Indagine conoscitiva in una realtà di cure palliative


Introduzione
L’attenzione che negli ultimi tempi hanno avuto le cure palliative e la terapia del dolore nel panorama italiano mostra una sensibilità verso una cura orientata alla visione olistica della persona che si appresta ad intraprendere il delicato percorso di fine vita. Fornire cure palliative appropriate e prestazioni qualitativamente valide rappresenta una sfida oltre che un dovere per i professionisti che operano nel settore. Si è voluto cogliere la sfida fissando come punto di partenza un’indagine che identificasse i bisogni specifici degli assistiti nell’Hospice di Casalpusterlengo (A.O. Lodi). La finalità di questo lavoro, sviluppato in un arco temporale di due anni (2012 – 2013) è stata la conoscenza del paziente “tipo”, delle attività e dei supporti di cui necessita e come ne usufruisce, oltre ad aspetti che possono influenzare l’appropriatezza delle cure e la qualità del servizio offerto (tempi di attesa e di degenza). I dati necessari sono stati raccolti in un database, elaborati ed analizzati.

L’indagine
Abbiamo considerato i ricoveri con ingresso dal 1 gennaio 2012 al 31 dicembre 2013, per una totalità di 421 casi. Gli ambiti analizzati hanno riguardato aspetti demografici, clinici, tempi, attività, supporti, provenienza, anno di riferimento (Tabella 1).
I dati hanno restituito un’età media pari a 74 anni e nessun paziente con età inferiore ai 35 anni e prevalentemente di sesso maschile (56,3%). Sebbene il tipo di diagnosi sia per la maggior parte oncologica, il trend dei casi non oncologici è in crescita (+2,5%).
La correlazione dei dati chiarisce che i casi oncologici sono tipicamente maschili, in linea con lo scenario nazionale (Ministero della Salute, 2011 – 2013), con tempi medi di degenza maggiori rispetto ai non oncologici. Emerge che l’età media varia in base al tipo di diagnosi: non oncologici circa 80 anni e oncologici intorno ai 73 anni.

Tabella 1 – I dati analizzati

AMBITO

CATEGORIA

  • STATISTICHE ANAGRAFICHE
  • ETA’
  • SESSO
  • STATISTICHE CLINICHE
  • TIPO DI DIAGNOSI
  • NEOPLASIE PRIMITIVE
  • ESITO
  • TIPO DI SISTEMA INFUSIVO
  • STATISTICHE TEMPISTICA
  • GIORNI DEGENZA
  • TEMPO DI ATTESA
  • STATISTICHE PERMESSI E ATTIVITA’
  • ATTIVITA’ DIVERSIONALI
  • PERMESSI DI USCITA
  • STATISTICHE SUPPORTI
  • SUPPORTO PSICOLOGICO
  • SUPPORTO SOCIALE
  • STATISTICHE PROVENIENZA
  • PROVENIENZA
  • DIAGNOSI – ANNO DI RIFERIMENTO
  • N° CASI – SESSO
  • ETA’ MEDIA – SESSO
  • GIORNI ATTESA e GIORNI DEGENZA

Studiando nel dettaglio il tipo e la frequenza delle neoplasie (Grafico 1) abbiamo estrapolato le 15 principali: si conferma l’elevata incidenza e mortalità della neoplasia polmonare.

Grafico 1 – Le principali neoplasie nel periodo 2012 – 2013
Grafico 1 - Le principali neoplasie nel periodo 2012 – 2013

Mediamente l’80% dei casi arriva al decesso nella nostra struttura in tempi piuttosto brevi a causa dell’avanzato stato della patologia. Questo evento è giustificabile dall’elevato carico assistenziale e psicologico che le famiglie non riescono più a contenere senza un adeguato supporto a domicilio (dimissione ordinaria 10,9%, dimissione con Ospedalizzazione Domiciliare Cure Palliative 4,3% e dimissione con ADI 0,5%). In controtendenza si registra un 3,1% di casi di trasferimento in RSA o reparti attivi e un’evoluzione del trend delle dimissioni ordinarie.
L’approccio della terapia medica è di tipo non invasivo, volto al controllo dei sintomi. L’analisi del tipo di sistema infusivo evidenzia l’alta percentuale di utilizzo del catetere venoso centrale (CVC), già impiantato nella quasi totalità dei casi al momento del ricovero per pregresse terapie (chemioterapie), riservando all’Hospice la successiva gestione. Il sistema più utilizzato nel 2012 è stato il catetere venoso periferico (CVP) 34,8%, spesso già presente al ricovero, mentre nel 2013, l’intima sottocute 35,9%.

Valutando l’andamento e la frequenza dei giorni di degenza, più del 50% dei ricoveri non supera i 10 giorni, circa il 75% i 20 giorni e più dell’85% il mese (Grafico 2).

Grafico 2 – I giorni di degenza nel periodo 2012 – 2013
Grafico 2 - I giorni di degenza nel periodo 2012 – 2013

Tale distribuzione è giustificata dalla criticità dei casi che necessitano di una assistenza immediata e complessa. I tempi d’attesa risultano essere molto soddisfacenti (Grafico 3), poiché entro 3 giorni si esaudiscono ben il 55% delle richieste di ricoveri e l’85% in una settimana.

Grafico 3 – Il tempo di attesa nel periodo 2012 – 2013
Grafico 3 - Il tempo di attesa nel periodo 2012 – 2013

Abbiamo anche cercato di individuare i probabili ricoveri “impropri” basandoci esclusivamente sul parametro indicativo dei giorni di degenza (da 0 a 3 giorni), relazionandolo al tempo medio di attesa (4 giorni). In base alle precedenti considerazioni si sono identificate 3 classi diverse (Tabella 2) in modo da ottenere la percentuale dei casi sulla totalità e la principale provenienza.

Tabella 2 – I tempi di degenza da 0 a 3 giorni

ANNO

% PAZIENTI – PROVENIENZA
Inferiore o uguale 1 giorno

% PAZIENTI – PROVENIENZA
Inferiore o uguale 2 giorni

% PAZIENTI – PROVENIENZA
Inferiore o uguale 3 giorni

2012

11,4%
(di cui 47,9% provenienti ONCOLOGIA + ODCP)

15,2%
(di cui 59,4% provenienti ONCOLOGIA + ODCP)

21,4%
(di cui 58,1% provenienti ONCOLOGIA + ODCP)

2013

11,3%
(di cui 40,0% provenienti ONCOLOGIA + ODCP)

16,8%
(di cui 48,6% provenienti ONCOLOGIA + ODCP)

22,7%
(di cui 50,0% provenienti ONCOLOGIA + ODCP)

In accordo con la tipologia di paziente medio afferente al nostro Hospice, la maggior parte dei casi proviene dal reparto di oncologia (38%), seguita dall’ODCP (15,7%) e dalla medicina (11,2%). La somma (64,9%) fa emergere che molto più della metà dei casi proviene dal dipartimento medico-oncologico. In questi casi si è garantito un percorso di cura continuativo che riflette un’organizzazione dipartimentale ben strutturata che prende in carico l’assistito dalla diagnosi al fine vita.

I permessi di uscita rappresentano un’eccezione, infatti, sono il 2,6%. I motivi che spiegano questa percentuale sono da ricercarsi nella complessità assistenziale dei pazienti che non sono gestibili a domicilio senza un adeguato sostegno familiare (se presente). Inoltre la maggior parte presenta una criticità clinica elevata o sintomi non controllati e refrattari ai farmaci specifici, mentre alcuni pazienti rifiutano il permesso d’uscita per motivi personali o psicologici.
Sono state prese poi in esame anche le attività diversionali offerte, l’arteterapia (terapia del colore) e la musicoterapia, finalizzate ad alleviare la pressione psicologica provocata dalla malattia, introducendo nella quotidianità del ricovero ospedaliero attività di supporto e sollievo.

Lo psicologo è parte integrante dell’equipe multidisciplinare all’interno dell’Hospice rivolgendo la sua azione a diversi livelli (assistito, famiglia, equipe). Mediamente la richiesta di supporto psicologico è del 40,9% suddiviso tra famiglia, assistiti ed entrambi. Per il supporto sociale emerge che la richiesta è mediamente del 13,5% suddivisa tra assistito e famiglia.

Conclusioni
L’assistito tipo del nostro Hospice è una persona con una età media di circa 74 anni, perlopiù di sesso maschile, con una diagnosi oncologica maggiormente polmonare, residente nella provincia di Lodi. E’ rilevante ricordare che il carcinoma polmonare è il tumore con il più alto tasso di incidenza e mortalità a livello mondiale, confermato anche dall’esito dei dati raccolti.
L’aumento dei casi non oncologici sottolinea la prospettiva di accoglienza verso una tipologia di utente non esclusivamente oncologico, ma ugualmente bisognoso di cure palliative e di terapia del dolore. Su questo aspetto c’è da migliorare poiché il bisogno di cure palliative sta crescendo nei malati con patologie cronico-degenerative, che presentano traiettorie di malattia complesse e difficili da prevedere, che muoiono ancora troppo in ospedali per acuti.

Questo dato è significativo e mostra come l’applicabilità della legge 38/2010 trovi un ostacolo proprio nella comunicazione, infatti non tutti i cittadini conoscono le opportunità e i servizi a cui possono accedere. A ciò si correla il dato negativo per cui mediamente solo l’1% dei casi viene segnalato dal Medico di Medicina Generale, che dovrebbe rappresentare una figura centrale per poter offrire una panoramica dei servizi rispetto al tipo di bisogno rilevato. In contrasto, le richieste provenienti dal domicilio, effettuate da familiari o dal paziente stesso, rappresentano il 9,3% del totale. Le precedenti percentuali potrebbero incrementarsi attraverso l’importanza informativa che si sta dando alle cure palliative alla luce della suddetta legge.

Un aspetto molto soddisfacente riguarda i tempi medi di attesa (circa 4 giorni), in relazione ai tempi medi di degenza (circa 15 giorni). Tale tempistica spiega l’appropriatezza del servizio nel fornire risposta ai reali bisogni dell’utenza. Mentre le criticità emerse dai probabili ricoveri impropri (tabella 2), possono spiegarsi considerando due fattori. Il primo è il rapporto tra costo e beneficio del ricovero “lampo” in relazione alla “reale” utilità per l’assistito e la famiglia, rispetto ad un costo economico, sociale e sanitario (costi di dimissione, trasferimento, accettazione e ricovero) sostenuto dalla struttura. Il secondo riguarda le motivazioni sottese a un ricovero “lampo” in considerazione della provenienza. Tra queste vi possono essere ad esempio ritardi nella valutazione dei bisogni di cure palliative, la mancanza di un posto letto, l’interesse di un reparto a non aumentare i suoi indici interni di mortalità o la reale necessità di un trasferimento dal domicilio all’Hospice a fronte di una morte imminente.

Sarebbe auspicabile in questi casi, rifacendoci al documento LCP (Liverpool Care Pathway for the Dying Patient), che l’equipe di cure palliative fosse chiamata in consulenza nel reparto in cui è ricoverato l’assistito per poter rimodulare il piano terapeutico-assistenziale secondo i suoi mutati bisogni garantendogli così un’assistenza appropriata anche senza il trasferimento in Hospice.
Parlando di esito del ricovero in un reparto come l’Hospice è ovvio aspettarsi che la conclusione principale sia il decesso. Dal 2013, però, la nostra organizzazione ha previsto diverse tipologie di ricovero che hanno portato a prospettive di esito diverse: “di fine vita” finalizzato ad un accompagnamento sereno e dignitoso della persona nell’ultima fase di vita; “temporaneo” che prevede il successivo trasferimento in un’altra struttura; “di sollievo familiare” che permette alle famiglie di essere supportate laddove l’eccessivo carico assistenziale ed emozionale non rende più idoneo il setting domestico; “sociale” riservato a quei casi di persone sole che si trovano in fase avanzata di patologia. Questa nuova metodologia di accettazione ha portato dei risultati apprezzabili nel breve periodo incrementando le dimissioni ordinarie dal 7,5% al 14,1%.

I risultati raggiunti concordano con l’obiettivo principale per cui nasce l’Hospice, ovvero assistere “… prioritariamente, pazienti affetti da patologia neoplastica terminale …” (Legge 39/1999). È per questi pazienti che sono state realizzate le LCP, che permettono una gestione specifica e integrata dei pazienti in un ambito tanto delicato quale quello del fine vita, rinforzando l’importanza delle cure palliative e della terapia del dolore da garantire a tutti i pazienti che ne necessitano, come Livello Essenziale di Assistenza (Legge 38/2010). Percorsi integrati di cura da attuare nei reparti ospedalieri, dove ogni giorno muoiono malati di cancro e non, bisognosi di cure palliative e dove la filosofia degli Hospice è ancora lontana.
I sistemi infusivi più utilizzati sono stati il catetere venoso periferico (CVP) e l’intima sottocute. Dal 2013 l’accesso sottocutaneo rappresenta la via infusiva elettiva, in linea con gli studi che hanno dimostrato come questa via di somministrazione rappresenti “una tecnica semplice ed efficace, utile nel facilitare le cure nella fase terminale”.

La nostra indagine è l’inizio di un percorso evolutivo e conoscitivo orientato al miglioramento del servizio in base al paziente “tipo”, tenendo presente l’esclusività di ogni singola persona nonostante la medesima patologia. I risultati permetteranno una rimodulazione degli interventi medico-infermieristici alla luce dei dati raccolti per garantire la realizzazione di un percorso personalizzato per ciascun assistito considerando il “fattore tempo” e lo stadio della malattia. Inoltre il lavoro di analisi ha rappresentato uno stimolo alla ricerca, alla raccolta sistematica dei dati, uno spunto di riflessione per nuove tematiche da approfondire. Infine, ci ha permesso di riflettere ulteriormente sull’importanza dell’umanizzazione delle cure come migliore antidoto verso quella sofferenza esistenziale che troppo spesso accomuna i nostri degenti.
 

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Bibliografia

– Legge 15 marzo 2010 n. 38 “disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”.
– Legge 26 febbraio 1999 n. 39 “conversione il legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 1998 n. 450, recante disposizioni per assicurare interventi urgenti di attuazione del Piano sanitario nazionale 1998-2000”.
– M. Costantini, C. Borreani, S. Gubrich, a cura di (2009) Migliorare la qualità delle cure di fine vita. Un cambiamento possibile e necessario. Trento: casa editrice Erickson.
– Ministero della Salute. Documento tecnico di indirizzo per ridurre il carico di malattia del cancro. Anni 2011-2013.
– Ministero della Salute: direzione generale del sistema informativo e statistico sanitario. Relazione sullo stato sanitario del paese. Anno 2011.