Trasportare un paziente in Ecmo: una nuova sfida clinica e organizzativa per l’infermiere


I malati affetti da sindrome da distress respiratorio acuto (Acute respiratory distress syndrome, Ards), correlata all’infezione da virus influenzale di tipo A (H1n1), richiedono il posizionamento dell’Extra corporeal membrane oxygenation (Ecmo) quando i trattamenti convenzionali falliscono. Quanto più è precoce il trattamento, tanto maggiori sono le probabilità di successo terapeutico. Nel 2009, in previsione di una pandemia di influenza A (H1n1), il Ministero della salute ha individuato una rete nazionale di terapie intensive (Ti), predisposta per fornire assistenza respiratoria avanzata in tempi molto brevi.
La sfida organizzativa per una Ti è rappresentata dalla necessità di attivare in tempi rapidi un’unità mobile specializzata che si occupi di recuperare i pazienti nelle strutture sanitarie nelle quali il trattamento con Ecmo non è disponibile, per poi trasportarli in sicurezza nei presidi attrezzati.
Obiettivo di questo articolo è condividere con i colleghi italiani l’esperienza di creazione di un team multidisciplinare che si occupi del trasporto protetto di pazienti in condizioni critiche ed instabili che richiedono un trattamento con Ecmo.

Cos’è l’Ecmo?
È una tecnica di supporto alle funzioni vitali: grazie alla circolazione extracorporea, permette di mantenere il cuore e/o i polmoni a riposo, consentendo così il loro recupero funzionale. L’Ecmo è indicato nel ridurre la mortalità nei pazienti con insufficienza cardiaca e/o respiratoria acuta grave, potenzialmente reversibile ma refrattaria a un trattamento medico e farmacologico convenzionale. La tecnica extracorporea viene effettuata con una pompa, che supporta la funzione contrattile del cuore, e con un ossigenatore a membrana, che integra o sostituisce temporaneamente la funzione di scambio polmonare. Questo dispositivo (il cui primo utilizzo risale al 1972) è stato inizialmente pensato per trattare neonati e bambini con insufficienza polmonare. In seguito lo si è utilizzato anche per pazienti adulti con insufficienza cardiaca acuta. Oggi il trattamento con Ecmo rappresenta un supporto molto efficace per i pazienti che, a seguito dell'influenza H1n1, sviluppano un quadro clinico di insufficienza respiratoria grave.

La costituzione della rete Ecmonet
Nel 2009 è stata costituita una rete informatizzata, denominata Ecmonet , che comprende tutte le 800 Ti italiane. Di queste sono poi state individuate le 14 provviste di dispositivi Ecmo ed è stato attivato un call center nazionale di riferimento (tel. 800.82.12.29). La rete è stata istituita proprio allo scopo di condurre nel più breve tempo possibile i pazienti candidati al trattamento con Ecmo nelle Ti dotate del dispositivo. Attualmente la rete Ecmonet ha un sito internet http://www.ecmonet.org/[1].
Nel periodo agosto 2009-marzo 2010 sono stati gestiti da Ecmonet 153 pazienti critici con sospetta influenza H1n1. Di questi 82 sono stati trasportati nelle Ti della rete Ecmo, di cui 60 supportati con Ecmo. In accordo con i criteri Ecmonet, 48 sono stati trasportati e 49 avevano una diagnosi confermata di infezione da virus influenzale A (H1n1).

Il team Ecmo
Un team multidisciplinare, costituito da due cardioanestesisti, un infermiere di area critica ed un perfusionista (tecnico di fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare), si occupa di recarsi nella struttura richiedente con l’attrezzatura e l’equipaggiamento portatile, in modo da garantire la stabilizzazione del paziente e il trattamento Ecmo sul posto, prima del suo trasferimento nel centro specializzato. Il team viene rapidamente attivato dietro chiamata del call center Ecmo. È previsto che il tempo necessario all'attivazione della squadra sia di 15 minuti durante le ore diurne (h. 8-20) e di 30 minuti durante le ore notturne (h. 20-8).
Il trasporto richiede una serie di apparecchiature: spinale, monitor/defibrillatore, ventilatore, pompe-siringa, coperta termica, Ecmo, ecocardiografo ed emogasanalizzatore portatile. Tali apparecchiature sono alloggiate secondo uno schema ben definito all’interno di una particolare struttura di metallo (detta castello). Essa permette un’ottima stabilità di tutto il materiale e il pronto accesso al paziente da parte di tutto il team in caso di eventuali urgenze.
Posizionare il paziente per il trasporto nel più breve tempo possibile è molto importante per poter arrivare velocemente al centro di riferimento e, allo stesso tempo, per poter garantire la stabilità emodinamica e la sicurezza del paziente, in modo da poter affrontare con tranquillità tutti gli eventuali imprevisti clinici o organizzativi.
Il trasporto sicuro è garantito con ambulanze predisposte e, nel caso di spostamenti a lungo raggio, con aerei C130 dell’Aeronautica militare italiana sui quali sono caricate le ambulanze stesse.

Responsabilità dell’infermiere del gruppo Ecmo
L’infermiere è fondamentale nel team di trasporto Ecmo; le sue responsabilità riguardano:

  • l’assistenza alle funzioni vitali di base;
  • la relazione d’aiuto con il paziente in ogni momento del trasporto;
  • il controllo e la gestione dell’attrezzatura;
  • il garantire la sicurezza nel trasferimento.
     

Il team di infermieri è stato selezionato dal Coordinatore infermieristico ed i criteri di scelta, oltre alle conoscenze, abilità e competenze possedute, riguardavano anche la forte capacità di controllo dello stress, che questo tipo di trasporto può indurre. Ciò è necessario in quanto si opera in una situazione non protetta, senza la sicurezza che l’ambito ospedaliero può offrire. Per tale motivo l’adesione al team Ecmo è stata su base volontaria.
Tutte le diverse attività svolte dell’infermiere sono state preventivamente analizzate e standardizzate in una procedura.

Alcune riflessioni sull’attività del Coordinatore
Le competenze richieste al Coordinatore per l’organizzazione della squadra di trasporto sono state molteplici:

  • capacità di individuare criteri di scelta oggettivi per selezionare gli infermieri da inserire nel gruppo Ecmo, coinvolgendo al tempo stesso l’intera équipe assistenziale al fine di orientare tutto il gruppo allo stesso obiettivo;
  • capacità di integrazione con altre figure professionali in un ambiente ad alta complessità nel quale i ruoli, le competenze e le responsabilità devono essere chiari e condivisi;
  • capacità di gestione delle risorse materiali;
  • capacità di pianificazione delle presenze degli infermieri per il team Ecmo, che tenga in considerazione da una parte le richieste della reperibilità per Ecmonet e dall’altra le esigenze dell’Unità operativa (Uo);
  • progettazione delle attività di formazione del personale;
  • capacità di standardizzare le procedure di trasporto del paziente.

 

Motivazione degli infermieri
La sfida iniziale, impegnativa e complessa, si è posta l’obiettivo di orientare il team infermieristico all’accettazione del progetto. La creazione di un team multidisciplinare che si occupi di trasporto extraospedaliero suscita dubbi, perplessità e interrogativi. Una buona strategia comunicativa, capace di suscitare l’interesse da parte di alcuni infermieri, si è dimostrata una leva fondamentale per far presa sull’intero gruppo.
L’adesione su base volontaria, un‘adeguata informazione ed il fatto di considerare questo progetto come un’opportunità da cogliere, sono stati elementi essenziali per motivare gli infermieri.
La chiarezza e la trasparenza nel presentare i criteri e la condivisione di perplessità e dubbi ha portato l’équipe infermieristica ad accogliere l’intero progetto senza particolari difficoltà.

Gestione dei materiali
Uno dei principali problemi ha riguardato la disponibilità delle risorse necessarie per il trasporto. Poiché la dotazione di materiale è di importanza vitale per garantire dei trasporti in sicurezza, sono state realizzate delle check list che hanno guidato il personale infermieristico nella fase iniziale di attivazione del team, con riduzione del rischio di indisponibilità o di scorte insufficienti durante il trasporto.

Organizzazione dei turni
Il coordinamento della rete Ecmonet assegna ad ogni ospedale facente parte della rete dei turni di reperibilità. Durante il periodo di pandemia influenzale dell’inverno 2010-2011 l’Ospedale San Raffaele è stato reperibile mediamente una volta alla settimana, mentre gli infermieri del team di trasporto lo sono stati in media per un giorno al mese.
Il giorno in cui l’ospedale è reperibile l’infermiere dedicato ai trasporti rimane di riposo e soggetto a pronta disponibilità per le 24 ore. Tuttavia è necessario prevedere anche una possibile assenza nei giorni successivi, qualora i trasporti siano su distanze lunghe o si verifichino situazioni imprevedibili (come per es. cattive condizioni metereologiche) che possano creare ritardi sul presunto orario di rientro.
A volte il calendario delle reperibilità dell’ospedale è giunto tardivamente e quindi si è reso necessario in poco tempo rimodellare la turnistica secondo le nuove necessità.
Un’ulteriore difficoltà è stata rappresentata dal periodo stagionale di maggiore allarme, quello invernale: com’era lecito aspettarsi, la pandemia influenzale ha colpito anche l’organico infermieristico e quindi si è assistito a un picco di assenze impreviste che si sono aggiunte alle assenze programmate.
La flessibilità e la disponibilità del gruppo infermieristico, l’attenzione nella pianificazione dei turni ed un’equa distribuzione sui tre turni del personale esperto hanno favorito la possibilità di garantire i trasporti senza particolari criticità.

Formazione del personale
Sono stati progettati interventi formativi per preparare il personale ad operare in condizioni differenti rispetto a quelle abituali. Questo è uno dei motivi per cui per la costituzione del gruppo dedicato ai trasporti sono stati selezionati infermieri con competenza avanzata, capaci di assumere decisioni in maniera sicura, tempestiva ed efficiente nei diversi ambiti e contesti lavorativi.
Dapprima è stato realizzato un corso teorico e pratico, ripetuto in più edizioni, indirizzato al personale medico ed infermieristico, allo scopo di fornire le conoscenze relative all’Ecmo.
Sono state realizzate poi delle simulazioni per rendere fluide le manovre di assistenza al paziente e di alloggiamento delle attrezzature, evidenziando le eventuali criticità che sarebbero potute insorgere durante il trasporto.

Integrazione delle diverse professionalità
L’attività del Coordinatore infermieristico in questo ambito è fondamentale. L’integrazione all’interno del Team Ecmo è cruciale per la riuscita della missione: tutti gli operatori (infermieri, anestesisti, perfusionisti ecc.), con diversi livelli di conoscenza e di esperienza nell’utilizzo delle tecnologie, della strumentazione e delle sequenze degli interventi, devono riuscire ad amalgamare le proprie caratteristiche professionali, umane e personali, sapendo rispettare e condividere quelle di ogni componente del team. La capacità di gestire il proprio livello di stress e quello degli altri colleghi è una dota fondamentale per poter far parte del team Ecmo.
Il trasporto, durante il quale spesso si verificano imprevisti e contrattempi, rappresenta una prova di carattere: la capacità del gruppo di gestire la tensione consente di trovare la soluzione a problemi nuovi che, spesso, sono già stati affrontati e risolti in precedenza in situazioni simili, ma con persone diverse. Ogni componente del gruppo deve imparare a fidarsi dell’esperienza e delle conoscenze del professionista che gli sta di fianco, considerandolo come un collega che in questo momento ha il suo stesso obiettivo, quello di salvare la vita del paziente che si trova lì.
Infine, le problematiche affrontate, le soluzioni adottate e gli eventuali momenti di conflitto insorti durante il trasporto sono analizzati nei momenti di debriefing organizzati dal Coordinatore subito dopo il rientro in sede.

La nostra esperienza come Terapia intensiva cardiochirurgica dell’Ospedale San Raffaele
Nel periodo gennaio-marzo 2011 l’Ospedale San Raffaele è stato coinvolto, come Centro di riferimento della rete Ecmonet, per il trasporto di 8 pazienti (età 26-60 anni). I pazienti sono stati trasferiti al nostro Centro con l’aeromobile militare o con un’ambulanza attrezzata. Per uno dei pazienti è stato impiantato l’Ecmo nella nostra Ti, mentre per i restanti sette gli Ecmo sono stati posizionati negli ospedali di partenza.
I trasporti sono avvenuti in città diverse (Figura 1), con una distanza media coperta di 950 km circa e con un tempo medio di trasporto di 11 ore.

Figura 1 – Cartina schematica raffigurante i trasporti di pazienti per la Terapia intensiva cardiochirurgica dell’Ospedale San Raffaele.

 Figura 1 - Cartina schematica raffigurante i trasporti di pazienti per la Terapia intensiva cardiochirurgica dell’Ospedale San Raffaele.

Tutti i trasferimenti hanno avuto esito complessivamente positivo, sebbene alcuni siano stati caratterizzati da problemi del paziente che hanno richiesto fermezza e rapidità nella loro risoluzione. I problemi che si sono dovuti affrontare sono stati: sanguinamento improvviso, edema facciale e del torace (a causa del posizionamento durante il volo), pneumotorace, funzionamento difficoltoso di un drenaggio pleurico. I pazienti hanno presentato spesso dei cali di pressione arteriosa al momento del decollo e dell’atterraggio dell’aereo.
Si sono anche verificati degli imprevisti legati alla procedura, come un black out dell’aereo e, di conseguenza, anche dell’ambulanza.
Un ulteriore impegno organizzativo è rappresentato dal fatto che la programmazione dei voli dipende molto dalle condizioni meteorologiche; in caso di avversità del tempo si possono verificare ritardi nel trasporto che costringono a riprogrammare le terapie e i parametri del trattamento.
Due elementi indispensabili per il trasporto sono l’ossigeno e l’energia elettrica. La maggior criticità è rappresentata dal primo: poiché la sua quantità non è infinita, le scorte vanno allestite tenendo conto anche delle ore di trasporto necessarie.

Conclusioni
L'esperienza oggi maturata ci suggerisce che in futuro il modello gestionale seguito per questa occasione potrebbe essere applicato su larga scala ed in condizioni operative diverse dalla pandemia H1n1.
La nostra esperienza è stata molto positiva: ha incrementato la collaborazione tra le diverse figure professionali ed il riconoscimento reciproco dell’importanza dei diversi operatori. Alcune difficoltà iniziali ci hanno indotto a rivedere l’elenco del materiale occorrente, ad adeguare le scorte di farmaci e a definire una procedura sull’attivazione del team. Questa procedura rientra oggi nel sistema qualità del nostro ospedale.


[1] Ultimo accesso il 4/06/2012.
 

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Bibliografia

– Chenaitia H et al. Mobile cardio-respiratory support in prehospital emergency medicine. Eur J Emerg Med, 2010, Apr, 18(2), 99-101.
– Haneya A et al. Extracorporeal circulatory systems in the interhospital transfer of critically ill patients: experience of a single institution. Ann Saudi Med, 2009, Mar-Apr, 29(2), 110-4.
– Philipp A et al. First experience with the ultra compact mobile extracorporeal membrane oxygenation system, Cardiohelp in interhospital transport. Interact Cardiovasc Thorac Surg, 2011, Mar, 8.
– Staley L L et al. Bridge to decision: Swat team approach used by Mayo Clinic Arizona’s cardiac transport team. Prog Transplant, 2010, Jun, 20(2), 118-24.
– Thalmann M, Trampitsch E, Haberfellner N et al. Resuscitation in Near Drowning With Extracorporeal Membrane Oxygenation. Ann Thorac Surg, 2001, 72, 607–8.