Strategie e strumenti per incrementare l’utilizzo dell’Evidence-Based Practice: revisione della letteratura


RIASSUNTO
Introduzione I fattori che possono ostacolare la diffusione dell’Evidence-Based Practice (EBP) sono molteplici. Lo scopo di questa revisione della letteratura è identificare quali sono gli interventi e gli approcci che si sono rivelati efficaci per superare tali barriere e promuovere l’utilizzo delle evidenze scientifiche all’interno della pratica infermieristica quotidiana.
Materiali e metodi È stata condotta una revisione della letteratura internazionale per individuare gli articoli di interesse infermieristico sulle componenti che impediscono o facilitano una pratica assistenziale orientata all’EBP e su strumenti, metodi e strategie che ne favoriscono la diffusione e il miglioramento. La ricerca bibliografica è stata realizzata, prendendo in considerazione tutte le pubblicazioni su queste tematiche, consultando le banche dati PubMed, CINHAL, Cochrane, DARE, TRIP e SNLG.
Risultati La ricerca ha identificato numerosi articoli, di cui 49 ritenuti rilevanti e inclusi nella revisione. Delle pubblicazioni selezionate, 40 esaminavano strumenti e metodi per migliorare i comportamenti e incrementare la diffusione dell’EBP. Molti degli approcci proposti sono riconducibili a 2 grandi categorie generali: interventi educativi e interventi organizzativi.
Conclusioni Anche se non ci sono strategie standard applicabili a tutti i contesti sanitari, la revisione ha identificato un’ampia serie di interventi che se scelti e utilizzati opportunamente possono portare a un miglioramento dell’assistenza basata sulle migliori evidenze disponibili.
Parole chiave: Evidence-Based Nursing (EBN), Evidence-Based Medicine (EBM), Evidence-Based Practice (EBP), assistenza infermieristica, barriere, strategie


Strategies and tools to promote Evidence-Based Practice: a literature review

ABSTRACT
Introduction There are many factors that can act as barriers to Evidence-Based Practice (EBP) implementation. The purpose of this review is to identify interventions and approaches that have been shown to be effective in overcoming such barriers and promoting the use of research evidence in nursing daily practice.
Materials and methods A review of the international literature was conducted taking into consideration all the articles describing factors and interventions that can affect the integration of research findings into nursing practice. The bibliographic search was carried out using PubMed, CINHAL, Cochrane, DARE, TRIP and SNLG databases.
Results The search yielded a number of papers, 49 of which were considered relevant and included in the review. Forty studies evaluated different types of tools and strategies aimed at improving health professional behaviours and EBP implementation. Many of these approaches can be divided into 2 broad general categories: educational and organizational interventions.
Conclusions There are no standard strategies for promoting the dissemination and implementation of research findings, but there are a wide range of interventions available that, if selected and used appropriately, could lead to important improvements in professional practice and quality of health care.
Key words: Evidence-Based Nursing (EBN), Evidence-Based Medicine (EBM), Evidence-Based Practice (EBP), nursing, barriers, strategies


INTRODUZIONE

Il modello dell’Evidence-Based Medicine (EBM), che sostiene la necessità di migliorare la qualità delle basi scientifiche della medicina mediante un impiego sistematico delle nuove conoscenze e delle prove di efficacia derivate dalla ricerca clinica, inizia a diffondersi a livello internazionale a partire dai primi anni novanta (Naldi et al., 2006). Secondo la definizione proposta da David Sackett, uno dei pionieri di questo movimento culturale, l’EBM “costituisce un approccio alla pratica clinica dove le decisioni cliniche risultano dall’integrazione tra l’esperienza del medico e l’utilizzo coscienzioso, esplicito e giudizioso delle migliori evidenze scientifiche disponibili, mediate dalle preferenze del paziente”. In tale quadro le evidenze possono riguardare tutti i diversi aspetti dell’assistenza: accuratezza dei test diagnostici, potenza dei fattori prognostici, effetti e sicurezza degli interventi di prevenzione e delle varie forme di trattamento (Sackett et al., 1996, 1997).
Con la progressiva diffusione del movimento, i principi dell’EBM sono stati estesi a differenti professioni e discipline sanitarie, dando origine a modelli specifici quali l’Evidence-Based Nursing (EBN) per gli infermieri, l’Evidence-Based Midwifery per le ostetriche o l’Evidence-Based Physiotherapy per i fisioterapisti. Queste varie declinazioni sono state successivamente riunite sotto un unico termine, Evidence-Based Practice (EBP); concetto che si è evoluto ulteriormente rispetto a obiettivi e definizione – sottolineando anche l’importanza di una partecipazione informata degli utenti alle scelte sanitarie – configurandosi come pratica in cui le decisioni riguardo all’assistenza, fondate sulle prove di efficacia più aggiornate, valide e pertinenti, “dovrebbero essere prese da chi riceve assistenza, attraverso le conoscenze tacite ed esplicite di coloro che forniscono le cure, nel contesto delle risorse disponibili” (Sicily statement on evidence-based practice, Dawes et al., 2005).
Oltre a competenze e abilità cliniche, l’applicazione del modello dell’EBP pone come requisito essenziale per una buona assistenza sanitaria il possesso, da parte dei diversi operatori coinvolti, di nuove capacità: prima tra tutte quella di saper consultare e interpretare in modo efficiente e corretto la letteratura scientifica disponibile. Sulla base di tali premesse, scopo della presente revisione è offrire una panoramica degli studi condotti sia sui fattori che ostacolano l’utilizzo delle evidenze scientifiche nella pratica infermieristica, sia sugli interventi che possono essere attuati per incrementarlo.

MATERIALI E METODI
Per individuare gli articoli di interesse infermieristico sui fattori che possono ostacolare o favorire la diffusione dell’EBP è stata condotta una revisione della letteratura internazionale consultando le banche dati PubMed, CINHAL, Cochrane, DARE, TRIP e SNLG. La ricerca è stata effettuata secondo le strategie illustrate nella Tabella 1.

Tabella 1.Strategie della ricerca bibliografica

Sono stati presi in considerazione tutti gli articoli pubblicati in lingua inglese o italiana sull’argomento, tra cui revisioni sistematiche e non sistematiche, studi sperimentali, quasi sperimentali e descrittivi con diversi disegni ed editoriali.
Ulteriori ricerche condotte nei database di linee guida NCG (National Guideline Clearinghouse), NLH (National Library for Health) e SIGN (Scottish Intercollegiate Guidelines Network) non hanno identificato altri articoli rilevanti sui temi investigati.
Per i diversi interventi esaminati, gli studi inclusi nella revisione sono stati valutati utilizzando come riferimento lo schema sviluppato dal Centro per la Valutazione della Efficacia della Assistenza Sanitaria (CeVEAS) per definire la qualità delle prove di efficacia e la forza delle raccomandazioni delle linee guida (PNLG, 2002).

RISULTATI
La ricerca effettuata nelle banche dati PubMed, CINHAL, DARE e TRIP ha identificato complessivamente 581 citazioni, ridotte a 51 dopo l’eliminazione delle pubblicazioni doppie e degli articoli ritenuti non attinenti a priori. A queste vanno sommate 24 citazioni selezionate dalla ricerca condotta nei database Cochrane e SNLG e 14 citazioni tratte dalle bibliografie di articoli già individuati, per un totale di 89 pubblicazioni. Dopo l’esame degli abstract sono stati scartati 40 articoli giudicati non pertinenti (vedi Tabella 1). Le caratteristiche generali dei 49 studi inclusi e analizzati nella revisione sono riportate nella Tabella 2 (studi sui fattori che ostacolano la diffusione dell’EBP) e nella Tabella 3 (studi su strumenti e interventi mirati a promuovere la diffusione dell’EBP).

Tabella 2.Caratteristiche degli studi inclusi nella revisione (barriere alla diffusione dell’EBP)

Tabella 3.Caratteristiche degli studi inclusi nella revisione (interventi per promuovere la diffusione dell’EBP)

I fattori che contribuiscono a impedire la diffusione dell’EBP nell’ambito dell’assistenza infermieristica possono essere raggruppati schematicamente in 4 aree principali (vedi Tabella 4).

Tabella 4.Barriere all’utilizzo dell’EBP

Una prima categoria è formata da componenti direttamente correlate alle ricerche cliniche, che in alcuni casi sono ritenute non facilmente comprensibili, con risultati non sufficientemente documentati (4 studi), o considerate prive di evidenze rilevanti (2 studi). Altri problemi citati sono la pubblicazione in una lingua non conosciuta e la descrizione non chiara delle implicazioni per la pratica clinica.
Nel secondo gruppo rientrano fattori di natura organizzativa, che includono la mancanza di tempo per leggere gli articoli pubblicati (7 studi) e per implementare le nuove idee e pratiche (4 studi), la mancanza di supporto manageriale (5 studi), la mancanza di autonomia e autorità per implementare le evidenze emerse dalla letteratura (5 studi). Con frequenza minore vengono segnalati motivi quali l’accesso limitato alle evidenze scientifiche, l’inadeguatezza delle strutture o la carenza di risorse e di personale, che rendono difficile il trasferimento nella pratica clinica dei dati della ricerca, e la resistenza al cambiamento.
Molte sono anche le barriere che derivano dalle caratteristiche degli stessi infermieri, legate alle loro abilità, competenze e percezioni: l’incapacità di valutare criticamente la qualità delle ricerche pubblicate (5 studi), la mancanza di una formazione specifica in termini di ricerca e utilizzo delle banche dati elettroniche (4 studi), le difficoltà di comprensione delle analisi statistiche (3 studi), la mancanza di collaborazione da parte dei colleghi per l’implementazione delle evidenze nella pratica clinica (3 studi), la scarsa consapevolezza circa l’importanza della ricerca (2 studi). I fattori negativi riportati per questa categoria comprendono inoltre un senso di impossibilità di generalizzare i risultati delle ricerche al proprio contesto o di mancanza di legittimazione della funzione di ricerca all’interno del proprio ruolo. Infine, 3 studi segnalano la mancanza di collaborazione da parte dei medici nell’implementazione della ricerca nella pratica clinica.
Quaranta degli studi inclusi nella revisione hanno valutato una serie di interventi e approcci che si propongono come obiettivo il superamento di queste barriere, presenti più o meno “fisiologicamente” in ogni contesto sanitario, e la modifica dei comportamenti, dell’ambiente o dei processi di lavoro per favorire l’utilizzo delle prove di efficacia nella pratica clinica quotidiana (vedi Tabella 3). Molti degli interventi esaminati possono essere riuniti per affinità in 2 grandi categorie, anche se con aree di parziale sovrapposizione: interventi educativi e interventi organizzativi.
Al primo gruppo sono riconducibili innanzitutto i principali strumenti di diffusione delle evidenze, come linee guida e brief reports, che forniscono in modo diretto informazioni scientifiche già rielaborate e sintetizzate, associate a indicazioni sulla loro validità e sull’importanza attribuita alla loro applicazione (Oermann et al., 2006; Thomas et al., 2000). Per quanto di efficacia non dimostrata, i brief reports potrebbero essere utili per superare difficoltà legate a fattori quali la carenza di conoscenze o la mancanza di tempo, offrendo in modo succinto agli operatori informazioni sui dati della ricerca facilmente comprensibili e facilmente integrabili nel contesto lavorativo.
Strumenti correlati sono i reminders, di facile implementazione e di basso costo, la cui efficacia è invece sostenuta dai risultati di numerosi studi sperimentali (Bero et al., 1998; Grimshaw et al., 2004, 2006; Grol, Grimshaw, 2003; NHMRC, 2000; Oxman et al., 1995). Utilizzabili anche via e-mail (Feldman et al., 2005; Murtaugh et al., 2005), i reminders sembrano avere effetti positivi specialmente per quanto riguarda aspetti come il dosaggio dei farmaci, la gestione clinica generale del paziente e l’assistenza preventiva.
Facilità di implementazione e costi relativamente limitati sono punti di forza anche per i materiali informativi ed educativi scritti, che possono essere distribuiti a un gran numero di operatori ed essere usati come riferimento per diverse attività. Sulla loro efficacia la letteratura riporta risultati contrastanti; sono stati comunque rivalutati nel corso degli ultimi anni e vengono attualmente considerati come strumenti che possono dare un contributo valido al miglioramento della qualità dell’assistenza (Bero et al., 1998; Farmer et al., 2008; Grimshaw et al., 2004, 2006; Grol, Grimshaw, 2003; NHMRC, 2000; Oxman et al., 1995).
Approcci educativi basati su corsi, conferenze, seminari e simposi mirati a migliorare la pratica professionale possono avere effetti di entità variabile, anche in funzione del tipo di intervento utilizzato. In generale risultano avere effetti positivi minimi gli interventi puramente didattici, mentre si è riscontrata un’efficacia maggiore per interventi interattivi o di natura mista; l’impatto sui comportamenti complessi appare in ogni caso modesto (Bero et al., 1998; Forsetlund et al., 2009; Grimshaw et al., 2004; Grol, Grimshaw, 2003; NHMRC, 2000).
Tra gli interventi di formazione continua, effetti variabili da piccoli a moderati sono riportati anche per audit e feedback, soprattutto per ambiti relativi alla prevenzione e alla prescrizione di esami diagnostici, con efficacia proporzionale alla frequenza e all’intensità del loro impiego (Bero et al., 1998; Charrier et al., 2008; Grimshaw et al., 2004, 2006; Grol, Grimshaw, 2003; Jamtvedt et al., 2007; NHMRC, 2000; Oxman et al., 1995). Strumento che diversi studi indicano come efficace sono le educational outreach visits (personale esperto visita gli operatori sanitari nel loro luogo di lavoro fornendo informazioni volte a migliorare la pratica assistenziale), specialmente per quanto riguarda la prevenzione nelle cure primarie e l’appropriatezza dei comportamenti prescrittivi (Bero et al., 1998; Grimshaw et al., 2004, 2006; NHMRC, 2000; O’Brien et al., 2007; Oxman et al., 1995). Un impatto tendenzialmente positivo, anche se con effetti a lungo termine ancora da chiarire, è inoltre riportato per interventi diretti a migliorare la qualità e la specificità delle domande cliniche, che se formulate in maniera maggiormente focalizzata e precisa possono rendere più efficiente l’accesso alle informazioni disponibili (Horsley et al., 2010; Schardt et al., 2007; Villanueva et al., 2001).
Altri studi hanno valutato il ruolo educativo svolto da figure variamente definite e almeno in parte sovrapponibili come mentori e facilitatori, professionisti dotati di una preparazione specifica che possono assistere altri operatori sanitari promuovendo il trasferimento dei risultati della ricerca nella pratica clinica (Dogherty et al., 2010; Melnyk, 2007; Nagykaldi et al., 2005). In particolare effetti positivi di diversa entità si sono rilevati per i local opinion leaders (figure riconosciute dai colleghi come autorevoli e competenti), principalmente nel ridurre la mancata aderenza alle raccomandazioni in setting ospedalieri (Bero et al., 1998; Doumit et al., 2007; Grimshaw et al., 2004; Grol, Grimshaw, 2003; NHMRC, 2000).
Potenzialmente associati a effetti positivi sono anche gli approcci che hanno come obiettivo il miglioramento della collaborazione fra i differenti operatori coinvolti nell’assistenza, come medici, infermieri, fisioterapisti e assistenti sociali. L’efficacia di questi interventi, valutati da un numero molto limitato di studi, deve però essere confermata da ulteriori ricerche (Reeves et al., 2008; Zwarenstein et al., 2009). Nonostante la carenza di studi sul suo utilizzo nell’ambito dei servizi sanitari, un altro strumento meritevole di attenzione è il benchmarking; è infatti ragionevole pensare che attività di confronto e imitazione con chi è ritenuto qualitativamente superiore, se correttamente applicate al contesto, possano apportare un contributo rilevante (Ellis, 2006).
Più propriamente organizzativi possono essere considerati gli approcci basati sull’uso di tecnologie di informazione e comunicazione, che comprendono una gamma molto eterogenea di interventi di efficacia variabile: da programmi educativi computer-based a strumenti, come i palmari, impiegati per facilitare l’accesso elettronico alle informazioni (Doran, Sidani, 2007; Doran et al., 2007, 2010; Gagnon et al., 2009; Gosling et al., 2004; Hart et al., 2008; McGowan et al., 2009). Particolarmente efficaci, soprattutto per dosaggio dei farmaci e prevenzione, risultano per esempio gli strumenti di computerised decision support (Grol, Grimshaw, 2003).
Tra gli interventi di natura organizzativa, a livello ospedaliero i percorsi clinici – che applicano le raccomandazioni derivate da studi e linee guida adattandole al contesto delle strutture e risorse disponibili – si sono dimostrati efficaci sia in termini di ottimizzazione della pratica professionale sia per esiti quali la riduzione del rischio di complicanze, senza aumentare fattori come costi o durata della degenza (Rotter et al., 2010). Relativamente efficaci sono anche i local consensus processes, che all’interno dei singoli servizi sanitari coinvolgono gli operatori in discussioni sui problemi clinici e sull’appropriatezza e fattibilità degli approcci proposti per affrontarli (Bero et al., 1998; Grimshaw et al., 2004, 2006; Grol, Grimshaw, 2003; NHMRC, 2000). Ci sono prove limitate sugli effetti positivi di sistemi di registrazione delle cure infermieristiche applicati ad aspetti assistenziali specifici (Urquhart et al., 2009), mentre effetti variabili sono riportati per interventi di nursing management, attività di leadership e revisione dei ruoli professionali (Gifford et al., 2007; Wong, Cummings, 2007). La revisione dei ruoli appare comunque di difficile attuazione a causa delle limitazioni deontologiche, legali, di competenza e di responsabilità delle varie figure professionali.
Tutti questi strumenti e interventi possono essere utilizzati isolatamente o in differenti combinazioni, nel quadro di approcci multifattoriali più ampi e articolati che in genere sono associati a un’efficacia maggiore (Bero et al., 1998; Chiu et al., 2010; Grimshaw et al., 2004, 2006; Grol, Grimshaw, 2003; NHMRC, 2000). Sempre rispetto alla tipologia generale delle strategie impiegate, meno studiati sono gli interventi patient-mediated, mirati a modificare le prestazioni dei professionisti sanitari sulla base di informazioni fornite dai pazienti; queste forme di intervento sembrano avere effetti positivi di entità variabile, per lo più modesta, e sono risultate efficaci specialmente nel campo della prevenzione. Sono relativamente limitate anche le prove di efficacia a sostegno degli interventi tailored (“su misura”), selezionati e applicati dopo aver valutato le barriere al cambiamento presenti nei singoli contesti; dagli studi condotti sull’argomento emerge in particolare la necessità di sviluppare metodi più rigorosi e standardizzati per identificare tali barriere e quindi gli approcci più adeguati per superarle (Baker et al., 2010).
La Tabella 5 riporta i livelli delle prove relative agli strumenti e interventi più frequentemente utilizzati o che si sono rivelati più efficaci secondo gli studi inclusi in questa revisione, valutati in base allo schema di grading elaborato dal CeVEAS (PNLG, 2002).

Tabella 5.Livelli delle prove per strumenti e interventi più frequentemente utilizzati e/o più efficaci

DISCUSSIONE
I dati emersi da questa revisione della letteratura, derivati per la maggior parte da revisioni sistematiche, sono tendenzialmente generalizzabili. La quasi totalità delle pubblicazioni selezionate si riferisce però a studi effettuati in altri paesi, principalmente negli Stati Uniti e in Gran Bretagna; le conclusioni tratte sull’efficacia degli interventi valutati devono pertanto essere vagliate alla luce delle caratteristiche organizzative del nostro sistema sanitario. Molte delle revisioni esaminate non hanno condotto metanalisi, riportando i risultati con modalità che li rendono difficilmente confrontabili e sintetizzabili e fornendo essenzialmente soltanto informazioni di natura qualitativa. Diverse revisioni segnalano inoltre la scarsa qualità metodologica degli studi identificati, spesso contraddistinti da disegni non appropriati, insufficiente numerosità campionaria ed errori di analisi (Bero et al., 1998; Grimshaw et al., 2004, 2006).
Altri limiti che devono essere presi in considerazione in un’ottica di valutazione critica comprendono l’inclusione solo di articoli in lingua inglese e italiana, che può aver determinato una sovrastima dei risultati positivi, e l’impossibilità di reperire le versioni full-text di alcune pubblicazioni potenzialmente rilevanti.
Nonostante questi limiti la revisione, anche se non sistematica, fornisce un quadro relativamente esauriente degli approcci che possono essere utilizzati per promuovere l’implementazione dei principi dell’EBP nell’assistenza infermieristica. Gli effetti di alcuni interventi sono stati investigati in molti studi, con esiti a volte simili ma in qualche caso sostanzialmente differenti; in termini di implicazioni per la ricerca, appare evidente la mancanza di un disegno comune e standardizzato per attuare e valutare tali interventi e per rendere più semplice e immediata la comparazione dei risultati ottenuti.
Riguardo alle implicazioni per la pratica clinica, data la molteplicità e la natura differente dei vari approcci e strumenti proposti è difficile stabilire in generale quali siano da ritenere più validi o stilarne una scala di efficacia. La scelta degli interventi più appropriati deve essere effettuata in funzione delle situazioni locali, valutando sia le loro caratteristiche organizzative e gestionali specifiche sia le maggiori barriere al cambiamento. Altro elemento fondamentale, dal quale oggi non si può prescindere, è un’analisi dei costi o del consumo di risorse (Newhouse, 2010).

CONCLUSIONI
I risultati della revisione mostrano come sia difficile individuare strategie standard che possono essere utilizzate con successo per promuovere la diffusione dell’EBP nei vari ambiti sanitari. È però disponibile una vasta gamma di strumenti e interventi potenzialmente efficaci, che se selezionati e applicati correttamente in base alle condizioni e alle risorse presenti nei singoli contesti possono contribuire al miglioramento della qualità dell’assistenza infermieristica.
 

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