Parlare di autunno caldo è un’abitudine entrata nel linguaggio comune del mondo del lavoro. Ma quello 2015 si prospetta come un autunno più che caldo, incandescente per gli infermieri.
Le partite da giocare sono tante: dal rinnovo dei contratti su cui il Governo, dopo la decisione della Consulta, non può più derogare e su cui sindacati dovranno stringere in fretta ranghi e tempi alle competenze avanzate per le quali la Federazione sta cercando di bruciare tappe ormai fin troppo lunghe assieme al ministero della Salute, per far approdare la bozza di accordo che le ufficializza in Stato-Regioni. Questo anche avviando contestualmente la cabina di regia tra professioni, sede di un confronto aperto e leale, che si dovrebbe riunire da metà ottobre. Superando se possibile le resistenze di altri attori della sanità italiana, preoccupati di invasioni di campo che non sono nemmeno nella mente dei nostri professionisti, ma rappresentano ormai solo un alibi perché tutto resti il più a lungo possibile – contro evidenze ormai internazionali e contro il buon senso – come è stato finora.
Ci sono poi norme come quelle sugli Ordini professionali, sulla responsabilità professionale, la realizzazione della stabilizzazione dei precari e la stessa riforma costituzionale, tutte in discussione al Parlamento, da cui dipendono molti cambiamenti possibili per il Ssn e per la nostra professione.
C’è anche un Patto per la salute da realizzare che invece perde ogni giorno pezzi, accanto alla revisione della rete ospedaliera secondo i nuovi standard e la partita tutta aperta del riordino di un territorio per il quale mancano ancora i presupposti essenziali perché diventi filtro di cure appropriate e garanzia della salute dei cittadini.
Se queste sono partite aperte, ce ne sono poi altre che noi vogliamo aprire. Sulla libera professione da regolamentare, implementare e istituzionalizzare, sugli infermieri militari e della polizia perché siano uguali ai loro colleghi del Ssn, sul rapporto tra infermieri e altre figure all’interno del Ssn con cui questi sono spesso confusi, perché ognuno veda rispettati i propri diritti, ma anche perché questi non intralcino i diritti e le aspettative dei pazienti.
Il lavoro non manca e tutti i giochi si aprono proprio in autunno: noi siamo pronti a giocarli.
Sullo sfondo resta però la spada di Damocle della legge di stabilità 2016 che potrebbe essere la ruota dell’ingranaggio che inceppandosi blocca inesorabilmente ancora una volta tutta la macchina della crescita professionale e del recupero di diritti, posizioni di carriera ed economiche dei nostri professionisti. Ma soprattutto rischia di mandare a picco la qualità dell’assistenza.
Il “granello” che potrebbe fermare l’ingranaggio è rappresentato ancora una volta da quei tagli su cui per ora ci sono indiscrezioni, smentite e poi altre indiscrezioni e su cui si moltiplicano i tentativi di rassicurare gli animi, dimostrando ad esempio che nelle note di aggiornamento al Def non c’è nulla che indichi riduzioni. Come se finora la musica non fosse stata sempre la stessa e i risultati, una riduzione in meno di 10 anni di oltre 30 miliardi delle risorse destinate alle Regioni per i Lea. Blocchi del turn over o “non aumenti” di quelle risorse – il fondo sanitario – necessarie perché tutte le partire aperte possano essere giocate, sono in pole position tra le possibilità di “risparmio” che si aggirano nelle stanze dell’Economia, ma l’immaginazione di chi considera il Ssn un bancomat per la spesa invece che risorsa per tutelare la salute dei cittadini, non ha mai fine e la strada della stabilità 2016, al via da metà ottobre, proseguirà il suo iter ad alto rischio fino a dicembre.
Il mondo professionale è già pronto a insorgere con agitazioni e azioni che arrivano fino allo sciopero già minacciato ad esempio dai medici. Ma ciò che la Federazione si augura e ha chiesto al Governo è che, prima di decidere o arrivare ai ferri corti, dannosi per i pazienti e per gli stessi operatori, si possa aprire un confronto con chi la sanità la vive tutti i giorni dalla parte della gestione e dell’organizzazione dei servizi, che è in prima linea davanti alla domanda di una popolazione che cambia i suoi bisogni in funzione dell’età avanzata, di nuove cronicità e di un servizio ridotto – per colpa dell’economia, appunto – ormai all’osso.
La nostra è una richiesta di buon senso e vorremmo ottenere risposte di altrettanto buon senso. Se così non fosse, gli infermieri non resteranno a guardare e a subire passivamente scelte sbagliate di chi non guarda come noi tutti i giorni negli occhi i pazienti e le loro famiglie. Per questo e per il rapporto diretto di fiducia che ci lega a loro che spiegheremo ai pazienti passo dopo passo quello che ci aspetta e li aspetta come conseguenza di politiche dettate dall’economia che con la salute e i loro bisogni non hanno nulla a che fare.
Ed è con loro e accanto a loro e – ci auguriamo – assieme a tutte le altre professionalità che di loro si occupano, che trarremo presto le conclusioni, definendo scelte e azioni comuni nel nome di un Ssn universale e di un diritto alla salute uguale per tutti.
I nostri pazienti lo sanno: gli infermieri non li abbandoneranno mai.