Le nuove Linee guida dell’Oms sulla violenza contro le donne: assistenza, educazione, organizzazione, ricerca


Le donne che subiscono violenza hanno spesso bisogno di ricorrere alle strutture sanitarie a causa delle conseguenze dell’abuso. Per questo, è molto probabile che l’incontro con il personale sanitario sia uno dei primi contatti che la donna ha con realtà istituzionali. Anche quando non ci sia da parte della donna l’intenzione di denunciare l’abusante, una relazione di aiuto e di supporto con un operatore della salute può fare la differenza nel promuovere il necessario percorso di uscita dalla situazione di violenza. Non si tratta quindi solo di assicurare un’assistenza corretta dal punto di vista clinico, ma di garantirle quel supporto emotivo e psicologico necessario a determinare una relazione di fiducia e di ascolto, una premessa importante per fare il primo passo verso l’ammissione della propria situazione di vittima di abuso.
È importante migliorare la risposta degli operatori della salute proprio perché essi sono in una posizione unica e speciale, avendo la possibilità di prendersi carico e cura dei bisogni psicologici e sanitari delle donne che hanno subito violenza: non solo fornendo un’assistenza appropriata, sia clinica, che diagnostica, ma anche facilitando la presa di coscienza e lo svelamento della situazione di violenza; offrendo supporto; raccogliendo prove di natura forense e medico-legale, in modo particolare in caso di violenza sessuale.
Scaturiscono da queste premesse le nuove Linee guida dell’Oms Responding to intimate partner violence and sexual violence against women, pubblicate nel 2013 in inglese([1]), insieme all’aggiornamento dei dati circa la prevalenza a livello globale del fenomeno della violenza contro le donne([2]). L’obiettivo delle Linee guida è quello di fornire indicazioni basate su evidenze scientifiche riguardo le corrette azioni da mettere in atto per rispondere ai complessi bisogni di salute determinati dai maltrattamenti e dalle violenze, nell’ambito di una strategia più generale dell’Oms di sensibilizzazione sia del personale sanitario sia dei decisori politici ed istituzionali, quest’ultimi in grado di attivare le necessarie riforme, in termini di risorse educative, organizzative e strutturali.
Le Linee guida sono state sviluppate grazie alla collaborazione con un gruppo internazionale di esperti, integrando evidenze scientifiche e considerazioni più generali, ad esempio rispetto a rischi e benefici di alcune prassi, le preferenze espresse dalle donne e i loro diritti, ma anche questioni di carattere economico. In alcuni casi le ricerche hanno potuto sostanziare in maniera diretta le indicazioni fornite dall’Oms, in altri casi le indicazioni sono indirette, ossia sono state ricavate da contesti assimilabili ma non esattamente sovrapponibili, come ad esempio le indicazioni di “primo soccorso” di tipo psicologico nel caso in cui la donna ammetta di essere in una situazione di violenza. È interessante sottolineare che il documento riporta anche le linee di ricerca necessarie per dare consistenza e certezza alle indicazioni.
Riguardo alle azioni per identificare le donne che possono aver subito violenza, l’Oms rimane cauta rispetto al cosiddetto Universal screening, ossia rivolgere alcune domande focalizzate sulla violenza a tutte le donne che per qualsiasi motivo entrano in contatto con le strutture sanitarie (Raccomandazione 2); nello stesso tempo, l’Oms ritiene fortemente raccomandabile l’approccio Clinical enquire, ossia approfondire il tema con donne che mostrano segni e sintomi che possono essere messi in relazione con una violenza subita (Box 1), oppure in condizioni di particolare vulnerabilità, come le patologie psichiatriche, le tossicodipendenze, le malattie infettive e la gravidanza (Raccomandazione 3). Bisogna altresì considerare che nel momento in cui emerge il bisogno, si pone il problema di dare una risposta ad esso, ma, come mette in evidenza l’Oms, spesso le strutture socio-sanitarie non sono in grado di attivare percorsi e risorse specifiche. Per questo motivo, i requisiti minimi correlati a questo tipo di anamnesi sono l’esistenza di un protocollo/procedura all’interno della struttura; la competenza del personale che pone le domande, sia sulle modalità che su come intervenire in caso di emersione del bisogno; la possibilità di avere luoghi per i colloqui con la donna che rispettino la privacy, la confidenzialità e la sicurezza; l’attivazione di un sistema di servizi a cui riferire la donna in caso di bisogno.
Assolutamente sconsigliato la denuncia alle autorità contro il volere della donna, anche se bisogna fare di tutto per convincerla a fare questo passo (Raccomandazione n. 37); nello stesso tempo, bisogna riferirsi alle autorità se l’evento riguarda maltrattamenti a minori e condizioni che possono mettere la vita della donna o dei minori a rischio, soprattutto nei paesi dove vige l’obbligo di referto al riguardo (Raccomandazione 38).
Sono di grado elevato le raccomandazioni circa la contraccezione di emergenza in seguito a violenza sessuale entro 5 giorni dall’evento o l’interruzione di gravidanza se oltre il tempo utile (Raccomandazioni 12, 13 e 14) nonché l’offerta informata di attuazione della profilassi Hiv entro 72 ore dall’evento, così come di altre malattie sessualmente trasmesse (Raccomandazioni dalla 15 alla 20).
Sull’organizzazione dei servizi di supporto alle vittime di violenza, l’Oms raccomanda l’integrazione del tema nei servizi già esistenti, piuttosto che la creazione di servizi dedicati (Raccomandazione 34), puntando ad una differenziazione dei livelli di assistenza e supporto a seconda del bisogno. In coerenza con questa strategia di integrazione più che di specializzazione, la creazione di figure specializzate nell’assistenza a persone che hanno subito violenza riceve dall’Oms una validazione limitata (Raccomandazione 36).
Di rilievo è la sensibilizzazione e la formazione dei professionisti sanitari: secondo l’Oms queste dovrebbero iniziare sin dalla formazione di base, almeno riguardo le procedure di primo intervento, sia per i maltrattamenti che per la violenza sessuale, mirando a competenze di tipo psicologico-relazionale, legale e forense, clinico-assistenziale (Raccomandazioni 30, 31, 32, 33). I programmi formativi dovrebbero mirare a fornire competenze riguardanti non solo l’identificazione delle eventuali vittime di violenza e le procedure di primo intervento, ma anche l’attivazione di servizi e strutture esterni a quelli sanitari. L’Oms sottolinea anche che il personale sanitario stesso potrebbe aver sperimentato una qualche forma di violenza di genere e che questa possibilità deve essere presa in considerazione durante la formazione.

Box 1 – Esempi di condizioni cliniche associate con violenza intra-familiare e maltrattamenti([3])
  • Sintomi di depressione, ansia, sindrome da stress post-traumatico, disturbi del sonno
  • Autolesionismo e tentativi di suicidio
  • Uso di alcool e di altre sostanze
  • Sintomi gastrointestinali cronici senza spiegazione
  • Sintomi dell’apparato riproduttivo, compreso il dolore pelvico, disfunzioni sessuali, senza spiegazioni
  • Esiti avversi della riproduzione, incluse molteplici gravidanze indesiderate e/o interruzioni di gravidanza; ritardo nell’accesso ai servizi di cura prenatale; esiti avversi alla nascita
  • Sintomi genito-urinari, inclusi frequenti infezioni alla vescica e/o ai reni e simili, senza spiegazioni
  • Sanguinamenti vaginali ricorrenti e infezioni sessualmente trasmesse
  • Dolore cronico senza spiegazioni
  • Lesioni traumatiche, particolarmente se ripetute e con spiegazioni vaghe o poco plausibili
  • Problemi a carico del sistema nervoso centrale (mal di testa, problemi cognitivi, perdita dell’udito)
  • Visite sanitarie ricorrenti senza una diagnosi chiara
  • Presenza intrusiva durante la visita del partner o del marito

 
 


[1] Who (2013), Responding to intimate partner violence and sexual violence against women, Who Geneva. http://www.who.int/iris/bitstream/10665/85240/1/9789241548595_eng.pdf.
[2] http://www.who.int/iris/bitstream/10665/85239/1/9789241564625_eng.pdf.
[3] Traduzione nostra da Who (2013), Responding to intimate partner violence and sexual violence against women, Who Geneva, p. 19.

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