Le aggressioni e le attenzioni sessuali indesiderate nell’azienda sanitaria locale di Alessandria


RIASSUNTO
Introduzione La violenza verbale, l’aggressione fisica e l’attenzione sessuale indesiderata sono eventi frequenti all’interno delle strutture sanitarie e costituiscono un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori. Lo studio ha l’obiettivo di stimare l’entità e la frequenza delle aggressioni nei confronti del personale e definire la figura degli aggressori e delle vittime, i reparti a maggiore rischio e l’impatto sulla salute delle vittime.
Materiali e metodi La rilevazione è stata effettuata tramite un questionario ad hoc, anonimo, somministrato agli operatori dell’ASL di Alessandria nel primo semestre del 2012. Il questionario ha indagato 4 tipologie di aggressione, per ognuna delle quali l’utente poteva indicare e descrivere eventuali casi e il proprio ruolo, di vittima o testimone rispetto a essi.
Risultati Sono stati restituiti 640 questionari. Il 64,8% ha descritto almeno un’aggressione mentre il 48,9% ne è stato vittima; il 56,3% dei rispondenti ha descritto casi di aggressione verbale lieve e continuata, risultata la tipologia di violenza prevalente. Il 55% degli aggressori sono risultati pazienti/utenti mentre colleghi e superiori sono stati responsabili del 20% delle aggressioni verbali violente e del 17% delle attenzioni sessuali indesiderate. In generale, le principali vittime sono stati gli infermieri mentre il personale medico è stato vittima soprattutto di aggressioni violente verbali.
Conclusioni I risultati evidenziano la rilevanza del fenomeno delle aggressioni nei confronti degli operatori sanitari. Risulta necessario prevenire e proteggere gli operatori adottando politiche opportune, accrescendo la capacità di gestione del conflitto e migliorando la comunicazione fra operatori e verso i pazienti.
Parole chiave:
violenza sul posto di lavoro, aggressione, attenzione sessuale indesiderata, operatori sanitari
 


A survey on aggressions and unwanted sexual harassment in the local health unit of Alessandria

ABSTRACT
Introduction Verbal and physical abuses and unwanted sexual attention are frequent phenomena in healthcare facilities and are a concrete risk factor for workers’ safety and health. The aim of this study is to 1) assess the risk of aggression, 2) define who the attackers are and where the aggressions take place, 3) assess the overall impact on the professional life and privacy of victims.
Methods The survey has been conducted through the administration of an ad hoc multiple choice questionnaire in September 2012. The tool investigate 4 different type of assault; for each one the user could indicate eventual assault cases and its role as victim or witness.
Results 640 questionnaires were compiled: 64.8% of answerer were being victim or witness of at least an assault and 48,9% were victim. The most relevant harassment type was the simple verbal abuse (56.3%). Overall, the main aggressors were the patients (55%) while colleagues and superiors were responsible of 20% of violent verbal abuse and 17% of unwanted sexual attention. The main victims of all assault types were nurses; the medical staff was the main victim of violent verbal abuse.
Conclusions The harassment in the healthcare workplace is a significant phenomenon. Preventive interventions like the improvement of the conflict management ability and the patient-operator communication are needed to protect health operators.
Keywords: workplace violence, harassment, unwanted sexual attention, health care workers


 

INTRODUZIONE
Il fenomeno della violenza sul posto di lavoro e in particolare in ambito sanitario e assistenziale rappresenta un concreto fattore di rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori, un distress per l’organizzazione e, più in generale, un problema per la sanità pubblica (EU-OSHA, 2010).
Il rapporto effettuato nel 2010 dall’Europen Agency for Safety and Health at Work (EU-OSHA) ha rivelato un aumento della violenza fisica sul posto di lavoro (dal 4% al 6%) nel periodo compreso tra il 1995 e il 2005; in Europa, mediamente, il 5% dei lavoratori ha subito personalmente atti di violenza, sia da parte di colleghi sia da parte di utenti/clienti. Inoltre, è stata rilevata una maggiore incidenza di esposizione alla violenza negli stati europei settentrionali e minore negli stati meridionali.
Tra le cause scatenanti la violenza, soprattutto in ambiente sanitario e assistenziale, troviamo: il respingimento di richieste ritenute legittime dagli utenti, il mancato accoglimento di proteste, le discordanze sui percorsi diagnostici e terapeutici o la richiesta, da parte degli utenti, di prestazioni che esulano dal ruolo dell’operatore sanitario (EU-OSHA, 2010; Winstalley S et al., 2004).
Anche se non è ancora stato definito il profilo tipico della potenziale vittima (Di Martino V et al., 2003) le caratteristiche che sembrerebbero predisporre al rischio di aggressione sono: l’essere di sesso femminile, di giovane età, l’avere scarsa esperienza lavorativa e l’occupare una bassa posizione nella gerarchia lavorativa (Di Martino V et al., 2003; Camerino D et al., 2008). Sono più chiare, invece, le situazioni nelle quali il rischio di subire violenze è maggiore: durante i turni di notte, il lavorare da soli, i locali con scarsa illuminazione e i luoghi d’attesa, dove gli utenti sostano per lunghi periodi di tempo (EU-OSHA, 2010; Camerino D et al., 2008; Menckel E et al., 2002; Mayhew C et al., 2011).
In ambiente sanitario gli episodi di aggressione avvengono più frequentemente nei servizi di emergenza-urgenza, nelle strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali, nei luoghi di attesa e nei servizi di geriatria e di continuità assistenziale (Camerino D et al., 2008; Estryn-Behar M et al., 2008).
Le possibili conseguenze delle aggressioni sono: lo sviluppo di sintomi fisici, di disturbi psicosomatici, la depressione e l’abbandono dell’attività lavorativa (Di Martino V et al., 2003; Menckel E et al., 2002; Estryn-Behar M et al., 2008).
In Italia, sono ancora pochi gli studi che indagano l’entità del fenomeno delle aggressioni perpetrate in ambito ospedaliero o nelle strutture sanitarie più in generale. Questo può anche essere dovuto al fatto che gli operatori sanitari, sovente, considerano le aggressioni parte integrante e/o inevitabile della loro attività di lavoro e per questo effettuano delle segnalazioni solo nei casi più gravi.
Uno studio recente, effettuato a Torino (Cerri R et al., 2010), ha rilevato che l’aggressione più frequentemente subita dagli operatori sanitari è quella verbale (59,2%) seguita da quella fisica (16,7%) e da quella a sfondo verbale e sessuale (8%).
Nel 2005 stati denunciati all’INAIL 9.429 infortuni da aggressione, di cui sono stati vittime infermieri, medici e altri operatori di varie aziende sanitarie italiane. Nello specifico, nell’Azienda sanitaria locale di Alessandria (ASL AL) è emerso che il 5% degli infortuni avvenuti nell’ultimo quadriennio è riconducibile ad aggressioni fisiche.
In funzione agli obblighi imposti al datore di lavoro dal Decreto legislativo n. 81/2008 e successive modifiche e integrazioni, ovvero di valutare, tenendo conto delle differenze di genere, tutti i rischi per la sicurezza e la salute, compresi quelli di natura psicosociale, nonché in ossequio alle indicazioni della Raccomandazione n. 8/2007 del Ministero della Salute, l’ASL di Alessandria ha indagato il fenomeno delle aggressioni, di vario genere, nelle strutture operative maggiormente a rischio.

Obiettivo
L’obiettivo del presente studio è quello di stimare l’entità e la frequenza delle aggressioni e delle violenze agite nei confronti del personale dell’ASL di Alessandria, definire la figura degli aggressori e delle vittime, identificare i luoghi di lavoro maggiormente a rischio e l’impatto delle aggressioni sulla salute dei lavoratori.

MATERIALI E METODI
L’indagine è stata condotta nel primo semestre 2012 seguendo un disegno trasversale; è stato impiegato un questionario concepito ad hoc anonimo e privo di qualsiasi segno di riconoscimento, per garantire la sincerità delle risposte.
Il questionario prevede 4 dimensioni che identificano la tipologia dell’aggressione: fisica, verbale lieve e continuata, verbale violenta e l’attenzione sessuale indesiderata.
Ognuna di queste sezioni presenta 5 domande a risposta chiusa. La prima domanda identifica se l’intervistato è stato vittima o testimone della rispettiva aggressione; le altre domande permettono di indicare la frequenza e il luogo dell’aggressione, l’aggressore, l’eventuale presenza di testimoni e l’influenza dell’evento sulla vita privata e/o lavorativa delle vittime. Infine, l’ultima sezione del questionario è dedicata alla raccolta di informazioni di tipo generale quali: la qualifica professionale dell’intervistato, il reparto di appartenenza, la percezione del pericolo e il bisogno di formazione e/o informazioni specifiche.
Gli intervistati dovevano rispondere facendo riferimento a eventi avvenuti nel corso del 2011, ovvero l’anno precedente all’indagine.
Nella prima fase dello studio sono stati arruolati i lavoratori dei diversi profili professionali afferenti alle strutture operative che, secondo la letteratura e le rilevazioni aziendali, risultano maggiormente a rischio di aggressione: i distretti sanitari, i dipartimenti delle dipendenze patologiche di salute mentale e di medicina d’accettazione e d’urgenza, le comunità psichiatriche, le strutture operative complesse (SOC) di medicina legale e del dipartimento di prevenzione, gli uffici per le relazione con il pubblico e le portinerie dei presidi ospedalieri.
L’indagine è stata condotta dal Servizio di prevenzione e protezione nel quadro degli obblighi di legge per la prevenzione dei rischi psicosociali, di cui le aggressioni fanno parte.
La somministrazione del questionario è stata effettuata con l’invio individuale a mezzo posta interna, per garantire che ogni dipendente ne ricevesse una copia. La partecipazione all’indagine è stata volontaria. La restituzione del questionario compilato è avvenuta utilizzando sia la posta interna sia appositi contenitori collocati nei vari Presidi oggetto dell’indagine.
Le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando il software SAS Business Analytics software, nella versione 9.3. L’analisi multivariata delle relazioni fra le risposte è stata eseguita utilizzando un modello log-lineare.

RISULTATI
Sono stati somministrati 1.200 questionari e ne sono stati restituiti 640 (53,33%). Di questi, il 39,4% proveniva dal distretto sanitario, il 19,1% dal Dipartimento di medicina d’accettazione e d’urgenza, il 14,2% dal dipartimento di prevenzione, l’11,4% dal dipartimento di salute mentale, il 7,7% dal dipartimento delle dipendenze patologiche, il 4,7% dalla portineria e il 3,6% dalla struttura complessa di medicina legale.
Il 38,3% dei rispondenti apparteneva al personale infermieristico il 14,9% al personale medico (compreso quello veterinario), il 13,3% al personale amministrativo, l’8,9% erano operatori socio sanitari e l’11,3% erano altre figure professionali. Infine, il 13,3% dei rispondenti non ha indicato il proprio profilo professionale.
Molti rispondenti hanno segnalato di essere stati sia vittime sia testimoni di aggressione; altri, invece, pure avendo descritto almeno un’aggressione, non hanno indicato il loro ruolo rispetto a essa (vittima o testimone).
Il 64,8% dei rispondenti ha dichiarato di essere stato vittima o testimone di una o più aggressioni di vario tipo; più nello specifico, il 48,9% ha dichiarato di essere stato vittima di almeno una tipologia di aggressione; il 5,6% dei rispondenti ha dichiarato di essere stato solo testimone mentre il 7,8% degli operatori non ha indicato il proprio ruolo (di vittima o testimone).

Tipologia delle aggressioni
Casi di aggressione verbale lieve e continuata sono stati descritti dal 56,3% dei rispondenti; il 43,7% nel ruolo di vittima e il 6,3% nel ruolo di testimone mentre il 6,3% dei rispondenti non ha indicato il ruolo.
L’aggressione fisica è stata segnalata dal 27,7% dei rispondenti; il 7,3% nel ruolo di vittima e il 7,7% nel ruolo di testimone mentre il 12,7% dei rispondenti non ha indicato il ruolo.
L’aggressione verbale violenta è stata segnalata dal 17,5% dei rispondenti; l’11,6% nel ruolo di vittima e il 3,3% nel ruolo di testimone mentre il 2,7% dei rispondenti non ha indicato il ruolo.
Infine, l’attenzione sessuale indesiderata è stata segnalata dal 12,7% dei rispondenti; il 5% nel ruolo di vittima e il 2,2% nel ruolo di testimone mentre il 5,5% dei rispondenti non ha indicato il ruolo (Tabella 1).

Tabella 1. Percentuale di rispondenti suddivisi per ruolo e tipo di aggressione

Associazione tra tipologie di aggressioni
Utilizzando un modello log-lineare è stata effettuata un’analisi approfondita delle associazioni intercorrenti tra le tipologie di aggressione (Tabella 2), tenendo in considerazione solo le vittime.

Tabella 2. Stima aggiustata delle associazioni tra i tipi di aggressione considerando le sole vittime

Sono risultate significative le seguenti associazioni:

  • aggressione verbale lieve e continuata e attenzione sessuale indesiderata (p=0,001). Sul totale dei rispondenti, il 4% è stato vittima di entrambe. In particolare, il 9,3% delle vittime di un’aggressione verbale lieve e continuativa lo è stata anche di un’attenzione sessuale indesiderata; mentre, tra le vittime di un’attenzione sessuale indesiderata, l’81,3% ha subito anche un’aggressione verbale lieve;
  • aggressione verbale lieve e continuata e aggressione verbale violenta (p<0,0001). Sul totale dei rispondenti, l’8% è stato vittima di entrambe. In particolare, il 20,4% delle vittime di un’aggressione verbale lieve e continuativa lo è stata anche di una verbale violenta; mentre, tra le vittime di un’aggressione verbale violenta, il 77% ha subito anche quella verbale lieve e continuativa;
  • aggressione fisica e attenzione sessuale indesiderata (p=0,0025);
  • aggressione fisica e aggressione verbale violenta (p=0,0027);
  • aggressione fisica e aggressione verbale lieve (p=0,0421).

L’associazione tra aggressione verbale violenta e attenzione sessuale indesiderata non è risultata statisticamente significativa.
Lo studio delle associazioni tra le tipologie di aggressione è stato ripetuto inserendo tra le vittime anche coloro che non hanno specificato il loro ruolo, ipotizzando quindi che anche questi ultimi fossero stati vittime delle aggressioni che hanno descritto.
I risultati (Tabella 3) sono sovrapponibili a quelli della precedente analisi sulle associazioni (Tabella 2); tuttavia, in questa seconda analisi, è risultata significativa anche l’associazione tra l’aggressione verbale violenta e l’attenzione sessuale indesiderata.

Tabella 3. Stima aggiustata delle associazioni considerando le vittime insieme ai rispondenti senza ruolo

Identità dell’aggressore
Più del 55% di tutte le aggressioni sono state commesse dai pazienti/utenti; tuttavia, più del 10% delle aggressioni verbali lievi e violente e delle attenzioni sessuali indesiderate sono state commesse da colleghi. Se insieme a queste ultime si considerano anche le aggressioni perpetrate da superiori la percentuale delle aggressioni verbali violente sale al 20% e quella delle attenzioni sessuali indesiderate sale al 17%.
In merito alle aggressioni fisiche e alle attenzioni sessuali indesiderate, in molti non hanno indicato il proprio ruolo (rispettivamente il 55,5% e il 42,9% dei rispondenti).

Figure coinvolte
Il personale infermieristico è risultato vittima o testimone della maggioranza delle aggressioni; quelle prevalenti sono state le aggressioni verbali lievi e continuative, quelle fisiche e le attenzioni sessuali indesiderate.
Il personale medico, invece, è risultato in particolar modo vittima di aggressioni verbali violente; infatti, tra i medici che hanno segnalato questo tipo di aggressione, più del 20% ne è stato vittima.

Influenza delle aggressioni
Non è stata individuata alcuna associazione fra il tipo di aggressione ed eventuali ripercussioni sulla vita delle vittime (Tabella 4).

Tabella 4. Valutazione dell'inflenza di un'aggressione sulla vita della vittima in funzione alla tipologia

Tuttavia, la domanda che indagava questo aspetto ha ottenuto un alto tasso di non risposta; infatti, non hanno risposto più del 50% di coloro che sono stati vittima di aggressioni verbali lievi e continuative e violente, e più del 40% di coloro che sono stati testimoni o che non hanno dichiarato il proprio ruolo rispetto alle aggressioni.

Tabella 5. Analisi dell'associazione tra il tipo di aggressione e la sua inflenza sulla vita della "vittima"

Lo studio delle associazioni è stato ripetuto accorpando coloro che non avevano risposto a questa domanda a coloro che, pur avendo risposto, non avevano dichiarato alcuna influenza dell’aggressione sulla propria vita. Dai risultati sembra emergere che le vittime di aggressioni violente verbali e di attenzioni sessuali indesiderate siano quelle che hanno più probabilità di manifestare influenze dall’aggressione nella propria vita. Questo risultato è confermato dal test di verosimiglianza effettuato accorpando le vittime a coloro che non hanno specificato il loro ruolo rispetto alle aggressioni da loro descritte (Tabella 5).

DISCUSSIONE
Dall’indagine emerge che una frazione rilevante di rispondenti (48,9%) è stata vittima di almeno un’aggressione; considerando anche coloro che non hanno riconsegnato il questionario, e assumendoli come estranei a episodi di violenza, tale percentuale si riduce al 26,1% ma continua a rappresentare un valore da considerare con attenzione.
La maggioranza delle aggressioni segnalate è attribuibile agli utenti/pazienti (55%) ma è importante sottolineare che circa il 20% delle aggressioni verbali e il 17% delle attenzioni sessuali indesiderate sono state compiute da colleghi o superiori.
I risultati mostrano come, nel complesso, la categoria degli infermieri sia quella più colpita dal problema delle aggressioni mentre il personale medico è soprattutto vittima di aggressioni verbali violente. Questi risultati sono in linea con altri studi precedenti (Winstalley S et al., 2004; Camerino D et al., 2008; Estryn-Behar M et al., 2008).
Tra le cause delle aggressioni possono essere annoverati i tempi di attesa per l’accesso alla prestazione sanitaria ed eventuali discordanze sui percorsi diagnostici e terapeutici.
Le associazioni individuate tra le aggressioni violente verbali e le altre tipologie sembrano suggerire una progressione del conflitto che, partendo dall’uso di espressioni verbali, arriva fino al gesto estremo dell’aggressione fisica.
I punti di accesso all’organizzazione e i luoghi dove si formalizzano le “regole” per l’avvio dei percorsi di acquisizione di prestazioni e servizi rappresentano i contesti a maggiore conflittualità. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che in questi ambienti si verificano spesso situazioni stressogene sia per gli utenti, che hanno la necessità di trovare risposta a un bisogno sanitario ritenuto prioritario, sia per gli operatori, che devono garantire il soddisfacimento dei bisogni degli utenti in tempi congrui con la specificità del problema.
Un dato interessante è il fatto che un certo numero di rispondenti, seppure abbia descritto delle aggressioni, non ha indicato il proprio ruolo di vittima o di testimone; per esempio, il 12,7% dei rispondenti che hanno descritto delle aggressioni fisiche non ha indicato il proprio ruolo. Per le attenzioni sessuali indesiderate la stessa percentuale è stata del 5,5%.
Questi dati potrebbero indicare la presenza di atti di violenza “sommersi”.
Inoltre, nonostante fosse garantito il completo anonimato, va considerato che alcune persone potrebbero non avere indicato il proprio ruolo rispetto alle aggressioni o addirittura non avere partecipato all’indagine per scrupolo, soprattutto nei casi in cui l’aggressione subita ha coinvolto dei superiori o nel caso in cui la vittima o il testimone erano in una situazione di debolezza o precarietà lavorativa.
Anche se non è stata trovata alcuna associazione fra il tipo di aggressione ed eventuali ripercussioni sulla vita delle vittime, i dati suggeriscono che le aggressioni che potrebbero influire maggiormente sulla vita lavorativa e privata sono quelle verbali violente e le attenzioni sessuali indesiderate.
Il tasso di non risposta è stato uno dei limiti di questo studio. Inoltre, il questionario era impostato per individuare eventuali vittime o testimoni ma non i responsabili di potenziali aggressioni.
Pertanto, si ritiene che i risultati siano solo parzialmente confrontabili con quelli della letteratura, anche in considerazione delle differenti metodiche utilizzate per indagare il fenomeno (Nielsen MB et al., 2010; OSHA, 2004).

CONCLUSIONI
I dati mostrano che il problema delle aggressioni è un fenomeno rilevante e forse ancora sottostimato.
Come già sottolineato in letteratura (EU-OSHA, 2010; Camerino D et al., 2008; Estryn-Behar M et al., 2008; Illing JC et al., 2012; OSHA, 2004) è necessario avviare interventi di tipo organizzativo e formativi che migliorino la capacità degli operatori nella gestione della conflittualità interna ed esterna e contemporaneamente contrastare il fenomeno delle attenzioni sessuali agite dai colleghi di lavoro e superiori. In particolare servirebbe:

  • modulare il sistema di sorveglianza degli infortuni per monitorare l’andamento del fenomeno delle aggressioni, in collaborazione con la Struttura operativa complessa di rischio clinico, a cui è demandato il debito informativo nei confronti del Ministero (Sistema di Sorveglianza SIMES) di ogni singolo evento;
  • sensibilizzare il personale a segnalare le aggressioni anche verbali e predisporre un sistema di registrazione e lettura degli eventi;
  • promuovere, attraverso il management aziendale, opportune politiche di contrasto degli atti di violenza verbale e fisica agite sia da pazienti e accompagnatori sia dagli operatori;
  • promuovere interventi di umanizzazione e riqualificazione degli spazi di attesa e di cura (posti a sedere, arredamento congruo, illuminazione adeguata, eccetera);
  • migliorare i sistemi di accoglienza e di comunicazione con l’utenza agendo sui tempi d’attesa e sui ritardi nell’erogazione delle prestazioni;
  • attivare dei percorsi per il supporto e il trattamento del trauma psicologico;
  • attuare un programma formativo sul riconoscimento dei comportamenti e delle situazioni a rischio e sulla gestione dell’escalation del conflitto.

 

STAMPA L'ARTICOLO

Bibliografia

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