), con un’età media di 55,3 anni. Alcuni rispondenti sono coniugi (54,9%) e quasi la metà del campione svolge un’attività lavorativa (47,1%). Tra coloro che non la svolgono (52,9%) vi è una percentuale di pensionati (39,2%) e di disoccupati (3,9%).
La maggior parte dei caregiver riferisce di essere preoccupata (92,2%), di soffrire di insonnia e cefalea (70,6%), prova rabbia (45,1%) e ansia per il futuro del proprio congiunto (80,4%).
Dai dati raccolti, inoltre, la relazione con il personale ospedaliero risulta buona. Infatti, i rispondenti hanno riferito come i rapporti con medici e infermieri non siano da loro considerati una fonte di stress (66,6%).
Emerge la necessità di informazioni sull’assistenza (72,5%), soprattutto in Unità Operativa, dove queste sono attese da quasi la totalità del campione (91,7%).
La rete familiare è una risorsa determinante non solo per gli assistiti, ma anche per i caregiver stessi, poiché in caso di bisogno possono fare affidamento sugli altri parenti (92,2%). Alcuni partecipanti all’indagine segnalano di aver comunque del tempo da dedicare agli altri familiari (66,7%) e di non essere irritati dalle continue richieste del proprio congiunto malato (70,6%).
In riferimento alle quattro aree di rischio (OK, R, SR, U) è risultato che solo il 3.9% di essi non presenta stress, poiché possiede buone abilità di coping per fronteggiarlo (area OK). Il 66.7% risulta avere un livello elevato (SR, U) e il 21,6% del campione rientra nell’area "U": non solo prova un alto livello di stress, ma ha necessità di un intervento psicologico urgente (Figura 1) In quest’ultimo gruppo il 36,6% ha congiunti affetti da linfoma e il 45,5% sono mogli e conviventi.

Figura 1 – Severità dello stress del caregiver, suddiviso per Day hospital e Unità operativa

Severità dello stress

Unità operativa

Day hospital

Totale

N

%

N

%

N

%

Non presente (OK)

1

8,30

1

2,60

2

3,90

Livello basso (R)

2

16,70

13

33,30

15

29,40

Livello elevato (RS)

5

41,70

18

46,10

23

45,10

Livello elevato con rischio psicologico (U)

4

33,30

7

18,00

11

21,60

TOTALE

12

100

39

100

51

100


Conclusioni

A confermare la teoria di Girgis et al. (2013), la maggior parte dei caregiver che presentano un alto livello di stress sono mogli o conviventi. Quasi la metà del campione svolge un’attività lavorativa, ma vi è la presenza di casi di disoccupazione. Anche nella presente indagine, come riportato in letteratura da Moroni e Bevans, è emerso che la maggior parte dei familiari cargiver è preoccupato per la malattia del proprio congiunto, è in ansia per il suo futuro e soffre di disturbi quali insonnia e cefalea. La rete familiare ha un ruolo centrale sia per il malato sia per il caregiver e come sottolineato da alcuni autori, la famiglia risulta essere la prima e a volte l’unica fonte di supporto. Spesso i caregiver sono disinformati ed esprimono una richiesta di maggiori indicazioni sull’assistenza, sebbene la relazione con il personale infermieristico e medico non risulti essere stressante. Dall’indagine emerge che i caregiver di congiunti affetti da linfoma provano un maggior livello di stress, nonostante il numero esiguo del campione. In contrasto con quanto emerso da alcuni studi, il caregiver ha comunque tempo da dedicare agli altri familiari.

Il personale infermieristico per evitare o diminuire lo stress dovrebbe attuare alcuni interventi quali: un monitoraggio costante nel tempo dello stato psicofisico del caregiver, un’eventuale programmazione di colloqui tra questi e le figure professionali di sostegno; la previsione di un’alternanza nell’attività di assistenza con altri familiari. Alleviare lo stress provocato dal carico di assistenza significa prevenire il rischio di burden ed evitare che il benessere del familiare caregiver venga inevitabilmente compromesso.
 

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Bibliografia

– Bevans MF, Stemberg HM (2012) Caregiving burden, stress, and health effects among family caregivers of adult cancer patients, JAMA 307(4), 398-403.
– Girgis A, Lambert S et al. (2013) Physical, psychosocial, relationship, and economic burden of caring for people with cancer. Health care delivery journal of oncology practice 9(4).
– Moroni L, Colangelo M et al. (2007) “Vorrei regalargli la mia vita”: risultati di un progetto di supporto psicologico ai caregiver di pazienti di riabilitazione neuromotoria. Giornale italiano di medicina del lavoro ed ergonomia. Supplemento B, Psicologia, 29(3), 5-17.
– Papastavrou E, Charalambous A et al. (2009) Exploring the other side of cancer care: The informal caregiver. European journal of oncology nursing, 13(2), 128-136.
– Vidotto G, Rossi Ferrario S et al (2010) Family strain questionnaire: short form for nurses and general practitioners. Journal of clinical, 19(1-2), 275-283.