La violenza verso gli operatori del Pronto soccorso


Durante il proprio servizio, gli operatori sanitari sono esposti a numerosi fattori dannosi sia per la salute che per la sicurezza. Tra questi assume particolare rilevanza il rischio di affrontare un'esperienza di violenza che può consistere in aggressione o altro evento criminoso tale da portare a lesioni personali importanti o al decesso.
Il National institute of occupational safety and health (Niosh) definisce la violenza sul posto di lavoro come ogni aggressione fisica, comportamento minaccioso o abuso verbale che si verifica sul posto di lavoro. Una stima del Bureau of labor statistics statunitense indica per gli operatori ospedalieri un tasso di incidenza di aggressione non mortale pari a 9,3/10.000, contro un valore di 2/10.000 nei lavoratori delle industrie del settore privato.
Gli episodi di violenza verso gli operatori sanitari possono essere considerati degli eventi sentinella: si tratta infatti di segnali indicativi di situazioni di rischio o di vulnerabilità che richiedono l’adozione di opportune misure di prevenzione e protezione dei lavoratori.
Il problema è insorto anche nell’ambito del Pronto soccorso dell’Asl di Vercelli, presso i presidi di Borgosesia e di Vercelli. Recenti episodi di aggressione sia fisiche che verbali a danno degli operatori sanitari del servizio e la mancanza di documentazione e letteratura di riferimento nazionale ci hanno stimolato ad approfondire il fenomeno. Inoltre dai dati Inail risulta che la maggioranza degli infortuni accaduti nelle strutture ospedaliere italiane siano rivolti agli infermieri: nel 2005 si è trattato di 234 infermieri rispetto a soli 7 medici.

Gli episodi di violenza: la nostra realtà
Abbiamo messo a confronto la casistica dei Pronto soccorso della nostra Azienda: a Vercelli non risultano segnalati episodi di aggressioni, siano queste fisiche (con l’apertura di una denuncia di infortunio presso l’Inail) che verbali (rilevate tramite la compilazione di una scheda anonima). Invece nel Pronto soccorso di Borgosesia risultano segnalati diversi episodi di aggressione, sia fisica che verbale: dal settembre 2008 fino all’agosto 2009 risultano compilate 12 schede di segnalazione di aggressione verbale, oltre a 2 referti per l’autorità giudiziaria con giorni di prognosi (3-5) e relativa richiesta di infortunio sul lavoro.
A Vercelli davvero non ci sono episodi, o piuttosto non si segnalano attraverso la scheda anonima per le aggressioni verbali?
Per rispondere a questo dubbio abbiamo somministrato agli operatori dei nostri Pronto soccorsi un questionario sul problema delle aggressioni: a quelli di Vercelli (70 questionari, restituiti 50), come a quelli di Borgosesia (50 questionari, restituiti 40). Gli operatori che hanno maggiormente risposto sono stati gli infermieri (il 52% del campione).La maggior parte di loro si dichiara preoccupato (33%) o abbastanza preoccupato (22%) o molto preoccupato (22%) per gli episodi di violenza. Il 40% è a conoscenza che esistono delle procedure per la denuncia della violenza sul posto di lavoro, ma il 60% non sa come attivarle. Solo l’11% ha dichiarato di essere stato aggredito fisicamente negli ultimi due mesi (Figura 1), mentre quasi l’80% è stato aggredito verbalmente (Figura 2).

Figura 1 – Aggressioni fisiche subite nei Pronto soccorsi della Asl


 

Figura 2 – Aggressioni verbali subite nei Pronto soccorsi della Asl

Il 90% dei rispondenti ritiene che le aggressioni fisiche e/o verbali siano un rischio occupazionale tipico del proprio lavoro. In genere le aggressioni sono da messe in atto dai pazienti o dai loro parenti (Figura 3).

Figura 3 – Aggressori nei Pronto soccorsi della Asl

Il 4% degli aggrediti ha tentato di difendersi e solo il 5% ha esposto denuncia, mentre il 25% ha riferito l’episodio a un collega o a un amico (5%) o ad altre persone (12%). Infine, il 14% dichiara di aver preso provvedimenti.

Cosa accade dopo l’aggressione?
Il 4% ha avuto necessità di cura per le lesioni subite, anche se solo il 3% (2% Vercelli vs 5% Borgosesia) ha avuto la necessità di assentarsi dal lavoro dopo l’episodio di violenza. Inoltre il 17% ne riporta ricordi inquietanti o si è sentito successivamente in super-allerta (36%). Alcuni addirittura preferiscono evitare di pensarci o parlarne (4%): nel presidio di Borgosesia questo viene lamentato in modo più netto (circa 10% in più rispetto a Vercelli). Infine quasi tutti dichiarano di non essere in grado (19%) o poco in grado (17%) o appena in grado (45%) di gestire un’aggressione, tanto che ritengono utile (15%) o molto utile (45%) una formazione ad hoc sul tema.

Conclusioni
Le aggressioni da parte dei pazienti, dei loro parenti e/o accompagnatori sono messe in atto solo in qualche caso da soggetti con alterate condizioni psichiche (etilismo acuto, turbe psichiatriche, etc.); nella maggior parte dei casi, invece, l’aggressione rappresenta l’acme di una situazione di conflitto e tensione, indicativa di un più complessivo quadro di malessere delle persone e d’inadeguatezza dell’organizzazione.
L’infermiere di triage rappresenta il primo momento di interfaccia tra l’utente, che non sempre riesce a valutare adeguatamente l’entità del suo problema, e il servizio, che questo problema deve prendere in carico, se non risolvere. Ciò può provocare nel paziente e nei suoi accompagnatori un atteggiamento contrattualista, che da un lato coglie correttamente la funzione di gatekeeper svolta dall’infermiere addetto al triage, dall’altro lo porta ad ottenere/strappare il massimo, ovvero l’accesso subitaneo all’iter diagnostico-terapeutico. Da questo può derivare una frustrazione per il mancato riconoscimento della serietà/gravità della propria situazione, che può trasformarsi in ostilità verso gli operatori. Nel valutare l’effetto delle aggressioni, va ricordato che quelle verbali possono assumere toni di grande violenza e sono assai più frequenti di quelle fisiche.
Quanto finora esposto evidenzia che il team del Pronto soccorso di ambedue i presidi dell’Asl di Vercelli è esposto ad aggressioni sia fisiche che verbali; lo scarso numero di segnalazioni dipende principalmente dalla disinformazione sulle procedure. Pertanto l’informazione e la formazione del personale al riguardo risultano un aspetto cruciale.

 

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Bibliografia

– New York Committee for Occupational Health and Safety (1995). Violence in the workplace: The New York State experience. (Available from Service Employees International Union, 13 L. Street, NW, Washington, DC 2005).
– The Joint Commission (2006). Sentinel Event Statistics – Type of Sentinel Event. http://www.jointcommission.org/SentinelEvents/Statistics/.
– Inail: http://www.inail.it/cms/statistiche/DatiInail/osservatorio2007/DATI012007.pdf.
– Ministero della salute (2007). Raccomandazione per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari. Raccomandazione n.8, novembre 2007.